Codice Civile art. 2417 - Rappresentante comune (1).

Benedetto Paternò Raddusa

Rappresentante comune (1).

[I]. Il rappresentante comune può essere scelto al di fuori degli obbligazionisti e possono essere nominate anche le persone giuridiche autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento nonché le società fiduciarie. Non possono essere nominati rappresentanti comuni degli obbligazionisti e, se nominati, decadono dall'ufficio, gli amministratori, i sindaci, i dipendenti della società debitrice e coloro che si trovano nelle condizioni indicate nell'articolo 2399.

[II]. Se non è nominato dall'assemblea a norma dell'articolo 2415, il rappresentante comune è nominato con decreto dal tribunale su domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società.

[III]. Il rappresentante comune dura in carica per un periodo non superiore a tre esercizi sociali (2) e può essere rieletto. L'assemblea degli obbligazionisti ne fissa il compenso. Entro trenta giorni dalla notizia della sua nomina il rappresentante comune deve richiederne l'iscrizione nel registro delle imprese.

(1) V. nota al Capo V.

(2) Le parole «a tre esercizi sociali» sono state sostituite alle parole «ad un triennio» dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 5 1bb) d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37.

Inquadramento

Se l'assemblea degli obbligazionisti rappresenta la struttura di riferimento del gruppo degli obbligazionisti, quale centro unitario di imputazione e organizzazione, il rappresentante comune assume un ruolo decisivo nell'esercizio delle prerogative legate al detto gruppo perché compendia in sé l'insieme dei poteri ricollegabili allo stesso.

È organo tecnico del gruppo degli obbligazionisti, ne esegue i deliberati e lo rappresenta all'esterno (Petitti, 246; Campobasso, 510). Inquadramento, questo, che si fa preferire alla soluzione prospettata da chi ritiene che il rappresentante sia un organo sociale in ragione della presenza di istanze riferibili anche all'emittente quali ragioni concorrenti a fondare il gruppo in questione (De Luca, Stagno d'Alcontres, 837).

Per quanto fondamentale, non è un organo imprescindibile per il puntuale svolgimento delle funzioni assembleari. La sua mancata nomina, in particolare, non ne invalida a priori le decisioni (si veda il commento subart. 2415 c.c.). E l'inerzia degli interessati (non solo quella dell'assemblea che non provvede in tal senso, ma anche quella dei legittimati ad instare presso il tribunale per la nomina in surroga, ai sensi del comma 2 della disposizione in commento) non è altrimenti sanzionata (Autuori, 210).

Il sistema, piuttosto, impone la nomina al verificarsi di talune situazioni specifiche: così, l'impugnazione ex art. 2416, comma 2, c.c. presuppone la nomina del rappresentante che dovrà stare in giudizio nell'interesse degli obbligazionisti (ed alla nomina potrà provvedere, nella inerzia dell'assemblea, il tribunale grazie alla stessa sollecitazione del ricorrente attraverso lo strumento previsto dal comma 2 della norma in commento); ancora, in caso di rappresentanza dell'assemblea, nel corso delle procedure di concordato o in genere nelle situazioni processuali nelle quali è coinvolto il gruppo, ai sensi del comma 2 dell'art. 2418.

Le superiori considerazioni portano dunque a ritenere che la nomina del rappresentante sottende un diritto, non si lega ad un obbligo imposto agli obbligazionisti. Questi ultimi, tuttavia, nella loro inerzia comune, possono anche subire la presenza del rappresentante (allorquando alla nomina provvede in surroga il tribunale su sollecitazione degli amministratori): è ciò in ragione di quella molteplicità di interessi che sottendono, si intersecano e finiscono per giustificare presenza e funzionamento della struttura organizzativa normativamente prevista per la detta, peculiare, categoria di creditori dell'ente.

Convince meno la tesi di chi, muovendo da tali ultime considerazioni, sostiene che, in linea con la prevalente prassi internazionale, la scelta del rappresentante possa essere effettuata dalla emittente al momento della predisposizione del regolamento relativo al prestito, così da facilitare, da subito, l'interlocuzione con il gruppo degli obbligazionisti ed ovviare ad una eventuale inerzia degli interessati. Non sarebbe in tal senso svilita l'autonomia di scelta degli obbligazionisti, liberi di aderire al prestito al momento della sottoscrizione, accettando la proposta anche sul versante della preventiva indicazione del rappresentante; né appare inficiata la collegialità della decisione, verificandosi nel caso una situazione identica a quanto accade per gli amministratori al momento della costituzione dell'ente (Autuori, 211).

In senso contrario va tuttavia segnalato che la lettera del codice non legittima una tale lettura interpretativa; anzi, dal punto sistematico, ne contrasta il portato considerando che il prestito obbligazionario ben può essere deliberato anche dai soli amministratori, sicché non si comprende perché per un verso questi, al momento della configurazione del prestito, potrebbero deprivare l'assemblea degli obbligazionisti di una siffatta prerogativa, e, per altro verso, completata l'emissione, non sarebbero più legittimati ad una siffatta iniziativa, potendo al più agire giudizialmente per la nomina in surroga disposta all'uopo dal tribunale ai sensi della comma 2 della norma in commento.

Diversamente da quanto accade, ancora, in sede di costituzione della società (dove alla nomina degli amministratori formalizzata nell'atto costitutivo provvedono comunque i soci), la platea soggettiva che procede alla nomina (quale che sia l'organo della emittente che provvede in tal senso), non coincide di certo con quella che avrebbe diritto alla relativa decisione, qui il gruppo degli obbligazionisti: i quali ultimi, dunque, verrebbero spogliati di una prerogativa che, per quanto si leghi ad indubbie cointeressenze con l'emittente, non sembra sopportare la deriva interpretativa in questione.

La nomina del rappresentante comune: modalità, profili soggettivi, pubblicità, durata, revoca

Alla nomina, si è detto, procede l'assemblea degli obbligazionisti. In caso di inerzia dell'assemblea, alla nomina provvede il tribunale, su istanza di uno degli obbligazionisti o degli amministratori dell'emittente. In tal senso, l'art. 104 disp. att. c.c. prevede che, prima di decidere in tal senso, debba sentire gli amministratori o il consiglio di gestione dell'emittente.

Il rappresentante comune non necessariamente deve essere intraneo al gruppo degli obbligazionisti; la nomina può inoltre essere conferita a una persona giuridica, autorizzata all'esercizio dei servizi di investimento, nonché alle società fiduciarie.

Con riferimento a queste ultime, grazie alle modifiche apportate dalla novella del 2003, non si ravvisa più quella distonia sistemica in precedenza offerta dalla combinata lettura della norma in commento e dell'art. 104 disp. att. c.c. Ora, infatti, è espressamente prevista la possibilità che la nomina sia indirizzata ad una società fiduciaria, ipotesi questa che in precedenza era dettata dalle sole norme di attuazione per il caso della indicazione in surroga disposta dal tribunale.

Quanto alle società autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento, si tratta di previsione resa in linea con le sollecitazioni provenienti dalla dottrina, volte alla individuazione di soggetti idonei a gestire professionalmente gli aspetti finanziari, economici e giuridici inerenti alla posizione contrattuale di massa degli obbligazionisti (Lamandini, 282). Stupisce piuttosto che tali requisiti professionali non siano richiesti in capo alle persone fisiche chiamate ad assumere il medesimo ruolo, anche se tanto avrebbe determinato la sistematica espunzione degli obbligazionisti dal novero dei soggetti legittimati ad assumere il ruolo in esame.

La norma tipizza, con la tecnica dei richiami, diverse ipotesi di ineleggibilità, e, se sopravvengono, di decadenza dall'ufficio.

Nell'ottica volta a garantire l'indipendenza del rappresentante comune rispetto alla società emittente (Campobasso, Le obbligazioni, 511), non possono rivestire il ruolo gli amministratori, i sindaci e i dipendenti della emittente. Attraverso il riferimento all'art. 2399 c.c., entrano, inoltre, in gioco non solo le ipotesi di ineleggibilità di cui all'art. 2382 c.c. ma anche quelle previste dalla lettera c) del citato art. 2399 (coniuge, parenti e affini entro il quarto grado degli amministratori della controllante o delle controllate della emittente).

Mutuando le dette indicazioni dalle persone fisiche a quelle giuridiche, a seconda del motivo di ineleggibilità, la stessa andrà riferita ai preposti agli organi delle persone giuridiche nominate ovvero alle persone fisiche cui in concreto, nel quadro organico della nominata, vengono assegnate le funzioni legate al ruolo di rappresentante comune (Picardi, 886).

Del pari, seguendo la ratio sottesa a tale previsione, dovrebbe essere preclusa la nomina di una società controllata da o controllante l'emittente (argomento ex art. 2399, comma 1, lett. b).

Intervenuta la delibera di nomina, il rappresentante, accettato l'incarico, deve curarne l'iscrizione nel registro delle imprese. È previsto, al fine, il termine di trenta giorni che, secondo il dato testuale offerto dalla norma, decorre non dalla formale accettazione della stessa, bensì dalla mera acquisizione della relativa notizia. L'omesso rispetto del termine può dar luogo all'illecito previsto dall'art. 2630 c.c.

L'incarico ha una durata massima di anni tre. La delibera di nomina potrebbe tuttavia prevedere un periodo più breve. Lungo tale periodo, il rappresentante ha l'obbligo di rendere il conto relativo alla gestione del fondo spese disposto ai sensi dell'art. 2415 c.c., al più tardi alla data di scadenza del mandato, o con cadenza diversa, laddove prevedano in tal senso il regolamento del prestito o, con maggiore pertinenza, la stessa delibera di nomina.

Alla scadenza naturale il rappresentante in carica può essere nuovamente nominato.

Il compenso.

Il comma 3 della norma in commento ascrive alla assemblea il compito di determinare il compenso spettante al rappresentante per il mandato all'uopo conferito con la nomina.

Vi è contrasto in dottrina sulla individuazione del soggetto chiamato a decidere sulla determinazione del compenso laddove alla nomina abbia provveduto, in surroga all'assemblea, il tribunale.

Secondo l'impostazione prevalente, la competenza dell'assemblea resta comunque ferma (Campobasso, 511): l'eventuale determinazione del compenso ad opera dell'autorità giudiziaria in caso di inerzia dell'assemblea sfugge infatti ai canoni procedimentali della volontaria giurisdizione quali devono ritenersi quelli del procedimento previsto dall'art. 104 disp. att. c.c., dovendo piuttosto trovare definizione, attraverso una autonoma iniziativa in tal senso mossa dal rappresentante, in sede contenziosa ex art. 1709 c.c.

Ad una soluzione opposta perviene invece chi ritiene il rappresentante organo della società emittente il prestito, finendo per sostenere anche che l'imputazione della relativa spesa deve gravare in capo all'emittente (De Luca, Stagno d'Alcontres, 838).

In linea con la dottrina prevalente, nella giurisprudenza di merito si è affermato che la competenza a decidere del compenso spetti all'assemblea anche quando alla nomina abbia proceduto il tribunale. In caso di protratta inerzia dell'assemblea, il rappresentante potrà comunque agire in via contenziosa, perché l'autorità giudiziaria stabilisca il detto ammontare ex art. 1709 c.c. La nomina da parte del tribunale, inoltre, non muta il legame che corre tra rappresentante ed assemblea degli obbligazionisti in termini di mandato con rappresentanza: l'onere del pagamento resta dunque a carico degli obbligazionisti stessi e non della società (Trib. Parma, 10 gennaio 2005, in Soc., 2005, 1423).

La cessazione del mandato.

La carica di rappresentante comune può venire meno per la scadenza naturale del rapporto senza rinnovazione del mandato; per il sopravvenire di una causa di ineleggibilità; per la rinunzia all'incarico; per la revoca ex art. 2415 c.c.; per il decesso del rappresentante.

La revoca non necessita di giustificazioni particolari. Come già segnalato nel commentare l'art. 2415 c.c. che la prevede (al n. 1 del comma 1), può dar luogo ad una pretesa risarcitoria, ove priva di giusta causa. Spetta, per competenza, all'assemblea. Ma, al verificarsi di una giusta causa di revoca, in genere riscontrata per gravi inadempienze o per condotte che si pongano in conflitto con il rapporto fiduciario che è sotteso all'incarico, non può escludersi la legittimazione del singolo obbligazionista, in applicazione del principio sotteso all'art. 1726 c.c. (Pescatore, 156), dettato in tema di mandato ma non incompatibile con il rapporto organico che lega il rappresentante al gruppo di obbligazionisti.

La rinunzia, per operare, deve essere portata a conoscenza dell'assemblea in quanto atto ontologicamente recettizio. Va anche comunicata agli amministratori per favorire eventuali iniziative (quali la convocazione dell'assemblea per la sostituzione o l'istanza al tribunale per la nomina in ipotesi di inerzia del gruppo), conseguenziali alla cessazione dell'incarico.

Propalata al gruppo, non dovrebbe giustificare alcuna protrazione del rapporto sino al subentro del nuovo rappresentante. La non essenzialità della nomina, già rimarcata, dovrebbe imporre questa scelta interpretativa: soluzione che convince sia per le situazioni in divenire (perché non diverse da quelle nelle quali alla nomina non si è mai pervenuti), sia per quelle, tipicamente processuali, rispetto alle quali l'azione esecutiva del rappresentante è già stata spesa (gravando sempre sull'assemblea l'onere di scegliere un nuovo rappresentante che subentri al precedente e non trovando applicazione, al pari di ogni altra rappresentanza gestoria di soggetti dotati di autonoma soggettività, l'interruzione prevista dall'art. 299 c.p.c.).

Ogni atto che incide sulla persistenza dell'incarico va iscritto nel registro delle imprese. La norma non lo prevede espressamente, ma le stesse esigenze di pubblicità sottese alla iscrizione della nomina, non possono che ribadirsi nei confronti dei provvedimenti di segno negativo afferenti al tema (Campobasso, 512). Resta tuttavia da accertare su chi gravi l'incombenza, soprattutto nei casi di rinunzia e revoca, laddove l'assemblea non provveda contestualmente alla sostituzione (in occasione della comunicazione o in uno alla decisione di revoca).

Bibliografia

Autuori, Sub artt. 2415-2420, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano 2006; Brancadoro, Sub art. 2416 c.c., in Società di capitali: commentario a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Clarizia, Assemblea degli obbligazionisti e rappresentante comune, in Soc. 1991, 320; Campobasso, Le obbligazioni, in Tr. Colombo-Portale, Torino, 1994; D'Ambrosio, in Codice commentato delle nuove società, a cura di Bonfanti, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004; De Luca, Stagno d'Alcontres, Obbligazioni di società, in Enc. dir., Agg. 2002; Lamandini, Società di capitali e struttura finanziaria: spunti per la riforma, in Verso un nuovo diritto societario, a cura di Benazzo, Ghezzi, Patriarca, Bologna, 2002; Petitti, I titoli obbligazionari delle società per azioni, Milano, 1964; Picardi, Sub art. 2415 c.c., in Commentario al Codice civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2005; Pescatore, Il rappresentante comune degli obbligazionisti, in Riv. dir. comm., 1968, I, 138.

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