Codice Civile art. 2355 - Circolazione delle azioni (1).Circolazione delle azioni (1). [I]. Nel caso di mancata emissione dei titoli azionari il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci. [II]. Le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna del titolo. [III]. Il trasferimento delle azioni nominative si opera mediante girata autenticata da un notaio o da altro soggetto secondo quanto previsto dalle leggi speciali. Il giratario che si dimostra possessore in base a una serie continua di girate ha diritto di ottenere l'annotazione del trasferimento nel libro dei soci, ed è comunque legittimato ad esercitare i diritti sociali; resta salvo l'obbligo della società, previsto dalle leggi speciali, di aggiornare il libro dei soci. [IV]. Il trasferimento delle azioni nominative con mezzo diverso dalla girata si opera a norma dell'articolo 2022. [V]. Nei casi previsti ai commi sesto e settimo dell'articolo 2354, il trasferimento si opera mediante scritturazione sui conti destinati a registrare i movimenti degli strumenti finanziari; in tal caso, se le azioni sono nominative, si applica il terzo comma e la scritturazione sul conto equivale alla girata. (1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. Il testo dell'articolo recitava: «Azioni nominative e al portatore. [I]. Le azioni possono essere nominative o al portatore, a scelta dell'azionista, se l'atto costitutivo non stabilisce che devono essere nominative. [II]. Le azioni non possono essere al portatore, finché non siano interamente liberate. [III]. L'atto costitutivo può sottoporre a particolari condizioni l'alienazione delle azioni nominative». InquadramentoL'art. 2355 c.c. disciplina il regime di circolazione delle azioni ed in particolare le modalità con le quali esse possono essere trasferite tra le parti in relazione alle caratteristiche dei titoli stessi; in questo senso le azioni possono essere al portatore, nominative, o dematerializzate. A differenza dell’art. 2346, che fornisce un’analisi sul piano statico, la norma in commento sviluppa sul piano dinamico il principio della varietà delle formule documentali di cui lo statuto può vestire le partecipazioni azionarie, dando, inoltre, rilevanza alle disposizione precedenti al Codice quali il r.d.l. n. 1148/1941 ed il successivo r.d. n. 239/1942. La questione che il legislatore vuole affrontare e che emerge chiaramente dalla lettura della norma in commento è quella dell’efficacia del trasferimento delle azioni nei confronti della società, da cui discende la legittimazione dell’acquirente all’esercizio dei diritti sociali. Sebbene le azioni costituiscano l'unità di misura della partecipazione sociale, la loro emissione, pur rappresentando la regola, non è obbligatoria, ben potendo la società decidere di non emettere azioni. L'ipotesi di mancata emissione di titoli azionari va tenuta distinta dalla emissione dematerializzata dei medesimi e, di conseguenza, le due fattispecie non vanno confuse. In generale, pur non essendoci alcun riferimento normativo preciso, ma solo indiretto, la circolazione delle azioni segue la disciplina prevista per i titoli di credito. È ormai opinione consolidata in giurisprudenza e prevalente in dottrina che alle azioni debba essere riconosciuta la natura di titoli di credito; anche la parte minoritaria della dottrina che invece esclude tale natura, in riferimento alla circolazione e all'esercizio dei diritti sociali, non contesta l'applicabilità alle azioni del regime codicistico e normativo previsto per i titoli di credito. Le azioni, in quanto assimilabili ai titoli di credito o aventi medesima natura, possono essere definiti titoli di credito causali, perché non possono essere emessi se non in virtù di un determinato rapporto causale (Campobasso, 224), e a letteralità incompleta, poiché il documento non incorpora l'intero contenuto del diritto da esso rappresentato. La questione della mancata letteralità del titolo è stata tuttavia superata dalla circostanza che il titolo azionario, al di là del suo contenuto letterale, rinvia per relationem ad altri atti e documenti la cui conoscibilità, soprattutto in termini di contenuti, resta pubblica, di massa, in quanto sono emessi in serie, il loro contenuto è identico e attribuiscono medesimi diritti. La problematica più dibattuta in merito alla natura di titolo di credito delle azioni resta sul requisito dell'astrattezza. Al possessore di un titolo di credito, infatti, non possono essere sollevate le eccezioni personali proprie di coloro che lo hanno detenuto in precedenza, né quelle che sono alla base, in termini di causalità, dell'emissione del titolo stesso; così non è per le azioni dal momento che questo principio, valido per i titoli di credito, può trovare delle limitazioni, dovendo sempre contemperarsi con la necessità di salvaguardare l'integrità del capitale sociale. La disciplina dei titoli di credito non trova applicazione per i titoli azionari nel caso in cui la società decidesse di non emetterne. In questo caso il trasferimento opererebbe tra le parti in conseguenza del consenso manifestato secondo l'art. 1376 c.c., mentre avrebbe efficacia per la società solo con l'annotazione nel libro dei soci. Il codice, in realtà, non stabilisce la modalità con cui si deve procedere per l'annotazione nel libro dei soci nell'ipotesi di mancata emissione di azioni da parte della società: il primo comma dell'art. 2355 c.c. si limita a disporre che, in caso di mancata emissione dei titoli azionari, il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci, identificando solo il momento genetico dell'opponibilità nei confronti della società della cessione della partecipazione, ma non il relativo iter che conduce a tale momento. Prima della soppressione del libro dei soci, disposta per le s.r.l. dal d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in l. 28 gennaio 2008, n. 2, parte della dottrina riteneva che la disciplina dettata per il trasferimento delle quote di s.r.l. potesse operare in via analogica per le s.p.a. che non emettono certificati azionari. Venuta meno questa soluzione si è rinvenuta la risposta nella sempre crescente autonomia concessa dal legislatore agli statuti societari, nonché all'interno dello stesso corpus normativo relativo alle s.p.a. Il principio in virtù del quale i diritti societari potessero essere esercitati solo con l'iscrizione nel libro dei soci, non potendo il cessionario fornire la prova dell'acquisto della partecipazione in nessun altro modo, ha, difatti, lasciato spazio alla possibilità che le clausole statutarie regolassero la questione consentendo l'esercizio dei poteri sociali anche a quei soci che non avessero ancora ottenuto l'iscrizione nei libro dei soci. D'altra parte, in mancanza della possibilità di applicare in via analogica la disciplina prevista per le s.r.l. e di regole espresse, la disciplina della circolazione delle azioni doveva essere rifondata sul diritto positivo dettato per le s.p.a. ed in particolare con le modalità previste dall'art. 2022 c.c., cui peraltro rinvia lo stesso articolo in commento, ed art. 11 r.d. n. 239/1942. Le azioni possono essere nominative o al portatore, nelle ormai isolate ipotesi in cui queste ultime sono ammesse, nonché dematerializzate. Nel codice del 1942 era lasciata facoltà al socio di scegliere tra i due tipi di azione, con non pochi vantaggi dal punto di vista fiscale se la scelta fosse ricaduta sul tipo al portatore perché questo avrebbe garantito l'anonimato. La possibilità di scelta a discrezione del socio rimase per lo più sulla carta, poiché con il r.d.l. n. 1148/ 1941 fu immediatamente introdotta la nominatività obbligatoria dei titoli azionari. Attualmente la possibilità di scegliere tra azioni al portatore o nominative resta solo per le azioni di risparmio e quelle emesse dalle Sicav, in questo caso, purché interamente liberate. La circolazione delle azioni al portatoreLa circolazione delle azioni al portatore, nella loro attuale limitata sopravvivenza, segue piuttosto pedissequamente le stesse regole previste per tale categoria di titoli di credito, quelli al portatore. Sull'applicabilità del regime normativo previsto per i titoli di credito al portatore alle azioni al portatore, la dottrina ritiene che l'art. 2005 c.c. si applichi non solo nel caso di deterioramento del certificato azionario, ma anche di esaurimento del foglio cedole (Martorano, 737; Di Amato, 470). Sullo stesso orientamento la giurisprudenza che, ai sensi dell'art. 2006 c.c., esclude l'ammortamento delle azioni al portatore (Trib. Milano 14 marzo 1992). L'art. 2355 c.c. stabilisce che «le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna del titolo» riprendendo quindi in maniera simmetrica quanto disposto dall'art. 2003, comma 1, c.c., in merito ai titoli di credito al portatore, in virtù del quale «il trasferimento del titolo al portatore si opera con la consegna del titolo». Il nodo legato alla circolazione delle azioni al portatore, seppur in uno scenario interpretativo piuttosto consolidato ed uniforme, verte sui temi della legittimazione da attribuire al possesso del titolo azionario nei confronti della società, nonché sull'efficacia reale piuttosto che obbligatoria della cessione della partecipazione tra le parti. La dottrina, pur con interessanti sfumature interpretative, è piuttosto orientata nel ritenere che le azioni al portatore, al pari di ogni altro titolo di credito appartenente a tale categoria, si configurano quali titoli a legittimazione reale, perché in relazione ad esse la legittimazione all'esercizio dei diritti sociali incorporati nel titolo deriva dal semplice possesso o detenzione materiale del documento o dall'esibizione dello stesso all'emittente (Dimundo, 129; Tedeschi, 40; Martorano, 105; Stagno D'Alcontres, Il titolo di credito, 151; Partesotti, 3; Di Sabato, 331; Campobasso, Diritto commerciale, 231). Vi è tuttavia chi ritiene che la semplice consegna del titolo non sia idonea, di per sé, a trasferire l'azione e i diritti ad essa relativi, ma solo ad investire l'accipiens della legittimazione cartolare, a carattere reale (De Luca, 330; Martorano, 737). Sul piano della distinzione tra legittimazione attiva nei confronti dell'ente emittente da parte del possessore del titolo azionario al portatore e validità del trasferimento tra le parti è da segnalare che vi è chi sostiene che il possesso del titolo costituisce condizione necessaria e sufficiente per legittimare il portatore nei confronti della società emittente, ma la norma non può essere intesa come una presa di posizione a favore della natura reale, e non consensuale, delle compravendite azionarie (Giannelli, 551). La circolazione delle azioni nominativeLa disciplina della circolazione delle azioni nominative, così come quella delle azioni al portatore, ricalca, senza discostarsene troppo, quella dei titoli di credito nominativi. Le norme cui fare riferimento sono senz'altro il r.d.l. n. 1148/1941 ed il successivo r.d. n. 239/1942, nonché le successive modifiche apportate dall'art. 4 della l. n. 1745/1962 e dalla riforma del 2003 che ha mutato i commi 2 e 3 dell'art. 2355 c.c. Le azioni nominative, a differenza di quelle al portatore, devono riportare l'intestazione della persona fisica o giuridica proprietaria del titolo. Inoltre, tale intestazione deve essere doppia poiché, oltre ad essere indicata sul documento azionario, deve essere registrata sul libro dei soci dell'ente che ha emesso le relative azioni; pertanto, ai fini del trasferimento della partecipazione sociale, sarà necessario modificare sia l'intestazione del titolo in sé che quella del libro dei soci. La cessione delle azioni nominative può avvenire in due modi: il transfert e la girata. Nel primo la modifica dell'intestazione avviene a cura dello stesso soggetto, la società, e contestualmente sia sul titolo che nel libro dei soci; quando, invece, il trasferimento delle azioni nominative si realizza a mezzo della girata la variazione avviene per il tramite di soggetti diversi ed in momenti non coincidenti, dapprima sul documento cartolare e successivamente nel libro dei soci. In quanto tutti i titoli di credito sono documenti con funzione dispositiva e cose mobili corporali, giova ricordare che condizione necessaria per il loro trasferimento, ossia per la loro circolazione, sia costantemente la consegna o tradizione del singolo documento, cioè l'atto giuridico o materiale che opera il passaggio del possesso del medesimo documento dal tradente all'accipiente, e che può essere, come di regola, non solo tradizione manuale, ma altresì, traditio brevi manu, o anche constitutum possessorum. La cessione tra parti può avvenire, sempre con il concorso della traditio, per contratto o per successione ereditaria. Dottrina e giurisprudenza ammettono la possibilità di acquistare le azioni anche per usucapioneex 1161 c.c. (usucapione dei beni mobili); tuttavia, per l'acquisto per usucapione, parte della dottrina ritiene necessario oltre al possesso secondo la propria legge di circolazione anche che vengano esercitati effettivamente i diritti relativi e che vi sia l'annotazione sulle azioni e nel libro soci. Si ritiene che il tempo per l'acquisto possa essere di dieci anni se in buona fede, venti se in mala fede. La buona fede consiste nella ignoranza di ledere un diritto altrui (1147 c.c.) e quindi nella esistenza di un titolo idoneo al trasferimento. Coloro i quali, invece, non ammettono l'acquisto per usucapione come mezzo di trasferimento della proprietà azionaria fondano la loro tesi sul presupposto che l'acquisto del documento a titolo originario non implicherebbe l'acquisto della titolarità del rapporto incorporato, stante la strumentalità del documento rispetto al rapporto sottostante non in modo assoluto ma ai soli fini della circolazione. Dal momento in cui avviene il trasferimento della proprietà con la materiale consegna del titolo all'accipens, il cessionario si trova nella condizione di essere in possesso di un titolo intestato al cedente o al dante causa, che quindi non avrà efficacia nei confronti della società sino a quando il nome dell'acquirente non sarà annotato sul titolo e sul libro dell'emittente. Il tema del rapporto tra l'esecuzione delle formalità richieste dall'art. 2355 c.c. e il trasferimento della proprietà dei titoli azionari ha visto contrapporsi due orientamenti giurisprudenziali. Secondo il primo, il contratto di compravendita di azioni nominative avrebbe efficacia meramente obbligatoria in mancanza delle formalità previste per la circolazione cartolare del titolo. L'effetto reale, invece, richiederebbe, altresì, l'esecuzione del transfert o della girata autenticata, congiuntamente alla consegna del titolo (Cass. n. 2557/1981; Cass. n. 1534/1961). Per il secondo orientamento invece anche alle azioni si applicherebbe il principio consensualistico di cui all'art. 1376 c.c., con la conseguenza che il contratto di compravendita produrrebbe l'effetto traslativo a prescindere dal possesso qualificato del titolo. Quest'ultimo sarà, invece, necessario per poter acquistare la legittimazione nei confronti della società e beneficiare della tutela prevista dalla disciplina cartolare, in particolar modo della tutela reale ex art. 1994 c.c. (Cass.S.U., n. 1549/1970, App. Milano 12 luglio 1991). Il transfert Sul fronte della circolazione delle azioni nominative secondo transfert, la riforma del 2003 non ha introdotto rilevanti novità, limitandosi l'articolo in commento a stabilire che «il trasferimento delle azioni nominative con mezzo diverso dalla girata si opera a norma dell'art. 2022 c.c.», ossia mediante transfert. Tale forma di circolazione si sostanzia nella duplice annotazione del nome dell'acquirente sul registro dell'emittente e sul titolo azionario. L'annotazione sul titolo ha efficacia tra le parti e nei confronti dei terzi, mentre quella nel libro dei soci legittima il cessionario nei confronti della società. La richiesta di transfert può essere avanzata sia dal cessionario che dal cedente, tuttavia, le formalità richieste dalla legge sono diverse proprio in relazione al soggetto richiedente. Se a richiedere l'annotazione è l'alienante, questi dovrà esibire il titolo e dimostrare la propria identità e la propria capacità di disporre, mediante certificazione di un notaio, di un agente di cambio o di una banca autorizzata. Nel caso in cui l'iniziativa sia assunta invece dall'acquirente, questi dovrà esibire il titolo e provare il suo diritto mediante atto pubblico ovvero recante firma autenticata, che nel caso di trasferimento per successione si manifesterà con l'esibizione di una copia del testamento e un atto di notorietà giudiziale o notarile, attestante la qualità di erede o legatario (Ferrara, Corsi, 336; Trib. Perugia 8 gennaio 1953, in Banca borsa tit. cred. 1954, II, 279). La società non può negare, in presenza dei requisiti formali richiesti dall'art. 2022 c.c. e dalle leggi speciali, l'annotazione nel libro dei soci poiché l'ente emittente non ha poteri di verifica sostanziale, ma solo di controllo sulla presenza delle condizioni necessarie e sufficienti per procedere all'aggiornamento dell'elenco dei soci, a meno che lo statuto societario non preveda clausole di gradimento in virtù delle quali sia possibile non concedere l'annotazione. In senso conforme si registrano alcune decisioni in virtù delle quali la società non può impedire al possessore legittimato l'esercizio dei diritti sociali e l'iscrizione nel libro dei soci eccependo che il negozio traslativo, in base al quale le azioni sono trasferite, sia viziato, salvo che sia affetto da nullità (Trib. Roma 8 luglio 1997). Ove la società contravvenga ai suoi obblighi, l'acquirente potrà ottenere il risarcimento dei danni (Cass. n. 5567/1982). Il trasferimento mediante girata La girata, in considerazione della complessa articolazione del metodo secondo transfert, è sicuramente il mezzo più utilizzato e sostanzialmente meno complesso di trasferimento della proprietà azionaria per atto tra vivi. Infatti, a differenza del transfert che presuppone la doppia annotazione contestuale dell'indicazione del nominativo del nuovo socio sia sul titolo che sul libro dei soci a cura dell'ente emittente, con la girata i due momenti sono affidati a soggetti diversi ed in tempi non coincidenti. In modo particolare, il trasferimento tra le parti avviene a mezzo della girata che si manifesta con l'apposizione della doppia firma del girante e del giratario sul titolo. La legge ed il codice (r.d. n. 239/1942, art. 2023 c.c.) prevedono che le rispettive sottoscrizioni apposte sul documento cartaceo dal cedente e dal cessionario siano autenticate, all'atto dell'apposizione, da un notaio, da un agente di cambio, ovvero dai funzionari delle aziende di credito autorizzate. Tuttavia, in alcuni casi si è ritenuto che la mancanza di autenticazione della girata non comporti la nullità del negozio di trasferimento dei titoli nominativi, in quanto l'autenticazione non è requisito essenziale della girata, e può, tutt'al più, svolgere rilievo ai fini dell'opponibilità del trasferimento (Trib. Milano 11 dicembre 1975; Trib. Milano 26 ottobre 1976) Affinché sia valida, la girata deve possedere alcuni requisiti: nello specifico, deve essere datata e sottoscritta dal girante ed anche dal giratario nel caso in cui le azioni non fossero interamente liberate; deve contenere l'indicazione delle generalità del giratario e della nazionalità. Perfezionata la girata, il cessionario assume la diponibilità di disporre della partecipazione azionaria; pertanto la girata costituisce elemento necessario e sufficiente per operare il trasferimento del titolo nei rapporti tra le parti del negozio di cessione e nei confronti dei terzi. Ne è una conseguenza, ad esempio, la possibilità che i creditori dell'acquirente delle azioni possano pignorare queste ultime, anche se il trasferimento non è stato iscritto nel libro dei soci, e che all'annotazione potrà provvedere l'aggiudicatario (Ferrara, Corsi, 433). Inoltre, per effetto della girata, il giratario che esibisca il titolo contenente una serie continua di girate in forma autentica è titolare di un diritto soggettivo ad ottenere l'annotazione del trasferimento nel libro dei soci, cui corrisponde un parallelo obbligo di procedere alla suddetta annotazione in capo all'emittente, il quale ha poteri meramente formali e non sostanziali (Dimundo 132). Al fine di porre rimedio alla possibilità che vi sia divergenza tra le informazioni riportate sul titolo e quelle nel libro dei soci, si consideri, fra l'altro, che in ipotesi di conflitto tra i diversi indici di legittimazione relativi alle azioni nominative trasferiti mediante girata, in caso di incongruenza tra le annotazioni apposte sul titolo e quelle risultanti dal libro dei soci prevalgono le prime (Giannelli, 551). Da quanto riportato emerge il ruolo determinate dell'iscrizione nei libri sociali. Prima della riforma del 2003, il cessionario acquisiva la legittimazione nei confronti della società solo a seguito dell'avvenuta iscrizione a cura dell'ente emittente del suo nominativo nel libro dei soci. Questa condizione rendeva in alcune occasioni gravoso l'esercizio dei poteri societari, perché impediva all'acquirente di manifestare i propri diritti solo dopo che la società avesse adempiuto alla richiesta di annotazione, il che poteva verificarsi anche a distanza di tempo rispetto a quanto era stata sottoposta la richiesta, impedendo di fatto al nuovo socio di prendere parte alle attività assembleari. Per porre rimedio a questa situazione, un vasto movimento, composto da prassi, dottrina e giurisprudenza ha via via riconosciuto al cessionario la possibilità di esercitare i propri diritti a prescindere dall'avvenuta iscrizione nel libro dei soci. Non era infrequente, infatti, prima della riforma, che le società ammettessero la partecipazione, il voto e l'immediato ritiro dei titoli azionari, senza effettuare la minima forma di controllo per verificare che il nominativo dei partecipanti fosse stato realmente iscritto a libro soci anteriormente all'assemblea o, quanto meno, in occasione del suo svolgimento; ed analoga situazione si verificava sia per il diritto d'opzione, sia per il diritto agli utili, il cui esercizio veniva consentito anche al giratario non iscritto sulla base della semplice esibizione del titolo stampigliato, ed indipendente dall'esistenza di cedole. A seguito dell'entrata in vigore della riforma del 2003, la disciplina del rapporto tra società e cessionario è parzialmente cambiata. Infatti, se, prima della riforma, l'iscrizione nel libro dei soci aveva funzione legittimante e solo successivamente ad essa il nuovo socio poteva esercitare i relativi diritti patrimoniali ed amministrativi, a seguito della modifica dell'art. 2355, comma 3, c.c. l'acquirente della partecipazione societaria può esercitare i propri diritti sociali anche prima dell'avvenuta iscrizione nel libro dei soci, previa esibizione del titolo. L'iscrizione nel libro dei soci perde il ruolo legittimante che aveva prima della riforma e assume la funzione di riconoscimento da parte della società della legittimazione attiva dell'acquirente mediante la girata effettuata nelle forme prescritte (Giannelli, 553). Resta comunque l'obbligo della società di provvedere all'annotazione su richiesta della parte cessionaria e la comunicazione dei nuovi titolari all'agenzia delle entrate. Obbligo che, persa l'antica funzione, resiste evidentemente solo al fine di consentire un controllo da un punto di vista fiscale. La società deve provvedere alla iscrizione nel libro dei soci, ai sensi del r.d. 239/1942, entro trenta giorni dalla richiesta. Vi è tuttavia in dottrina chi ritiene che la legittimazione in base a girata valga normalmente per il primo atto di esercizio dei diritti sociali da parte dell'acquirente delle azioni, mentre per i successivi atti il libro dei soci debba risultare già aggiornato dagli amministratori (Martorano, 841s.). Nonostante la rappresentata evoluzione dell'istituto, autorevole dottrina ritiene che all'autonomia statutaria sia consentito di derogare in senso restrittivo alla regola dell'art. 2355, comma 3, ripristinando la funzione legittimante dell'annotazione del trasferimento nel libro dei soci anche in presenza di trasferimenti effettuati mediante girata (Giannelli, 554). In considerazione della circostanza che il giratario potrebbe non chiedere l'iscrizione nel libro dei soci, quantomeno non nell'immediatezza del trasferimento, si potrebbe verificare che le iscrizioni sul documento cartolare ed in quello della società non coincidano. In questo caso, si attribuisce preferenza alle informazioni provenienti dal libro dei soci, in questa direzione la giurisprudenza ha consentito in via d'urgenza l'esercizio di diritti sociali al cedente, per effetto del solo dato della legittimazione derivante dell'iscrizione nel libro dei soci, e non al cessionario, in pendenza di una lite relativa alla violazione di una clausola statutaria di prelazione (Trib. Napoli 7 aprile 2005, in Foro it. 05, I, 2587). Le azioni dematerializzate e la loro circolazioneI metodi di circolazione sinora esaminati presuppongono il trasferimento materiale del documento azionario, così come per l'esercizio dei diritti sociali l'esibizione in seno all'ente emittente. La complessità di alcune operazioni, quali il transfert, con la necessaria doppia annotazione a cura della società, nonché le negoziazioni sui titoli azionari sempre più veloci, oltre ai pericoli e alle problematiche strettamente connessi alla natura del supporto cartaceo che può deteriorarsi, distruggersi, smarrirsi ed essere oggetto di violazioni, hanno indotto il legislatore a introdurre un sistema di circolazione che offrisse maggiori garanzie di sicurezza, libero dai condizionamenti propri del supporto cartaceo e fondato su registrazioni contabili. Al fine di contemperare le esigenze di celerità e sicurezza dei trasferimenti, dapprima gli operatori di borsa e poi il legislatore (l. n. 289/1986 e artt. 80-89 TUF) hanno introdotto un sistema accentrato di gestione degli strumenti finanziari che consiste nella presenza di società a statuto speciale, cosiddette società a gestione accentrata, e di soggetti e strumenti finanziari ammessi a tale tipo di gestione. La disciplina della dematerializzazione introdotta con d.lgs. 213/1998 (c.d. decreto Euro), a sua volta, distingue due tipi di dematerializzazione: obbligatoria, in virtù della quale gli strumenti negoziali destinati alla negoziazione sui mercati regolamentari e quelli diffusi tra il pubblico in maniera rilevante non possono essere rappresentati da titoli, e quella volontaria, così come ripresa dagli art. 2354, commi 6 e 7, e 2355 c.c., che consentono anche agli enti che non sono tenuti per legge alla dematerializzazione dei propri titoli a ricorrere a tale sistema, purché tale scelta sia espressa nello statuto. La gestione accentrata può avere ad oggetto sia titoli azionari dematerializzati che non dematerializzati. La circolazione di strumenti finanziari dematerializzati accentrata, sia che sia obbligatoria che per volontà dell'ente emittente, è caratterizzata dalla presenza di intermediari autorizzati e dalla presenza di una società di gestione accentrata costituita secondo le norme del TUF e i regolamenti Consob. La gestione accentrata non dematerializzata presuppone il deposito dei titoli presso la società di gestione (Monte titoli s.p.a.). Tale deposito avviene per mezzo di un intermediario autorizzato presso il quale l'azionista deposita i titoli e che per mezzo di un contratto di deposito titoli in amministrazione, consente allo stesso intermediario di depositarli a sua volta presso la società di gestione accentrata. Per le azioni non dematerializzate, quanto alle modalità di trasferimento, non vi è alcuna differenza tra azioni nominative e quelle al portatore (azioni di risparmio e Sicav); tale differenza permane in relazione alla legittimazione nei confronti della società, che presuppone, per le azioni nominative, l'iscrizione nel libro dei soci (che avviene su comunicazione dell'intermediario). L'art. 2354 c.c. stabilisce che la scritturazione nei conti equivale a girata, con applicazione della medesima disciplina: pertanto ex 2355 c.c. l'intestatario del conto può esercitare i diritti sociali anche prima dell'iscrizione nel libro soci, fermo l'obbligo per la società di aggiornare il libro soci. In questo senso si ritiene che il ruolo del libro dei soci è secondario per l'esercizio dei diritti sociali, poiché l'applicazione dell'art. 2355 c.c. rende sufficiente la scritturazione in conto, equiparata ex lege alla girata (Ass. Preite, 95; Notari, 70; Dimundo 139) Il sistema appena descritto consente di evitare le problematiche connesse ad un trasferimento dei titoli subordinato alla traditio materiale del documento cartaceo, condizione che è realizzata attribuendo alle registrazioni effettate dalla società di gestione accentrata, gli stessi effetti del trasferimento secondo la disciplina legislativa dei titoli di credito. In questo modo in capo alla società di gestione resteranno tutte le relative operazioni gestionali, così come previsto dal regolamento Consob, mentre l'azionista continuerà ad esercitare i diritti societari. La gestione accentrata dei titoli dematerializzati segue a grandi linee le stesse regole e inoltre è resa più semplice dalla soppressione dei titoli. In particolare, la società di gestione apre un conto per ciascuna società emittente. Il conto è poi suddiviso in tanti sottoconti quante sono le emissioni di azioni. Contestualmente ciascun intermediario accende tanti conti separati, quante sono le società, suddivisi in base agli strumenti finanziari. Il trasferimento degli strumenti finanziari in esame è ammesso, infatti, solo tramite gli intermediari. Nella maggior parte dei casi è la società di gestione che procede all'addebito sul conto dell'intermediario del trasferente e al relativo accredito sul conto dell'intermediario del beneficiario in base ad un ordine di giro. Qualora il trasferimento avvenga tra clienti dello stesso intermediario, è possibile realizzare l'operazione senza l'intervento della società di gestione. L'effetto giuridico della registrazione è lo stesso di quello che produce il trasferimento delle azioni, nonché la legittimazione all'esercizio dei diritti relativi. L'esercizio dei diritti patrimoniali è effettuato dall'intermediario in nome e per conto del titolare; i diritti amministrativi invece sono di regola esercitati dal titolare. Cosicché l'esercizio di diritti patrimoniali è affidato esclusivamente all'intermediario munito di mandato, ai sensi dell'art. 83-novies del TUF (De Luca, 335). È discusso se il mandato sia conferito all'intermediario ope legis (Salanitro, 286) o se invece si tratti di onere posto a carico del titolare del conto, pena l'impossibilità di esercitare tale diritti (Minervini, 650); invece, l'esercizio dei diritti corporativi spetta all'intestatario, titolare del rapporto di debito ( Minervini, ivi), cui l'intermediario rilascia apposita certificazione, attributiva della legittimazione attiva di secondo grado (De Luca, 335). La certificazione, inoltre, è un documento di legittimazione non trasferibile (De Luca, 335; Spada, 411), non può formare oggetto di disposizione a pena di nullità; è invece possibile che il titolare del conto, in possesso della certificazione, demandi a terzi l'esercizio dei diritti amministrativi, ad esempio conferendo la delega di voto in assemblea ( Minervini, ivi). Anche i vincoli sulle azioni, di qualsiasi genere, si costituiscono unicamente con le registrazioni in apposito conto tenuto dall'intermediario. Il sistema previsto dal TUF, non abrogato dal successivo d.lgs. n. 213/1998, prevede la dematerializzazione della circolazione delle azioni, anche quando la società abbia emesso i titoli azionari e, per agevolarne la circolazione, faccia ricorso alla gestione accentrata (a tal scopo era stata costituita la Monte Titoli spa): tale disciplina oggi non può essere applicata né dalle società quotate, né da quelle diffuse in modo rilevante tra il pubblico, obbligate per legge alla dematerializzazione totale. Potrà quindi ancora essere applicato solo per le s.p.a. «chiuse». 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