Codice Civile art. 2477 - Sindaco e revisione legale dei conti 1 2 .

Guido Romano

Sindaco e revisione legale dei conti1 2.

[I]. L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l'organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo 34.

 

[II].La nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 20 unità5.

[III].L'obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del secondo comma cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei predetti limiti6.

 

[IV] Nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni7.

[V]. L'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina dell'organo di controllo o del revisore. Se l'assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del conservatore del registro delle imprese8.

[VI].Si applicano le disposizioni dell'articolo 2409 anche se la società è priva di organo di controllo 9.

 

[1] V. nota al Capo VII.

[2] Articolo così sostituito dall'art. 14, comma 13, l. 12 novembre 2011 n. 183, con entrata in vigore, ai sensi dell'art. art. 36 della stessa legge, a partire dal 1° gennaio 2012. Il testo precedente recitava: «Collegio sindacale e revisione legale dei conti -  L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore. -  La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni. - La nomina del collegio sindacale è altresì obbligatoria se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis. - L'obbligo di nomina del collegio sindacale di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati. - Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l'atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal collegio sindacale. - L'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina del collegio sindacale. Se l'assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato». Precedentemente lo stesso articolo era stato sostituito dall'art. 37, comma 26, d.lg. 27 gennaio 2010 n. 39. Il testo originario era: «Controllo legale dei conti. -  L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore. -  La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni. -  La nomina del collegio sindacale è altresì obbligatoria se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis. L'obbligo cessa se, per due esercizi consecutivi, due dei predetti limiti non vengono superati. -  Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l'atto costitutivo non dispone diversamente, il controllo contabile è esercitato dal collegio sindacale».

[3] Comma così sostituito dall'art. 35, d.l. 9 febbraio 2012 n. 5, conv. con modif. in l. 4 aprile 2012 n. 35. Il testo precedente recitava: «L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un sindaco o di un revisore».

[4] Seguiva un secondo comma, abrogato dall'art. 20, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv., con modif., in l. 11 agosto 2014, n. 116. Il testo recitava: «La nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni».

[5] Comma così sostituito dall'art. 2-bis, comma 2, d.l.18 aprile 2019, n. 32, conv., con modif., in l. 14 giugno 2019, n. 55, in vigore dal 18 giugno 2019. Il testo precedente era il seguente: « La nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10 unità». Il presente comma era stato precedentemente sostituito dall'art. 379, comma 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14. Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2,  d.lgs. n. 14, cit., è entrata in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (16 marzo 2019). Per le società a responsabilità limitata e le società cooperative costituite alla data di entrata in vigore dell'articolo 379, d.lgs. n.14, cit. , v. il comma 3 del medesimo articolo Il testo del comma, come modificato dall'art. 20, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv., con modif., in l. 11 agosto 2014, n. 116, che aveva  soppresso la parola "altresì", era il seguente:  «La nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis». Precedentemente l'art. 35, d.l. 9 febbraio 2012 n. 5, conv. con modif. in l. 4 aprile 2012 n. 35, aveva sostituito le parole «del sindaco» con le parole «dell'organo di controllo o del revisore».

[6] Comma così sostituito dall'art. 2-bis, comma 2, d.l.18 aprile 2019, n. 32, conv., con modif., in l. 14 giugno 2019, n. 55. Il testo precedente era il seguente: :  «L'obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del terzo comma cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei predetti limiti. Il presente comma era stato precedentemente sostituito dall'art. 379, comma 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.». Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2,  d.lgs. n. 14, cit., è entrata in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (16 marzo 2019). Il testo del comma, come modificato dall'art. 35, d.l. 9 febbraio 2012 n. 5, conv. con modif. in l. 4 aprile 2012 n. 35, che aveva sostituito le parole «del sindaco» con le parole «dell'organo di controllo o del revisore», era il seguente: «L'obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati».

[7] Comma così sostituito dall'art. 35, d.l. 9 febbraio 2012 n. 5, conv. con modif. in l. 4 aprile 2012 n. 35. Il testo precedente recitava: «Nei casi previsti dal secondo e terzo comma si applicano le disposizioni in tema di società per azioni; se l'atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal sindaco».

[8] Comma modificato dall'art. 2-bis, comma 3, d.l.18 aprile 2019, n. 32, conv., con modif., in l. 14 giugno 2019, n. 55, in vigore dal 18 giugno 2019, che ha sostituito le parole: «limiti indicati al secondo comma» alle parole «limiti indicati al terzo comma». Le parole «o su segnalazione del conservatore del registro delle imprese» sono state aggiunte dall'art. 379, comma 2, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14. Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2,  d.lgs. n. 14, cit., entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (16 marzo 2019). Precedentemente il presente comma è stato modificato dapprima dall'art. 35, d.l. 9 febbraio 2012 n. 5, conv. con modif. in l. 4 aprile 2012 n. 35, che aveva sostituito le parole «del sindaco» con le parole «dell'organo di controllo o del revisore», e successivamente dall'art. 20, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv., con modif., in l. 11 agosto 2014, n. 116, che aveva soppresso le parole "secondo e".

[9] Comma aggiunto dall'art. 379, comma 2, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14. Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2,  d.lgs. n. 14, cit., entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (16 marzo 2019).

Inquadramento

La disciplina dei controlli, contabili e di legalità, nella società a responsabilità limitata è concentrata nell'art. 2477, la cui disciplina è stata significativamente incisa dalle modifiche apportate dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (“Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza).

Alla luce delle modifiche all'art. 2477 apportate dal D.Lgs. n. 14/2019 , la nomina dell'organo di controllo o del soggetto incaricato della revisione legale dei conti è obbligatoria se la società: a)    è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b)    controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c)    ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10 unità.

Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2,  d.lgs. n. 14, cit., entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto (pubblicazione intervenuta in data 14 febbraio 2019).

Peraltro, l'obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del terzo comma cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non e' superato alcuno dei predetti limiti.

È però opportuno continuare a dar conto del dibattito giurisprudenziale e dottrinario in ordine alla vecchia formulazione della norma.

Sebbene l'art. 3 della legge delega per la riforma del diritto societario avesse richiesto (lett. h) al legislatore delegato di «stabilire i limiti oltre i quali è obbligatorio un controllo legale dei conti» nell'ottica, comunque, immanente al medesimo art. 3, di predisporre un «autonomo ed organico complesso di norme, anche suppletivo sulla rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali dei soci», nonché di ampia autonomia statutaria, il legislatore delegato non apportò significative modifiche all'impianto del preesistente art. 2488 c.c.

In particolare, per come si evince anche dalla relazione alla riforma, con riferimento ai controlli sui conti è sembrato corretto conservare con l'art. 2477 la soluzione antecedente, secondo la quale è obbligatoria la nomina del collegio sindacale quando il capitale sociale non è inferiore a quello minimo previsto per le società per azioni oppure vengono superati i limiti dimensionali dell'impresa individuati dall'art. 2435-bis c.c. Si è ritenuto che l'utilizzazione di altri parametri, come per esempio quelli relativi alle dimensioni del patrimonio netto o dell'indebitamento, potesse introdurre gravi elementi di incertezza in una materia che richiede invece sicurezza di disciplina e, risultando in buona parte disponibili da parte dei soci, non fosse in grado di conseguire l'obiettivo di assicurare una effettiva tutela agli interessi che si vogliono salvaguardare.

L'unica vera novità della riformulazione della norma era l'introduzione del riferimento alla figura del revisore ed il mancato richiamo all'art. 2409 c.c. che eliminava, dunque, la possibilità di ricorrere allo strumento della denunzia al tribunale. Veniva, per il resto, prevista l'obbligatorietà della nomina del collegio sindacale quando la società: aveva un capitale sociale non inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni; è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal comma 1 dell'art. 2435-bis c.c. Ove la società non versasse in simili condizioni, l'atto costitutivo poteva, comunque, prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un sindaco o di un revisore.

Successivamente, tuttavia, l'articolo in commento è stato oggetto di numerosi interventi riformatori. In particolare, esso è stato modificato dall'art. 37 d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 e, quindi, dalla l. 12 novembre 2011, n. 183 con la quale è stata introdotta la figura del sindaco unico e, successivamente, dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 e dalla legge di conversione 4 febbraio 2012, n. 35 le quali, dopo avere sostituito nella norma il riferimento al sindaco con quello di organo di controllo, avevano integralmente modificato il comma 5 prevedendo che, nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, devono essere applicate le norme dettate per il collegio sindacale delle società per azioni (per un commento di tale modifiche legislative, Cossu, 595 ss.; Demuro, 590 ss.).

Infine, in una ottica di semplificazione e di contenimento dei costi, è stato, con il d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (convertito in l. 11 agosto 2014, n. 116), eliminato l'obbligo di nomina dell'organo di controllo per il caso di raggiungimento del capitale sociale della società per azioni, con la conseguenza che la presenza di un organo di controllo o di un revisore rimane in essere soltanto per le ipotesi previste dal comma 3 dell'articolo in commento.

Merita, peraltro, di essere evidenziato che il giudizio positivo senza rilievi sul bilancio di esercizio da parte del revisore – ancorché questi sia stato nominato volontariamente dalla società – circoscrive la legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio in questione ai soli soci che rappresentino almeno il 5 per cento del capitale sociale (art. 2434-bis comma 2 c.c. richiamato dall'ultimo comma dell'art. 2479-ter c.c.).

La scelta dell'organo di controllo. Il controllo facoltativo.

Il comma 1 dell'articolo in commento attribuisce una (inedita, Abriani, 653) autonomia statutaria in ordine ai controlli nell'ambito della società a responsabilità limitata. È, infatti, previsto che l'atto costitutivo possa prevedere, determinandone le competenze e i poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore.

La scelta del legislatore di rendere facoltativa la previsione di un organo di controllo o di un revisore è spiegata, in dottrina, in ragione dei penetranti poteri di cui godono i soci ai sensi degli artt. 2476 e 2479, poteri dei soci sconosciuti nell'ambito della società azionaria (Guerrieri, 231).

La presenza di un organo di controllo o di un revisore deve essere prevista dall'atto costitutivo: ove tale previsione sia assente, i soci intenzionati a introdurre tali organi dovranno modificare le previsioni statutarie, mediante delibera assembleare adottata ai sensi degli artt. 2479, n. 4, e 2479-bis (Guerrieri, 232). Come osservato in dottrina, una decisione dei soci, volta a introdurre l'organo di controllo o il revisore in assenza di apposita previsione dell'atto costitutivo (ed in assenza di modificazioni dello stesso), deve essere ritenuta nulla, ai sensi dell'art. 2479-ter, comma 3, per impossibilità dell'oggetto (Guerrieri, ivi).

L'esplicarsi dell'autonomia privata ha a riferimento anche la composizione dell'organo il quale può essere alternativamente monocratico ovvero pluripersonale: in difetto di previsione statutaria, però, l'organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo. La scelta di un modello di default incentrata sul sindaco unico, criticata in dottrina in quanto comportante minori garanzie nei confronti dei terzi e dei creditori (Santini, 528; Demuro, 613 che evidenzia come la regola di default rappresentata dal sindaco unico vale sia nelle ipotesi in cui la nomina dell'organo è facoltativa sia quanto è obbligatoria), si spiega con ragioni economiche e, precisamente, con la volontà del legislatore di limitare i costi per le imprese.

Inoltre, è attribuita all'autonomia privata la facoltà di scegliere alternativamente tra un organo di controllo ed un revisore e ciò non solo quando l'introduzione del controllo societario sia facoltativa, ma anche nel caso in cui essa sia obbligatoria ai sensi dei terzi comma dell'articolo in commento (Abriani, 653; Masturzi, 799; Ruotolo, Boggiali, 3; dubbioso Demuro, 614; Cagnasso, 2438). Quanto alle funzioni concretamente attribuibili all'organo o agli organi nominati, non vi è poi dubbio che il richiamo all'organo di controllo sia svolto con riferimento alle funzioni dell'organo sindacale (anche eventualmente monocratico), mentre quello al revisore abbia riguardo alle funzioni della revisione legale dei conti (così, Abriani, 654 che richiama, altresì, la rubrica della norma). Altrettanto certo è che lo statuto possa conferire all'organo sindacale tanto il controllo interno societario quanto la revisione legale dei conti (Santini, 532): anzi, qualora lo statuto si limiti a prevedere la presenza dell'organo di controllo senza ulteriormente disporre in merito, nello stesso organo di controllo si andranno a cumulare le due funzioni, il che appare in linea con il disposto dell'art. 2477 comma 5 (Ruotolo-Boggiali, 2; Demuro, 614; Masturzi, 785 e 802 che fa salva l'ipotesi che i soci procedano alla nomina anche di un revisore).

Occorre, però, chiedersi se, sulla base della fungibilità delle due funzioni che la norma sembra adombrare, sia percorribile l'ipotesi inversa e, precisamente, se lo statuto possa affidare il controllo interno al revisore. Ebbene, la dottrina maggioritaria esclude tale possibilità rappresentando, da una parte, che l'organo di controllo è un organo sociale, con rilevanza esterna, al quale sono attribuite ex lege determinate e specifiche funzioni (che l'autonomia privata non potrebbe conformare a piacimento), mentre il revisore contabile è un soggetto terzo che non può sostituirsi, nelle funzioni e nei compiti, ad un organo sociale (così Demuro, 614, nt. 67; Fiengo, 762) e, dall'altra, che il comma 5 dell'articolo in commento (che si riferisce tanto all'ipotesi di nomina facoltativa che a quella di nomina obbligatoria dell'organo di controllo, Fiengo, 753) stabilisce l'applicazione delle disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni per il (solo) caso di nomina di un organo di controllo (anche monocratico), nulla stabilendo invece per l'ipotesi di nomina del solo revisore (così, Ruotolo-Boggiali, 3; Abriani, 654). In definitiva, i soci possono scegliere, anche nel caso di nomina obbligatoria dell'organo di controllo o del revisore (comma 3), di prevedere un organo di controllo (pluripersonale o monocratico) al quale demandare contemporaneamente sia la funzione di controllo interno che di revisione ovvero soltanto un revisore al quale, però, potrà essere demandata soltanto la funzione di revisione legale e non anche il controllo sulla gestione (Ruotolo-Boggiali, 3; in senso diverso, Masturzi, 803 secondo la quale, se la nomina del solo revisore è significativa della volontà di limitare i controlli ai profili contabili, l'autonomia statutaria riconosciuta dall'art. 2477 comma 1 permette ai soci di modellare le competenze ed i poteri del revisore includendovi anche la vigilanza sulla gestione: tale possibilità trova il solo limite che i soci non potrebbero conferire al revisore esclusivamente la funzione di vigilanza sulla gestione). L'opzione a favore del revisore determinerà, di conseguenza, anche una scelta a favore di un solo controllo, quello sui bilanci (Demuro, 614).

In altre parole, nel determinare competenze e poteri dei soggetti deputati al controllo, l'autonomia statutaria trova, da una parte, un limite implicito individuabile nel significato minimo attribuito ai termini collegio sindacale e revisore, significato che ha funzione di tutela dei terzi (così, Zanarone, 1150 il quale, ad es., evidenzia come non potrebbe essere prevista la nomina di un revisore privato però del controllo contabile) e, dall'altra, ulteriori limiti derivanti dalla competenza e dai poteri che la legge attribuisce imperativamente ad altri organi e soggetti (Zanarone, 1150;Masturzi, 800, ad es., l'approvazione del bilancio, il potere di nomina e revoca degli amministratori etc.). Né, infine, potrebbe attribuirsi a tale organo un qualche ruolo nella gestione dell'impresa (Masturzi, 801, che però ritiene possibile che lo statuto possa sottoporre al parere, ma non ad autorizzazione, del sindaco il compimento di determinate operazioni, così anche Cavalli, 725).

Secondo altra dottrina, tuttavia, sono percorribili tutte le soluzioni volte ad attribuire, all'organo prescelto, poteri di vigilanza che non si pongano in contrasto con le prerogative riconosciute dalla legge, in via imperativa, agli altri organi, o comunque ai soggetti facenti parte dell'organizzazione sociale: così, sarebbe ammissibile nominare un sindaco unico e/o un revisore dotato di tutte o di parte delle prerogative riconosciute, nelle s.p.a., al collegio sindacale, e/o di tutte o di parte delle prerogative riconosciute, nelle s.p.a., all'organo di revisione  (Guerrieri, 233).

Ulteriore problema deriva dalla possibilità per i soci di conformare i poteri dell'organo di controllo valorizzando la circostanza che il comma 1 dell'art. 2477 demanda all'atto costitutivo di determinare le «competenze» ed i «poteri» dell'organo. Secondo un primo orientamento, il comma 5 dell'articolo in commento (oggi comma 4) non deve essere letto nel senso che il rinvio alle disposizioni sul collegio sindacale di s.p.a. sia operativo in ogni caso di nomina di un organo di controllo (e, dunque, anche in caso di nomina meramente facoltativa), ma — costituendo detto comma la prosecuzione dei due precedenti — solo nel caso in cui, da un lato, la nomina risulti obbligatoria e, dall'altro, la società non abbia optato per la nomina di un revisore esterno (Abriani, 663 che evidenzia come, in tal caso, la norma imponga una traslazione imperativa della disciplina dettata per il collegio sindacale delle società per azioni con gli adattamenti derivanti dalla possibile nomina di un organo monocratico). Nelle ipotesi di nomina facoltativa dell'organo di controllo, al contrario, non sussistono limiti «alla configurazione di organi di controllo atipici, le cui competenze ed i cui poteri siano appunto «determinati» dall'atto costitutivo» e ciò con l'unico limite derivante dal necessario rispetto dei requisiti di professionalità ed indipendenza coessenziali alla funzione di controllo» (Abriani, 664). In questa prospettiva, l'atto costitutivo potrebbe circoscrivere la competenza dell'organo al solo controllo contabile o estenderla al controllo sulla gestione, così come potrebbe operare un rinvio (volontario) alle norme in tema di collegio sindacale della s.p.a. (Abriani, 663).

Altra dottrina ritiene, invece, che il richiamo alle disposizioni dettate per il collegio sindacale di s.p.a. si riferisca anche all'ipotesi in cui l'atto costitutivo di s.r.l. preveda, pur non essendone obbligato, l'istituzione dell'organo di controllo. In questa prospettiva, non può essere creato un organo di controllo «atipico» (che trovi la propria fonte esclusivamente nell'atto costitutivo), in quanto alla istituzione dell'organismo di vigilanza deve corrispondere un determinato contenuto, equivalente a quello stabilito ex lege per il collegio sindacale della s.p.a., e questo principio vale sia per il sindaco (o collegio sindacale) obbligatorio sia per quello facoltativo (Fiengo, 752 che giudica «ridondante» la previsione di cui all'art. 2477 comma 1 che consente all'atto costitutivo di determinare competenze e poteri dell'organo, essendo assai circoscritte le possibili limitazioni o modificazioni compatibili con il richiamo alla disciplina della s.p.a.).

Deve, poi, ritenersi impedita qualsivoglia previsione statutaria volta a limitare, mediante attribuzione di specifiche prerogative all'organo sindacale o al revisore, i poteri di controllo riconosciuti ai soci, in particolare, dall'art. 2476 (così, esattamente, Guerrieri, 233).

È dubbio, poi, se la società possa dotarsi di una struttura complessa caratterizzata dalla compresenza dell'organo di controllo sindacale e del revisore contabile. Le tesi negativa si fonda sulla lettera della norma che, utilizzando la disgiuntiva «o», sembrerebbe delineare una alternativa tra i soggetti chiamati a rivestire le rispettive funzioni (Marciano, 142; Sasso, 1998). In senso contrario, si rappresenta la sostanziale diversità dei compiti attribuibili a ciascuno dei due soggetti e la circostanza che varie norme codicistiche in materia di società a responsabilità limitata attribuiscono funzioni all'uno o all'altro organo (Fiengo, 761 che cita gli artt. 2426 c.c. richiamato dall'art. 2478-bis c.c.; 2479-ter comma 1 c.c.; 2479-bis, comma 5 c.c.; 2478 comma 1, n. 4 c.c.; Masturzi, 785; Arato, 1197; Guerrieri, 232 che precisa che la disgiuntiva “o” non può essere letta nel senso che sia impedita la compresenza di ambedue detti organi, secondo il modello previsto, quale soluzione di default, per le società per azioni). In definitiva, in ragione dell'ampia autonomia concessa alle parti, le funzioni di controllo e di revisione possono essere affidate separatamente all'organo di controllo ed al revisore.

La nomina obbligatoria dell'organo di controllo o del revisore.

A seguito delle modifiche introdotte nel 2014 c.c. (e, in particolare, dell'abrogazione della ipotesi di obbligatorietà della nomina dell'organo di controllo al raggiungimento del capitale sociale previsto per la s.p.a.), oggi la nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria per la società a responsabilità limitata se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal comma 1 dell'art. 2435-bisc.c. L'obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore di cui alla letterac) del comma 3 cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.

La nomina del collegio sindacale è, inoltre, obbligatoria nelle società sportive costituite in forma di s.r.l. (art. 10, comma 1, l. 23 marzo 1981, n. 91, modificato dall'art. 4 d.l. 20 settembre 1996, n. 495 convertito in l. 18 novembre 1996, n. 586). Al contrario, non è obbligatoria la presenza dell'organo di controllo nel caso in cui la società abbia proceduto all'emissione di titoli di debito ai sensi dell'art. 2483 c.c. (Sasso, 2003; Santini, 527).

Il richiamo all'art. 2435-bis c.c. consente di affermare che la società a responsabilità a limitata deve dotarsi dell'organo di controllo ovvero di un revisore esterno quanto, per due esercizi consecutivi, abbia superato due delle seguenti soglie: 1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità. L'ultimo comma, poi, dispone che l'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i suddetti limiti deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina dell'organo di controllo o del revisore. Se l'assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato.

Il legislatore ha, secondo la dottrina, fissato il momento per provvedere alla nomina (e, specularmente, per provvedere alla sua soppressione), momento che non coincide con l'effettivo superamento delle soglie indicate, ma con la rappresentazione che di esso si faccia nel bilancio (Santini, 526; Arato, 1196; Zanarone, 1157 il quale, peraltro, precisa che il riferimento all'assemblea non è ostativo a riconoscere che l'approvazione del bilancio, con quel che ne consegue in termini di obbligatorietà della nomina dell'organo di controllo, possa intervenire con modalità extra assembleari). È, però, dubbio se sia sufficiente la predisposizione del bilancio da parte degli amministratori e la conseguente presentazione di esso ai soci ovvero se (come sembrerebbe emergere dal tenore letterale della disposizione in commento) sia necessaria anche l'approvazione da parte dei soci (dubitativo, Abriani, 645). In favore della seconda ricostruzione si può affermare che soltanto con l'approvazione del bilancio i dati contabili (e, dunque, il superamento delle soglie previste) vengono riconosciuti come veri e reali assumendo rilievo organizzativo per la società (così, anche, Guerrieri, 236). In senso contrario, si evidenzia, da un lato, che la legge pone l'accento solo sul dato storico del superamento di quei limiti, superamento che potrebbe risultare certo e provato anche sulla scorta delle scritture contabili, e, dall'altro lato, che la mancata approvazione del bilancio potrebbe trovare motivazione in fattori del tutto indipendenti dalla contestazione di quei dati o, in ogni caso, ininfluenti a riportarli sotto i livelli fissati dalla legge (Cavalli, 713 secondo il quale appare impossibile fornire una risposta unitaria al quesito, dovendosi invece ritenere che la mancata approvazione del bilancio possa porsi o non porsi come elemento ostativo a seconda delle ragioni che l'hanno determinata). Secondo un autore, si potrebbe leggere la norma come se dicesse «assemblea chiamata ad approvare il bilancio» (e non «che approva il bilancio») con la conseguenza che la possibilità di rivolgersi al tribunale sarebbe attuale a prescindere dalla formale approvazione del bilancio da parte dei soci (Benazzo, 737).

Sulla base della considerazione che, ove l'atto costitutivo nulla disponga, il collegio è nominato solo se e fino al momento in cui permanga un obbligo legale in tal senso, si afferma che, al venir meno dei parametri legali, si verifica un'ipotesi di decadenza del sindaco o del revisore con la conseguenza che alla successiva deliberazione dei soci va attribuito funzione non già di revoca, ma di dichiarazione, di accertamento di un effetto giuridico già prodottosi, senza che sia necessaria la procedura di cui all'art. 2400 comma 2 c.c. (Masturzi, 798; Abriani, 645; Cavalli, 714 che, comunque, ritiene opportuna una deliberazione dell'assemblea).

Qualora, al contrario, i soci abbiano inteso dotarsi di un organo di controllo pur non essendovi obbligati (art. 2477 comma 1), la nomina è obbligatoria a nulla rilevando l'eventuale venir meno delle soglie dimensionali. In tal caso, la soppressione dell'organo richiede la preventiva modifica dell'atto costitutivo e, dunque, occorre sottoporre la relativa delibera all'approvazione del Tribunale (art. 2400, comma 2 c.c.) (Masturzi, 799).

Infine, l'ultimo comma dell'articolo in commento prevede che l'assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al comma 3 deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina dell'organo di controllo o del revisore. Ove l'assemblea rimanga inerte, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato.

Anche in caso di obbligatoria presenza dell'organo di controllo, quest'ultimo sarà a composizione monocratica, salva diversa disposizione contenuta nell'atto costitutivo (Masturzi, 784). Anche il comma in commento richiede la nomina di un organo di controllo «o» di un revisore: si ripropongono in questa sede le questioni già affrontate nel precedente paragrafo con riguardo alla possibilità, per i soci, di nominare alternativamente l'organo di controllo ovvero il revisore ed all'ampiezza delle competenze di essi.

Sindaco unico e sindaco supplente.

Si è già visto che la disciplina di default è rappresentata dalla nomina del sindaco unico, sia nelle ipotesi in cui la nomina dell'organo di controllo è facoltativa sia quando è obbligatoria (Demuro, 613). In assenza di apposita previsione dell'art. in commento, è discussa la possibilità di nominare, in caso di organo di controllo monocratico, un sindaco supplente. Secondo l'orientamento maggioritario, nei casi in cui sia prevista la nomina di un sindaco unico, non trova applicazione la figura dei sindaci supplenti: pertanto, non è necessario che la loro nomina sia prevista dallo statuto, né disposta dall'assemblea in sede di nomina del sindaco unico (Consiglio notarile di Milano, massima n. 123; Masturzi, 793 che però è critica con la scelta legislativa; Stella Richter, 172). Secondo questa impostazione, in caso di morte, rinunzia o decadenza del sindaco unico gli amministratori devono immediatamente convocare i soci al fine di provvedere alla sua sostituzione (Ruotolo, Boggiali, 5).

Altra parte della dottrina ammette la possibilità che l'atto costitutivo possa prevedere la figura del supplente evidenziando, in particolare, ciò consentirebbe, ai sensi dell'art. 2401 c.c., la sostituzione automatica dell'unico sindaco che dovesse venir meno nel corso dell'incarico, garantendo in tal modo la continuità di svolgimento delle funzioni di controllo e la «semplificazione» dei procedimenti interni alla società (Santini, 537; CNDCEC, Nota interpretativa, aprile 2012, 8). Autorevole dottrina, infine, considera possibile la nomina del sindaco supplente anche in assenza di una previsione dell'atto costitutivo (Abriani, 651).

L'applicazione delle norme in tema di società per azioni. Doveri e responsabilità dei sindaci di s.r.l.

Come già evidenziato, è dubbio se il richiamo alle norme sul collegio sindacale nella s.p.a. si riferisca solo alle ipotesi di nomina obbligatoria dell'organo di controllo ovvero anche all'ipotesi di ricorso facoltativo da parte dell'atto costitutivo a tale strumento. Ciò nondimeno, è facilmente immaginabile che, nella maggior parte dei casi, anche in ipotesi di previsione statutaria di un organo di controllo, l'atto costitutivo richiami, con gli opportuni adattamenti, la disciplina di cui agli artt. 2397 ss. c.c.

Qualora l'atto costitutivo abbia previsto che l'organo sia collegiale, esso dovrà essere composto da tre o cinque membri (soci o non soci) e dovranno essere indicati due supplenti (Santini, 535; Fiengo, 754, che escludono la derogabilità della previsione dell'art. 2397, comma 1, c.c.).

Con riferimento alle circostanze che determinano l'ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dalla carica, secondo un orientamento, i soci godrebbero di assoluta libertà di conformazione della disciplina dell'organismo sindacale (Benazzo, 731; Sasso, 2001; Cavalli, 726). Sembra, però, meritare adesione la tesi secondo la quale le cause di ineleggibilità, insieme all'invariabilità del compenso ed alla disciplina della revoca, rappresentano gli strumenti attraverso cui il legislatore persegue l'obiettivo cruciale in materia di collegio sindacale che da sempre è rappresentato dall'indipendenza dell'organo di controllo rispetto al gruppo di comando, con la conseguenza che la norma di cui all'art. 2399 c.c. sarebbe inderogabile in senso riduttivo (Zanarone, 1141 ss.;Arato, 1197, nt. 15; Fiengo, 752). Non sembrano esservi ostacoli, invece, alla possibilità (riconosciuta dall'ultimo comma dell'art. 2399 c.c. anche per le s.p.a.) di prevedere ulteriori cause di ineleggibilità, decadenza e incompatibilità (per tutti, Fiengo, 752 e la dottrina ivi richiamata).

Sarà, poi, applicabile l'art. 2400 c.c. secondo il quale i sindaci restano in carica per tre esercizi, e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica; la cessazione dei sindaci per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito. La nomina, seguita dalla accettazione da parte degli interessati, deve essere iscritta entro trenta giorni ed a cura degli amministratori nel registro delle imprese.

La revoca dall'incarico deve essere deliberata dall'assemblea e non ha effetto se non sussiste una giusta causa e se non è approvata con decreto dal tribunale (art. 2400, comma 2, c.c.).

Anche in giurisprudenza si afferma che la deliberazione di revoca per giusta causa del sindaco di s.r.l., nominato in funzione dell'ammontare del capitale sociale, in assenza di altre situazioni che impongano la nomina, deve essere approvata dal Tribunale (Trib. Milano 24 ottobre 2014, in Giur. it. 2015, 1445).

Quanto all'efficacia della rinunzia dei sindaci (rinviando per l'approfondimento della tematica ai corrispondenti articoli dettati per la s.p.a.), secondo un orientamento che trova riscontro sia in dottrina che in giurisprudenza, le dimissioni di tutti i componenti (effettivi e supplenti) del collegio sindacale sono efficaci non già dalla data di tale atto ma dalla ricostituzione dell'organo di controllo (Trib. Roma 2 luglio 2014, in Soc. 2015, 233; nel medesimo senso Trib. Roma 14 novembre 2012, decr.; Trib. Mantova 25 luglio 2009, in Soc. 2010, 841). Infatti, come osservato da tale giurisprudenza, l'istituto della prorogatio costituisce il portato dell'interesse a garantire la continuità del collegio sindacale e, più in generale, dell'esigenza di garantire la continuità degli organi sociali impedendo l'interruzione nell'assolvimento delle loro funzioni. In questa prospettiva, da una parte, la continuità dell'organo amministrativo evita che si generino vuoti di potere da parte di chi deve gestire l'impresa sociale garantendo che non venga meno, neppure in via temporanea, l'attività di vigilanza e, dall'altra, che tale continuità, mentre con riferimento agli amministratori riguarda la maggioranza dell'organo, in relazione al collegio sindacale si manifesta nella intrinseca necessità di conservare l'organo nella sua completezza. Si evidenzia, peraltro, che tale orientamento ha trovato conferma in Cass. n. 9416/2017.

Secondo diverso orientamento, in caso di rinunzia all'incarico da parte dei sindaci, sia effettivi che supplenti, non trova applicazione per via analogica il regime della prorogatio previsto agli artt. 2385 c.c. e 2400, comma 1 c.c., atteso che la prorogatio può essere ipotizzata solo con riferimento al sindaco che abbia accettato l'investitura e ne sia cessato per scadenza del termine e non anche con riferimento al sindaco che abbia esplicitamente manifestato la volontà di non voler svolgere la funzione (Trib. Bari 2 febbraio 2013, in Giur. comm. 2014, II, 689).

Circa la convocazione dell'assemblea da parte del collegio sindacale, la giurisprudenza di merito (Trib. Catania 16 luglio 2015, in Giur. comm. 2016, II, 445) ha statuito che l'art. 2406 c.c., dettato per la s.p.a., trova applicazione anche per la s.r.l., in virtù del rinvio generale espresso dall'art. 2477, comma 5. La norma dell'art. 2406 c.c., disciplinando l'esercizio del potere sostitutivo di convocazione dell'assemblea dei soci da parte del collegio sindacale, non prevede alcun termine dal quale desumere quando il ritardo degli amministratori diventi ingiustificato, e non si applica in questo caso il termine previsto dall'art. 2631 c.c., che dispone una sanzione amministrativa per il caso in cui gli amministratori ritardino nella convocazione dell'assemblea quando tale ritardo sia di almeno trenta giorni. Ai fini della legittimità della convocazione dell'assemblea da parte del collegio sindacale, invece, la valutazione se il ritardo degli amministratori possa qualificarsi ingiustificato va eseguita in concreto caso per caso, senza ancorarla a termini rigidi.

Quanto ai doveri ed alla responsabilità dei sindaci, essi dovranno, in primo luogo, vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principî di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.

Si è, peraltro, evidenziato come tale ultimo riferimento assuma particolare rilievo sistematico, in quanto indica la configurabilità, anche nella s.r.l., di un obbligo degli amministratori di predisporre assetti adeguati alla natura ed alle dimensioni dell'impresa (Abriani, 658).

Si evidenzia, poi, che il controllo esercitato dai sindaci è più ampio di quello esercitabile dai sindaci ex art. 2476 comma 2 c.c., potendo i primi procedere ad atti di ispezione, visitando gli impianti ed accertando le consistenze di cassa; richiedere informazioni non solo sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari, ma anche informazioni sulle società controllate (Abriani, 658). Inoltre, i sindaci devono redigere la relazione al bilancio, relazione che deve essere resa disponibile ai soci e depositata presso il registro delle imprese (art. 2429 c.c.).

I sindaci, poi, possiedono la legittimazione ad esperire l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Tuttavia, la disposizione dell'art. 2393, comma 3, c.c. che richiede una deliberazione del collegio sindacale adottata con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti subisce gli adattamenti del caso ove la società sia dotata di un sindaco unico (Abriani, 661; Corrado, 816; dubitativa Santini, 545, nt. 545 secondo la quale, anche laddove si ritenga applicabile la norma dell'art. 2393 c.c. alla s.r.l., difficilmente potrà essere estesa al sindaco unico proprio in funzione del fatto che in tal caso non si avrà mai né una delibera né una maggioranza). I sindaci, poi, possono impugnare le decisioni dei soci assunte in violazione di legge o di statuto: sebbene l'art. 2479-ter c.c. conferisca la legittimazione al «collegio sindacale», si deve ritenere che la dizione utilizzata sia frutto di un difetto di coordinamento delle norme, spettando tale legittimazione anche al sindaco unico (Santini, 545; Circolare Assonime, n. 6/2012).

I sindaci devono, poi, adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico e, in particolare, sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (art. 2407 c.c.).

Circa la legittimazione ad esperire l'azione di responsabilità nei confronti dei sindaci di s.r.l., si esclude che essa spetti a ciascun socio sulla base del paradigma dell'art. 2476, comma 3, c.c. (Abriani, 660); inoltre, è dubbio che la deliberazione di proposizione dell'azione di responsabilità adottata con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale implichi la decadenza dei sindaci (artt. 2407 c.c. e 2393 c.c.), attesa la circostanza che appare inderogabile il principio secondo il quale, ai fini della revoca, è pur sempre necessaria la giusta causa e la preventiva approvazione della delibera con decreto del tribunale (Abriani, ivi). Certamente, i sindaci sono soggetti anche all'azione di responsabilità esercitata dai creditori sociali (per il tramite del richiamo operato dall'art. 2407 c.c. agli artt. 2394 c.c. e 2394-bis c.c.).

In giurisprudenza, si è affermato che le previsioni dei cui all'art. 2393-bis, comma 3, c.c., sono incompatibili con il regime della s.r.l., precisandosi che tale norma non può essere recuperata attraverso il rinvio alle disposizioni sulla società per azioni, stabilità dell'art. 2477, comma 4, nei casi in cui è obbligatoria la nomina del collegio sindacale nella s.r.l., in quanto il suddetto rinvio si riferisce, invero, alle norme sulle competenze, i poteri e responsabilità del collegio sindacale nelle s.p.a., e non anche alle disposizioni sull'azione sociale di responsabilità esercitata dai soci (App. Campobasso 15 febbraio 2014, in Nuovo dir. soc. 2014, 6, 157).

L'applicabilità alla società a responsabilità limitata dell'art. 2409 c.c.

Il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (“Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) - sulla scorta delle previsioni contenute nella legge delega (art. 14, l. 19 ottobre 2017, n. 155 "Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza" - ha disposto l'applicazione alla società a responsabilità limitata dell'istituto della denunzia al tribunale di cui all'art. 2409 c.c. precisando che ciò avviene anche se la società è priva di organo di controllo.

La norma sembra predicare l'applicabilità dell'istituto della denunzia al tribunale per tutte le società a responsabilità limitata e non solo per quelle che, pur dovendo munirsi, sulla base della nuova normativa, dell'organo di controllo, ne siano in concreto (ed in violazione di quella normativa) privi. Dovranno attendersi gli sviluppi e gli approfondimenti sul punto della dottrina e della giurisprudenza.  

Anche in tal caso, comunque, appare opportuno dare conto del dibattito, giurisprudenziale e dottrinario, precedente alla recente riforma.

Come è noto, l'art. 2409 c.c. si applica alle società per azioni (tanto a quelle a ristretta base azionaria quanto a quelle che fanno ricorso al mercato di rischio), alle società in accomandita per azioni in virtù del rinvio generale di cui all'art. 2454 c.c. e, infine, alle società cooperative in virtù del disposto di cui all'art. 2545-quinquiesdecies c.c. Va, peraltro, precisato che il controllo giudiziario si applica tanto alle cooperative a mutualità prevalente quanto alle altre cooperative ad eccezione di quelle esercenti l'attività bancaria.

Prima della riforma del diritto societario, nessun dubbio sorgeva con riferimento all'applicabilità anche alle società a responsabilità limitata del procedimento di cui all'art. 2409 c.c. (nella sua originaria versione), in virtù dell'espresso richiamo a quest'ultima norma contenuto nell'art. 2488 c.c., il quale, nella sua formulazione anteriore al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, disponeva, per le società a responsabilità limitata, che, anche nell'ipotesi in cui mancasse il collegio sindacale, si applicava l'articolo 2409 c.c.

Tuttavia, a seguito della menzionata riforma che ha soppresso il richiamo contenuto nell'art. 2488 c.c., è divenuta questione assai dibattuta la possibilità di applicare il rimedio in argomento anche alle società a responsabilità limitata.

Invero, secondo quanto si evince dai lavori preparatori alla riforma e dalle successive prime annotazioni e decisioni giurisprudenziali, l'esclusione dell'applicazione della norma in commento costituisce la conseguenza del conferimento a tutti i soci delle s.r.l., a prescindere dall'entità della loro partecipazione al capitale sociale, di un penetrante potere ispettivo, nonché della legittimazione a proporre l'azione di responsabilità sociale contro gli amministratori in correlazione alla quale è possibile chiedere al giudice adito, come misura cautelare, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, la revoca dell'amministratore convenuto in giudizio (cfr., art. 2476, comma 3, c.c.). In altre parole, la non applicabilità dell'art. 2409 c.c. nella società a responsabilità limitata si spiegherebbe in ragione di una visione complessiva del sistema che avrebbe inteso privatizzare i controlli fornendo ai soci «uno strumento in grado di consentire ad essi di risolvere i conflitti interni alla società» (Relazione al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, par. 11).

Anche in giurisprudenza è stato evidenziato come la riforma comporti un assorbimento dell'art. 2409 c.c. nella disciplina specializzante del nuovo art. 2476 c.c. (in tal senso, App. Roma 13 aprile 2005, in Giur. it. 2006, 75; Trib. Lecce 16 luglio 2004, in Dir. fall. 2005, II, 276; Trib. Bologna 21 ottobre 2004, in Soc. 2005, 357; App. Trieste 13 ottobre 2004, in Dir. fall. 2015, II, 275).

La soluzione ora evidenziata, tuttavia, è stata sottoposta a critica da parte della dottrina. In particolare, si è evidenziato che una simile conclusione appare condivisibile se riguardata dal lato dei soci e, dunque, con riferimento alla legittimazione di questi a presentare la denunzia di gravi irregolarità: la possibilità che i soci possano invocare gli strumenti di tutela sopra richiamati rende superflua, nell'ottica del legislatore storico, la possibilità di ricorrere allo strumento di cui all'art. 2409 c.c. (Rordorf, 672; Abriani, 672; Domenichini, 785). Si osservava, però, che il discorso doveva essere diversamente affrontato nelle ipotesi di società a responsabilità limitata ove sia presente l'organo di controllo: infatti, ove le gravi irregolarità siano frutto di un intento fraudolento condiviso da tutti i soci (e gli amministratori), questi ultimi si asterranno dal proporre le azioni di controllo e di responsabilità con conseguente vanificazione di ogni ipotesi di controllo sulla gestione amministrativa (Scognamiglio, 667; Abriani, 673; Guadagni, 761).

Anche questa seconda ricostruzione ha trovato seguito in una parte della giurisprudenza che ha limitato la possibilità di invocare il controllo giudiziario di cui all'art. 2409 c.c. alle società a responsabilità limitata in cui sia obbligatoria la presenza del collegio sindacale, in quanto l'art. 2477, comma 4, richiamando le disposizione in tema di società per azioni con riferimento alla società a responsabilità limitata in cui sia obbligatoria la nomina del collegio sindacale, evidentemente consente (solo) in quest'ultimo caso il ricorso alla procedura de qua (cfr., in particolare, Trib. Roma 6 luglio 2004, in Giur. it. 2005, 1476; Trib. Milano 8 luglio 2005, in Foro it. 2006, I, 239; Trib. Terni 9 aprile 2004, in Foro it. 2005, I, 868).

Peraltro, la questione in argomento è stata affrontata expressis verbis da un arresto della Corte di cassazione (cfr., Cass. n. 403/2010) che ha affermato l'inammissibilità del controllo giudiziario nella società a responsabilità limitata, sia pure allorché il ricorso sia proposto dal collegio sindacale obbligatorio costituito ai sensi dell'art. 2477. La Suprema Corte ha preso le mosse dal dato letterale delle norme in materia di società a responsabilità limitata, ribadendo che l'espresso richiamo all'applicabilità anche per le società a responsabilità limitata del procedimento previsto dall'art. 2409 c.c. (art. 2488 c.c., ultimo comma, nella precedente formulazione) non è stato invero riproposto nell'attuale disciplina del detto tipo di società a seguito della riforma societaria e che detto mancato richiamo è riferibile ad una chiara opzione del legislatore, esplicitamente motivata con l'esigenza di adottare soluzioni in sintonia con il nuovo più articolato sistema societario delineato.

Qualche ulteriore dubbio, che muove dai successivi interventi del legislatore, permane in dottrina ed in giurisprudenza ove si tratti di società a responsabilità limitata in cui la nomina del collegio sindacale sia obbligatoria. L'art. 2477, comma 5, per come modificato dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito in l. 4 aprile 2012, n. 35) stabilisce che nel caso di nomina di un organo di controllo anche monocratico «si applicano le disposizioni dettate in tema di società per azioni». Orbene, considerato che l'art. 2409 c.c. è collocato nell'ambito della disciplina del collegio sindacale nelle società per azioni, si potrebbe astrattamente sostenere che per effetto del detto richiamo i provvedimenti di cui all' art. 2409 c.c., che il collegio sindacale può richiedere (u.c.), possano essere sollecitati anche ove si tratti di società a responsabilità limitata.

Tuttavia, muovendo dalla circostanza che il legislatore, quando ha voluto l'applicazione dell'istituto a particolari società a responsabilità limitata, lo ha chiaramente affermato (d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37, modificativo del decreto attuativo della riforma societaria, ha chiarito che alle società sportive di cui alla l. 23 marzo 1981, n. 81, art. 10, si applica art. 2409 c.c., pur se aventi forma di società a responsabilità limitata), una parte della giurisprudenza evidenzia come il rinvio alle disposizioni in tema di società per azioni dettato dall'art. 2477, ultimo comma, in tema di società a responsabilità limitata, va quindi interpretato come richiamo ai requisiti professionali, alle cause di ineleggibilità, decadenza ed incompatibilità dei sindaci stabilite dall'art. 2397 ss. c.c., nonché alle rispettive funzioni e ai poteri indicati dagli artt. 2403 ss. c.c., ma non può valere ad assegnare loro il potere di sollecitare il controllo giudiziario in relazione a ravvisate irregolarità gestionali, a ciò ostando tanto la formulazione letterale delle disposizioni vigenti quanto i diversi connotati attribuiti alle dette società rispetto a quelle per azioni, con la riforma delle società di capitali di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6.

Si evidenzia, però, che successivamente la Corte costituzionale è tornata ad occuparsi della prospettata illegittimità costituzionale dell'esclusione, nelle società a responsabilità limitata, della possibilità di ricorso alla procedura del controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. (Corte cost., ord., 7 maggio 2014, n. 116). Ebbene, la Corte, pur dichiarando la questione manifestamente inammissibile, ha evidenziato come l'art. 2477 ha subito una significativa ed innovativa modifica ad opera del d.l. 9 maggio 2012, n. 5 (convertito in l. 4 aprile 2012, n. 35) prevedendo, in caso di nomina di un organo di controllo, l'applicabilità delle disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni. Ebbene, la modificazione ora richiamata era stata ignorata dal giudice remittente e, secondo la Corte, tale inadeguata individuazione del contesto normativo incide in maniera decisiva sulla motivazione esibita per asseverare l'impossibilità di una interpretazione secundum constitutionem della disciplina denunciata.

La dottrina evidenzia come la motivazione, sia pure sintetica, della ordinanza della Corte costituzionale sembri far propendere per l'ammissibilità del ricorso alla procedura ex art. 2409 c.c. nelle società a responsabilità limitata (Abriani, 675 ss., spec., 681) sussistendo altrimenti una irragionevole disparità di trattamento nella disciplina dei due tipi societari.

La giurisprudenza di merito successiva risulta ancora una volta oscillante. Secondo Trib. Bologna 4 febbraio 2015 (in Soc. 2015, 636), nella società a responsabilità limitata in cui sia obbligatoria la nomina del collegio sindacale ai sensi dell'art. 2477, detto organo può avvalersi del procedimento di cui all'art. 2409 c.c. Al contrario, secondo Trib. Roma 25 luglio 2014 (in giurisprudenzadelleimprese.it), è ammissibile la denuncia al tribunale per gravi irregolarità nella gestione soltanto nelle società cooperative a responsabilità limitata (e non già nelle s.r.l. ordinarie), attesa la previsione dell'art. 2545-quinquiesdecies c.c. riferita alle cooperative in genere, comunque modellate. Nel procedimento, lo status di socio e la titolarità dell'aliquota di capitale richiesta per l'attivazione di esso non costituiscono esclusivamente un presupposto processuale che condiziona la regolare instaurazione del procedimento, ma integrano una condizione dell'azione che, in quanto tale, deve permanere intatta fino alla pronunzia. Il ricorso non è precluso da una clausola compromissoria statutaria, poiché all'ambito di operatività della clausola, relativa alle controversie tra soci e società, rimangono estranei i procedimenti di volontaria giurisdizione che implicano lo svolgimento di un'attività diversa da quella giurisdizionale, sia sotto il profilo strutturale, sia sotto il profilo funzionale.

 

Bibliografia

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