Codice Civile art. 2447 decies - Finanziamento destinato ad uno specifico affare (1).Finanziamento destinato ad uno specifico affare (1). [I]. Il contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare ai sensi della lettera b) del primo comma dell'articolo 2447-bis può prevedere che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dell'affare stesso. [II]. Il contratto deve contenere: a) una descrizione dell'operazione che consenta di individuarne lo specifico oggetto; le modalità ed i tempi di realizzazione; i costi previsti ed i ricavi attesi; b) il piano finanziario dell'operazione, indicando la parte coperta dal finanziamento e quella a carico della società; c) i beni strumentali necessari alla realizzazione dell'operazione; d) le specifiche garanzie che la società offre in ordine all'obbligo di esecuzione del contratto e di corretta e tempestiva realizzazione dell'operazione; e) i controlli che il finanziatore, o soggetto da lui delegato, può effettuare sull'esecuzione dell'operazione; f) la parte dei proventi destinati al rimborso del finanziamento e le modalità per determinarli; g) le eventuali garanzie che la società presta per il rimborso di parte del finanziamento; h) il tempo massimo di rimborso, decorso il quale nulla più è dovuto al finanziatore. [III]. I proventi dell'operazione costituiscono patrimonio separato da quello della società, e da quello relativo ad ogni altra operazione di finanziamento effettuata ai sensi della presente disposizione, a condizione: a) che copia del contratto sia depositata per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese; b) che la società adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dell'affare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della società. [IV]. Alle condizioni di cui al comma precedente, sui proventi, sui frutti di essi e degli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al finanziatore, non sono ammesse azioni da parte dei creditori sociali; alle medesime condizioni, delle obbligazioni nei confronti del finanziatore risponde esclusivamente il patrimonio separato, salva (2) l'ipotesi di garanzia parziale di cui al secondo comma, lettera g). [V]. I creditori della società, sino al rimborso del finanziamento, o alla scadenza del termine di cui al secondo comma, lettera h) sui beni strumentali destinati alla realizzazione dell'operazione possono esercitare esclusivamente azioni conservative a tutela dei loro diritti. [VI]. Se il fallimento della società impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione cessano le limitazioni di cui al comma precedente, ed il finanziatore ha diritto di insinuazione al passivo per il suo credito, al netto delle somme di cui ai commi terzo e quarto. [VII]. Fuori dall'ipotesi di cartolarizzazione previste dalle leggi vigenti, il finanziamento non può essere rappresentato da titoli destinati alla circolazione. [VIII]. La nota integrativa alle voci di bilancio relative ai proventi di cui al terzo comma, ed ai beni di cui al quarto comma, deve contenere l'indicazione della destinazione dei proventi e dei vincoli relativi ai beni. (1) V. nota al Capo V. (2) La parola «salva» è stata sostituita alla parola «tranne» dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 5 1hh) d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37. InquadramentoIn tal modo la società può ottenere da terzi il contributo finanziario necessario per la realizzazione di uno specifico affare senza dover intaccare o impegnare il patrimonio sociale, ma destinando invece i proventi dell’affare - in tutto o in parte – in via esclusiva alla restituzione del debito contratto. Così facendo, i termini del finanziamento sono ancorati all’affare e concordati tra le parti senza necessità di dover considerare e/o rinegoziare l’intera esposizione finanziaria della società. Più precisamente, per la realizzazione di uno specifico affare, la società può negoziare un finanziamento erogato da terzi e impiega parte del proprio patrimonio solo per garantire la corretta realizzazione dell’operazione, mentre le risorse finanziarie necessarie a ripagare il debito deriveranno dal finanziamento stesso (Pescatore, 129) la cui restituzione sono vincolati i proventi dell'affare maturati nell'arco temporale previsto nel contratto. Inoltre, il finanziamento viene rimborsato dai proventi dell'affare generati nel termine massimo indicato dal contratto. La dottrina ha evidenziato che la norma in commento rappresenta una rilevante innovazione sul piano ricostruttivo e sistematico, che conferma l’attenzione posta sul profilo dinamico dell’attività (l’affare dai cui proventi si ricavano le risorse necessarie a rimborsare il finanziamento) in luogo di quello statico dei beni e delle garanzie reali e personali, proprio del diritto civile (Ferro-Luzzi, 130). I termini di erogazione e restituzione del finanziamento sono stabiliti dalle parti in un accordo di finanziamento (Giannelli, 1279), la cui remunerazione si realizza per effetto dei flussi di cassa generati dallo specifico affare finanziato (Campobasso, 1431; Pasquariello, 8) ed è comunque soggetta all’alea – come del resto pure la realizzazione dello specifico affare (Comporti, 1027) – anche in considerazione della circostanza che: i) le garanzie che la società può offrire rispetto al rimborso, stante la previsione di cui alla lett. g della norma in commento, riguardano «parte», e non anche la totalità, del finanziamento; ii) s’impone l’indicazione di un tempo massimo per il rimborso, decorso il quale nulla più è dovuto al finanziatore; profili, questi, che pongono in evidenza la necessaria «cointeressenza» del finanziatore ai rischi dell’affare, evidenziandone la causa “partecipativa” (Campobasso, 1427; Salamone, 325 ss.). In questo senso si è affermato anche che la norma in parola presenti un’affinità funzionale con lo schema tipico del project financing, consentendo alle parti di ancorare in modo diretto il singolo affare all’operazione di finanziamento, sì da poterne strutturare i termini in funzione dei risultati stimati e attesi, ai quali dunque lo stesso finanziatore viene a partecipare (Ferro-Luzzi, 135). Il diritto al rimborso è in ogni caso sottoposto a condizione che la realizzazione dell’affare avvenga nei tempi stabiliti: con la conseguenza che, se essa non si verifica, il finanziatore nulla può chiedere alla società, perché il suo credito si estingue per la parte non adempiuta (con esclusione dei casi in cui sia stata prestata autonoma garanzia). Tale soluzione non è comunque pacifica per via della non agevole interpretazione del significato da attribuire alla proposizione «può prevedere», recata dal primo comma della norma in rassegna. Secondo alcuni (Falcone, 210) tale proposizione andrebbe interpretata nel senso che la possibilità di rimborso del finanziamento con i proventi dell’affare è una mera eventualità lasciata alla autonomia delle parti, sicché in mancanza di un tale indicazione nel contratto di finanziamento, la società risponderebbe del finanziamento con il suo patrimonio sociale. In senso diverso, altri Autori (Campobasso, 1430; Pescatore, 123) hanno ritenuto che la clausola che può essere (e quindi può anche non essere) contenuta nel contratto è quella che destina (tutti o parte dei proventi «in via esclusiva» al rimborso del finanziamento e pertanto, ove siffatta clausola non sia inserita nel contratto, mancherebbe il vincolo di esclusiva destinazione dei proventi al rimborso del finanziamento e non si formi il patrimonio separato. In altri e più espliciti termini, il finanziamento destinato ad uno specifico «può essere» costruito con o senza la costituzione di un patrimonio separato, ma se si opta per la destinazione esclusiva dei proventi al rimborso del finanziamento e dunque la costituzione di un patrimonio separato, trova applicazione la disciplina della norma in commento e la necessaria cointeressenza del finanziatore al rischio dell'affare deriva dalla prescrizione secondo cui «delle obbligazioni nei confronti del finanziatore risponde esclusivamente il patrimonio separato» (Campobasso, 1430). Le clausole del contratto di finanziamento destinatoLe clausole del contratto di finanziamento destinato ad uno specifico affare sono indicate alle lettere a)-h) del comma 2. Si tratta, per alcuni, di clausole necessarie, e dunque di una disciplina minima del negozio, fatta salva la clausola di cui alla lett. g) (Manes, 1236; Comporti, 1020; Rubino de Ritis, 888; Fauceglia, 8). Altri (Campobasso, 1440; Santagata de castro, 444) ritengono, invece, che solo alcune delle clausole indicate nella norma in rassegna sarebbero da considerare essenziali. In questa prospettiva, si ritiene che costituiscano elementi essenziali: la descrizione dell'oggetto dell'operazione, delle modalità di realizzazione (lett. a); la descrizione del piano finanziario dell'operazione (lett. b) la descrizione dei beni strumentali al suo conseguimento (lett. c); il tempo massimo di rimborso, decorso il quale nulla più è dovuto al finanziatore (lett. h) (Santagata De Castro, 447). In ogni caso, risulta chiaro che la finalità dell'elencazione è quella di mettere il finanziatore nella condizione di conoscere le caratteristiche e modalità di realizzazione dell'operazione al fine di valutarne la convenienza. Quanto alla descrizione dell'operazione (lett. a), la stessa si basa sull'individuazione specifica dell'oggetto, modalità, tempi di realizzo, costi, ricavi attesi. Tali elementi risultano necessari al fine di imputare costi e ricavi relativi all'affare e quindi determinarne anche i proventi. In assenza di tali indicazioni, sono in astratto percorribili due strade: 1) quella di ritenere che il contratto sia nullo, ove l'oggetto sia non determinabile (arg. ex art. 1346 c.c.); 2) il contratto resterebbe valido, ma non opererebbe la separazione che ha ad oggetto i proventi dell'affare. Tale ultima soluzione certamente può condurre ad un risultato in certa misura «tautologico», dal momento che la separazione patrimoniale pare essere essenziale nella individuazione della fattispecie di cui all'art. 2447-decies c.c. e, allora, la mancanza del vincolo di destinazione indurrebbe ad optare per la nullità di tale contratto di finanziamento. Tuttavia, anche in omaggio al principio di conservazione degli atti, si è preferito applicare la sanzione della nullità solo ove la mancanza delle prescritte clausole non consenta di determinare l'operazione finanziaria (Campobasso, 1440); anche perché, si è notato, la nullità risulterebbe eccessivamente penalizzante per il patrimonio sociale in quanto il finanziatore potrebbe agire per l'indebito, proprio rivalendosi su di esso (Manes, 1237). Circa il piano finanziario (lett. b) è a dirsi che nello stesso devono essere indicate tutte le caratteristiche dell'operazione, il l'indicazione delle risorse necessarie per realizzarla, specificando quale parte di essa finanziata direttamente dalla società e quale invece sarà coperta da finanziamenti di terzi (Rubino de Ritis, 894). Questione dibattuta è se sia ammissibile una remunerazione rapportata agli utili della società: si risponde positivamente sulla base della previsione di cui all'art. 2411, comma 2, c.c., rispetto ai diritti degli obbligazionisti (Lamandini, 506; Campobasso, 1443) e purché sia espressamente indicato in una clausola del contratto. Al riguardo pure è stato ritenuto (Manes, 1239) che proprio l'indicazione della remunerazione consentirebbe di qualificare la natura del contratto, ossia se si tratti, o meno, di un finanziamento «partecipativo» (qualora si preveda la partecipazione agli utili), o ancora di un modello «misto». È pacifico che il piano deve prevedere l'adozione di sistemi di incasso e di contabilizzazione che consentano l'autonoma individuazione dei proventi per separarli dal residuo patrimonio della società (Pescatore, 130; Niutta, 275; Manes, ibidem). Nel finanziamento destinato vanno indicati anche i «beni strumentali» (lett. c). La previsione si riferisce ai beni utilizzati dalla società per lo svolgimento dell'affare (presenti, nel suo patrimonio «generale» e futuri, cioè quei beni che allo stesso scopo saranno acquistati dalla società con risorse rivenienti dal patrimonio «generale») e, come bene è stato osservato, è funzionale «ad ottenere la protezione di cui al comma 5 contro le azioni esecutive dei creditori del patrimonio generale. La sua mancanza comporta l'inapplicabilità del beneficio» (Campobasso, 1444). L'utilizzazione di tali beni deve ritenersi non esclusivamente dedicata allo specifico affare: i beni strumentali potranno, dunque, essere impiegati dalla società per finalità diverse dalla realizzazione dell'affare (Pescatore, 1219; contra Comporti, 956). Alla scadenza del termine ovvero quando il nesso di strumentalità viene meno, i beni tornano nella «disponibilità» dei creditori, i quali dunque potranno aggredirli. La legge non impone un rapporto di congruità tra l'importo del finanziamento e la consistenza dei beni strumentali, con la conseguenza che sono agevoli abusi a danno dei creditori sociali (Pescatore, 1219; Campobasso, 1445 e 1479-1480). Il vincolo di indisponibilità è riferibile solo ai creditori sociali e non invece alla società la quale, se necessario, potrà modificare, sostituire o utilizzare i beni strumentali e finanche alienarli; in quest'ultima ipotesi la società risponde per inadempimento contrattuale nei confronti del finanziatore solo qualora l'alienazione abbia pregiudicato la realizzazione dell'affare (Campobasso, 1446). La società può garantire il rimborso di parte del finanziamento (lett. g); l'esecuzione del contratto, la corretta e tempestiva realizzazione dell'operazione (lett. d). Le garanzie di cui alla lett. d) sono da considerarsi come garanzie «ulteriori» rispetto alla regole generali in tema di responsabilità contrattuale, che naturalmente si applicano a prescindere dalla sussistenza di tali garanzie. Al riguardo si è parlato anche di garanzie in senso «atecnico» quali l'impiego di risorse umane adeguate ovvero mezzi tecnici sufficienti (Manes, 1242; invece contra Campobasso, 1447). Le garanzie indicate alla lett. g), invece, garantiscono il rimborso del finanziamento qualora i proventi ottenuti attraverso l'affare siano insufficienti. In concreto quindi tali garanzie potrebbero consistere nella possibilità di attingere al patrimonio sociale per rimborsare il finanziamento ovvero costituire diritti reali sui beni sociali ma anche garanzie reali o personali prestate da terzi. Come si è visto, tali garanzie devono riguardare solo parte del credito (Campobasso, 1448; Santagata de castro, 481; Manes, 331; Rubino de Ritis, 886); non mancano, però, opinioni contrarie, ritenendosi possibile, da alcuni, che la società presti garanzie per l'integrale rimborso, argomentandosi dalla mancanza di un divieto espresso (Niutta, 275; Maffei Alberti, 1701). Il contratto può prevedere anche dei poteri di controllo in capo al finanziatore o ad altro soggetto da lui delegato. In concreto si può trattare, ad esempio, della possibilità di esprimere delle valutazioni rispetto a specifiche operazioni, o di un potere di ispezione su specifici atti sociali che non siano coperti da segreto (Santagata de castro, 469; Giannelli, 1280). In sostanza, si possono riconoscere in capo al finanziatore o al suo delegato, gli stessi poteri che spettano all'associato nel contratto di associazione in partecipazione. Centrale è certamente il riferimento ai proventi. La dottrina è concorde nel ritenere di difficile interpretazione la nozione stessa di provento (Manes, 1244; Maffei Alberti, 1700; Campobasso, 1450), espressione palesemente più affine al linguaggio aziendalistico (Ferro-Luzzi, 130) piuttosto che giuridico: essa, generalmente, si fa coincidere con gli incassi derivanti dall'affare. Si tratta dunque, non già di «utili» in senso tecnico, quanto piuttosto di qualsiasi incremento di reddito percepito dalla società rispetto al quale le parti possono stabilire la base di calcolo, privilegiando in questo caso, l'ampia autonomia delle parti in sede di predisposizione delle clausole. Più in particolare, alcuni ritengono che per proventi debbano intendersi i ricavi lordi (Lenzi, 583, Santagata De Castro, 471); in senso contrario, si osserva che per provento debba intendersi il risultato netto che residua dal compimento dell'affare, ossia l'utile o ricavato netto, dedotti tutti i costi sostenuti (Comporti, 1028). Come si è visto, scaduto il termine, il finanziatore non potrà più nulla pretendere dalla società. La determinazione del termine è dunque assai rilevante e il legislatore l'affida totalmente alla autonomia dei privati. L'individuazione del termine consente altresì alla società di conoscere quando potrà disporre dei proventi in quanto confluiti nel patrimonio sociale e quindi eventualmente distribuibili ai soci, e ai creditori sociali di intraprendere azioni esecutive sui beni strumentali relativi all'affare. Secondo parte della dottrina (Santagata de castro, 484) il termine potrebbe porsi, in via esemplificativa stabilendosi che una società richieda un finanziamento destinato alla costruzione di un tratto di autostrada nel quale si conviene il rimborso con i pedaggi per un tempo di dieci anni dall'esecuzione dell'opera e allo scadere di tale «termine» la società può liberamente disporre dei successivi pedaggi. Da altri (Campobasso, 1458) si dubita di una siffatta ricostruzione, ritenendosi, correttamente ad avviso di chi scrive, che ancorare la decorrenza del termine dal momento di completamento dell'opera trasformerebbe il termine in una condizione essendo la realizzazione dell'opera un evento incerto che dipende dalla volontà del debitore. Condizioni per la separazione patrimonialeIl comma 3 dell'art. 2447-decies c.c. stabilisce le condizioni necessarie per la separazione patrimoniale, ossia affinché i proventi dell'affare, una volta realizzati, possano costituire a formare un patrimonio separato da quello sociale, destinato in via esclusiva a ripagare tutto o parte del debito contratto. Garanzia del finanziatore dello specifico affare sono, almeno tendenzialmente e in prima battuta, i proventi da esso derivanti (Santagata De Castro, 471). In primo luogo, occorre una adeguata pubblicità ed è dunque richiesto che copia del contratto di finanziamento destinato ad uno specifico affare sia depositata presso l'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione. Occorre pertanto una scrittura privata con autentica notarile (Giannelli, 1228; Santagata de castro, 1440). Di poi, è necessario che la società adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dell'affare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della società: tale previsione risponde all'esigenza di individuare i beni separati in ogni fase di esecuzione dell'affare (Lenzi, 581), anche al fine di consentire un immediato controllo sul suo svolgimento. La necessità che i proventi dell'affare siano separati dal restante patrimonio suggerisce che le somme oggetto di destinazione siano versate su conti appositi e distinti da quelli della società. La norma è muta circa i controlli necessari per la valutazione della «idoneità» delle metodologie di incasso e contabilizzazione prescelte ad individuare in ogni momento i proventi ed a tenerli separati dal restante patrimonio della società dalle stessa richiesta. In proposito, tuttavia, non pare potersi dubitare che anche tale compito rientri nella «normale» attività di controllo contabile e sia perciò affidata al revisore contabile, ovvero al collegio sindacale ove incaricato della revisione legale. Effetti della separazione patrimonialeL'effetto più rilevante della separazione patrimoniale è quello di precludere azioni esecutive ai creditori sociali, i quali, fino al rimborso del finanziamento, possono unicamente esercitare azioni conservative dei loro diritti sui beni strumentali destinati dalla società alla realizzazione dell'affare (comma 5). Inoltre, delle obbligazioni nei confronti del finanziatore risponde esclusivamente il patrimonio separato, a meno che non siano state costituite garanzie ai sensi della lett. g). Per la disciplina fallimentare dei finanziamenti destinati si rinvia al commento dell'art. 72-ter l. fall. (il cui contenuto è stato ora trasfuso nell'art. 176 del Codice della crisi e dell'insolvenza: la norma, infatti, stabilisce la possibilità che l'eventuale fallimento – oggi liquidazione giudiziale – della società non impedisca, di per sé, la realizzazione o continuazione dell'affare che sia ritenuto in sé proficuo). In questa sede è opportuno segnalare la disposizione secondo cui se il fallimento (oggi liquidazione giudiziale) della società determina l'impossibilità di realizzare o continuare l'operazione, terminano le limitazioni previste dai commi precedenti ed il finanziatore può insinuarsi al passivo per il suo credito, al netto delle somme già percepite a titolo di proventi e frutti. Il co. 7 dell'art. 2447-decies stabilisce che il finanziamento potrà avvenire anche con emissione di titoli destinati alla circolazione, che incorporano la posizione giuridica del finanziatore, unicamente nel rispetto delle disposizioni in materia di cartolarizzazione. Il rinvio alla disciplina della cartolarizzazione va intesa come «norma aperta» (Manes, 1260) riferita indistintamente al modello con o senza cessione. L'ultimo comma indica ciò di cui deve comporsi la nota integrativa, stabilendo che essa deve contenere l'indicazione della destinazione dei proventi e dei vincoli relativi ai beni: risulta chiaro come la sua formulazione sia meno completa rispetto a quella prevista in sede di separazione operativa, di cui all'art. 2447-septies. Al riguardo i principî contabili elaborati dall'Organismo italiano di contabilità prevedono che: «in mancanza di una espressa previsione legislativa, non occorre dare separata evidenza negli schemi di bilancio delle voci e degli importi vincolati al finanziamento destinato. D'altro canto, a fini conoscitivi è sufficiente l'illustrazione fornita dalla nota integrativa della società» (OIC 2, Patrimoni e finanziamenti destinati ad uno specifico affare, ottobre 2004, 21, consultabile all'indirizzo: www.fondazioneoic.eu). Non è chiaro se il mancato richiamo alla regola dell'art. 2447-quinquies, comma 3, secondo periodo, c.c., secondo cui per le obbligazioni derivanti da fatto illecito risponde anche il patrimonio generale della società e dunque non opera la separazione patrimoniale, sia da ascriversi ad un difetto di coordinamento ovvero da una precisa scelta del legislatore che avrebbe voluto assimilare gli effetti della separazione patrimoniale sui proventi a quelli di una garanzia reale a favore del finanziatore, con la conseguenza che il creditore da illecito, essendo chirografario, non avrebbe titolo per agire sui beni sui quali insiste il «privilegio» del finanziatore (Campobasso, 1464). 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Falcone, Patrimoni destinati e finanziamenti dedicati: la posizione dei creditori e le prospettive concorsuali, in Dir. banca e merc. fin., 2005, II, 177 ss.; Fauceglia, I patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Fallimento, 2003, VIII, 809 ss. ; Ferro-Luzzi, La disciplina dei patrimoni separati, in Riv. soc., 2002, I, p, 121 ss.; Fimmanò, Patrimoni destinati e tutela dei creditori nella società per azioni, in Quad. giur. comm., 2008; Giannelli, Sub art. 2447-decies, in I patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Società di capitali, a cura di Niccolini e Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004; Lamandini, I patrimoni “destinati” nell’esperienza societaria. Prime note sul d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in Riv. soc., 2003, II-III, 490 ss.; Lenzi, I patrimoni destinati: costituzione e dinamica dell’affare, in Riv. not., 2003, III, parte 1, 543; Maffei Alberti, Finanziamenti destinati a uno specifico affare, in Commentario breve al diritto della società, a cura Maffei Alberti, 2007; Manes, I finanziamenti destinati ad uno specifico affare, in Le operazioni di finanziamento, diretta da Galgano e curata da Panzarini, Dolmetta, Patriarca, Torino, 2016, 1226 ss.; Marano, I patrimoni destinati in una prospettiva di analisi giuseconomica, in Quad. ric. giur. 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Commentario, dedicato a Portale, a cura di Dolmetta e Presti, Milano, 2011. |