Codice Civile art. 2409 duodecies - Consiglio di sorveglianza (1).Consiglio di sorveglianza (1). [I]. Salvo che lo statuto non preveda un maggior numero, il consiglio di sorveglianza si compone di un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a tre. [II]. Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell'atto costitutivo, e salvo quanto disposto dagli articoli 2351, 2449 e 2450, la nomina dei componenti il consiglio di sorveglianza spetta all'assemblea, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto. [III]. I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi e scadono alla data della successiva assemblea prevista dal secondo comma dell'articolo 2364-bis. La cessazione per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è stato ricostituito. [IV]. Almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro (2). [V]. I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo con deliberazione adottata con la maggioranza prevista dal quinto comma dell'articolo 2393 (3), anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. [VI]. Lo statuto, fatto salvo quanto previsto da leggi speciali in relazione all'esercizio di particolari attività, può subordinare l'assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza. [VII]. Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di sorveglianza, l'assemblea provvede senza indugio alla loro sostituzione. [VIII]. Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea. [IX]. Lo statuto determina i poteri del presidente del consiglio di sorveglianza. [X]. Non possono essere eletti alla carica di componente del consiglio di sorveglianza e, se eletti, decadono dall'ufficio: a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 2382; b) i componenti del consiglio di gestione; c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita che ne compromettano l'indipendenza (4). [XI]. Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di incompatibilità e limiti e criteri per il cumulo degli incarichi. (1) V. nota al Capo V. (2) Le parole «gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia» sono state sostituite dalle parole «i revisori legali iscritti nell'apposito registro» dall'art. 37, comma 11, del d.lg. 27 gennaio 2010, n. 39. (3) Le parole «dal quinto comma dell'articolo 2393» sono state sostituite alle parole «dal quarto comma dell'articolo 2393» dall'art. 3 1 lett. c) l. 28 dicembre 2005, n. 262. (4) Lettera così sostituita dall'art. 13 d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310. InquadramentoIl consiglio di sorveglianza è l'organo caratterizzante il modello di amministrazione e controllo dualistico. Si tratta di un organo professionale cui sono attribuite competenze eterogenee ed è la stessa Relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. n. 6/2003 che al § 6 definisce il consiglio di sorveglianza quale «organo misto di gestione e controllo». Il consiglio di sorveglianza si colloca nella piramide della struttura societaria al livello intermedio, con funzione di separazione e nello stesso tempo di raccordo tra l'assemblea dei soci, che ne elegge i componenti ed il consiglio di gestione, i cui membri sono eletti dal consiglio di sorveglianza (Facchin, 664). La compresenza di funzioni che investono il controllo di legittimità, il merito e l'alta amministrazione connotano la natura “mista” del consiglio di sorveglianza e ne determinano la disciplina applicabile, che si suole definire di carattere “ibrido” (Varrasi, 2428; Brigandì, 676; Montalenti, 689, il quale ritiene che il consiglio di sorveglianza nel modello dualistico non sia una variante del collegio sindacale ma un organo con funzioni di alta direzione). La regolamentazione specifica del consiglio di sorveglianza è piuttosto articolata rispetto a quella riservata al consiglio di gestione e consiste in quattro articoli (artt. 2409-duodecies/2409-quinquiesdecies), oltre alle disposizioni specificatamente riferite alle società quotate e contenute nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, c.d. Testo Unico della finanza. Nell'analisi del complesso normativo dedicato al consiglio di sorveglianza viene, poi, in rilievo l'art. 223-septies disp. att. c.c., in forza del quale, se non diversamente disposto, le norme del codice civile che fanno riferimento ai sindaci trovano applicazione, in quanto compatibili, anche ai componenti del consiglio di sorveglianza, per le società che abbiano adottato il sistema dualistico. L'articolo in commento, in particolare, regola la composizione dell'organo, la nomina, la revoca, la sostituzione e la durata in carica dei suoi componenti e del suo presidente, nonché la disciplina dei requisiti di ineleggibilità, incompatibilità e professionalità. Con riferimento, poi, alle società quotate, il d.lgs. n. 58/1998, c.d. Testo Unico della Finanza introduce alcune deroghe alla disciplina del consiglio di sorveglianza in ragione delle peculiarità delle società aperte rispetto a quelle c.d. chiuse. Il secondo comma dell'art. 154 d.lgs. n. 58/1998, infatti, dispone che al consiglio di sorveglianza delle società con azioni quotate non si applicano gli artt. 2409-septies, 2409-duodecies, decimo comma e 2409-terdecies, primo comma, lettere c), e) ed f), c.c., in quanto la composizione ed i poteri del consiglio di sorveglianza trovano autonoma disciplina nelle norme del testo unico. La composizione dell'organo. Nomina dei suoi membriIl consiglio di sorveglianza è un organo a struttura pluripersonale ed opera collegialmente. L'art. 2409-duodecies, primo comma, stabilisce – con norma applicabile anche alle società quotate – che, fatta salva la possibilità che lo statuto preveda un maggior numero, il consiglio si compone di un numero di membri, anche non soci, non inferiore a tre (il numero minimo di componenti del consiglio di sorveglianza, pertanto, è per legge superiore a quello previsto per i componenti del consiglio di gestione, dovendo questi ultimi essere almeno due). Lo statuto può limitarsi ad indicare il numero massimo e il numero minimo dei componenti il consiglio di sorveglianza, lasciando alla discrezionalità dei soci la determinazione del numero effettivo. Il potere di nomina, salvo che per i primi componenti (di nomina statutaria), spetta inderogabilmente all'assemblea, come disposto anche dall'art. 2364-bis c.c., ma alla delibera di nomina non possono partecipare i soci consiglieri di gestione. E ciò in forza del secondo comma dell'art. 2373 c.c., in tema di conflitto di interessi degli amministratori, ai sensi del quale i componenti del consiglio di gestione non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza. Il divieto ha l'obiettivo di evitare l'indebolimento dell'indipendenza dei consiglieri di sorveglianza nei confronti del consiglio di gestione ed assume un rilievo peculiare nel sistema dualistico rispetto a quello tradizionale, laddove, invece, non sussiste la necessità di porre un divieto di voto al socio amministratore in relazione alle deliberazioni di nomina, revoca e responsabilità dei membri del collegio sindacale (sulla rilevanza sistematica dell'art. 2373, comma secondo, c.c., per l'interpretazione del corretto funzionamento del sistema dualistico, cfr. Bordiga, 1900). Nonostante il mancato richiamo specifico, si ritiene applicabile al consiglio di sorveglianza l'art. 2400, comma 4, c.c., che richiede per l'assunzione dell'incarico l'accettazione della nomina. Come disposto dall'art. 2409-novies c.c., per il consiglio di gestione, anche con riguardo al consiglio di sorveglianza, è prevista la possibilità di riservare la nomina di un componente ai titolari degli strumenti finanziari di cui all'art. 2351 c.c. Il tenore letterale dell'articolo richiamato sembra peraltro escludere che lo statuto possa consentire ai portatori di detti strumenti il potere di nomina sia di un componente del consiglio di gestione, sia di uno del consiglio di sorveglianza. Analogamente è previsto per i componenti di nomina statale o di enti pubblici prevista dall'artt. 2449 c.c. L'inderogabilità della competenza dell'assemblea ordinaria in materia di nomina del consiglio di gestione induce la dottrina a ritenere illegittime le clausole statutarie che prevedono la creazione di speciali categorie di azioni, caratterizzate dal potere di esprimere un voto determinante nella delibera di nomina del consiglio (Cariello, 458). La nomina e la cessazione dalla carica del consigliere di sorveglianza sono iscritte nei trenta giorni successivi nel registro delle imprese – in virtù del combinato disposto degli artt. 2409-quaterdecies e 2400, terzo comma, c.c. — a cura del consiglio di gestione o, se questo non vi provvede, del consiglio di sorveglianza medesimo, mentre si esclude che la richiesta di iscrizione possa essere fatta, nell'inerzia degli organi, dal singolo componente del consiglio o dal diretto interessato (Cariello, 459). Lo statuto può prevedere clausole volte a garantire la rappresentanza nel consiglio di sorveglianza dei soci di minoranza. Si ritiene che clausole di questo tipo, siano volte, non tanto a garantire l'indipendenza di coloro che controllano rispetto ai soggetti controllati, quanto di consentire alle minoranze di partecipare ai compiti di alta amministrazione eventualmente di competenza del consiglio o, comunque, di poter partecipare alla gestione, seppur indiretta, della società. Il presidenteDiversamente da quanto previsto per il consiglio di gestione il legislatore dedica alcune specifiche disposizioni alla figura del presidente del consiglio di sorveglianza. Ai sensi dell'ottavo comma dell'articolo in commento, l'assemblea provvede anche alla nomina del presidente. La competenza assembleare, peraltro, non subisce eccezioni neanche nel caso in cui taluni membri del consiglio siano stati nominati dallo Stato o da enti pubblici. L'attribuzione del potere di nomina del presidente all'assemblea e non al medesimo consiglio di sorveglianza – al quale, pertanto, non spetta neppure il potere di revoca – conferisce al presidente una posizione stabile ed autonoma nei confronti dell'organo di cui è a capo, consentendogli un indipendente esercizio dei poteri di direzione e coordinamento delle attività consiliari che gli competono (Bertolotti, 322). Per quanto riguarda funzioni e compiti di competenza presidenziale, l'art. 2409-duodeciesc.c. rimette in gran parte all'autonomia statutaria la determinazione dei poteri spettanti al presidente. Le uniche funzioni attribuite per legge al presidente sono quella di ricevere le dichiarazioni di rinuncia all'incarico di componente del consiglio di gestione e quelle di dissenso dei singoli componenti del consiglio di sorveglianza nei confronti delle deliberazioni assunte dall'organo. Anche in mancanza di qualsiasi previsione statutaria si ritiene che al presidente competano i classici poteri relativi all'attività collegiale che, nel sistema tradizionale, sono previsti all'art. 2381 c.c. per il presidente del consiglio di amministrazione quali, ad esempio, il potere di convocazione del consiglio, la fissazione dell'ordine del giorno ed il coordinamento dei lavori (Cariello, 492). Le cause di ineleggibilità ed incompatibilitàPassando ai requisiti di nomina dei membri del consiglio di sorveglianza, si osserva come il modello di amministrazione e controllo di tipo dualistico si caratterizzi, rispetto al modello tradizionale, per una maggiore flessibilità nella facoltà di nomina e revoca dei componenti dell'organo di controllo. I requisiti legali di professionalità per accedere alla carica di consiglieri di sorveglianza sono meno rigorosi di quelli previsti per essere eletti nel collegio sindacale, dovendo un solo componente del consiglio essere in possesso di particolari qualifiche di professionalità. L'art. 2409-duodecies, comma 4, c.c. prevede che un consigliere debba essere scelto tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro, mentre i restanti membri non devono essere né iscritti nel registro né essere in possesso di ulteriori requisiti di professionalità. Resta salva una diversa previsione statutaria ex art. 2409-duodecies, comma 6, che lascia liberi i soci di integrare il requisito minimo legale, subordinando l'assunzione della carica di consigliere al possesso di particolari requisiti di professionalità ed onorabilità . I consiglieri di sorveglianza, in ogni caso, devono possedere i requisiti di professionalità propri degli amministratori, stante il richiamo compiuto dall'art. 2409-duodecies, comma 10, lett. a, all'art. 2382 c.c.. Nonostante la mancanza di professionalità richiesta per gli altri componenti del consiglio di sorveglianza sembri contrastare con quanto sostenuto nella relazione governativa al d.lgs. n. 6/2003 che definisce il consiglio di sorveglianza come «organo professionale», la ratio che giustifica l'attenuazione della professionalità richiesta rispetto al collegio sindacale si ravvisa nell'attribuzione ad un organo terzo delle funzioni di controllo contabile, nonché nella connotazione più «politica» che tecnica che caratterizza il consiglio di sorveglianza (così Bordiga, 1885, il quale osserva, altresì, che la qualificazione del consiglio di sorveglianza come organo professionale, contenuta nella relazione governativa allegata al d.lgs. del 2003, deve intendersi correttamente nel senso che detto organo esercita competenze permanenti e non occasionali, a differenza dell'assemblea che esercita le proprie competenze a cadenza episodica e ciclica). La norma in commento stabilisce, poi, le cause di ineleggibilità (nel senso di incapacità assoluta a ricoprire la carica) e di incompatibilità (nel senso di incompatibilità relativa a ricoprire la carica in conseguenza di altri contestuali incarichi dei componenti del consiglio di sorveglianza) dei componenti del consiglio di sorveglianza. Quanto alle cause legali di ineleggibilità, il decimo comma dell'art. 2409-duodecies, stabilisce – con disposizione dal tenore meno stringente rispetto a quanto previsto dall'art. 2399 c.c. per i sindaci – che non possono essere eletti consiglieri di sorveglianza e se eletti decadono automaticamente dall'ufficio: l'interdetto, l'inabilitato, il fallito o chi è stato condannato ad una pena che comporta l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi; i componenti del consiglio di gestione e coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita che ne compromettano l'indipendenza. Queste ultime cause di incompatibilità operano limitatamente alle ipotesi in cui siano effettivamente in grado compromettere l'indipendenza del soggetto chiamato a svolgere l'incarico di consigliere di sorveglianza. Il disposto della lett. c) del comma decimo non coincide, poi, interamente con quanto previsto per i sindaci dall'art. 2399, comma 1, lett. b) e c), c.c., non essendo previste cause di ineleggibilità relative alla sussistenza di “altri rapporti di natura patrimoniale”. L'originario richiamo tout court all'art. 2399, lett. c), c.c. è stato, infatti, eliminato dal d.lgs. n. 310/2004 per prevenire problemi applicativi derivanti dall'interpretazione di questa norma. L'adesione alla tesi secondo la quale alla nozione di rapporti di natura patrimoniale sono rinconducibili anche le partecipazioni azionarie comportava, infatti, che ai soci di controllo o di riferimento fosse negata la nomina a consigliere di sorveglianza e precludeva, altresì, la possibilità di utilizzare il modello dualistico nelle società o nei gruppi a compagine familiare. Diversamente dalla disciplina dettata per i sindaci, non rappresentano causa di ineleggibilità i rapporti di parentela ed affinità con i gestori. Conseguentemente, il modello dualistico risulta perfettamente conciliabile con le società a base familiare, essendo consentito ad alcuni membri della famiglia l'esercizio delle funzioni di indirizzo e controllo spettanti al consiglio di sorveglianza e ad altri membri la gestione diretta della società (Brigandì, 686). Poiché la carica di consigliere di sorveglianza non è configurabile né come rapporto di consulenza, né come prestazione d'opera, la dottrina prevalente reputa ammissibile che nei gruppi d'impresa il consigliere di sorveglianza di una società venga eletto in altra società del gruppo (sui problemi di possibile menomazione dell'indipendenza dell'organo di controllo delle società controllate, rispetto alla controllante, cfr. Bordiga, 1883 ss.). Ferma, poi, la regola – parallela a quella sancita dall'art. 2409-novies c.c. – secondo cui i consiglieri di gestione non possono essere eletti contemporaneamente alla carica di consigliere di sorveglianza, si ritengono ammissibili situazioni di alternanza fra l'incarico di consigliere di sorveglianza e gestore, ferma l'autonomia statutaria nel regolare il passaggio da una carica all'altra con apposite previsioni (Brigandì, 655). Non sono riprodotte, invece, per il modello dualistico le ipotesi di decadenza sanzionatoria previste per i sindaci in caso di mancata presenza, senza giustificato motivo, a due riunioni del collegio, ovvero alle assemblee o a due adunanze del consiglio di amministrazione, non essendo richiamati gli artt. 2404, comma 2, e 2405 c.c. La riscontrata lacuna non appare colmabile mediante il rinvio generale alle norme sui sindaci, dal momento che il mancato richiamo espresso appare coerente con la previsione del regime della revoca ad nutum dei consiglieri di sorveglianza che rende non necessario il predetto istituto della decadenza automatica (Guaccero, 889). Infine, nonostante la norma in commento rimetta ad una scelta statutaria l'introduzione di eventuali limiti al cumulo di incarichi, ai sensi del quarto comma dell'art. 2400 c.c. (applicabile ex art. 2409-quaterdecies c.c.), al momento della nomina e prima dell'accettazione dell'incarico i consiglieri di sorveglianza devono rendere noti all'assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società. Durata dell'incarico e cessazione dalla carica. La sostituzione.La durata della carica è di tre esercizi (termine determinato e non termine massimo) con facoltà di rinomina dei componenti già eletti, salva diversa disposizione statutaria, e con scadenza alla data della successiva assemblea prevista dal secondo comma dell'art. 2364-bis c.c., ovvero alla data dell'assemblea da convocarsi successivamente all'approvazione del bilancio da parte del consiglio di sorveglianza per la distribuzione degli utili (Brigandì, 680). In mancanza di espressa previsione, la durata in carica pari a tre esercizi deve reputarsi inderogabile, a differenza del termine di durata dei membri dell'organo di gestione fissato dalla legge in tre esercizi solo come termine massimo dell'incarico, potendo la delibera prevedere un termine inferiore. La ratio della necessaria limitazione temporale dell'incarico risiede nell'esigenza di consentire ai soci una regolare verifica dell'operato dell'organo di controllo (Bordiga, 1893). I membri del consiglio continuano ad esercitare le proprie funzioni in regimeprorogatio sino alla nomina dei nuovi componenti, senza alcuna compressione o limitazione dei loro poteri o competenze (sul problema della competenza del membro del consiglio di sorveglianza in regime di c.d. prorogatio a nominare o revocare i componenti del consiglio di gestione si rinvia a Bordiga, 1917 ss.). I consiglieri di sorveglianza, pertanto, pur se cessati, rimangono in carica fin quando l'assemblea non abbia provveduto a nominare il nuovo consiglio e fino a quando la maggioranza dei neoeletti non abbia accettato la nomina. Le cause di cessazione dell'incarico sono, oltre alla scadenza, la rinuncia, la decadenza e la revoca. Nonostante il codice civile non si occupi delle dimissioni, si ritiene pacificamente che il consigliere possa sempre rinunciare all'incarico (Bertolotti, 320). Secondo la dottrina, fermo restando che la presenza di una giusta causa non è condizione di validità della dimissione, in caso di rinuncia senza causa, cioè immotivata o arbitraria, sarà dovuto il risarcimento del danno in favore della società (Cariello, 466). La decadenza riguarda, poi, l'ipotesi in cui sopravvenga o sussista ab origine una delle cause di ineleggibilità o incompatibilità elencate nel decimo comma dell'articolo in commento, o venga meno il requisito di professionalità, di cui al quarto comma, in capo al componente nominato. In forza della disposizione normativa in commento, la cessazione anticipata della carica può verificarsi, poi, per revoca del consigliere che, nel sistema dualistico, è ammessaad nutum,anche in mancanza di una giusta causa e senza che occorra la verifica giudiziale ai fini dell'efficacia della delibera. La differente disciplina dell'istituto della revoca del componente dell'organo di controllo rispetto al sistema tradizionale si spiega sulla base di due profili caratterizzanti il sistema dualistico. Nel modello di amministrazione e controllo in questione, infatti, da un lato, la mancanza di legame diretto tra amministratori e assemblea, che non è competente a nominare i primi, esclude l'esigenza di garantire l'efficacia della funzione di controllo mediante la stabilità dell'organo di vigilanza (Facchin, 666); dall'altro, la facoltà di attribuire al consiglio di sorveglianza funzioni di c.d. alta amministrazione, richiede che i soci – seppur indirettamente – mantengano sempre la possibilità di rimuovere i consiglieri nei confronti dei quali non nutrano più fiducia (Brigandì, 681). A bilanciamento della minore stabilità garantita al consiglio di sorveglianza rispetto ai membri del collegio sindacale è prevista dal codice civile una maggioranza rafforzata per l'approvazione della delibera di revoca pari ad un quinto del capitale sociale (in virtù del richiamo all'art. 2393, quinto comma, c.c. che disciplina la revoca immediata dell'amministratore a seguito dell'esercizio dell'azione sociale di responsabilità) nonché il diritto al risarcimento del danno, ove la revoca avvenga senza giusta causa. Contrariamente alla tutela c.d. reale riconosciuta al sindaco della s.p.a. che adotta il sistema tradizionale, pertanto, al consigliere revocato senza giusta causa spetta solo una tutela di carattere obbligatoria (sul significato da attribuire alla nozione di giusta causa di revoca nel modello dualistico cfr. Bordiga, 1922 ss.) Ai sensi dell'articolo in commento, al verificarsi di una causa di cessazione anticipata della carica, l'assemblea è tenuta senza indugio a sostituire i consiglieri che vengono a mancare nel corso dell'esercizio, non essendo prevista la figura di consiglieri supplenti che subentrino ai mancanti sino alla successiva assemblea. Stante la previsione normativa che attribuisce la competenza per la nomina del sostituto all'assemblea, non sembra applicabile al consiglio di sorveglianza, conformemente a quanto accade per il consiglio di gestione, il meccanismo della c.d. cooptazioneex art. 2386, primo comma, c.c. (Guaccero, 888). Si dovrà, pertanto, convocare l'assemblea ogni volta, anche al solo venir meno di un consigliere. Il legislatore è silente, poi, in relazione alla durata della carica di chi sia stato nominato in sostituzione ma non si ritiene che nel consiglio di sorveglianza viga, come per il collegio sindacale, la necessità di assicurare all'organo, inteso nella sua unitarietà una durata omogenea. Di conseguenza, salva diversa esplicita disposizione nell'atto di nomina, la nomina dei nuovi membri deve considerarsi di durata triennale. L'omesso richiamo all'art. 2401 c.c. induce, infatti, a ritenere ammissibile l'eventuale inserimento di scadenze dalla carica differenziate tra i consiglieri, fermo restando la durata inderogabile di tre esercizi, e ad escludere, invece, l'ammissibilità all'interno del consiglio di sorveglianza, della clausola c.d.simul stabunt simul cadent, quella clausola cioè che introduce una causa di decadenza dell'intero consiglio in ipotesi di cessazione di uno o più dei suoi membri (Bordiga, 1899; Brigandì, 680; contraBertolotti, 322, il quale osserva che non sussistono ragioni ostative a ritenere applicabile al consiglio di sorveglianza il comma primo dell'art. 2401 c.c., in virtù del rinvio generale contenuto nell'art. 223-septies disp. att. c.c.). Peraltro, fermo che non è obbligatoria la nomina di componenti supplenti (il riferimento contenuto nell'art. 2409-duodecies, quarto comma, c.c. a componenti «effettivi» si considera solo un refuso) non se ne esclude la nomina facoltativa con previsione statutaria (Guaccero, 888; contraBordiga, 1989, il quale ritiene inammissibile la previsione statutaria di supplenti in ragione del principio dell'inderogabilità delle norme sulla struttura organizzativa delle società azionarie). Il consiglio di sorveglianza nelle società quotateNelle società quotate nei mercati regolamentati la disciplina riservata al consiglio di sorveglianza si caratterizza per un maggior rigore normativo, sia sotto il profilo dei requisiti di professionalità richiesti ai componenti, sia sotto il profilo delle cause di incompatibilità ed inelegibbilità. Quanto alla composizione dell'organo delle società quotate che utilizzano il modello dualistico l'art. 148, secondo comma, del d.lgs. n. 58/1998c.d., richiamato per il consiglio di sorveglianza dall'art. 148, comma 4-bis, stabilisce che un membro effettivo del consiglio deve essere eletto dalla minoranza, mediante il meccanismo del voto di lista e secondo modalità stabilite da un regolamento emanato dalla Consob. Di contro, non è richiamato per il consiglio di sorveglianza il comma 2-bis dell'art. 148 che dispone che il presidente dell'organo di controllo sia nominato tra i membri eletti dalla minoranza. Come stabilito anche per il consiglio di gestione, l'art. 148, comma 1-bis, TUF dispone che l'atto costitutivo stabilisca il riparto dei membri del consiglio di sorveglianza in modo che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei membri effettivi del collegio sindacale. Per i componenti del consiglio di sorveglianza di società quotate l'art. 148 TUF affida il compito di prevedere specifici requisiti di onorabilità e professionalità dei componenti ad un regolamento ministeriale (emanato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Consob, la Banca d'Italia e l'Isvap) e non più allo statuto della società. Ai sensi della norma summenzionata, peraltro, il difetto di tali requisiti soggettivi determina la decadenza dalla carica. Legittimati a dichiarare la decadenza dall'incarico per mancanza dei requisiti sono sia l'assemblea – entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto sopravvenuto – sia la Consob – in caso di inerzia dell'organo assembleare, su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o qualora abbia avuto comunque notizia dell'esistenza della causa di decadenza (art. 148, comma 4-quater, TUF). Pertanto, mentre nelle società non quotate la previsione di ulteriori requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza è facoltativa ovvero rimessa all'autonomia statutaria, nelle società quotate la determinazione dei requisiti di onorabilità e professionalità non solo è obbligatoria, ma è stata anche sottratta allo statuto e affidata ad una fonte legislativa secondaria. Anche i requisiti di indipendenza, ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri di sorveglianza delle s.p.a. aperte sono più rigorosi rispetto a quelli previsti nel codice civile per le società chiuse. I componenti il consiglio di sorveglianza delle società quotate devono possedere i medesimi requisiti soggettivi previsti per il collegio sindacale dall'art. 148, comma 3, TUF (richiamato dall'art. 148, comma 4-bis, TUF) con la conseguenza che, alle ipotesi di ineleggibilità indicate dall'art. 2409 duodecies, si aggiungono i rapporti familiari, di coniugio e di affinità entro il quarto grado con i componenti del consiglio di gestione della società e gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo. Tra le ipotesi di incompatibilità, poi, vi sono i rapporti di natura patrimoniale che ne possono compromettere l'indipendenza, nonché i rapporti di carattere professionale. Per quanto riguarda la previsione di limiti al cumulo degli incarichi, mentre nelle società non quotate la loro previsione è affidata facoltativamente allo statuto, nelle società quotate, ai sensi dell'art. 148-bis TUF, gli incarichi di amministrazione e di controllo sono soggetti alle limitazioni stabilite da regolamento della Consob e gli eventuali incarichi ricoperti in altre società sono soggetti al regime di pubblicità, dovendo essere comunicati alla Consob ed al pubblico secondo modalità che stabilite dal medesimo regolamento Consob. Ai sensi del secondo comma dell'art. 151-bis TUF, poi, i componenti del consiglio di sorveglianza possono, anche individualmente, chiedere al presidente la convocazione dell'organo, indicando gli argomenti da trattare e la riunione deve essere convocata senza ritardo, salvo che vi ostino ragioni tempestivamente comunicate al richiedente ed illustrate al consiglio alla prima riunione successiva (un rifiuto del presidente sarebbe giustificabile solo in casi limite, come nelle ipotesi in cui si tratti di materie manifestatamente incongrue o illecite; sul tema, cfr. Bertolotti, 314). BibliografiaBertolotti, I controlli nella s.p.a., Bologna, 2018; Bordiga, Sub artt. 2409-duodecies - 2409-terdecies, in Le Società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, I, Milano, 2016, 1876; Brigandì, Sub art. 2409-duodecies, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di Santosuosso, in Commentario del codice civile, diretto da Gabrielli, II, Torino, 2015, 674; Cariello, Il sistema dualistico, Torino, 2012; Facchin, Sub art. 2409-duodecies, in Commentario delle società, a cura di Grippo, I, Torino, 2009, 664; Guaccero, Del sistema dualistico, in Società di capitali. Commentario, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, II, Napoli, 2004, 865-907; Montalenti, Il modello dualistico: alta amministrazione e funzioni di controllo tra autonomia privata e regole imperative, in Banca borsa tit. cred. 2008, 6, 689; Portale, I compensi dei componenti del consiglio di sorveglianza: dal nobile officium ai sistemi di retribuzione variabile, in Riv. dir. civ. 2011, 305; Schiuma, Il sistema dualistico. I poteri del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Torino, 2007, 683; Varrasi, I controlli nei sistemi alternativi, in Giur.it. 2013, 2427-2439. |