Codice Civile art. 2426 - Criteri di valutazioni (1).

Claudio Sottoriva

Criteri di valutazioni (1).

[I]. Nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti criteri:

1) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi; le immobilizzazioni rappresentate da titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, ove applicabile (2);

2) il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa;

3) l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minore valore. Il minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata; questa disposizione non si applica a rettifiche di valore relative all'avviamento (3).

Per le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate che risultino iscritte per un valore superiore a quello derivante dall'applicazione del criterio di valutazione previsto dal successivo numero 4) o, se non vi sia obbligo di redigere il bilancio consolidato, al valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa partecipata, la differenza dovrà essere motivata nella nota integrativa;

4) le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al numero 1), per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli articoli 2423 e 2423-bis.

Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto riferito alla data di acquisizione o (4) risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata può essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all'avviamento, deve essere ammortizzata.

Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall'applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell'esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile;

5) i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I costi di impianto e ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. I costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, sono ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l'ammortamento dei costi di impianto e ampliamento e di sviluppo non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l'ammontare dei costi non ammortizzati (5);

6) l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto.

L'ammortamento dell'avviamento è effettuato secondo la sua vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, è ammortizzato entro un periodo non superiore a dieci anni. Nella nota integrativa è fornita una spiegazione del periodo di ammortamento dell'avviamento (6) ;

7) il disaggio e l'aggio su prestiti sono rilevati secondo il criterio stabilito dal numero 8) (7);

8) i crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo (8);

8-bis) le attività e passività monetarie in valuta sono iscritte al cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio; i conseguenti utili o perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l'eventuale utile netto è accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le attività e passività in valuta non monetarie devono essere iscritte al cambio vigente al momento del loro acquisto (9);

9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione;

10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli: "primo entrato, primo uscito" o: "ultimo entrato, primo uscito"; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa;

11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza;

11-bis) gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari, sono iscritti al fair value. Le variazioni del fair value sono imputate al conto economico oppure, se lo strumento copre il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un'operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio netto; tale riserva è imputata al conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto o al verificarsi dell'operazione oggetto di copertura. Gli elementi oggetto di copertura contro il rischio di variazioni dei tassi di interesse o dei tassi di cambio o dei prezzi di mercato o contro il rischio di credito sono valutati simmetricamente allo strumento derivato di copertura; si considera sussistente la copertura in presenza, fin dall'inizio, di stretta e documentata correlazione tra le caratteristiche dello strumento o dell'operazione coperti e quelle dello strumento di copertura. Non sono distribuibili gli utili che derivano dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati non utilizzati o non necessari per la copertura. Le riserve di patrimonio che derivano dalla valutazione al fair value di derivati utilizzati a copertura dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un'operazione programmata non sono considerate nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli articoli 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 e, se positive, non sono disponibili e non sono utilizzabili a copertura delle perdite (10);

12) (11).

[II]. Ai fini della presente Sezione, per la definizione di "strumento finanziario", di "attività finanziaria" e "passività finanziaria", di "strumento finanziario derivato", di "costo ammortizzato", di "fair value", di "attività monetaria" e "passività monetaria", "parte correlata" e "modello e tecnica di valutazione generalmente accettato" si fa riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall'Unione europea (12).

[III]. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del primo comma, numero 11-bis), sono considerati strumenti finanziari derivati anche quelli collegati a merci che conferiscono all'una o all'altra parte contraente il diritto di procedere alla liquidazione del contratto per contanti o mediante altri strumenti finanziari, ad eccezione del caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) il contratto sia stato concluso e sia mantenuto per soddisfare le esigenze previste dalla società che redige il bilancio di acquisto, di vendita o di utilizzo delle merci;

b) il contratto sia stato destinato a tale scopo fin dalla sua conclusione;

c) si prevede che il contratto sia eseguito mediante consegna della merce (12).

[IV]. Il fair value è determinato con riferimento:

a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente un mercato attivo; qualora il valore di mercato non sia facilmente individuabile per uno strumento, ma possa essere individuato per i suoi componenti o per uno strumento analogo, il valore di mercato può essere derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo;

b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo; tali modelli e tecniche di valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato (12).

[V]. Il fair value non è determinato se l'applicazione dei criteri indicati al quarto comma non dà un risultato attendibile (12).

(1) V. nota al Capo V.

(2) Le parole da « le immobilizzazioni » a « ove applicabile; » sono state aggiunte dall'art. 6, comma 8, lett. a) d.lg. 18 agosto 2015, n. 139. Ai sensi dell'art. 12, comma 1, d.lg. n. 139, cit., la presente disposizione entra in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applica « ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire da quella data ». Ai sensi, inoltre, dell'art. 12, comma 1, d.lg. n. 139, cit., tale modificazione può non essere applicata « alle componenti delle voci riferite a operazioni che non hanno ancora esaurito i loro effetti in bilancio ».

(3)Le parole « . Il minor valore » sono state sostituite alla parola « ; questo » e le parole « ; questa disposizione non si applica a rettifiche di valore relative all'avviamento » sono state aggiunte dall'art. 6, comma 8 lett. b) d.lg. n. 139, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2.

(4) Le parole « riferito alla data di acquisizione o » sono state inserite dall'art. 6, comma 8, lett. c) d.lg. n. 139 del 2015. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2.

(5) Numero così sostituito dall'art. 6, comma 8 lett. d) d.lg. n. 139, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2. Il testo del numero era il seguente: « 5) i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l'ammortamento non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l'ammontare dei costi non ammortizzati; ».

(6) Le parole da « . L'ammortamento dell'avviamento » a « periodo di ammortamento dell'avviamento; » sono state sostituite alle parole « e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. È tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l'avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l'utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa; » dall'art. 6, comma 8 lett. e) d.lg. n. 139, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2. Ai sensi, inoltre, dell'art. 12, comma 2 d.lg. n. 139, cit., tale modificazione può non essere applicata « alle componenti delle voci riferite a operazioni che non hanno ancora esaurito i loro effetti in bilancio ».

(7) Numero così sostituito dall'art. 6, comma 8 lett. f) d.ls. n. 139, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2. Il testo del numero era il seguente: « 7) il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata del prestito; ».

(8) Numero così sostituito dall'art. 6, comma 8 lett. g) d.lg. n. 139, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2. Ai sensi, inoltre, dell'art. 122 d.ls. n. 139, cit., tale modificazione può non essere applicata « alle componenti delle voci riferite a operazioni che non hanno ancora esaurito i loro effetti in bilancio ». Il testo del numero era il seguente: « 8) i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione; ».

(9) Numero così sostituito dall'art. 6, comma 8 lett. h) d.lg. n. 139, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2. Il testo del numero, come da ultimo modificato dall'art. 17 d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310, era il seguente: « 8-bis) le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio ed i relativi utili e perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l'eventuale utile netto deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le immobilizzazioni materiali, immateriali e quelle finanziarie, costituite da partecipazioni, rilevate al costo in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto o a quello inferiore alla data di chiusura dell'esercizio se la riduzione debba giudicarsi durevole ».

(10) L'art. 6, comma 8, lett. i) d.lg. n. 139 del 2015, cit. ha inserito il numero. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2.

(11) Numero abrogato dall'art. 6, comma 8, lett. l) d.lg. n. 139 del 2015, cit. Il testo recitava: «le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo, possono essere iscritte nell'attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione».

(12) Comma aggiunto dall'art. 6, comma 8, lett. m) d.lg. n. 139 del 2015, cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2.

Inquadramento

L'art. 2426 c.c. disciplina sia i criteri di valutazione delle principali categorie di attività e di passività del patrimonio di funzionamento che trovano rappresentazione nello stato patrimoniale, sia le condizioni di iscrivibilità nello stesso (Strampelli).

I criteri di valutazione dettati dall'art. 2426 del codice civile hanno natura inderogabile (salvo la deroga ex art. 2423-bis, comma 2, c.c.).

Il termine «valutazione» è ambivalente. Può designare da un canto il processo valutativo, l'iter procedimentale del valutare ma può d'altro canto indicare anche il valore attribuito ad un bene il risultato finale del processo valutativo. A ciò si aggiunga che ogni valutazione sia come valore che come procedimento ha sempre un duplice profilo: quello qualitativo che coinvolge la finalità lo scopo della valutazione, quello quantitativo che evoca la misurazione del valore e le relative tecniche di misurazione (Fortunato).

Il sistema delle valutazioni per il bilancio di esercizio ruota attorno al criterio del costo storico tenuto conto della sua oggettività e semplicità di applicazione. Tale criterio è, altresì, funzionale al rispetto del principio della prudenza.

Al criterio del costo storico, l'art. 2426 c.c. – per talune categorie di attività – affianca altri criteri di valutazione alternativi che trovano obbligatoria applicazione successivamente alla iscrizione dell'elemento considerato al costo storico. In particolare:

- il valore di iscrizione secondo il criterio del costo storico deve essere ridotto fino a concorrenza del valore di utilizzo in presenza di perdite durevoli di valore relativamente alle immobilizzazioni immateriali e materiali;

- il valore di iscrizione secondo il criterio del costo storico deve essere ridotto fino a concorrenza del valore di presumibile realizzazione per quanto riguarda le rimanenze di magazzino, i titoli iscritti nell'attivo circolante e le attività che non costituiscono immobilizzazioni;

- per la valutazione dei crediti, dei debiti e dei titoli iscritti tra le immobilizzazioni (nel caso in cui le caratteristiche del titolo lo consentano) deve essere applicato il criterio del costo ammortizzato;

- per la valutazione degli strumenti finanziari derivati deve essere applicato il criterio del fair value.

A tali criteri alternativi, si aggiungono criteri di valutazione concorrenti la cui adozione – in luogo del criterio del costo storico – consegue alla discrezionalità tecnica del redattore del bilancio. Si fa qui riferimento:

- al metodo del patrimonio netto per la valutazione delle partecipazioni in imprese controllate o in collegate iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie dell'attivo dello stato patrimoniale;

- al metodo della percentuale di completamento per la valutazione dei lavori in corso su commessa.

Le due principali modificazioni al previgente sistema delle valutazioni per il bilancio di esercizio, criterio del costo ammortizzato per talune tipologie di attività e di passività e valutazione secondo il fair value degli strumenti finanziari derivati, sono tuttavia state inserite con le seguenti particolarità, avuto riguardo alle dimensioni della società che redige il bilancio:

- le società che redigono il bilancio in forma abbreviata (secondo le previsioni di cui all'art. 2435-bis c.c.), in deroga a quanto disposto dall'art. 2426 c.c., hanno la facoltà di iscrivere i titoli al costo di acquisto, i crediti al valore di presumibile realizzo e i debiti al valore nominale;

- le società che redigono il bilancio in forma semplificata (secondo le previsioni di cui all'art. 2435-ter c.c.) adottando i criteri di valutazione sono quelli previsti per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e, ulteriormente, sono esonerate dall'applicazione delle disposizioni di cui al numero 11-bis del primo comma dell'art. 2426 c.c.

Ulteriormente, per la generalità delle imprese, i principî contabili nazionali prevedono che il criterio del costo ammortizzato può non essere applicato ai crediti e ai debiti se gli effetti sono irrilevanti. Generalmente gli effetti sono irrilevanti se i crediti e debiti sono a breve termine (ossia con scadenza inferiore ai 12 mesi).

L'applicazione del criterio del costo ammortizzato

Il d.lgs. n. 139/2015 ha introdotto nell'ambito del sistema delle valutazioni per il bilancio di esercizio il criterio del costo ammortizzato e dell'attualizzazione. Si tratta di criteri ben noti, applicati dalle imprese IAS-adopter da anni ai crediti, ai debiti e ai titoli di debito, la cui estensione alle imprese ITA GAAP è oggi resa obbligatoria, come accennato, soltanto per i soggetti che superano le soglie dimensionali di cui all'art. 2435-bis c.c.

In particolare, per quanto riguarda i crediti e i debiti, è stato riformulato l'art. 2426, comma 12, n. 8, del codice civile, prevedendo che «essi sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo» (cfr. art. 6, comma 8, lett. g, del d.lgs. n. 139/2015) e stabilendo nel comma 2 dello stesso art. 2426 che per la definizione di costo ammortizzato occorre far riferimento «ai principî contabili internazionali adottati dall'Unione Europea» (cfr. art. 6, comma 8, lett. m, del d.lgs. n. 139/2015).

Anche per quanto concerne i titoli viene modificato l'art. 2426, comma 1, n. 1, c.c. prevedendo che «le immobilizzazioni rappresentate dai titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, ove applicabile» (cfr. art. 6, comma 8, lett. a) del d.lgs. n. 139/2015).

Come osservato nel principio contabile nazionale OIC 20, l'art. 2426, comma 1, numero 9), prevede che: «le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il n. 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore...». Per effetto di questo richiamo al n. 1 dell'art. 2426 c.c. anche i titoli di debito iscritti nell'attivo circolante devono essere rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato.

Il criterio del costo ammortizzato è una tipica espressione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma (Assonime). Esso deriva dalla constatazione che per un soggetto che eroga denaro, così come per un soggetto che riceve denaro, la misurazione, rispettivamente, dei proventi e degli oneri finanziari derivanti dall'operazione non può prescindere dal considerare anche i costi di transazione e cioè i costi marginali direttamente attribuibili all'acquisizione, emissione o dismissione di un'attività o di una passività finanziaria (in base allo IAS 39 (par. 15-19) un costo marginale è un costo che non sarebbe stato sostenuto se l'entità non avesse acquisito emesso o dismesso lo strumento finanziario. In particolare i costi di transazione includono gli onorari e le commissioni pagati a terzi, i contributi pagati a organismi di regolamentazione, le tasse e gli oneri sui trasferimenti. Non includono, invece, i premi o gli sconti sul valore nominale del credito/debito e tutti gli altri oneri/proventi previsti dal contratto di finanziamento pagati alla o ricevuti dalla controparte). Il soggetto che eroga denaro deve conseguentemente aggiungere nel valore iniziale del credito tutti i costi di transazione sostenuti anche se si tratta di esborsi verso terzi e non verso la controparte contrattuale; così come il soggetto che riceve denaro deve sottrarre dalle somme ricevute quelle di cui, a sua volta, ha dovuto privarsi a causa del sostenimento di costi di transazione.

I principî contabili nazionali OIC 15 e OIC 19 prescrivono ulteriormente che se vi è una significativa differenza tra questi tassi, per attualizzare i flussi finanziari futuri derivanti dal credito/debito occorre sostituire il tasso desumibile dal contratto con il tasso di mercato.

Per quanto riguarda la valutazione dei titoli di debito in portafoglio – sia che costituiscono sia che non costituiscono immobilizzazioni – essi devono essere rilevati in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, in luogo del precedente criterio del “costo di acquisto”. L'applicazione del nuovo criterio del costo ammortizzato comporta che i costi di transazione, le eventuali commissioni attive e passive e ogni differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza siano inclusi nel calcolo del costo ammortizzato utilizzando il criterio dell'interesse effettivo, che implica che essi siano ammortizzati lungo la durata attesa del titolo. Il loro ammortamento integra o rettifica gli interessi attivi calcolati al tasso nominale (seguendone la medesima classificazione nel conto economico), di modo che il tasso di interesse effettivo possa rimanere un tasso di interesse costante lungo la durata del titolo da applicarsi al suo valore contabile. In altri termini, i costi di transazione e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza del titolo – che fino all'entrata in vigore del d.lgs. n. 139/2015 erano contabilizzati lungo la vita utile del rapporto di finanziamento – con il criterio del costo ammortizzato devono essere sommati algebricamente al valore del titolo al fine di calcolare il tasso di interesse effettivo. Il tasso di interesse effettivo, quindi, è il tasso interno di rendimento, costante lungo la durata del credito, che rende uguale il valore attuale dei flussi finanziari futuri derivanti dal titolo di debito e il suo valore di rilevazione iniziale (così come previsto dal principio contabile OIC 20). In tal modo, i costi di transazione e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza del titolo sono considerati interessi e ripartiti lungo la durata attesa del titolo con logiche finanziarie. In sostanza, in ciascun esercizio, tali interessi sono calcolati moltiplicando il tasso di interesse effettivo per il valore contabile inziale del titolo. Come accennato, alla luce nuova formulazione dell'art. 83 del TUIR, la nuova rappresentazione contabile di rilevazione dei titoli di debito basata sul costo ammortizzato assume rilevanza anche fiscale (si veda la Risoluzione 10/E dell'Agenzia delle Entrate del 29 gennaio 2018 — Interpello ex art. 11, comma 1, lettera a) l. 27 luglio 2000, n. 212 — Disciplina Ires per la valutazione titoli con il criterio del costo ammortizzato).

L'applicazione del criterio del fair value per la valutazione degli strumenti finanziari derivati

Un'ulteriore rilevante novità introdotta nel sistema delle valutazioni per il bilancio di esercizio in sede di recepimento della Direttiva 2013/34/UE è relativa alla rilevazione e alla valutazione degli strumenti finanziai derivati. Viene esteso anche alle società ITA GAAP diverse dalle micro-imprese l'obbligo di iscrivere in bilancio gli strumenti finanziari derivati così come previsto per i soggetti IAS adopter, all'uopo rinviando alla nozione di strumento finanziario derivato individuata dallo IAS 39. In precedenza, non essendovi un obbligo civilistico di iscrizione e di specifica valutazione in bilancio dei derivati, né un principio contabile nazionale che fornisse precise indicazioni, la prassi contabile era variamente orientata.

Con riguardo ai derivati di natura speculativa, in termini generali, la soluzione più diffusa era quella di non rilevare le componenti valutative di segno positivo e di iscrivere invece le perdite nette maturate in apposito fondo rischi del passivo. In relazione ai derivati di copertura, invece, le soluzioni erano di diverso tipo. Una prima alternativa era quella di iscrivere in bilancio le sole minusvalenze maturate sul derivato imputandole ad un fondo rischi, con la stessa tecnica dei derivati speculativi, senza evidenziare i plusvalori maturati sul sottostante. Una seconda impostazione era quella invece di valutare in modo coerente tanto il derivato che il sottostante, rilevando perciò simmetricamente tanto i plusvalori dell'uno che i minusvalori dell'altro. Una terza alternativa, sempre ritenuta espressione del criterio di «coerenza valutativa», era infine quella di astenersi dalla rilevazione sia delle componenti valutative sul sottostante, sia di quelle relative al derivato sul presupposto che fossero destinate a compensarsi reciprocamente e, quindi, a non avere particolari impatti sul risultato di esercizio.

Con la nuova normativa, invece:

- tutti i contratti derivati sono oggetto di valutazione al fair value, anche quando incorporati in altri contratti;

- il trattamento contabile varia a seconda che lo strumento finanziario derivato sia designato o meno, ai fini contabili, come di copertura;

- l'attivazione delle coperture contabili è discrezionale e subordinata all'esistenza di una stretta e documentata correlazione tra derivato di copertura ed elemento coperto. Rimane la possibilità, pertanto, di trattare come speculativo – ai fini contabili – un derivato che, in realtà, sotto il profilo gestionale assolve esclusivamente ad una funzione di copertura di un rischio.

Secondo il principio contabile OIC 32 il fair value è il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un'attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione. La disciplina delle coperture è basata sulla distinzione tra coperture di elementi presenti in bilancio (fair value hedge) e coperture di flussi finanziari attesi (cash flow hedge). Nel primo caso, fermo restando l'obbligo di iscrivere al fair value il derivato e di imputare a conto economico gli effetti di tale valutazione, si prevede una modifica del trattamento contabile dell'elemento oggetto della copertura, da valutarsi «simmetricamente» al derivato di copertura. Nel caso, invece, delle coperture di flussi di futura manifestazione, l'effetto derivante dalla valutazione al fair value del derivato è imputato ad un'apposita riserva, positiva o negativa, di patrimonio netto che sarà stornata al conto economico al realizzarsi dei flussi oggetto di copertura. Il legislatore nazionale non si è limitato a mutuare dal sistema degli IAS/IFRS la struttura essenziale della disciplina dei derivati, ma, come già accennato. rinvia a tali principî anche per ciò che concerne la definizione di strumento derivato e di fair value, confermando – quindi – una scelta che era stata già fatta in occasione dell'introduzione degli obblighi di disclosure, sempre in tema di strumenti finanziari derivati, di cui all'art. 2427-bis c.c.

Il fair value è il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un'attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione.

La valutazione del fair value di uno strumento finanziario derivato richiede ad una società di determinare:

a) lo strumento finanziario derivato oggetto della valutazione;

b) il mercato principale (o più vantaggioso) per lo strumento finanziario derivato;

c) le tecniche di valutazione appropriate per la valutazione che devono considerare: i. il livello della gerarchia del fair value in cui sono classificati i parametri; e ii. le assunzioni che gli operatori di mercato utilizzerebbero per determinare il prezzo dello strumento finanziario derivato, incluse le assunzioni circa i rischi, presumendo che gli operatori di mercato agiscano per soddisfare nel modo migliore il proprio interesse economico.

Nella valutazione del fair value la società tiene conto del rischio di credito delle parti del contratto e, ulteriormente, deve essere considerate le caratteristiche dello strumento finanziario derivato se gli operatori di mercato tengono conto di tali caratteristiche per determinare il prezzo dello strumento finanziario derivato alla data di valutazione. A titolo esemplificativo, il principio contabile OIC 32 individua come segue tali caratteristiche: a) la condizione o l'ubicazione del sottostante; e b) le eventuali limitazioni alla vendita o all'uso del sottostante.

Per quanto attiene all'individuazione dei mercati di riferimento, una valutazione del fair value suppone che un'operazione relativa ad uno strumento finanziario derivato abbia luogo: a) nel mercato principale dello strumento finanziario derivato; o b) in assenza di un mercato principale, nel mercato più vantaggioso per lo strumento finanziario derivato.

Si presume che, per una società, il mercato principale o il mercato più vantaggioso in assenza di un mercato principale, sia il mercato in cui la società normalmente effettuerebbe un'operazione relativa ad uno strumento finanziario derivato.

Anche in mancanza di un mercato osservabile che fornisca informazioni sui prezzi di uno strumento finanziario derivato alla data di valutazione, una valutazione al fair value deve presumere che in quella data abbia luogo una transazione, considerata dal punto di vista di un operatore di mercato che possiede lo strumento finanziario derivato. Tale presunta transazione rappresenta una base per la stima del prezzo dello strumento finanziario derivato.

Per quanto dettagliata, la disciplina indicata nel numero 11-bis dell'art. 2426 non risolve tutti i problemi applicativi che la gestione contabile degli strumenti finanziari derivati così complessa implica. Gli aspetti tecnici più rilevanti sono, pertanto, risolti dal principio contabile nazionale OIC 32, cui si rinvia.

Da ultimo si rammenta che, secondo il comma 5 dell'art. 2426 c.c., se l'applicazione dei criteri indicati nel comma 4 dell'art. 2426 c.c., non dà un risultato attendibile, il criterio dei fair value non deve essere applicato.

L'iscrizione e la valutazione dell'avviamento

Il d.lgs. n. 139/2015 ha modificato i cirteri di ammortamento dell'avviamento (n. 6 del comma 1 dell'art. 2426).

Dal confronto fra il testo del n. 6) dell'art. 2426 c.c., prima e dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 139/2015, si coglie quanto segue.

I presupposti per l'iscrizione dell'avviamento nel bilancio d'esercizio non cambiano:

- può essere iscritto solo nei limiti in cui è stato sostenuto per esso un costo;

- deve trattarsi di un avviamento “acquisito a titolo oneroso”;

- occorre che consti il consenso del collegio sindacale, ove esistente.

L'avviamento è iscritto tra le immobilizzazioni immateriali se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: − è acquisito a titolo oneroso (cioè deriva dall'acquisizione di un'azienda o ramo d'azienda oppure da un'operazione di conferimento, di fusione o di scissione); − ha un valore quantificabile in quanto incluso nel corrispettivo pagato; − è costituito all'origine da oneri e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscono quindi benefici economici futuri (ad esempio, conseguimento di utili futuri); − è soddisfatto il principio della recuperabilità del relativo costo (e quindi non si è in presenza di un cattivo affare).

L'avviamento generato internamente non può pertanto essere capitalizzato tra le immobilizzazioni immateriali.

L'avviamento non è suscettibile di vita propria indipendente e separata dal complesso aziendale e non può essere considerato come un bene immateriale a sé stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi: esso rappresenta una qualità dell'azienda.

Riguardo all'ammortamento dell'avviamento, la norma previgente ne fissava la durata, di regola, in 5 anni; la nuova disposizione stabilisce invece che l'avviamento, di regola, deve essere ammortizzato secondo la sua vita utile (ossia il periodo di tempo durante il quale l'impresa prevede di poter utilizzare l'immobilizzazione) alla cui misurazione sono quindi chiamati gli amministratori della società.

A questa regola, poi, sia la vecchia che la nuova norma prevedono una deroga: ma, mentre nel precedente assetto normativo l'ammortamento superiore ai 5 anni era consentito dandone menzione nella nota integrativa, ed in una misura che comunque non poteva superare la durata per l'utilizzazione, secondo la nuova normativa, il redattore del bilancio deve fissare la durata del periodo d'ammortamento misurando la vita utile dell'avviamento e, solo nei casi eccezionali in cui non è possibile stimare attendibilmente la vita utile, il periodo di ammortamento viene fissato in un lasso temporale che non può essere superiore a 10 anni. La durata del periodo di ammortamento deve essere sempre illustrata nella nota integrativa. Secondo il principio contabile nazionale OIC 24:

- la vita utile dell'avviamento è stabilita al momento della sua rilevazione iniziale e non può essere modificata negli esercizi successivi. L'avviamento potrà così essere soggetto solo a svalutazione per perdita durevole di valore secondo le modalità descritte nel principio contabile nazionale OIC 9;

- 20 anni è la massima vita utile stimabile in ogni caso per l'avviamento;

- quando, in casi eccezionali, non è possibile stimare la vita utile, secondo l'OIC 24 l'avviamento si ammortizza in un periodo non superiore ai 10 anni.

Nel processo di stima della vita utile, possono rappresentare utili punti di riferimento: a. il periodo di tempo entro il quale la società si attende di godere dei benefici economici addizionali legati alle prospettive reddituali favorevoli della società oggetto di aggregazione e alle sinergie generate dall'operazione straordinaria. Si fa riferimento al periodo in cui si può ragionevolmente attendere la realizzazione dei benefici economici addizionali; b. il periodo di tempo entro il quale l'impresa si attende di recuperare, in termini finanziari o reddituali, l'investimento effettuato (c.d. payback period) sulla base di quanto previsto formalmente dall'organo decisionale della società; c. la media ponderata delle vite utili delle principali attività (core assets) acquisite con l'operazione di aggregazione aziendale (incluse le immobilizzazioni immateriali).

La valutazione delle immobilizzazioni materiali

Le immobilizzazioni materiali sono trattate dal principio contabile nazionale OIC 16 che le definisce come quelle immobilizzazioni aventi i seguenti requisiti:

-        destinazione ad uso durevole;

-        utilità pluriennale;

-        ammortamento quale processo di ripartizione del costo di acquisizione tra i vari esercizi;

-        tangibilità ovvero sussistenza fisica del bene.

Dal punto di vista definitorio si sottolinea che il legislatore civilistico non ha fornito una definizione di immobilizzazioni materiali.

Dal punto di vista della definizione, quindi, occorre fare riferimento alla definizione contemplata dal principio contabile OIC 16.

Dal punto di vista classificatorio, invece, il principio contabile nazionale OIC 16 ribadisce che le immobilizzazioni materiali sono definite tali ove venga considerata la loro destinazione d’uso (e non la loro natura).

Il criterio base consiste nella valutazione delle immobilizzazioni materiali al costo diminuito del relativo ammortamento, con limite posto nel “valore recuperabile con l’uso”.

Con quest’ultimo termine si intende il valore del bene che è in grado di essere coperto dai ricavi derivanti dalla vendita della produzione all’ottenimento della quale lo stesso ha concorso.

La determinazione di tale valore richiederebbe la stima dei flussi di cassa previsti o quantomeno di piani economici pluriennali, il cui contenuto non è esplicitamente descritto dalla normativa italiana ma solo nell’ambito dei principi contabili internazionali dello Ias 36.

nel caso in cui il management abbia deciso di destinare alla vendita alcune immobilizzazioni materiali occorre riclassificarle in un’apposita voce dell’attivo circolante. A tal fine bisogna verificare che siano rispettati i seguenti requisiti:

-        i beni sono vendibili nelle condizioni in cui si trovano al momento della riclassifica o comunque non necessitano di modifiche di una portata tale da differirne la cessione;

-        l’alienazione è ritenuta altamente probabile in considerazione delle iniziative intraprese, del prezzo previsto e delle condizioni di mercato; 

-        la cessione dovrebbe concludersi nel breve termine. 

Riguardo alla classificazione degli ammortamenti, essi vanno rilevati a conto economico nella voce B10b) “Ammortamento delle immobilizzazioni materiali”. 

Le plusvalenze o le minusvalenze derivanti da alienazioni di cespiti vanno anch’esse rilevate a conto economico rispettivamente nella voce A5 “Altri ricavi e proventi” e nella voce B14 “Oneri diversi della gestione”. 

Gli oneri finanziari vanno registrati nella voce C17 “Interessi e altri oneri finanziari” del conto economico. In particolare tale voce comprende gli interessi capitalizzati che trovano per lo stesso importo contropartita nella voce A4 “Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni”.

L’articolo 2426 comma 1 del codice civile contiene la regola generale di valutazione delle immobilizzazioni materiali che prevede l’iscrizione in bilancio sulla base di due ordini di criteri:

al costo di acquisto;

al costo di produzione

Il costo d’acquisto è costituito dal prezzo effettivo d’acquisto da corrispondere al fornitore del bene ed include i costi accessori, ossia quei costi collegati all’acquisto che occorre sostenere affinché l’immobilizzazione possa essere utilizzata o che comunque sono necessari per portare il bene nel luogo e nelle condizioni tali per cui possa essere considerato un bene duraturo per la società che l’ha acquisito.

Il costo di produzione è costituito dai costi diretti, quali ad esempio le materie prime e la mano d’opera diretta, e i costi generali di produzione, per la quota che ragionevolmente può essere imputata all’immobilizzazione per il periodo della sua fabbricazione fino al momento in cui essa diviene pronta per l’uso.

Qualora il pagamento venga differito a condizioni diverse rispetto a quelle normalmente praticate sul mercato, l’immobilizzazione è iscritta al valore corrispondente al debito determinato ai sensi dell’OIC 19 “Debiti” con l’aggiunta degli oneri accessori.

E’ possibile procedere con la capitalizzazione degli oneri finanziari sostenuti per la fabbricazione interna o presso terzi dei cespiti solo se sono soddisfatte le seguenti condizioni: 

-        gli oneri sono stati effettivamente sostenuti e risultano oggettivamente determinabili e comunque non eccedono il limite del valore recuperabile del bene. Si precisa che l’ammontare degli oneri finanziari capitalizzati durante un esercizio non può in nessun caso eccedere l’ammontare degli oneri finanziari che sono riconducibili alla realizzazione del bene e sostenuti nell’esercizio, al netto degli eventuali proventi finanziari derivanti dall’investimento temporaneo dei fondi presi a prestito,

-        i beni a fronte dei quali si procede con la capitalizzazione degli oneri finanziari necessitano di un periodo di costruzione significativo, intendendo per tale il periodo che va dal pagamento ai fornitori di beni e servizi relativi al cespite in questione fino al momento in cui esso è considerato pronto per l’uso.

Le immobilizzazioni materiali comprese nelle sottovoci da BII1 a BII4, ossia Terreni e fabbricati”, “Impianti e macchinari, “Attrezzature industriali e commerciali” e “Altri beni” sono iscritte alla data in cui avviene il trasferimento dei rischi e dei benefici ad essi connessi, cosa che generalmente avviene con il trasferimento del titolo di proprietà. Tuttavia, se a causa di specifiche clausole contrattuali non vi sia coincidenza tra la data in cui avviene il trasferimento dei rischi e dei benefici e la data in cui viene trasferito il titolo di proprietà, il Principio precisa che occorre far prevalere la data in cui è avvenuto il trasferimento dei rischi e dei benefici e farla coincidere con la data di prima iscrizione del bene. 

La valutazione delle partecipazioni

Le partecipazioni sono esposte nello stato patrimoniale nelle Immobilizzazioni o nell'Attivo circolante.

La classificazione nell'Attivo Immobilizzato e nell'Attivo Circolante dipende dalla destinazione della partecipazione.

Le partecipazioni destinate ad una permanenza durevole nel portafoglio della società si iscrivono tra le Immobilizzazioni, le altre vengono iscritte nell'Attivo circolante.

Al fine di determinare l'esistenza della destinazione a permanere durevolmente nel patrimonio dell'impresa, si considerano la volontà della direzione aziendale e l'effettiva capacità della società di detenere le partecipazioni per un periodo prolungato di tempo.

Nel corso del tempo le partecipazioni possono sempre cambiare destinazione, ad esempio per il mutamento di strategia aziendale realizzato in seguito al rinnovo dell'organo amministrativo oppure per il cambiamento di proprietà dell'azienda.

Secondo il codice civile all'articolo 2426 comma 1, come analizzato dal principio contabile OIC 21, la prima valutazione di una partecipazione, va fatta al costo di acquisto che comprende il prezzo pagato per acquistarla al quale sono aggiunti i costi accessori direttamente imputabili all'operazione di acquisto o di costituzione (ad esempio, intermediazione bancaria e finanziaria, commissioni, spese, imposte, consulenze tecniche di valutazione sulla convenienza dell'acquisto).

Lo stesso articolo al comma 3 sottolinea l'esigenza di svalutare o rivalutare la partecipazione, al termine dell'esercizio, nell'eventualità risulti una considerevole riduzione di valore; la svalutazione non può essere mantenuta nel tempo se ne sono venuti meno i motivi, operando quindi una rivalutazione.

Metodo alternativo a quello del costo, secondo l'articolo 2426 comma 4 del codice civile, è il metodo del Patrimonio netto, secondo il quale le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate e collegate, possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra le dette imprese, anziché secondo il criterio del costo, per un'importo pari alla corrispondente frazione del Patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio approvato della partecipante, depurato dai dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato.

Questo metodo è alternativo al primo e può essere adottato solo per alcune delle partecipazioni di imprese controllate e collegate. Una volta scelto è opportuno mantenerlo per tutta la vita della partecipazione.

L' abbandono di questo metodo di valutazione è consentito in due casi: se viene alienata la partecipazione di controllo e collegamento o se essa viene spostata nell'attivo circolante.

Se la prima valutazione dopo l'acquisto seguirà il metodo del Patrimonio Netto, l'eventuale differenza tra costo d'acquisto e valore di partecipazione, dovrà essere attribuita all'attivo patrimoniale, e se imputata alle immobilizzazioni o all'avviamento, dovrà essere successivamente ammortizzata. Per poter effettuare una corretta comparazione, il Patrimonio netto della partecipata dovrà essere depurato da

  • dividendi da corrispondere, in quanto sono da considerarsi un'operazione infragruppo (un debito per la partecipata e un credito per la partecipante);
  • variazioni incrementative di patrimonio netto (utili da accantonare a riserva, rivalutazione del capitale, contributi in conto capitale, avanzi di fusione);
  • variazioni decrementative del patrimonio netto (versamento ai soci, versamento ai soci per reintegro perdite, rimborsi di capitale).

I titoli e le partecipazioni iscritti nell'attivo circolante dello Stato Patrimoniale, devono essere valutati come le rimanenze, cioè al minore fra il costo d'acquisto ed il valore di presunto realizzo desumibile dall'andamento di mercato.

La configurazione di costo più corretta, è il costo specifico. Nel caso di titoli fungibili è possibile, in alternativa, scegliere tra i metodi della media ponderata, Lifo, e Fifo.

Il valore di mercato si determina osservando il valore delle quotazione in borsa, e nel caso di partecipazioni non quotate, in base alle informazioni acquisite al fine di stimare in modo attendibile il valore di realizzazione.

Il principio contabile nazionale OIC 21 suggerisce di osservare quotazioni vicine nel tempo, relative all'ultimo mese, in modo da realizzare una stima attendibile; ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta del bilancio, è opportuno prendere a riferimento anche valori di mercato verificati dopo la chiusura dell'esercizio, ad esempio prima della stesura della bozza di bilancio, se maggiormente attendibili.

Secondo il Tribunale di Catania, 2 luglio 2018, la valutazione della partecipazione al costo storico risulta corretta tutte le volte in cui l'eventuale differenza tra il detto valore e quello determinato attraverso la porzione del patrimonio netto sia a) compiutamente motivata nella nota integrativa e b) la perdita non abbia carattere durevole, con la necessità a tal fine della predisposizione di piani o programmi tesi al recupero delle condizioni di equilibrio economico-finanziario aventi caratteristiche di concretezza, ragionevolezza in ordine alla possibilità di realizzazione e brevità di attuazione.

La valutazione delle rimanenze di magazzino

L'art. 2424 del codice civile pone le rimanenze di magazzino nella voce attivo circolante e le classifica in:

  • materie prime, sussidiarie e di consumo;
  • prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
  • lavori in corso su ordinazione ;
  • prodotti finiti e merci;
  • acconti.

La norma generale dettata dal codice civile riguardo al criterio di valutazione delle rimanenze finali di magazzino è quello definito dall'articolo 2426 del codice civile secondo cui “le rimanenze devono essere iscritte al costo d'acquisto per le merci e le materie prime, o al costo di produzione, se si tratta di prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione. Nel caso sia minore, il valore da considerare è quello desumibile dall'andamento di mercato”.

Per valore di mercato si intende il prezzo di vendita delle merci e dei prodotti finiti nel corso della normale gestione, avuto riguardo delle informazioni desumibili dal mercato, al netto dei presunti costi di completamento e costi diretti di vendita quali ad esempio il trasporto, provvigioni, imballaggi.

L'articolo 2426 definisce più dettagliatamente il concetto di costo d'acquisto e il costo di produzione: “Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione interna o presso terzi”.

Per costo d'acquisto quindi si intende il prezzo effettivo d'acquisto più gli oneri accessori (costi di trasporto, dogana etc.) ad esclusione degli oneri finanziari. I resi, gli sconti, gli abbuoni, i premi si portano in diminuzione dei costi.

Il costo di produzione può invece anche comprendere gli oneri finanziari attribuibili al prodotto e maturati fino al momento in cui il bene viene commercializzato o comunque utilizzato, a condizione che derivino da un finanziamento specificatamente assunto a fronte di voci che richiedono un processo produttivo di vari anni prima di poter essere vendute e sempreché l'onere degli interessi sia stato realmente sostenuto.

Il principio contabile OIC 13 rimanda alle disposizioni civilistiche nel rispetto del principio di prudenza. Con riferimento alle rimanenze di magazzino costituite da beni fungibili, in alternativa al costo specifico, si può utilizzare uno dei seguenti metodi di calcolo del costo:

  • Primo entrato, primo uscito detto anche FIFO: metodo del primo entrato primo uscito, detto anche FIFO (first-in, first out: gli acquisti o le produzioni più remoti sono i primi venduti). Secondo tale metodo si assume che le quantità acquistate o prodotte in epoca più remota siano le prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle produzioni più recenti;
  • Costo medio ponderato: secondo tale metodo le quantità acquistate o prodotte non sono più individualmente identificabili e fanno parte di un insieme in cui i beni sono ugualmente disponibili. Il costo di ciascun bene in rimanenza è pari alla media ponderata del costo degli analoghi beni acquistati e prodotti durante l'esercizio;
  • Ultimo entrato, primo uscito cosidetto LIFO a scatti: metodo anche detto last-in, first out, gli acquisti o le produzioni più recenti sono i primi venduti). Tale metodo assume che le quantità acquistate o prodotte più recentemente siano le prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle produzioni più remote.

Nella sentenza 21 aprile 2023, n. 10773 la Corte di Cassazione ha confermato l'orientamento espresso dall'Agenzia delle Entrate, escludendo la possibilità di applicare la svalutazione fiscale prevista dall'articolo 92, comma 5, del TUIR (ovvero il criterio del minore tra il valore di mercato ed il costo specifico) alle rimanenze di magazzino che sono valutate a costi specifici (e quindi per i beni diversi da quelli fungibili).   Questa conclusione è stata affermata per ragioni di ordine sistematico e letterale considerato che:

  • la normativa fiscale prevede espressamente la possibilità di adottare il criterio del minore tra il valore di mercato o di possibile realizzo ed il costo specifico per i soli beni che sono raggruppabili in categorie omogenee per natura e per valore e assumendo a riferimento l'ultimo mese dell'esercizio (e non l'intero esercizio);
  • il legislatore tributario ha da sempre individuato criterio autonomi rispetto a quelli di redazione del bilancio, in ciò rendendo impossibile giustificare la diversa valutazione fiscale sulla base del principio di derivazione rafforzata previsto dall'articolo 83 del TUIR

La valutazione dei debiti e dei crediti

Le imprese che redigono il bilancio in forma ordinaria devono applicare il costo ammortizzato ai crediti (OIC 15) e ai debiti (OIC 19) che derivano da dilazioni commerciali ovvero da operazioni di natura finanziaria, se infruttifere o comunque caratterizzate da tassi di interesse significativamente diversi da quelli di mercato. Al contrario, l’attualizzazione può non essere applicata (con conseguente possibilità di valutazione dei crediti e debiti in base al relativo valore nominale) se i relativi effetti sono irrilevanti rispetto al valore nominale dei crediti, ovvero in particolare:

  • per i crediti/debiti con scadenza inferiore a 12 mesi;
  • per i crediti/debiti di durata superiore a 12 mesi: se i costi di transazione ed ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo e il tasso d’interesse desumibile dal contratto non differisce significativamente dal tasso di mercato.

Le disposizioni relative al calcolo del costo ammortizzato devono essere applicate per la rilevazione iniziale e la successiva valutazione di tutti i crediti che sono classificati in corrispondenza delle voci B.III.2) e C.II) dell’attivo dello stato patrimoniale. Rispetto alla rilevazione dei crediti sulla base del valore nominale, l’adozione del criterio del costo ammortizzato con attualizzazione presenta due rilevanti differenze costituite da:

  • l’obbligo di scorporare la componente finanziaria implicita dal valore nominale dei crediti o dei debiti attualizzando al tasso di mercato i relativi flussi futuri;
  • far concorrere i costi di transazione alla formazione del risultato di esercizio lungo la durata attesa del credito o del debito con una logica finanziaria.

A tal fine occorre anzitutto effettuare la rilevazione iniziale del credito in base al relativo valore nominale, al netto di premi, sconti, abbuoni inclusi i costi che sono direttamente attribuibili alla transazione che ha generato il credito (ovvero le commissioni attive e passive pagate a soggetti terzi e ogni differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza.

Successivamente, gli interessi attivi (calcolati al tasso nominale) devono essere rettificati per tenere conto dell’ammortamento dei costi di transizione e delle commissioni lungo tutta la durata del credito. In questo modo si viene a determinare il tasso di interesse effettivo costante per tutto il periodo in cui è concesso il credito.

Per quanto riguarda i debiti, al momento della prima iscrizione in bilancio, i debiti devono essere iscritti nel bilancio d’esercizio al relativo valore nominale, al netto di tutti i premi, gli sconti, gli abbuoni direttamente derivanti dalla transazione che ha generato il debito, compresi i costi di transazione (spese di istruttoria, oneri di perizia del valore dell’immobile e altri costi accessori per l’ottenimento di finanziamenti e mutui ipotecari), le eventuali commissioni attive e passive iniziali, le spese di emissione (es.: spese legali e commissioni iniziali) sostenuti per l’emissione di prestiti obbligazionari, gli aggi e i disaggi di emissione dei prestiti obbligazionari e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza. Alla chiusura dell’esercizio, il valore dei debiti valutati al costo ammortizzato è pari al valore attuale dei flussi finanziari futuri al tasso di interesse effettivo (inteso come il tasso di rendimento, costante lungo la durata del debito, che rende uguale il valore attuale dei flussi finanziari futuri derivanti dal debito e il valore di rilevazione iniziale). L’attualizzazione comporta la rilevazione iniziale del debito ad un valore inferiore rispetto al suo valore a scadenza.

Il trattamento contabile della differenza varia a seconda della tipologia di debito. In tal senso, infatti:

  • per i debiti commerciali scadenti oltre i 12 mesi dal momento della rilevazione iniziale, il debito viene rilevato “direttamente” al valore attualizzato; la differenza tra il valore di rilevazione iniziale così ottenuto e il valore a termine viene rilevata a conto economico come onere finanziario lungo la durata del debito utilizzando il criterio del tasso di interesse effettivo;
  • per i debiti finanziari scadenti oltre i 12 mesi, la differenza tra le disponibilità liquide ricevute e il valore attuale dei flussi finanziari futuri è rilevata tra i proventi finanziari del conto economico al momento della rilevazione iniziale e, successivamente, si procede alla determinazione della quota di interessi passivi da iscrivere a conto economico utilizzando anche in questo caso il tasso di interesse effettivo.

La differenza tra le disponibilità liquide ricevute e il valore attuale dei flussi finanziari futuri è rilevata direttamente nel patrimonio netto se si tratta di un debito nei confronti di una società appartenente al medesimo gruppo e dalle evidenze disponibili (ad esempio verbali del Consiglio di Amministrazione, struttura del gruppo, situazione economica e finanziaria dell’impresa, elementi del contratto, ecc.) è desumibile che la natura della transazione è il rafforzamento patrimoniale della società. L’attualizzazione dei debiti al tasso di interesse di mercato non si applica per i debiti con scadenza entro i 12 mesi dalla data della rilevazione iniziale e in tutti i casi in cui il tasso di interesse desumibile dalle condizioni contrattuali non sia significativamente diverso dal tasso di interesse di mercato. In tal caso, se il debito con scadenza oltre i 12 mesi presenta dei costi di transazione non di scarso rilievo la rilevazione iniziale del debito avviene con l’utilizzo del costo ammortizzato in assenza di attualizzazione.

Se anche i costi di transazione sono di scarso rilievo, l’iscrizione del debito avviene al valore nominale senza applicare il criterio del costo ammortizzato e l’attualizzazione. Ai fini della valutazione dei debiti attraverso l’adozione del criterio del costo ammortizzato è necessario:

  • determinare l’ammontare degli interessi calcolati con il criterio del tasso di interesse effettivo sul valore contabile del debito all’inizio dell’esercizio;
  • aggiungere l’ammontare degli interessi calcolati, al valore contabile del debito;
  • sottrarre i pagamenti per interessi e capitale intervenuti nel periodo. Quando il tasso di interesse nominale contrattuale è variabile e parametrato ai tassi di mercato, i flussi finanziari futuri sono rideterminati periodicamente e il tasso di interesse effettivo deve essere ricalcolato.

Il coordinamento tra la disciplina del reddito di impresa e le regole di redazione del bilancio d’esercizio è stato assicurato introducendo nel corpo dell’articolo 83 del Tuir il principio di “derivazione rafforzata” anche per i contribuenti che applicano i principi contabili italiani (viceversa, in precedenza, questo principio valeva esclusivamente per i soggetti Ias adopter). Sulla base di questo principio, anche in deroga alle disposizioni del Tuir in materia di reddito di impresa, ai fini fiscali valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio che sono previsti dai Principi contabili.

Bibliografia

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