Codice Civile art. 2423 bis - Principi di redazione del bilancio 12.[I]. Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi: 1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività3; 1-bis) la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto4; 2) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio; 3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento; 4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo; 5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente; 6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro. [II]. Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.
[2] In tema di misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza Covid-19, v. art. 7 d.l. 8 aprile 2020, n. 23, conv. con modif., in l. 5 giugno 2020, n. 40, che prevede che: « 1. Nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423-bis, comma primo, n. 1), del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistente nell'ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, fatta salva la previsione di cui all'articolo 106 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, di seguito citato anche come "decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18". Il criterio di valutazione è specificamente illustrato nella nota informativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati». Sempre in tema di misure urgenti connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, v. art. 38-quater d.l. 19 maggio 2020, n. 34, conv., con modif. in l. 17 luglio 2020, 77, che dispone: « 1. Nella predisposizione dei bilanci il cui esercizio è stato chiuso entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati, la valutazione delle voci e della prospettiva della continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423-bis, primo comma, numero 1), del codice civile è effettuata non tenendo conto delle incertezze e degli effetti derivanti dai fatti successivi alla data di chiusura del bilancio. Le informazioni relative al presupposto della continuità aziendale sono fornite nelle politiche contabili di cui all'articolo 2427, primo comma, numero 1), del codice civile. Restano ferme tutte le altre disposizioni relative alle informazioni da fornire nella nota integrativa e alla relazione sulla gestione, comprese quelle relative ai rischi e alle incertezze concernenti gli eventi successivi, nonché alla capacità dell'azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito. 2. Nella predisposizione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci e della prospettiva della continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423-bis, primo comma, numero 1), del codice civile può comunque essere effettuata sulla base delle risultanze dell'ultimo bilancio di esercizio chiuso entro il 23 febbraio 2020. Le informazioni relative al presupposto della continuità aziendale sono fornite nelle politiche contabili di cui all'articolo 2427, primo comma, numero 1), del codice civile anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente. Restano ferme tutte le altre disposizioni relative alle informazioni da fornire nella nota integrativa e alla relazione sulla gestione, comprese quelle relative ai rischi e alle incertezze derivanti dagli eventi successivi, nonché alla capacità dell'azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito. 3. L'efficacia delle disposizioni del presente articolo è limitata ai soli fini civilistici». [3] L'art. 6, comma 3, lettera a), d.lg. 18 agosto 2015, n. 139, ha soppresso le parole «, nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato». Ai sensi dell'art. 12, comma 1, d.lg. n. 139, cit., la presente disposizione entra in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applica « ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire da quella data ». [4] Numero inserito dall'art. 6, comma 3, lettera b), d.lg. n. 139 del 2015, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 3. InquadramentoL'art. 2423-bis deriva dall'art. 31 della IV Direttiva CEE (trasfusi successivamente nell'art. 6 della Direttiva 2013/34/UE senza sostanziali modificazioni) ed individua i principî di redazione del bilancio che hanno un ruolo intermedio tra il postulato e il principio (inteso come regola applicativa). Tali principî godono di un grado maggiore di generalità rispetto ai criteri di valutazione relativi alle singole voci del bilancio (Superti Furga). Se al primo livello normativo è posta la clausola generale di redazione contenuta nell'art. 2423 c.c. avente una funzione «assiomatico-regolamentativa» (Savioli) dell'intero impianto normativo, al secondo livello sono posti i principî di redazione che rappresentano i criteri guida, di stretta derivazione economico-aziendale, individuati dal legislatore per dare contenuto alla clausola generale. I postulati del bilancio analizzati dal principio contabile nazionale OIC 11 sono i seguenti: a) prudenza; b) prospettiva della continuità aziendale; c) rappresentazione sostanziale; d) competenza; e) costanza nei criteri di valutazione; f) rilevanza; g) comparabilità.
Il principio della prudenzaL'art. 2423-bis, comma 1, n. 1, c.c., prevede che la valutazione delle voci di bilancio sia fatta secondo prudenza. La valutazione delle voci secondo prudenza comporta la ragionevole cautela nelle stime in condizioni di incertezza. Come previsto dall'art. 2423-bis, comma 1, n. 5, c.c., il principio della prudenza comporta che gli elementi eterogenei componenti le singole voci siano valutati separatamente. L'art. 2423-bis comma 1, n. 2, c.c., stabilisce che si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio, mentre il comma 1, n. 4, prevede che si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo (principio di disparità). Le richiamate norme delineano un effetto asimmetrico nella contabilizzazione dei componenti economici, con prevalenza del principio della prudenza rispetto a quello della competenza. Infatti, gli utili non realizzati non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate, devono essere riflesse in bilancio. Le eccezioni a detto principio di asimmetria sono espressamente individuate dalle disposizioni del codice civile, come nel caso di variazioni positive e negative del fair value degli strumenti finanziari derivati e degli utili e perdite su cambi non realizzati, derivanti dalla conversione di attività e passività in valuta non ancora regolate alla data di chiusura dell'esercizio. Oltre a prevedere regole attuative di quanto previsto dalle legge in materia di prudenza, l'OIC individua anche altre fattispecie che rappresentano la declinazione pratica del postulato stesso. Ad esempio, gli utili derivanti dall'iscrizione di imposte anticipate ai sensi dell'OIC 25 «Imposte sul reddito» sono rilevati solo se ragionevolmente certi, mentre tale cautela non è prevista per le imposte differite. Altro esempio riguarda il trattamento in bilancio delle attività potenziali. Ai sensi dell'OIC 31 «Fondi rischi e oneri e TFR» le attività e gli utili potenziali, anche se probabili, non sono rilevati in bilancio per il rispetto del principio della prudenza. La prospettiva della continuità aziendale (going concern principle)L'art. 2423-bis, comma 1, n. 1, del codice civile, prevede che la valutazione delle voci di bilancio sia fatta nella prospettiva della continuazione dell'attività e quindi tenendo conto del fatto che l'azienda costituisce un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito. Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell'azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio. Nei casi in cui, a seguito di tale valutazione prospettica, siano identificate significative incertezze in merito a tale capacità, nella nota integrativa dovranno essere chiaramente fornite le informazioni relative ai fattori di rischio, alle assunzioni effettuate e alle incertezze identificate, nonché ai piani aziendali futuri per far fronte a tali rischi ed incertezze. Dovranno inoltre essere esplicitate le ragioni che qualificano come significative le incertezze esposte e le ricadute che esse possono avere sulla continuità aziendale. Ove la valutazione prospettica della capacità dell'azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito porti la direzione aziendale a concludere che, nell'arco temporale futuro di riferimento, non vi sono ragionevoli alternative alla cessazione dell'attività, ma non si siano ancora accertate ai sensi dell'art. 2485 c.c. cause di scioglimento di cui all'art. 2484 c.c., la valutazione delle voci di bilancio è pur sempre fatta nella prospettiva della continuazione dell'attività, tenendo peraltro conto, nell'applicazione dei principî di volta in volta rilevanti, del limitato orizzonte temporale residuo. La nota integrativa dovrà descrivere adeguatamente tali circostanze e gli effetti delle stesse sulla situazione patrimoniale ed economica della società. Quando, ai sensi dell'art. 2485 c.c., viene accertata dagli amministratori una delle cause di scioglimento di cui all'art. 2484 del codice civile, il bilancio d'esercizio è redatto senza la prospettiva della continuazione dell'attività, e si applicano i criteri di funzionamento, tenendo conto dell'ancor più ristretto orizzonte temporale. Ciò vale anche quando tale accertamento avviene tra la data di chiusura dell'esercizio e quella di redazione del bilancio. Il principio della prevalenza della sostanza rispetto alla formaL'art. 2423-bis, comma 1, n. 1-bis, c.c. prevede che «la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto». A tale postulato generale si è conformata l'elaborazione dei principî contabili da parte dell'OIC. Le definizioni, le condizioni richieste per l'iscrizione o la cancellazione degli elementi di bilancio, i criteri di valutazione, contengono i parametri principali attraverso i quali l'attento esame dei termini contrattuali delle transazioni conduce alla loro rilevazione e presentazione in bilancio tenuto anche conto del postulato generale della rappresentazione sostanziale. Avvalendosi della facoltà attribuita dall'art. 6 della Direttiva 2013/34/UE, il legislatore nazionale con il d.lgs. n. 139/2015 ha espunto dall'art. 2423-bis l'inciso «nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato» ed ha aggiunto un nuovo numero 1-bis, a norma del quale «la rilevazione e la presentazione delle voci va effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto». La relazione di accompagnamento al decreto n. 139/2015 precisa che la modifica, più che innovare il quadro regolatorio, ha lo scopo di renderlo più chiaro: «L'art. 2423-bis, già oggi, richiama la necessità di tener conto, ai fini della valutazione delle voci di bilancio, della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato. Nella sua formulazione attuale, tuttavia, la disposizione del codice ha suscitato più di un problema interpretativo. Il concetto di funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo, infatti, può evocare il concetto di destinazione e si è lungamente discusso circa l'effettiva portata applicativa della disposizione. (...) Ciò premesso, l'art. 2423-bis è riformulato chiarendo che il riferimento alla sostanza va riferito al contratto o all'operazione, piuttosto che alla voce dell'attivo o del passivo di bilancio, secondo un approccio più coerente con la disposizione contenuta nella direttiva». Pertanto, la prima e fondamentale attività che il redattore del bilancio deve effettuare è l'individuazione dei diritti, degli obblighi e delle condizioni ricavabili dai termini contrattuali delle transazioni e il loro confronto con le disposizioni dei principî contabili per accertare la correttezza dell'iscrizione o della cancellazione di elementi patrimoniali ed economici. Si richiamano in proposito le definizioni di credito e di debito e, ove previsto, il requisito del trasferimento dei rischi e benefici. L'Assonime, già in occasione delle consultazioni promosse dal Ministero dell'economia in vista del recepimento della Direttiva 2013/34/UE, aveva evidenziato l'opportunità di non introdurre tra i principî generali di redazione del bilancio un esplicito riferimento al concetto di prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica. In particolare, la difficoltà di inquadrare l'effettiva portata applicativa del principio, anche alla luce dell'evoluzione che lo stesso ha subito nell'ambito dei principî contabili internazionali, induceva a ritenere preferibile un approccio in base al quale dovrebbe essere lo standard setter a farsi carico del compito di individuare regole di rappresentazione dei fenomeni aziendali in bilancio capaci di cogliere la sostanza delle operazioni poste in essere dalle imprese. Allo stesso modo, l'Assonime ha rimarcato come, considerate le numerose e rilevanti lacune esistenti nell'attuale ordinamento contabile nazionale, la previsione di un obbligo per il redattore del bilancio di fare riferimento al principio generale di prevalenza della sostanza sulla forma potrebbe tradursi, nella prassi concreta, in un incondizionato recepimento di quanto previsto dagli IAS/IFRS in tutte le circostanze nelle quali manchi una disciplina specifica nazionale, con conseguenze – è facile immaginare – stravolgenti sia sotto il profilo della rappresentazione contabile, sia sotto il profilo fiscale. L'analisi contrattuale è rilevante anche per stabilire l'unità elementare da contabilizzare e, pertanto, ai fini della segmentazione o aggregazione degli effetti sostanziali derivanti da un contratto o da più contratti. Infatti, da un unico contratto possono scaturire più diritti o obbligazioni che richiedono una contabilizzazione separata. Viceversa, da più contratti possono discendere effetti sostanziali che richiedono una contabilizzazione unitaria. In termini più generali, in dottrina sono stati sollevati dubbi di varia natura in merito al significato e all'effettiva portata del principio in parola. In primo luogo taluno ha osservato che, a ben vedere, il novellato art. 2423-bis c.c. menziona testualmente la sostanza dell'operazione o del contratto senza precisare se si intenda far riferimento a quella economica ovvero agli effetti giuridici del contratto. In realtà, la locuzione adottata dal d.lgs. n. 139/2015 non fa che ripetere il tenore letterale dell'art. 6 della Direttiva. Ed è la stessa Direttiva 2013/34/UE, al punto 16 dei «considerando», a chiarire che il principio in parola è strettamente funzionale alla comparabilità dei bilanci e va quindi inteso come sostanza economica dell'operazione. Altra questione di importanza fondamentale è quella di stabilire quale debba essere in concreto lo spazio applicativo del principio di rappresentazione sostanziale. Secondo una prima tesi, trattandosi di un postulato generale di bilancio, la sua osservanza graverebbe direttamente su chi lo predispone. In quest'ottica il redattore del bilancio, anche al di là ed al di fuori delle indicazioni dei principî contabili nazionali sarebbe tenuto a ricercare le soluzioni contabili più aderenti al principio, facendo anche ricorso, se del caso, a quanto previsto dagli standard contabili internazionali IAS/IFRS. Altri ritengono invece – ed è questo l'orientamento prevalente – che la concreta applicazione del principio debba avvenire attraverso la necessaria mediazione dei principî contabili nazionali approvati dall'OIC. Secondo questa diversa ricostruzione, pertanto, la riformulazione dell'art. 2423-bis c.c. non autorizzerebbe il redattore del bilancio ad adottare soluzioni contabili ritenute più aderenti alla sostanza del fenomeno, ancorché in contrasto con il contenuto dei nuovi OIC, né a recepire, di sua iniziativa e in assenza di indicazioni dell'OIC, istituti contabili propri del sistema IAS/IFRS. Rimane comunque ferma una regola cardine (Assonime) e, cioè, quella secondo cui spetta al redattore del bilancio di individuare le soluzioni contabili più corrette per rappresentare i fatti gestionali secondo il loro effettivo contenuto giuridico anche quando i principî OIC non forniscano indicazioni puntuali. Il redattore del bilancio, infatti, per poter esporre i fatti gestionali in modo veritiero e corretto li deve pur sempre interpretare secondo i consueti canoni ermeneutici, identificando i diritti e gli obblighi che ne conseguono per l'impresa. Se così è, va riconosciuto che – per quanto non sempre sia agevole delineare una chiara linea di confine – le problematiche relative al principio di prevalenza della sostanza sulla forma si pongono su un piano diverso rispetto a quello della qualificazione in senso giuridico delle operazioni compiute dall'impresa. Con riferimento al postulato della prevalenza della sostanza sulla forma (substance over form principle nel contesto dei principi contabili internazionali), la prima e fondamentale attività che il redattore del bilancio deve effettuare è l’individuazione dei diritti, degli obblighi e delle condizioni ricavabili dai termini contrattuali delle transazioni e il loro confronto con le disposizioni dei principi contabili per accertare la correttezza dell’iscrizione o della cancellazione di elementi patrimoniali ed economici. L’analisi contrattuale è rilevante anche per stabilire l’unità elementare da contabilizzare e, pertanto, ai fini della segmentazione o aggregazione degli effetti sostanziali derivanti da un contratto o da più contratti. Infatti, da un unico contratto possono scaturire più diritti o obbligazioni che richiedono una contabilizzazione separata. Viceversa, da più contratti possono discendere effetti sostanziali che richiedono una contabilizzazione unitaria. Il principio contabile OIC 34 ad esempio richiede che al momento della rilevazione iniziale il redattore di bilancio debba procedere con l’analisi del contratto di vendita al fine di stabilire quali sono le unità elementari di contabilizzazione. Nello specifico devono essere trattati separatamente i singoli beni, servizi o altre prestazioni che attraverso il contratto sono promessi al cliente. La segmentazione del contratto è necessaria in quanto da un unico contratto di vendita possono scaturire più diritti e obbligazioni da contabilizzare separatamente. Il redattore del bilancio non deve trattare come singole unità elementari di contabilizzazione: a) i beni e i servizi previsti dal contratto che sono integrati o interdipendenti tra loro. Ciò accade quando i singoli beni o servizi non possono essere utilizzati separatamente dal cliente ma solo in combinazione gli uni agli altri; b) le prestazioni previste dal contratto che non rientrano nelle attività caratteristiche della società. Ciò accade in presenza di operazioni e concorsi a premio in cui il cliente ha diritto a ricevere esclusivamente beni o servizi diversi da quelli venduti dalla società. In tal caso, il costo che la società prevede di sostenere per la corresponsione del premio è rilevato a fondo oneri senza rettificare i ricavi. Inoltre, non è necessario separare le singole unità elementari di contabilizzazione quando ciascuna delle prestazioni previste dal contratto di vendita viene effettuata nello stesso esercizio. Il principio della competenzaL'art. 2423-bis, comma 1, n. 3, c.c. prevede che si debba tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento. La competenza è il criterio temporale con il quale i componenti positivi e negativi di reddito vengono imputati al conto economico ai fini della determinazione del risultato d'esercizio. In attuazione di tale previsione, le regole dei singoli principî contabili definiscono il momento in cui la rilevazione nel conto economico dei fatti aziendali è conforme al principio della competenza. La Cass. V., ord. 18 ottobre 2017, n. 24547, ha affermato che non è sufficiente che costi e ricavi siano prevedibili, ai fini della loro imputazione al conto economico secondo il principio della competenza, laddove essi non siano determinabili in modo obiettivo. Occorre sempre rimandare a dati obiettivi e definitivi pervenuti prima dell'approvazione del bilancio. In particolare, avverso il ricorso dell'Agenzia dell Entrate, la Corte di cassazione ha rammentato che è pacifico che il principio generale di imputazione è quello dell'esercizio di competenza, per cui anche qualora la componente di reddito emerga materialmente in un momento successivo, essa va imputata nell'esercizio precedente. Tuttavia, ha osservato la Suprema Corte, tale principio generale trova un limite nella circostanza che la componente di reddito sia ancora incerta nella sua esistenza o indeterminabile in modo obiettivo nel suo ammontare. Il principio della costanza nell'applicazione dei criteri di valutazione (consistency)L'art. 2423-bis, comma 1, n. 6, del codice civile prevede che i criteri di valutazione non possano essere modificati da un esercizio all'altro. Il comma 2, inoltre, stabilisce che deroghe a tale principio sono consentite in casi eccezionali e che in questi casi eccezionali la nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico. Il postulato della costanza dei criteri di valutazione permette di ottenere una omogenea misurazione dei risultati della società nel susseguirsi degli esercizi. Questo postulato rende più agevole l'analisi dell'evoluzione economica, finanziaria e patrimoniale della società da parte dei destinatari del bilanci riducendo, al contempo, i margini di discrezionalità degli amministratori. La deroga al principio della continuità nell'applicazione dei criteri di valutazione previsti dall'art. 2426 c.c. è consentita non solo quando il mutamento di criterio si renda necessario per garantire la rappresentazione veritiera e corretta ma anche quando il criterio in precedenza adottato sia sostituito per maggiore aderenza del nuovo criterio alla realtà da rappresentare. Si rammenta che (Superti Furga) il principio indicato come consistency discende dall'ipotesi della continuità della gestione aziendale che viene convenzionalmente suddivisa in periodi amministrativi solo per esigenze conoscitive e informative. La Cass. V, n. 11091/2008, ha statuito che, in tema di società, l'adozione, nella redazione del bilancio, di un criterio di valutazione di un cespite patrimoniale diverso da quello utilizzato negli esercizi precedenti senza che la nota integrativa rechi un'adeguata motivazione della deroga consentita dall'art. 2423-bis, comma 6, c.c. in casi eccezionali si traduce in una violazione del principio di continuità dei valori contabili, e comporta pertanto la nullità del bilancio, attesa l'inderogabilità dei criteri di valutazione dettati dall'art. 2426 c.c., la cui funzione consiste nell'assicurare la trasparenza e la leggibilità del bilancio da parte dei soci e dei terzi (in applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale, in tema di IVA, aveva ritenuto illegittimo il recupero a tassazione della differenza tra le rimanenze iniziali iscritte nel bilancio di un società in liquidazione e le rimanenze finali risultanti alla data di chiusura dell'esercizio precedente, rilevando che le prime erano state iscritte al costo di acquisto e le seconde al valore di realizzazione, ed escludendo quindi la possibilità di desumere da tale variazione l'esistenza di vendite non fatturate). L’articolo 2423-bis, comma 1, n. 6, del codice civile prevede che i criteri di valutazione non possano essere modificati da un esercizio all’altro. Il comma 2, inoltre, stabilisce che deroghe a tale principio sono consentite in casi eccezionali e che in questi casi eccezionali la nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico. 34. Il postulato della costanza dei criteri di valutazione permette di ottenere una omogenea misurazione dei risultati della società nel susseguirsi degli esercizi. Questo postulato rende più agevole l’analisi dell’evoluzione economica, finanziaria e patrimoniale della società da parte dei destinatari del bilanci riducendo, al contempo, i margini di discrezionalità degli amministratori. Il principio contabile nazionale OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio” prevede disposizioni applicative nel caso di cambiamento del criterio di valutazione. Il principio della rilevanzaIl comma 4 dell'art. 2423 del codice civile prevede che non occorre rispettare gli obblighi di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Un'informazione è considerata rilevante quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dai destinatari primari dell'informazione di bilancio sulla base del bilancio della società. La rilevanza dei singoli elementi che compongono le voci di bilancio è giudicata nel contesto della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa. Il concetto di rilevanza è pervasivo nel processo di formazione del bilancio. Per quantificare la rilevanza si tiene conto sia di elementi qualitativi che quantitativi. I fattori quantitativi prendono in considerazione la dimensione degli effetti economici della transazione, o di un altro evento rispetto alle grandezze di bilancio. Identificare i valori di bilancio che si prendono a riferimento per determinare la rilevanza è un processo valutativo che può variare di caso in caso. In ogni caso è necessario privilegiare gli elementi di bilancio che maggiormente interessano i destinatari primari del bilancio. I fattori qualitativi di per sé trascendono gli aspetti quantitativi dal momento che riguardano caratteristiche peculiari dell'operazione, o dell'evento, la cui importanza è tale da poter ragionevolmente influenzare le decisioni economiche dei destinatari primari del bilancio della società. L'introduzione di un principio generale di rilevanza (ancorché lo stesso legislatore codicistico ed i principî contabili OIC già prevedessero norme di dettaglio ispirate a questo principio), che rappresenta la presa d'atto da parte dell'ordinamento del fatto che gli oneri che derivano dall'applicazione delle regole contabili non possono superare i benefici che il lettore ritrae dalla lettura del bilancio (Assonime), consente al redattore del bilancio di adottare politiche contabili che si discostano da quelle previste dalla legge e dai principî contabili, quando le differenze che ne derivano non siano significative. A tale previsione, si affianca la questione relativa al fatto che il codice civile non prevede una definizione di rilevanza e non fornisce quindi precise indicazioni né sul piano quantitativo né su quello qualitativo. Al riguardo, pur potendosi fare riferimento, a questi fini, alla Direttiva 2013/34/UE, che definisce «rilevante» lo stato dell'informazione quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio dell'impresa, rimane irrisolto il problema di definire quali siano le categorie di destinatari/utilizzatori del bilancio da considerare per giudicare in merito alla rilevanza o alla non rilevanza dei fenomeni oggetto di rappresentazione in bilancio. Ai sensi dell'OIC 11 è considerata rilevante un'informazione quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dai destinatari primari dell'informazione di bilancio sulla base del bilancio della società. Inoltre, la rilevanza dei singoli elementi che compongono le voci di bilancio è giudicata nel contesto complessivo del bilancio. La definizione che si è inteso dare al principio della rilevanza prende a riferimento la Direttiva 2013/34/UE, ai sensi della quale è rilevante: «lo stato dell'informazione quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio dell'impresa. La rilevanza delle singole voci è giudicata nel contesto di altre voci analoghe». Rispetto a tale definizione, gli elementi interpretativi sono rappresentati: a) dall'individuazione degli utilizzatori «primari» dell'informazione di bilancio; b) dal riferimento alla rilevanza degli elementi che compongono le voci di bilancio rispetto al bilancio nel suo complesso, e non al contesto delle voci analoghe. Questa scelta è dovuta al fatto che non appare chiaro il riferimento alle altre voci analoghe nella formulazione della Direttiva. In tal modo il redattore del bilancio deve valutare la rilevanza del singolo elemento con riferimento al bilancio nel suo insieme, e non alla sua rilevanza all'interno di una singola voce. Occorre, inoltre, rammentare che – dal punto di vista tecnico-contabile – la significatività (dell'errore) è un concetto fondamentale nell'ambito dell'attività di revisione legale dei conti exd.lgs. n. 39/2010, esplicitato nei principî di revisione ISA Italia 320 (“Significatività nella pianificazione e nello svolgimento della revisione contabile”) e ISA Italia 450 (“Valutazione degli errori identificati nel corso della revisione contabile”). In tale ambito, gli errori sono considerati significativi quando «ci si può ragionevolmente attendere che essi, considerati singolarmente o nel loro insieme, siano in grado di influenzare le decisioni economiche prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio». Analogamente, il principio contabile internazionale IAS 1 afferma che «Le omissioni o errate misurazioni di voci sono rilevanti se potrebbero, individualmente o nel complesso, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori prendono sulla base del bilancio. La rilevanza dipende dalla dimensione e dalla natura dell'omissione o errata misurazione valutata a seconda delle circostanze. La dimensione o natura della voce, o una combinazione di entrambe, potrebbe costituire il fattore determinante. Determinare se un'omissione o una errata misurazione potrebbe influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori, e quindi essere rilevante, richiede di tenere in considerazione le caratteristiche di tali utilizzatori». Si rammenta che, secondo il comma 4 dell'art. 2423 c.c., rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili e che, nella nota integrativa, devono essere illustrati i criteri con i quali il redattore di bilancio ha dato attuazione al principio della rilevanza. Il principio della comparabilitàIl postulato della comparabilità nel tempo dei bilanci è previsto dall’art. 2423-ter, comma 5, del codice civile: “per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo della voce corrispondente dell'esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative all'esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e l'adattamento o l'impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa”. Il citato principio contabile L’OIC 29 disciplina la declinazione pratica di tale previsione e, in particolare, gli effetti che si producono sul bilancio comparativo in conseguenza dei cambiamenti di principi contabili o correzione di errori rilevanti. 45. La comparabilità dipende generalmente dall'esistenza di fatti economici similari contabilizzati in bilancio con gli stessi criteri.
BibliografiaAa.Vv., art. 2423-2435 ter – Bilancio, Commentario del Codice Civile, a cura di M. Irrera, Bologna, 2022; Aa.Vv., Il bilancio di esercizio. Profili aziendali, giuridici e principi contabili, a cura di Palma, Milano, 2022; Aa.Vv., Principi contabili internazionali: temi e applicazioni, Torino, 2023; Assonime, Il nuovo bilancio di esercizio delle imprese che adottano i principi contabili nazionali: profili civilistici e fiscali, Circolare n. 14 del 21 giugno 2017; Quagli, Bilancio diesercizio e principi contabili, Torino, 2023; Riccomagno, Il bilancio d’esercizio e il bilancio consolidato dopo il d.lgs. n. 139/2015 secondo l’interpretazione dei principi contabili nazionali e internazionali, Padova, 2017; Sarcone, La formazione del bilancio annuale, Milano, 2016; Savioli, Il bilancio di esercizio secondo i principi contabili nazionali, Milano, 2017; Sottoriva, La riforma della redazione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato, Milano, 2014; Sottoriva, Il financial reporting secondo i principi contabili internazionali, Milano, 2022; Strampelli, Del bilancio, in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da Abbadessa e Portale, Milano, 2017; Strampelli, Diritto contabile, Milano, 2022; Strampelli, Diritto contabile, Milano, 2022; Superti Furga, Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa italiana, Milano, 2017; Venuti, I principi ispiratori della nuova disciplina dei bilanci societari, in Giur. comm. 2016, I. |