Codice Civile art. 2372 - Rappresentanza nell'assemblea (1).Rappresentanza nell'assemblea1 . [I]. Coloro ai quali spetta il diritto di voto possono farsi rappresentare nell'assemblea salvo che, nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e nelle società cooperative, lo statuto disponga diversamente. La rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dalla società2. [II]. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente. [III]. La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed è sempre revocabile nonostante ogni patto contrario. Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato nella delega. [IV]. Se la rappresentanza è conferita ad una società, associazione, fondazione od altro ente collettivo o istituzione, questi possono delegare soltanto un proprio dipendente o collaboratore. [V]. La rappresentanza non può essere conferita né ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da essa controllate o ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste. [VI]. La stessa persona non può rappresentare in assemblea più di venti soci o, se si tratta di società previste nel secondo comma di questo articolo, più di cinquanta soci se la società ha capitale non superiore a cinque milioni di euro, più di cento soci se la società ha capitale superiore a cinque milioni di euro e non superiore a venticinque milioni di euro, e più di duecento soci se la società ha capitale superiore a venticinque milioni di euro. [VII]. Le disposizioni del quinto e del sesto comma di questo articolo si applicano anche nel caso di girata delle azioni per procura. [VIII]. Le disposizioni del quinto e del sesto comma non si applicano alle società con azioni quotate nei mercati regolamentati diverse dalle società cooperative. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 25393.
[1] Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. [2] Comma sostituito dall'art. 1, comma 6, del d.lg. 27 gennaio 2010 n. 27. Il testo precedente recitava: «Salvo disposizione contraria dello statuto, i soci possono farsi rappresentare nell'assemblea. La rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dalla società». [3] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 6, del d.lg. 27 gennaio 2010 n. 27. InquadramentoAlla base dell'originaria disciplina restrittiva del codice civile in tema di deleghe di voto, che consentiva all'autonomia statutaria di escludere il potere di conferimento della rappresentanza in assemblea ad altri soggetti, vi era il tradizionale disfavore per l'incetta di deleghe, soprattutto da parte delle banche, considerata concausa della perdita di centralità del ruolo dell'assemblea. La norma è stata novellata una prima volta dalla l. n. 216/1974 (Disposizioni relative al mercato mobiliare al trattamento fiscale dei titoli azionari), che ha posto una serie di limiti e divieti, quali quelli relativi alla delega generale, nonché alla delega e subdelega in bianco. La riforma del 2003 ha poi rimosso, per le società chiuse, il limite della delega per assemblee determinate ed innalzato il limite numerico delle deleghe, da dieci a venti. Un ruolo decisivo, nel percorso di riforma complessiva dell'istituto della rappresentanza nelle società con azioni quotate, ha poi svolto la direttiva 2007/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 luglio 2007, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate (Shareholders Voting Rights Directive), che ha imposto agli Stati membri di adottare misure urgenti per rafforzare i diritti degli azionisti delle società quotate e di affrontare i problemi relativi all'esercizio transfrontaliero del diritto di voto (primo “considerando” della direttiva). Il legislatore comunitario ha imposto agli Stati membri l'eliminazione delle remore al libero esercizio del voto assembleare: dettando, a tal fine, regole di armonizzazione dell'esercizio per delega del diritto di voto, anche mediante ausilio di mezzi informatici. Il decimo “considerando” poneva come condizione di buon governo societario la previsione, da parte degli Stati membri, di procedure pratiche ed efficienti per l'esercizio del voto per delega, mediante la cancellazione dei vincoli e divieti vigenti, che lo rendevano poco agevole ed oneroso; pur nella consapevolezza della necessità di opportune tutele contro eventuali abusi. Il voto in base a procura costituisce applicazione del principio generale di rappresentanza volontaria, e la sua disciplina, dopo la riforma del 2003, non è più richiamata nell'ambito della s.r.l. A seguito del recepimento della direttiva sopra citata, che ha sancito l'illegittimità dell'esclusione statutaria del voto per delega nelle società aperte al mercato del capitale di rischio, queste hanno ora una disciplina meno rigida che non le società chiuse, in cui lo statuto può, invece, ancora limitare o escludere del tutto la possibilità di delega. Requisiti della delegaIl primo comma prescrive il requisito della forma scritta della delega - da intendersi ad substantiam (Trib. Milano 23 aprile 2008, in Giur. it., 2008, 2743, con nota di Luoni) – e l'obbligo di conservazione, a cura della società, del relativo documento, che può anche essere informatico, ex art. 20 d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale): il cui comma 1-bis, emendato dall'art. 17, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 179/2016, prevede che l'idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta ed il valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità del documento. Dalla regola che il conferimento del potere di rappresentanza dei soci in assemblea debba essere conferito per iscritto e che i documenti relativi siano conservati dalla società si è dedotto che è inammissibile la prova testimoniale volta dimostrare che un socio è stato rappresentato in assemblea da altra persona: salvo che in caso di perdita incolpevole del documento, secondo la previsione generale di cui all'art. 2724, n. 3 c.c. Occorre quindi la prova che la condotta della conservazione sia stata immune da imprudenza e negligenza e caratterizzata dall'adozione di ogni ragionevole cautela, rapportata alla particolarità del caso (Cass. IV-I, n. 5621/2022). L'indicazione nominativa dei partecipanti e dei votanti – anche per delega – ad un'assemblea di società per azioni consente di verificare se i voti siano stati validamente espressi dai soggetti a ciò legittimati ed è quindi necessaria per ricostruire la genesi del processo deliberativo ed accertare la validità delle determinazioni assunte. Ne consegue che, ove manchi la relativa documentazione (anche in foglio separato, purché allegato al verbale, in modo da farne parte integrante: e cioè, richiamato, ovvero allo stesso materialmente unito), la delibera è annullabile (Cass. I, n. 603/2017). Proprio in funzione della rilevanza delle deleghe di voto ai fini dell'accertamento della validità della delibera assembleare si è posto il problema del diritto di ispezione del socio sui documenti relativi che integrano il libro delle deliberazioni assembleari (in senso favorevole, Colombo, I libri sociali e il bilancio della società per azioni, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, Torino, 1985, XVII, 10). Secondo Cass. n. 8370/2000, il diritto di ispezione dei libri sociali, previsto dall'art. 2422 c.c., si estende anche alle deleghe rilasciate per l'esercizio del diritto di voto, in funzione della tutela degli interessi del rappresentato: ed infatti, ove la partecipazione dei soci sia stata indiretta, la verifica della validità delle deliberazioni assembleari, che si attua tramite l'esame dell'elenco nominativo dei partecipanti – elemento essenziale della verbalizzazione prescritta dall'art. 2375 c.c., in quanto fonte primaria di prova della composizione dell'assemblea – non può prescindere dall'esame delle deleghe di cui si tratta, avuto riguardo al carattere incompleto dell'elenco degli intervenuti, privo di indicazioni circa i contenuti e le modalità di rilascio della procura. Può essere previsto dallo statuto il requisito ulteriore dell'autenticazione notarile della delega. Per le s.p.a che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio vige tuttora la regola del conferimento della rappresentanza solo per singole assemblee (regola introdotta con la miniriforma n. 216/1974), con effetto anche per le successive convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente. La procura conferita per una singola assemblea presuppone, però, la piena contezza della convocazione dell'assemblea e del relativo ordine del giorno, secondo Trib. Milano 23 aprile 2008 cit. Tra i possibili vizi che possono infirmare la validità della delega vi è quello dell'incertezza nell'identificazione del socio delegante. Al riguardo, secondo la giurisprudenza di merito, la procura, prodotta solo in copia, sottoscritta da nominativo illeggibile, con mancata indicazione dell'ordine del giorno e non assistita da documenti idonei ad accertare i poteri di colui che la rilascia, è priva dei requisiti idonei a qualificarla come valida procura rilasciata dal socio per partecipare all'assemblea; ma, se rilasciata con firma illeggibile da una persona fisica identificata e qualificata nella procura stessa come legale rappresentante della società, deve presumersi provenire da una soggetto investito, secondo lo statuto, del potere rappresentativo dell'ente: ed in tali casi è sproporzionata e non conforme ad un criterio di buonafede la decisione di escludere il rappresentante di un socio dalla partecipazione all'assemblea (i due principi di diritto, non collimanti, sono enunciati, rispettivamente, da Trib. Milano 31 ottobre 2006 e Trib. Milano 08 gennaio 2007: entrambe le sentenze in Corr. giur., 2007, 1299 e 1300, con nota di Rossi Chauvenet). Il divieto di delega in bianco è di portata generale; nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la delega di voto deve indicare oltre il nome del delegato, anche la data e le istruzioni di voto e può essere conferita anche solo per alcune delle proposte indicate nel modulo di delega o solo per alcune materie all'ordine del giorno (art. 142 T.U.F.): il che sembra escludere, implicitamente, l'ammissibilità di una procura rilasciata per una futura assemblea, non ancora convocata, di cui quindi non si conosca, allo stato, l'ordine del giorno su cui il delegato sarà chiamato a votare. È dubbio se la medesima soluzione debba essere estensivamente applicata alle società chiuse, stante il silenzio dell'art. 2372 (nel senso dell'esclusione della necessaria conoscenza dell'ordine del giorno, Bonotto, 191). Il terzo comma prevede la revocabilità della delega, nonostante ogni patto contrario: revoca, che può anche essere tacita, mediante rilascio, in data posteriore, di altra procura ad un diverso soggetto o, a fortiori, mediante intervento diretto in assemblea del socio delegante. Non è consentita la subdelega, se non in favore di soggetto preventivamente indicato nella delega stessa: salvo che il delegato sia una società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione, nel qual caso questi possono delegare un proprio dipendente o collaboratore (e solo queste categorie di soggetti). A differenza della nozione di dipendente, sufficientemente tipica in relazione ad un contratto di lavoro subordinato, la definizione di collaboratore è più incerta, in carenza di precisazione normativa sulla natura stabile o anche solo occasionale del rapporto di collaborazione (per l'interpretazione più restrittiva, del resto affine alla concorrente previsione del dipendente, cfr. Bonotto, 194). Limiti e divieti di delegaIl quinto comma contiene un divieto soggettivo di deleghe a soggetti titolari di una carica sociale (amministratori, sindaci; o consiglieri di gestione e di sorveglianza nel sistema dualistico). Identico divieto, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, sussiste anche nei confronti del revisore legale. L'estensione analogica di tale disposizione alle società chiuse, senza dubbio plausibile stante l'eadem ratio, presuppone però l'esclusione della natura eccezionale della norma, in parte qua. In origine, il divieto di delega, ora previsto al quinto comma, riguardava amministratori e sindaci (estraneo alla disciplina societaria negli USA e risalente, invece, nel sistema italiano, all'art. 160, secondo comma, del codice di commercio del 1882, limitatamente agli amministratori). Nel testo vigente, si parla di organi di amministrazione e di controllo, in considerazione dei sistemi alternativi, dualistico e monistico. La riforma ha abrogato il divieto di deleghe ad aziende o istituti di credito, espressione del principio di separazione tra banche e imprese. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio si può concedere la delega solo per un'assemblea (comprensiva delle successive convocazioni); nelle società chiuse, invece, il potere di rappresentanza può essere conferito anche per più assemblee. Ciò dipende dal fatto che la revoca della delega è sempre ammessa e non è applicabile la disciplina del mandato irrevocabile. In deroga alla norma in esame, l'art. 135 novies, comma 8, T.U.F. (emendato dall'art. 3, comma 12, lettera d), del d.lgs. n. 91/2012) consente alle S.g.r., alle S.i.c.a.v., alle società di gestione armonizzate (e cioè, società con sede legale e direzione generale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia, autorizzate ai sensi della direttiva in materia di organismi di investimento collettivo a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio), nonché ai soggetti extracomunitari che svolgono attività di gestione collettiva del risparmio, di conferire la rappresentanza per più assemblee. È invece inderogabile la revocabilità della delega: con riflessi sui patti parasociali, se eseguiti mediante conferimento di un mandato collettivo ad un rappresentante comune in assemblea. Il sesto comma definisce i limiti numerici di delega: fisso, in non più di 20, nelle società chiuse; in funzione dell'entità del capitale per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (non più di 50 nelle società con capitale non superiore a 5 milioni di euro; non più di 100, se il capitale è superiore ai 5 milioni di euro ma inferiore a 25 milioni di euro; non più di 200 se il capitale è superiore a quest'ultimo limite). Tuttavia, i divieti soggettivi e i limiti numerici suddetti sono circoscritti, nell'ambito delle società cd. aperte, alle sole s.p.a. con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, giacché l'ultimo comma, aggiunto dall'art. 1, comma 6, d.lgs. n. 27/2010 in attuazione della direttiva 2007/36/CE, ne ha espressamente escluso l'applicazione alle società per azioni quotate nei mercati regolamentati diverse dalle società cooperative. I divieti soggettivi e quantitativi, validi anche in caso di girata di azioni per procura, sono di natura eccezionale, in quanto derogativi alla regola generale della rappresentanza; e proprio per questa ragione non sembrano estensibili alla rappresentanza legale o organica. Non vi è alcun limite, per contro, per i procuratori generali ad negotia (Trib. Milano 7 maggio 2002 in Giur. it., 2002, 2100, con nota di Fiorio). In caso di violazione dei limiti della delega al voto la delibera è annullabile, previa prova di resistenza (Tucci, 1621). L'inottemperanza, da parte del rappresentante, alle istruzioni di voto ricevute riveste solo rilevanza interna, e l'eventuale divergenza non può essere opposta dagli altri soci (Trib. Milano 3 settembre 2003, in Soc., 2004, 1016, con nota di Sottoriva). Al riguardo, la norma speciale di cui all'art. 135-decies, primo comma, T.U.F. (articolo inserito dall'articolo 3, comma 11, del d.lgs. n. 27/2010 – Attuazione della direttiva 2007/36/CE, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società – ed emendato in parte qua dall'art. 3, comma 13, lettera a), del d.lgs. n. 91/2012) prevede che il conferimento di una delega ad un rappresentante in conflitto di interessi è consentito purché il rappresentante comunichi per iscritto al socio le circostanze da cui deriva tale conflitto e purché vi siano specifiche istruzioni di voto per ciascuna delibera in relazione alla quale il rappresentante dovrà votare per conto del socio; senza applicazione dell'art. 1711, secondo comma, che consente di discostarsi dalle istruzioni per circostanze sopravvenute, ignote al mandante. Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio si può, notare, in conclusione, come il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria palesi, sotto l'influsso della disciplina eurounitaria, uno spiccato favor per la delega, in contrasto con la tradizione codicistica italiana,: come si evince anche dall'articolo 135-undecies (aggiunto dal d.lgs. n. 27/2010, in attuazione della direttiva 2007/36/CE), introduttivo della figura inedita del rappresentante designato dalla società. L'art. 136 T.U.F. prevede, poi, la sollecitazione di deleghe nelle società con più di 200 soci, con prescrizione di un prospetto informativo e di un modulo di delega. BibliografiaBonotto, Sub art. 2372, in Commentario alla riforma delle società diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2008; Cian, Sub art. 2372, in Commentario breve al codice civile a cura di G. 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