Codice Civile art. 2409 nonies - Consiglio di gestione 1 .

Francesca Rinaldi

Consiglio di gestione 1.

[I]. La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Può delegare proprie attribuzioni ad uno o più dei suoi componenti; si applicano in tal caso il terzo, quarto e quinto comma dell'articolo 2381. L'istituzione degli assetti di cui all'articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente al consiglio di gestione.2.

[II]. È costituito da un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a due.

[III]. Fatta eccezione per i primi componenti, che sono nominati nell'atto costitutivo, e salvo quanto disposto dagli articoli 2351, 2449 e 2450, la nomina dei componenti il consiglio di gestione spetta al consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto.

[IV]. I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati consiglieri di sorveglianza, e restano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi, con scadenza alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.

[V]. I componenti del consiglio di gestione sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dal consiglio di sorveglianza in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa.

[VI]. Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza provvede senza indugio alla loro sostituzione.

 

[1] V. nota al Capo V.

[2] Il primo periodo del presente comma è stato sostituito dall'art. 377, comma 3, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14. Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2,  d.lgs. n. 14, cit., entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (16 marzo 2019). Il testo del periodo era il seguente: «La gestione dell'impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale». Il comma è stato, da ultimo modificato dall'art. 40, comma 3, d.lgs. 26  ottobre 2020, n. 147 che ha aggiunto, infine, il seguente periodo: <<L'istituzione degli assetti di cui all'articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente al consiglio di gestione.>>. Ai sensi dell'art. 42, comma 1, del citato decreto la presente disposizione entra in vigore il  20 novembre 2020.

Inquadramento

L'articolo in commento, dedicato all'organo amministrativo delle società per azioni che adottano il modello di governance dualistico, delinea i tratti essenziali del consiglio di gestione, definendo le competenze spettanti all'organo, la sua composizione, il sistema di nomina, revoca e sostituzione dei membri e stabilisce la durata dell'incarico.

La scarna regolamentazione del consiglio di gestione contenuta nel § 5 del titolo V non prevede, invece, alcuna specifica disposizione per il funzionamento dell'organo, la cui disciplina deve essere individuata mediante le norme richiamate puntualmente dall'art. 2409-undecies c.c. e, più in generale, in virtù del rinvio alle norme sul sistema tradizionale exartt. 223-septies disp. att. c.c. e 2380, comma 3, c.c.

La disciplina del consiglio di gestione si discosta da quella prevista per il consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale solo su pochi profili che direttamente risentono delle peculiarità del modello, quali, in primo luogo, l'attribuzione del potere di nomina e revoca dei componenti dell'organo al consiglio di sorveglianza e non all'assemblea dei soci.

Le competenze dell'organo

 

le funzioni esercitate dai gestori

Il primo comma dell' art. 2409- novies c.c. , in modo analogo a quanto disposto per il sistema tradizionale dall'art. 2380- bis c.c., affida al consiglio di gestione l'esercizio esclusivo del potere di amministrazione della società organizzata secondo il modello dualistico.

Più in particolare, in ragione della modifica apportata al primo comma dell'art. 2409-novies c.c. dall'art. 377, rubricato “Assetti organizzativi societari”, deld.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) la gestione della società per azioni di stampo dualistico deve svolgersi nel rispetto di quanto previsto dal novellato secondo comma dell'art. 2086 c.c., ai sensi del quale “L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Trattasi di un rinvio di carattere generale all'art. 2086 c.c., di identico tenore a quello previsto, dal medesimo art. 377, per la società in nome collettivo (art. 2257 c.c.); per la società per azioni organizzata secondo il modello tradizionale (art. 2380-bis c.c.) e per la società a responsabilità limitata (art. 2475 c.c.).

Stante il disposto del nuovo comma dell'art. 2409 novies c.c., pertanto, anche la società per azioni di tipo dualistico deve essere strutturata secondo un modello che  - sotto il profilo organizzativo, amministrativo e contabile – assicuri la rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale e consenta ai competenti organi di gestione e controllo di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendali (l'obbligo in questione è pure enunciato dall'art.3 del d. lgs.14/2019).

Il rinvio al secondo comma dell'art. 2086 c.c., di cui all'incipit dell'art. 2409 novies s.s. dispone una regola di principio e di indirizzo generale che non incide sul sistema delle competenze di gestione e controllo spettanti rispettivamente, nel modello dualistico, al consiglio di gestione ed al consiglio di sorveglianza.

Come detto, nel modello dualistico, il potere  di compiere ogni operazione necessaria per l'attuazione dell'oggetto sociale spetta al consiglio di gestione. Tale potere non può, tuttavia, essere inteso in termini assoluti.

Il potere di gestione, infatti, deve essere temperato alla luce del potere di c.d. alta amministrazione che, nel sistema dualistico, è possibile attribuire al consiglio di sorveglianza ai sensi dell'art. 2409-terdecies, comma 1, lett. f-bis, c.c.

Nell'ipotesi in cui il consiglio di sorveglianza disponga dei poteri decisori in ordine alla programmazione dell'attività sociale ed alle operazioni strategiche, al consiglio di gestione spetta, oltre al potere di amministrazione c.d. corrente, il compito di collaborare con l'organo di controllo per il conseguimento degli scopi sociali, predisponendo i piani industriali e finanziari della società da sottoporre all'approvazione del consiglio di sorveglianza.

In ogni caso, è incontestato che il compimento delle operazioni in attuazione delle strategie sociali rimane oggetto di competenza esclusiva dell'organo amministrativo, i cui componenti dispongono del potere di vincolare la società di fronte ai terzi in forza del combinato disposto degli artt. 2384 e 2409-undecies, comma 1, c.c.

Si sottolinea, infatti, che, da una corretta interpretazione del disposto di cui all'art. 2409-terdecies, comma 1, lett. f-bis c.c. discende che il consiglio di sorveglianza con poteri di c.d. alta amministrazione dispone solo del potere di deliberare sulle proposte del consiglio di gestione, approvandole o meno e non del potere di modificarle, poiché, nel caso contrario, il consiglio di gestione diverrebbe un mero esecutore delle decisioni del consiglio di sorveglianza e non il titolare del potere esclusivo di gestire la società (Brigandì, 642).

L'individuazione delle competenze spettanti al consiglio di gestione risulta, poi, da una serie di altre disposizioni normative di carattere generale.

Se previsto nello statuto, le competenze del consiglio di gestione possono includere, ai sensi dell'art. 2365 c.c., il potere di deliberare sulle seguenti materie: fusione nei casi previsti dagli articoli 2505 e 2505-bisc.c., istituzione o soppressione di sedi secondarie, indicazione degli amministratori titolari della rappresentanza della società, riduzione del capitale in caso di recesso del socio, adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale.

Spetta al consiglio di gestione il potere di convocazione dell'assemblea ai sensi dell'art. 2366, comma 1, c.c., e nei casi in cui lo richieda la minoranza o si verifichi una riduzione per perdite, rispettivamente, secondo i presupposti degli artt. 2367, comma 1, e 2446, comma 1, c.c. Non risulta, poi, che lo statuto possa subordinare all'autorizzazione dell'assemblea il compimento di atti degli amministratori.

Invero, l'art. 2364-bis c.c., che disciplina la competenza dell'assemblea ordinaria nelle società dove è previsto il consiglio di sorveglianza, non contiene una previsione corrispondente a quella prevista per il sistema tradizionale dall'art. 2364, comma 1, n. 5, c.c.

Secondo la dottrina non può, tuttavia, ritenersi incompatibile con il modello dualistico una clausola statutaria che riservi all'assemblea il potere di autorizzare il consiglio di gestione per il compimento di determinati atti di gestione (Facchin, 661).

Completano, poi, l'ambito delle competenze dell'organo amministrativo nel sistema alternativo dualistico l'art. 2377 c.c., che legittima il consiglio di gestione ad impugnare le delibere assembleari annullabili e l'art. 2447-bisc.c., che affida dall'organo amministrativo la decisione di costituire un patrimonio destinato ad uno specifico affare.

Il potere-dovere del consiglio di gestione di istituire gli assetti di cui all’art. 2086, comma 2, c.c.

Con l’art. 40, rubricato “Modifiche alle norme del codice civile in materia di assetti organizzativi societari”, del d.lgs. del 26 ottobre 2020, n. 147 (“Disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, recante codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza”), il legislatore è nuovamente intervenuto sul primo comma dell’art- 2409-novies, aggiungendo, dopo il secondo periodo, che: “L'istituzione degli  assetti  di  cui  all'articolo  2086,  secondo  comma,  spetta esclusivamente al consiglio di gestione”. Come già avvenuto con il menzionato art. 377 del d.lgs. 12 gennaio 2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) si tratta di una modifica normativa di identico tenore per i vari tipi societari che svolgono attività imprenditoriale; anche negli artt. 2257, 2380-bis e 2475 c.c. viene precisato, infatti, che “spetta esclusivamente agli amministratori” - gestori dell’impresa - “l’istituzione degli assetti di cui all'articolo 2086, secondo comma”.

Il consiglio di gestione, dunque, ha il dovere di monitoraggio e di intervento sull’istituzione (ed il mantenimento) nella società di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato, nonché il compito di attivarsi per il superamento di un’eventuale crisi. L'adeguatezza degli assetti organizzativi rappresenta, evidentemente, il necessario presupposto per il corretto funzionamento dell’ente e costituisce, per espressa previsione legislativa (art. 12 D. Lgs. n. 14/2019), uno “strumento di allerta della crisi”, in difetto del quale operano solo le segnalazioni dei creditori qualificati e gli appositi indici previsti dall’art. 13 D. Lgs. n. 14/2019 elaborati con cadenza triennale dal CNDCEC.

Il consiglio di gestione deve compiere tutte le operazioni che rientrano nell'oggetto sociale, con una organizzazione razionale ed idonea a non sottovalutare i rischi di crisi. In concreto, gli amministratori devono, quindi, dotare la società di uffici adeguati alla natura ed alle dimensioni dell'impresa, istituendo, ad esempio, sistemi di controlli interni e di compliance proporzionali all’attività svolta dall’ente e tali da consentire la tempestiva rilevazione della crisi e della perdita di continuità aziendale.

 Al fine di riempire di contenuto tale potere-dovere, attribuito in via esclusiva all’organo amministrativo delle società di capitali, giova evidenziare, poi, che, all'art. 13 del d. lgs. 14/2019, sono specificati i c.d. indicatori della crisi, ravvisati negli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore, quali, ad esempio, i ritardi nei pagamenti, reiterati e significativi.

Come evidenziato, per espressa scelta legislativa, la competenza di istituire gli assetti di cui all’art. 2086, comma 2, c.c. è affidato in via “esclusiva” al consiglio di gestione.  E ciò vale anche nell’ipotesi in cui lo statuto della società preveda l’attribuzione al consiglio di sorveglianza di competenze di c.d. “alta amministrazione” di cui alla lett. f bis) dell'art. 2409 terdecies che consente al consiglio di sorveglianza “di deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione.”

Posto, infatti, che le competenze di c.d. alta amministrazione del consiglio di sorveglianza rientrano nelle funzioni di indirizzo e consenso sulle politiche gestionali di medio-lungo periodo, spetta, piuttosto, al consiglio di sorveglianza, in qualità di organo di vigilanza e controllo delle s.p.a. a modello dualistico, il compito di vigilare circa la predisposizione di assetti adeguati. Si tratta, peraltro, in questo contesto, di una funzione particolarmente delicata (allo stesso modo di come accade per il collegio sindacale), in quanto l'organo amministrativo opera, nell'adempimento del dovere di predisporre assetti organizzativi adeguati, entro ampi margini di discrezionalità che comprende anche la politica di gestione dei rischi d'impresa.

La mancata adozione di doverosi assetti organizzativi, che siano adeguati a scopo di allerta, potrebbe, peraltro, dare adito alla denunzia al Tribunale di cui all’art. 2409 c.c. (che, nel sistema dualistico, può essere presentata anche dal consiglio di sorveglianza ex art. 2409 terdecies, let e), c.c.) nonchè alla responsabilità degli amministratori, nel rispetto della regola della business judgement rule, specialmente in caso di mancata strategia di risanamento.

La composizione del consiglio di gestione

Il consiglio di gestione, diversamente dall'organo amministrativo del sistema tradizionale, è ex lege un organo collegiale, dovendo essere costituito da un numero di componenti non inferiore a due.

Secondo la dottrina la ratio che giustifica l'incompatibilità dell'organo amministrativo monocratico con le società che adottano il sistema dualistico consiste nell'esigenza di garantire l'autonomia dei gestori dall'organo di controllo, garanzia che difficilmente potrebbe offrire un consiglio di gestione composto da un solo gestore eletto dal consiglio di sorveglianza e da questo revocabile ad nutum (Providenti, 356; Ghezzi, 49 ss.).

Posto che, ai sensi dell'art. 2409-novies c.c., il numero dei consiglieri di gestione non può per legge essere inferiore a due, la determinazione in concreto del loro numero è rimessa allo stesso consiglio di sorveglianza che provvede a determinarne il numero prima di nominarli, ma non è escluso che lo statuto fissi il numero massimo di membri dell'organo, come anche un numero minimo o un numero fisso.

La formulazione testuale dell'articolo in commento induce a ritenere ammissibile l'eventuale composizione pari del consiglio di gestione, con facoltà di introdurre per statuto – al fine di evitare possibili stalli decisionali – il c.d. casting vote. L'operatività del c.d. casting vote sembra si debba negare solo nell'ipotesi di organo costituito da due soli membri, poiché in quell'ipotesi si realizzerebbe nella sostanza una gestione unipersonale (Bordiga, 1859; sul c.d. casting vote in caso di organo amministrativo a due membri cfr. Bonelli, 12).

Con statuizione parallela a quella contenuta nell'art. 2409-duodecies, comma 10, lett. b) c.c., l'art. 2409-novies c.c. stabilisce l'incompatibilità tra gli uffici di consigliere di gestione e di consigliere di sorveglianza, in modo da tenere gli organi di gestione e controllo formalmente e sostanzialmente distinti fra loro.

I componenti del consiglio di gestione possono essere, poi, sia soci, che non soci.

Per l'assunzione della carica di consiglieri di gestione il legislatore non prevede nessuno specifico requisito di professionalità, onorabilità e indipendenza, salva pur sempre la facoltà per i soci di disporre in via statutaria che i consiglieri di gestione siano in possesso degli ulteriori requisiti soggettivi rinviando, ad esempio, a quelli previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.

Le cause di ineleggibilità dei gestori sono regolate dall'art. 2382 c.c., richiamato dall'artt. 2409-undecies c.c., che vieta di nominare amministratore l'interdetto, l'inabilitato, il fallito o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi.

Incompatibile con la carica di gestore è, poi, lo svolgimento di determinate attività o l'assunzione di determinate cariche che rientrano nel divieto di concorrenza, in forza del disposto dell'art. 2390 c.c.

L'applicazione dell'art. 2390 al sistema dualistico pone la questione se, anche per i gestori, le attività o gli incarichi incompatibili con il divieto di concorrenza debbano essere autorizzati dall'assemblea o debbano, al contrario, essere autorizzati dal consiglio di sorveglianza, ancorché tale potere non sia espressamente ricompresso nell'elenco di cui all'art. 2409-terdecies c.c., primo comma, relativo alle competenze del consiglio di sorveglianza (per la tesi della competenza assembleare cfr. Schiuma, 691; per la tesi della competenza in capo al consiglio di sorveglianza, cfr. Marchetti, 8).

L'articolo in commento non contempla la presenza nell'organo di consiglieri di minoranza.

Secondo una dottrina, peraltro, la presenza di consiglieri di minoranza potrebbe essere prevista nello statuto, ad esempio, mediante una clausola che introduca il voto c.d. di lista in favore dei consiglieri di sorveglianza eletti dalla minoranza (Bonelli, 244; Rondinelli, 1520 ss.; Marchetti, 4; contraCariello, 292 ss., il quale rileva che la nomina di consiglieri espressione della minoranza è incompatibile con il modello dualistico poiché si tradurrebbe nella presenza in seno al consiglio di gestione di amministratori indipendenti non esecutivi e poiché il voto di lista, in ogni caso, non può operare nel consiglio di sorveglianza, laddove i singoli membri non votano come in assemblea in base all'aliquota di cui sono titolari i singoli soci).

Nomina e revoca dei componenti dell'organo

Il profilo caratterizzante il consiglio di gestione rispetto all'organo amministrativo del sistema tradizionale attiene il procedimento per la nomina dei suoi componenti, la cui competenza spetta al consiglio di sorveglianza e non all'assemblea, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti nello statuto.

Ai sensi dell'articolo in commento, fanno eccezione alla competenza del potere di nomina del consiglio di gestione i suoi primi componenti, nominati in sede costitutiva; i membri la cui nomina sia riservata ai titolari di strumenti finanziari partecipativiexart. 2351 c.c. e quelli la cui nomina sia riservata allo Stato ed agli altri enti pubblici in base agli artt. 2449 e 2450 c.c.

In quanto elemento caratterizzante il sistema alternativo di amministrazione e controllo dualistico, il potere di nomina del consiglio di gestione si reputa affidato al consiglio di sorveglianza in via inderogabile, e ciò alla luce della lettera della norma sulle competenze assembleari di cui all'art. 2364-bis c.c., nonché dell'art. 2409-terdecies lett. a), c.c., così come modificato dall'avviso di rettifica pubblicato in G.U. 4 luglio 2003, n. 153 (Ghezzi, 58 ss.; Marchetti, 3).

Il tenore letterale dell'art. 2409-terdecies, primo comma, lett. a), c.c., nel suo originario testo, anteriore alla modifica menzionata, consentiva l'interpretazione secondo cui lo statuto può rimettere la nomina dei consiglieri di gestione all'assemblea.

Tale interpretazione si poneva però in netto contrasto con l'interpretazione autentica fornita dallo stesso legislatore nella Relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. n. 6/2003 ove si legge (§ 5) che nel sistema dualistico «l'assemblea ordinaria si limita a nominare e revocare i consiglieri di sorveglianza, a determinare il compenso ad essi spettante ed a deliberare sulla loro responsabilità, mentre spettano al consiglio di sorveglianza materie quali la nomina e la revoca degli amministratori e l'approvazione del bilancio di esercizio».

Pertanto, può reputarsi ora definitivamente chiarito che la competenza assembleare introducibile statutariamente riguarda solo il potere di determinare il compenso dei consiglieri di gestione e non anche quello di procedere alla loro nomina.

L'attribuzione del potere di nomina e di revoca dei membri dell'organo amministrativo al consiglio di sorveglianza realizza, infatti, quella esigenza di separazione tra la proprietà dell'impresa e l'organo amministrativo che ha ispirato il legislatore della Riforma del 2003 nell'introduzione nel nostro ordinamento del sistema dualistico di amministrazione e controllo.

Pertanto, mentre nel sistema tradizionale la nomina dei gestori rientra nelle competenze che i soci assolvono nel proprio interesse senza implicazioni di responsabilità, nel sistema dualistico, la competenza di nomina, in quanto assegnata ad un organo professionale, si traduce in un potere-dovere esercitato nell'interesse della società e sotto responsabilità (Guaccero, 886; Bordiga, 1915).

Gli adempimenti pubblicitari relativi alla nomina del consiglio di gestione sono dettati dagli artt. 2383, commi 4 e 5 e 2384 c.c., richiamati dall'art. 2409 undecies, c.c.

Dunque, la nomina e la revoca degli amministratori devono essere, iscritte nel registro delle imprese e divengono opponibili ai terzi solo dopo tale pubblicazione, a meno che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza.

Di regola spetta al consiglio di sorveglianza anche la determinazione del compenso dei consiglieri di gestione, salvo espressa previsione statutaria che attribuisca questo potere all'assemblea (art. 2409-terdecies lett. a, c.c.).

In dottrina, è pacifico che, nonostante il mancato richiamo al secondo comma dell'art. 2389 c.c., sia possibile assegnare ai gestori, a titolo di remunerazione del loro incarico, partecipazioni agli utili o il diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.

Non pare, però, applicabile nel modello dualistico il terzo comma dell'art. 2389 c.c. e pertanto, sembra preclusa al consiglio di gestione la facoltà di fissare autonomamente il compenso degli amministratori investiti di particolari cariche (Bordiga, 1913-1914).

Come nel sistema tradizionale, la durata della carica di consigliere di gestione non può eccedere i tre esercizi.

Si ritiene, però, che la dizione della norma consenta la previsione della durata dell'incarico inferiore a tre esercizi (Ghezzi, 70 ss.; Cariello, 293 ss.).

Ai sensi del quarto comma dell'articolo in commento, i consiglieri di gestione scadono alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.

Pertanto, il consiglio di sorveglianza, chiamato ad approvare il bilancio relativo all'ultimo esercizio di durata in carica del consiglio di gestione uscente, dovrebbe provvedere a rinnovare l'organo amministrativo.

La regola stabilita per il sistema tradizionale sulla scadenza dell'incarico viene adattata alle caratteristiche del procedimento di approvazione del bilancio nel sistema dualistico. La scadenza del mandato dei consiglieri coincide con la data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio di carica dei consiglieri di gestione e non con la data di approvazione effettiva del bilancio.

Si ritiene, infatti, che anche nel caso in cui il bilancio non fosse approvato, il consiglio scada ugualmente alla data fissata per l'approvazione (Guaccero, 877).

I consiglieri scaduti sono rieleggibili.

La revoca dei consiglieri può essere disposta dal consiglio di sorveglianza in qualsiasi momento, salvo il risarcimento del danno in caso di revoca senza giusta causa.

Secondo i principî generali, elaborati con riguardo all'art. 2383 c.c. per il sistema tradizionale, infatti, la revoca dei gestori è ammissibile senza necessità della giusta causa che non ne costituisce un elemento costitutivo di validità, né di efficacia.

La prova della giusta causa, che può essere sia soggettiva che oggettiva, purché si tratti di circostanze o fatti sopravvenuti idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto, spetta alla società e rileva unicamente ai fini del risarcimento del danno.

Con riguardo ai presupposti della giusta causa di revoca, una dottrina evidenzia che il peculiare rapporto sussistente fra il consiglio di gestione ed il consiglio di sorveglianza, specialmente nelle ipotesi in cui quest'ultimo disponga del potere di c.d. alta amministrazione di cui all'art. 2409-terdecies, primo comma, lett. f-bis, c.c., implica un'autonoma nozione del concetto di giusta causa non importabile dal modello tradizionale (sul punto cfr. Cariello, 301, ss.)

La competenza in tema di revoca è affidata inderogabilmente al consiglio di sorveglianza e viene disattesa solo in relazione ai componenti nominati dallo Stato o dagli enti pubblici che possono essere revocati esclusivamente dagli enti che li hanno nominati ex art. 2449, comma 2, c.c., nonché in relazione ai componenti nominati dai portatori di strumenti finanziari partecipativi.

Il mancato riferimento nell'art. 2351 c.c. alla revoca dei membri nominati dai portatori degli strumenti finanziari, invece, induce a ritenere che la competenza spetti al consiglio di sorveglianza in virtù della regola generale (Brigandi, 649).

Il consigliere di gestione può essere revocato, inoltre, ai sensi dell'art. 2393 c.c. e dell'art. 2409 c.c., richiamati entrambi dall'art. 2409- undecies c.c.

Nel primo caso, se la deliberazione dell'azione di responsabilità contro gli amministratori viene presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale e, nel secondo caso, qualora il tribunale accerti gravi irregolarità nella gestione sociale da parte del consiglio di gestione.

In ogni caso, il potere di revoca dei consiglieri di gestione non può essere qualificato quale diritto potestativo rimesso all'arbitrio del consiglio di sorveglianza, non potendo valere per quest'organo il predicato della «sovranità» che giustifica la libera revocabilità degli amministratori da parte dell'assemblea.

Il potere di revoca, infatti, rientra fra i compiti che il consiglio deve svolgere secondo il criterio della diligenza professionale ex art. 2409-duodecies, comma 3, c.c. (Bordiga, 1920).

Come rilevato in dottrina, la previsione nel sistema dualistico della regola della revoca ad nutum dei membri dell'organo amministrativo rafforza la posizione dell'organo di controllo nei riguardi dell'organo amministrativo, anche se realizza un sostanziale squilibrio nel sistema dei poteri interni alla società, non essendo il consiglio di sorveglianza sufficientemente autonomo rispetto all'assemblea (Schiuma, 677).

La regola della prorogatio dell'organo

In tema di cessazione degli amministratori dalla carica, il richiamo compiuto dall'art. 2409-undecies c.c. all'art. 2385 c.c. comporta l'integrale applicazione al consiglio di gestione della disciplina della proprogatio, stabilita per le ipotesi di scadenza del termine e di dimissioni della maggioranza dei gestori, con la conseguenza che, in questi casi, i consiglieri cessati restano in carica sino alla loro sostituzione.

La regola della c.d. prorogatio può operare solo nell'ipotesi in cui i membri vengano meno per rinuncia e, comunque, rimanga in carica la maggioranza dei membri del consiglio.

Qualora, invece, non resti in carica il numero minimo di componenti o vengano meno i membri del consiglio per cause diverse dalla rinuncia, la cessazione della carica avrà effetto immediato, senza operatività del disposto di cui all'art. 2385 c.c.

Dall'ultimo comma dell'articolo in commento si desume, poi, l'inapplicabilità al consiglio di gestione dell'istituto della c.d. cooptazione, ovvero quel meccanismo previsto per il sistema tradizionale tale per cui, se vengono a mancare uno o più amministratori, purché la maggioranza sia sempre in carica, gli altri provvedono a sostituirli, con deliberazione approvata dal consiglio sindacale.

Nel sistema tradizionale la disciplina della cooptazione si giustifica considerando che i tempi per la convocazione e l'organizzazione della riunione assembleare sono potenzialmente lunghi e come tali non sempre compatibili con la necessità di una rapida reintegrazione dell'organo gestorio.

Tali esigenze, nel sistema dualistico, sono meno avvertite nel sistema dualistico in considerazione della relativa semplicità nel convocare, per la reintegrazione del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza, che è un organo a natura professionale, a differenza dell'assemblea che è un organo ad intermittenza e potenzialmente disinteressato (Campobasso, 437).

La tesi che sostiene l'inoperatività della cooptazione all'interno del consiglio di gestione è avallata, anche, dal mancato richiamo da parte dell'art. 2409-undecies c.c. all'art. 2386 c.c. (Marchetti, 6).

Il consiglio di sorveglianza, dunque, è tenuto a provvedere direttamente ed immediatamente alla sostituzione dei componenti che vengano a mancare prima della scadenza della carica.

Ferma l'impossibilità che il consiglio di sorveglianza designi uno dei suoi membri in sostituzione dei consiglieri di gestione cessati, secondo una parte della dottrina, deve considerarsi legittimo l'inserimento nello statuto della clausola c.d.simul stabunt simul cadent, in forza della quale, al venir meno di alcuni componenti del consiglio di gestione, viene meno l'intero organo, in quanto si tratta di previsione tesa ad assicurare una maggiore compattezza dell'organo di gestione (Ghezzi, 78; Cariello, 293).

Questa conclusione, peraltro, è avversata da altra dottrina, secondo la quale tale clausola, implicando una revoca implicita di consiglieri che subiscono l'attivazione del meccanismo, sarebbe inammissibile poiché sostanzialmente si tratterebbe di clausola idonea a privare il consiglio di sorveglianza della competenza inderogabile in ordine alla revoca dei gestori (Bordiga, 1862).

L'organizzazione interna: la delega di funzioni ed il ruolo del presidente

Passando ai profili dell'organizzazione interna del consiglio di gestione, il primo comma della disposizione in commento legittima il ricorso all'istituto della delega delle attribuzioni dell'organo amministrativo ad uno o più dei suoi componenti, disponendo, in tal caso, l'applicazione dei commi terzo, quarto e quinto dell'articolo 2381 c.c., ovvero delle disposizioni che regolano i rapporti tra consiglio di amministrazione e amministratore delegato nel sistema tradizionale.

La specificità del modello dualistico induce la dottrina a sostenere che, a differenza del sistema tradizionale, per la delega delle attribuzioni non sia necessaria l'autorizzazione dello statuto o dell'assemblea, in quanto la delega di funzioni nel consiglio di gestione trae il proprio potere solo dal disposto di legge (Fachin, 661).

Si ritiene, tuttavia, che gli statuti possano limitare tale autonomia in tema di delega gestoria, inibendo la facoltà per il consiglio di gestione di fare ricorso allo strumento della delega, come nei casi in cui il consiglio di gestione sia composto da un numero ristretto di soggetti (Marchetti, 9).

Con riguardo, poi, alla posizione del consiglio di sorveglianza rispetto alle decisioni sulle deleghe di funzioni interne al consiglio di gestione, ferma l'inammissibilità di una competenza autonoma in capo all'organo di controllo, la dottrina ritiene configurabile un coinvolgimento del consiglio di sorveglianza, ma solo nelle forme del parere non vincolante (Guaccero, 880).

Si desume, poi, dalla formulazione testuale dell'art. 2409-novies c.c., nonché dal mancato richiamo al secondo comma dell'art. 2381 c.c., il divieto di istituzione di un comitato esecutivo all'interno del consiglio di gestione (Ghezzi, 52; Guaccero, 880; Cariello, 75 ss.; contra, per l'ammissibilità del comitato esecutivo interno, Libonati, 289; Campobasso, 438).

Secondo questa impostazione, la ratio giustificatrice dell'inammissibilità di un comitato esecutivo interno al consiglio di gestione consisterebbe nell'esigenza di evitare la costituzione di un terzo organo collegiale – accanto al consiglio di gestione ed al consiglio di sorveglianza – che finirebbe per aumentare il grado di complessità del sistema organizzativo societario a scapito della snellezza e della flessibilità nei processi decisionali ed, inoltre, determinerebbe l'imposizione in capo alla società di costi di monitoraggio sulla gestione più gravosi.

D'altronde, come evidenziato in dottrina, l'impossibilità di istituire un comitato esecutivo all'interno del consiglio di gestione sembra coerente con il peculiare ruolo riservato, nel sistema dualistico, all'organo gestionale, cui spetta il compito di gestire «operativamente» la società, posto che non solo le funzioni di controllo, ma anche quelle di «supervisione» dell'amministrazione, sono riservate al consiglio di sorveglianza (Marchetti, 10 ss.).

Sempre in tema delega di funzioni, si reputa ammissibile il meccanismo della delega gestoria pluripersonale, ovvero la nomina di più consiglieri delegati, purché in forma disgiunta, non collegiale (Bordiga, 1860; contraMarchetti, 11, secondo il quale i componenti del consiglio possono essere destinatari di deleghe anche in via tra loro congiunta ed, in questo caso, la loro attività potrebbe essere disciplinata dal metodo maggioritario).

In base al combinato disposto degli artt. 2409-novies, comma 1, e 2381 c.c., il consiglio di gestione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio delle deleghe, può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nelle deleghe.

Sotto il profilo oggettivo, inoltre, il quarto comma dell'art. 2381 c.c. prevede alcune limitazioni, facendo divieto di attribuire con delega le funzioni previste negli artt. 2420-ter c.c. (emissione di obbligazioni convertibili in forza di delega assembleare), 2423 c.c. (redazione del progetto di bilancio), 2443 c.c. (aumento di capitale su delega assembleare), 2446 e 2447 c.c. (incombenti in caso di perdite), 2501-ter e 2506-bis c.c. (predisposizione dei progetti di fusione e scissione).

Secondo le regole generali, sulla base delle informazioni ricevute dai delegati, l'organo collegiale ha il dovere, sia di accertare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo e amministrativo, sia di valutare il generale andamento della società ed è tenuto ad esaminare, quando elaborati, i piani strategici industriali e finanziari della società.

Al consiglio di gestione, pertanto, al pari del consiglio di amministrazione del sistema tradizionale, sono riservati compiti di indirizzo, supervisione e vigilanza rispetto ai singoli atti di gestione posti in essere, sulla base delle deleghe ricevute, dal consigliere delegato e dalle strutture operative.

In virtù del principio di autorganizzazione degli organi collegiali, il consiglio di gestione nomina tra i suoi membri un presidente, come si deduce dall'art. 2380-bis, quinto comma, richiamato dall'art. 2409-undecies c.c.

Il tenore letterale dell'art. 2380-bis c.c., peraltro,, deve essere correttamente applicato al modello dualistico, laddove la competenza in ordine alla nomina dei componenti del consiglio di gestione spetta inderogabilmente al consiglio di sorveglianza.

Pertanto, nel caso in cui il consiglio non dovesse provvedere alla nomina del presidente, la relativa competenza dovrebbe essere rimessa al consiglio di sorveglianza e mai all'assemblea, alla quale non compete il potere di nomina dei consiglieri di gestione (Brigandì, 649; Garilli, 131; Ghezzi, 51).

Fra le norme sul sistema dualistico non sono individuati i poteri ed i compiti del presidente del consiglio di gestione e non vi è un rinvio espresso all'art. 2381, comma 1, c.c sul ruolo del presidente di amministrazione nel sistema tradizionale.

Ciò nonostante, si ritiene che la disciplina prevista nel modello tradizionale di amministrazione e controllo sia applicabile al presidente del consiglio di gestione, anche in mancanza di un espresso rinvio al primo comma dell'art. 2381 c.c., e ciò in virtù degli artt. 223-septies disp. att. c.c. e art. 2380, comma 3, c.c.

Pertanto, spetta al presidente convocare il consiglio, fissarne l'ordine del giorno e coordinarne i lavori, salva pur sempre l'autonomia statutaria nell'assegnazione al presidente di funzioni ordinatorie ulteriori (Cariello, 328).

Il funzionamento dell'organo

In forza dell'art. 2388 c.c., direttamente applicabile al sistema dualistico in virtù del secondo comma dell'art. 2409-undecies c.c., per la validità delle deliberazioni dell'organo è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica, quando lo statuto non richiede un maggior numero di presenti; quanto al quorum deliberativo, invece, le deliberazioni del consiglio di amministrazione sono prese a maggioranza assoluta dei presenti, salva sempre diversa disposizione dello statuto.

Come nel sistema tradizionale, vige per i componenti del consiglio di gestione il principio del divieto del voto per rappresentanza e lo statuto può prevedere che la presenza alle riunioni del consiglio avvenga anche mediante mezzi di telecomunicazione.

Analogamente, il sistema rimediale da applicarsi con riguardo alle deliberazioni assunte in modo non conforme alla legge o all'atto costitutivo è il medesimo di quello previsto per il consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale, con la peculiarità che la legittimazione è riconosciuta anche in capo al consiglio di sorveglianza.

In forza del richiamo all'art. 2391 c.c. si applica, poi, nel sistema dualistico la disciplina sugli interessi degli amministratori, salvo gli adattamenti resi necessari dalla presenza del consiglio di sorveglianza.

L'amministratore deve, dunque, dare notizia agli altri consiglieri e al consiglio di sorveglianza di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata, mentre l'amministratore delegato deve astenersi dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale.

Secondo le regole generali, inoltre, la deliberazione del consiglio di gestione deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell'operazione e, nel caso di violazione dell'art. 2391 c.c., le deliberazioni suscettibili di recare danno alla società, possono essere impugnate.

La convocazione dell'organo spetta al suo presidente, salvo che lo statuto attribuisca il potere di convocazione, accanto al presidente, anche ai singoli consiglieri di gestione ovvero al consiglio di sorveglianza.

Si ritiene, poi, regolarmente costituito l'organo, anche in assenza di convocazione, nell'ipotesi di c.d. costituzione totalitaria, ovvero con la partecipazione di tutti i suoi membri e di tutti i membri del consiglio di sorveglianza (Bordiga, 1865).

Il consiglio di gestione nelle società quotate

Con riguardo al consiglio di gestione delle società quotate, l'art. 147-quater d.lgs. n. 58/1998 dispone che, qualora detto organo sia costituito da più di quattro membri, almeno uno di essi debba possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall'art. 148, comma 3, d.lgs. n. 58/1998, c.d. TUF, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.

Diversamente dalle società chiuse, per le quali non è previsto alcun requisito di indipendenza dei componenti del consiglio di gestione, la perdita dell'indipendenza – sempre nell'ipotesi di superamento della soglia minima di membri del consiglio – comporta la decadenza del consigliere nominato ai sensi dell'art. 148, comma 3, d.lgs. n. 58/1998.

In virtù dell'art. 147-quater d.lgs. n. 58/1998, inoltre, i consigli di gestione che siano composti da più di quattro membri devono rispettare, a pena di sanzione, la regola dell'equilibrio tra generi.

Ulteriore peculiarità nell'ambito delle società quotate riguarda i requisiti di onorabilità richiesti ai componenti del consiglio, atteso che, ai sensi dell'art. 147-quinquies, tutti i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 148, comma 4, del medesimo d.lgs. n. 58/1998.

Ai sensi dell'art. 151-bis del d.lgs. n. 58/1998, il potere di convocazione del consiglio, spettante di regola al suo presidente, è attribuito anche al consiglio di sorveglianza, nonché, individualmente, a ciascuno dei componenti del consiglio di gestione.

Bibliografia

Bonelli, Gli amministratori di S.p.A. a dieci anni dalla riforma del 2003, Torino, 2013; Bordiga, Sub art. 2409-novies, in Le Società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da Abbadessa e Portale, I, Milano, 2016, 1850; Brigandì, Sub art. 2409-novies, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di Santosuosso, in Commentario del codice civile, diretto da Gabrielli, II, Torino, 2015, 640; Campobasso, Diritto commerciale, Diritto delle società, II, Torino, 2012; Cariello, Il sistema dualistico, Torino, 2012; Garilli, Il consiglio di sorveglianza della Società per azioni. Funzioni e competenze, Torino, 2012; Facchin, Sub 2409-novies, in Commentario delle società, a cura di Grippo, I, Torino, 2009, 660-661; Ghezzi, Sub art. 2409-novies, in Sistemi alternativi di amministrazione e controllo, a cura di Ghezzi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2005, 43; Guaccero, Del sistema dualistico, in Società di capitali. Commentario, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, II, Napoli, 2004; Libonati, Noterelle a margine dei nuovi sistemi di amministrazione delle società per azioni, in Riv. soc. 2008, 281; Marchetti, Il sistema dualistico: questioni e clausole statutarie (prima parte), CNN Studio n. 162-2006/I; Providenti, Sub art. 2409 novies in, Società per azioni. Amministrazione e controlli, La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2003; Rondinelli, Il sistema dualistico in Germania e in Italia: il consiglio di gestione, in Contr. impr. 2007, I, 1520; Schiuma, Sub artt. 2409-novies, 2409- undecies, in La riforma delle società. Società per azioni. Società in accomandita per azioni, a cura di Sandulli- Santoro, 2003, 673.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario