Codice Civile art. 2478 bis - Bilancio e distribuzione degli utili ai soci 1 2 .

Guido Romano

Bilancio e distribuzione degli utili ai soci 12.

[I]. Il bilancio deve essere redatto con l'osservanza delle disposizioni di cui alla sezione IX, del capo V del presente libro. Esso è presentato ai soci entro il termine stabilito dall'atto costitutivo e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale, salva la possibilità di un maggior termine nei limiti ed alle condizioni previsti dal secondo comma dell'articolo 23643.

[II]. Entro trenta giorni dalla decisione dei soci di approvazione del bilancio deve essere depositata presso l'ufficio del registro delle imprese, a norma dell'articolo 2435, copia del bilancio approvato 4.

[III]. La decisione dei soci che approva il bilancio decide sulla distribuzione degli utili ai soci.

[IV]. Possono essere distribuiti esclusivamente gli utili realmente conseguiti e risultanti da bilancio regolarmente approvato.

[V]. Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione  degli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente5.

[VI]. Gli utili erogati in violazione delle disposizioni del presente articolo non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrispondenti.

 

[1] V. nota al Capo VII.

[2] Con riferimento alle misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 106, comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv., con modif., in l. 24 aprile 2020, n. 27, che prevede che in deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie, l'assemblea ordinaria è convocata entro centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio. Ai sensi del comma 7 dell’art. 106 cit., le disposizioni del presente articolo si applicano alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale è in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19.  

[3] L'art. 6, d.lg. 18 agosto 2015, n. 139 ha sostituito il primo periodo, le cui parole recitavano: «Il bilancio deve essere redatto con l'osservanza degli articoli da 2423, 2423-bis, 2423-ter, 2424, 2424-bis, 2425, 2425-bis, 2426, 2427, 2428, 2429, 2430 e 2431, salvo quanto disposto dall'articolo 2435-bis». Le disposizioni del decreto entrano in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applicano ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire da quella data.

[4] Comma modificato dall'art. 16, comma 12 octies, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 conv., con modif., nella l. 28 gennaio 2009, n. 2. Il testo recitava: «Entro trenta giorni dalla decisione dei soci di approvazione del bilancio devono essere depositati presso l'ufficio del registro delle imprese, a norma dell'articolo 2435, copia del bilancio approvato e l'elenco dei soci e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali». Ai sensi del comma 12 undecies del medesimo art. 16 del d.l. n. 185 del 2008, conv. con modif., dalla l. n. 2 del 2009, le disposizioni entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Entro tale termine, gli amministratori delle società a responsabilità limitata depositano, con esenzione da ogni imposta e tassa, apposita dichiarazione per integrare le risultanze del registro delle imprese con quelle del libro dei soci.

[5] La parola «ripartizione» è stata sostituita alla parola «distribuzione» dall'art. 3 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 5 , comma 1, lett. rr), d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37.

Inquadramento

La disciplina del contenuto del bilancio di esercizio è mutuata da quella della società azionaria (Cagnasso, 281).

Nella sua versione successiva alla riforma del 2003, il primo comma dell'articolo in commento prevedeva una serie di specifici rinvii alle norme dettate per la società per azioni. A seguito dell'emanazione del d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139 che ha dato attuazione alla Direttiva europea 2013/34/UE («relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della Direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle Direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, per la parte relativa alla disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per le società di capitali e gli altri soggetti individuati dalla legge») in luogo della precedente tecnica normativa, l'odierna formulazione della norma effettua un richiamo più ampio al sezione IX del capo V titolata “Del bilancio”, in modo da assicurare la completezza dei riferimenti normativi applicabili (Sottoriva, 1072).

Si può, dunque, affermare che l'integrale rinvio alla disciplina del bilancio delle società per azioni assicuri la completezza dei riferimenti normativi applicabili (Onesti, Romano, Taliento, 2025). L'intento del legislatore è stato quello di unificare una disciplina delicata e particolare che deve restare razionalmente coerente e uniforme per tutte le società di capitali (Onesti, Romano, Taliento, ivi).

L'approvazione del bilancio.

La redazione del bilancio di esercizio costituisce un obbligo degli amministratori (art. 2475 c.c.) il quale deve da essi essere assolto collegialmente, anche nel caso l'atto costitutivo preveda un regime di amministrazione pluripersonale disgiuntivo (Zanarone, 1216, Cagnasso, 290; D'Attorre, 153; Patriarca, 397), non potendo neppure essere oggetto di delega a favore di uno degli amministratori. Questi, però, possono valersi delle tecniche di decisione a collegialità attenuata quali la consultazione scritta ovvero il consenso espresso per iscritto (Arcidiacono, 728; Barachini, 780).

Gli amministratori hanno, poi, l'obbligo di presentare il progetto di bilancio ai soci entro il termine previsto nell'atto costitutivo ovvero entro il termine stabilito dall'atto costitutivo comunque non superiore a centoventi giorni. È certo, però che la tardiva convocazione dell'assemblea non determina l'invalidità della deliberazione di approvazione del bilancio, ma può soltanto costituire motivo di responsabilità e di revoca degli amministratori (Onesti, Romano, Taliento, 2025).

Il bilancio deve essere comunicato all'organo di controllo o al revisore almeno trenta giorni prima della data fissata per l'assemblea.

Inoltre, ai sensi dell'art. 2429 c.c., il bilancio di esercizio, con le copie integrali dell'ultimo bilancio delle società controllate e un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell'ultimo bilancio delle società collegate, deve restare depositato in copia nella sede della società, insieme con le relazioni degli amministratori, dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, durante i quindici giorni che precedono l'assemblea, e finché sia approvato: i soci possono prenderne visione.

Secondo una parte della dottrina, lo statuto potrebbe anche porre limiti più restrittivi ovvero addirittura sopprimere del tutto l'obbligo in questione: in tal senso deporrebbero sia l'ampio spazio concesso all'autonomia privata in questo tipo societario sia la «prossimità» dei soci di s.r.l. alla gestione sociale ed i poteri di controllo spettanti ai membri della compagine sociale ex art. 2476 comma 2 c.c. (Barachini, 781; Arcidiacono, 729). La soluzione negativa, tuttavia, che appare preferibile, si fonda a contrario dal disposto di cui all'art. 2482-bis, comma 2, c.c. (Franchi, 856; dubitativo Zanarone, 1227, nt. 45) e dalla circostanza che si tratta di un obbligo posto a tutela dell'interesse informativo dei soci.

Infine, l'art. 2479 comma 2, n. 1 c.c. attribuisce alla competenza dei soci l'approvazione del bilancio, approvazione che non potrà essere riservata, quale diritto particolare, ad un singolo socio o ad un gruppo di soci (Zanarone, 1224). L'approvazione, tuttavia, potrà avvenire, ove consentito nell'atto costitutivo, anche mediante procedimento extrassembleare, mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, non rinvenendosi indicazioni normative a ciò ostative (Arcidiacono, 731).

Si esclude che l'approvazione del bilancio possa costituire oggetto di un diritto particolare attribuito ad un socio (Zanarone, 1224; ma v. Vigo, 462 secondo il quale potrebbe essere attribuito, quale diritto particolare, un potere di veto o di proposta in ordine alla decisione di approvazione del bilancio).

La distribuzione degli utili.

Per come previsto dal quarto comma, i soci sono chiamati ad approvare il bilancio ed a decidere sulla eventuale distribuzione degli utili: essi, quindi, chiamati ad approvare il bilancio sono per ciò stesso chiamati a decidere anche in ordine alla distribuzione degli utili senza che vi sia necessità di una autonoma menzione di quest'ultima nell'ordine del giorno (Zanarone, 1236).

La norma ha più significati. In primo luogo, la disposizione in commento ribadisce il principio generale secondo il quale il diritto dei soci agli utili sorge solo a seguito di apposita decisione dei soci che ne abbia stabilito la distribuzione (Zanarone, 1238), atteggiandosi fino a quel momento come mera aspettativa (Barachini, 782). Non è, dunque, sufficiente la sola approvazione del bilancio per far sorgere il diritto, essendo invece necessaria la successiva decisione in ordine alla distribuzione degli utili, decisione che assume valore costitutivo del diritto. La distribuzione degli utili è, quindi, condizionata: 1) al reale conseguimento di essi; 2) alla regolare approvazione del bilancio da cui essi risultano.

Sotto altro profilo, la disposizione in esame – che deve essere letta assieme all'art. 2479 comma 2 n. 1 c.c. che riserva «in ogni caso» alla competenza dei soci l'approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili – ribadisce che una siffatta decisione spetterà inderogabilmente alla collettività dei soci, non potendo essere rimessa ad uno soltanto di essi in virtù dell'attribuzione di un diritto particolare (Arcidiacono, 733; Barachini, 782). La riserva di cui all'art. 2479 c.c. vale, infatti, ad impedire che il relativo potere decisionale sia attribuito ad altri organi o a singoli soci (Benazzo, 2033; contra, Guerrieri, 2034 secondo il quale il diritto attribuito ex art. 2468, comma 3 può configurarsi non solo come privilegio nella ripartizione, ma anche nella assunzione della relativa decisione). La norma, però, si riferisce al potere di decidere sul se e sull'ammontare dell'utile distribuibile, non già invece a quello di stabilire i criteri per la distribuzione dell'utile medesimo (Barachini, 782). In particolare, l'atto costitutivo può attribuire ad un socio un diritto particolare con riferimento alla distribuzione degli utili. Tuttavia, secondo una parte della dottrina, la riserva non sarebbe comunque di ostacolo all'attribuzione statutaria ai soci del diritto di percepire gli utili maturati dalla società indipendentemente da qualsivoglia deliberazione in merito da parte della collettività (Cian, 17). In altre parole, come evidenziato nel commento all'art. 2468 comma 3 c.c., nel caso in cui l'atto costitutivo preveda l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti la distribuzione degli utili, il diritto potrebbe considerarsi sorto già per effetto dell'approvazione del bilancio, anziché a seguito della delibera di distribuzione.

I soci, in sede di approvazione del bilancio, possono decidere se distribuire, e in quale misura, utili. Le modalità di ripartizione devono essere, invece, già stabilite dall'atto costitutivo; in mancanza, trova applicazione la regola proporzionale di cui all'art. 2468, comma 2, c.c. secondo il quale i diritti sociali, e tra questi anche il diritto agli utili, competono ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta.

Se, come appena visto, l'atto costitutivo può derogare alla regola di proporzionalità mediante attribuzione di un diritto particolare ai soci in ordine alla distribuzione degli utili, deve, al contrario, escludersi l'ammissibilità di una clausola dell'atto costitutivo che rimetta alla decisione dei soci il potere di derogare al principio di proporzionalità, determinando, di volta in volta, i criteri per la distribuzione degli utili ai soci (Arcidiacono, 734; Barachini, 782; Zanarone, 1237).

In giurisprudenza si è osservato che, nella società a responsabilità limitata, non è configurabile un diritto del socio agli utili senza una preventiva deliberazione assembleare in tal senso, rientrando nei poteri dell'assemblea – in sede approvativa del bilancio – la facoltà di disporne l'accantonamento o il reimpiego nell'interesse della stessa società, sulla base di una decisione censurabile solo se propria di iniziative della maggioranza volte ad acquisire posizioni di indebito vantaggio a danno degli altri soci cui sia resa più onerosa la partecipazione (Cass. n. 2020/2008; Cass. n. 10271/2004 che ha ribadito l'esposto principio precisando che a nulla rileva che la società sia composta da due soli soci in posizione paritetica).

Inoltre, secondo quanto previsto dal co. 5 dell'articolo in commento, se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione degli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Sussistono, poi, ulteriori limiti legali alla ripartizione degli utili, quali ad es.: l'art. 2430 c.c. laddove si prevede la destinazione di una certa percentuale di utili netti a riserva legale; l'art. 2426 n. 5 c.c. il quale, in presenza di specifici costi iscritti all'attivo ma non ancora ammortizzati, vieta la distribuzione degli utili, salva la sussistenza di riserve disponibili sufficienti a coprire i suddetti costi; l'art. 2432 c.c. a mente del quale le partecipazione agli utili eventualmente spettanti ai promotori, ai soci fondatori e agli amministratori sono computate sugli utili netti risultanti dal bilancio, fatta deduzione della quota di riserva legale.

Gli utili percepiti in buona fede.

La violazione delle disposizioni in materia di distribuzione degli utili ha conseguenze sia per gli amministratori (sia in sede civile ex art. 2476 c.c. che in sede penale ex art. 2627 c.c.) sia sull'efficacia della distribuzione dell'utile ai soci.

Ad esempio può verificarsi che la distribuzione dell'utile sia intervenuta: in difetto della previa decisione dei soci ex art. 2478-bis, comma 3; in presenza di un bilancio che riportava falsamente utili in realtà non conseguiti; in presenza di una decisione dei soci nonostante che dal bilancio non risultassero utili; in presenza di utili non distribuibili perché si era verificata una perdita del capitale sociale (ed in assenza di una sua reintegrazione o riduzione) ovvero perché destinati a riserva legale o ad altra comunque indistribuibile ex lege ovvero ad una riserva statutaria; in violazione del principio di proporzionalità ovvero in violazione dei diritti particolari spettanti ad uno o più soci (l'elencazione è ripresa da Zanarone, 1242). In tutti questi casi, la decisione di distribuzione degli utili è viziata ai sensi dell'art. 2479-ter c.c. (Barachini, 783) con la conseguenza che, non essendo sorto nessun credito in favore dei soci, l'attribuzione ai medesimi che fosse, ciò nonostante, intervenuta legittimerebbe la società alla ripetizione dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.

Tuttavia, l'u.c. della disposizione in commento prevede l'irripetibilità degli utili illegittimamente distribuiti ove riscossi in buona fede sulla base di un bilancio regolarmente approvato. Si tratta di una ipotesi eccezionale di soluti retentio che trova la sua ratio nella necessità di tutelare l'investimento e, in particolare, nella circostanza che il socio di società di capitali, a causa della sua normale estraneità alla gestione ed alla stessa redazione del bilancio, non è in grado di effettuare un controllo contenutistico sul bilancio (Zanarone, 1244).

I presupposti applicativi della norma sono dunque costituiti: 1) sotto il profilo oggettivo, dalla previsione degli utili in un bilancio regolarmente approvato; 2) sotto il profilo soggettivo, dalla buona fede del percettore.

Per quanto attiene al requisito della buona fede, è evidente che la conoscenza effettiva da parte del socio circa la indistribuibilità dell'utile, nonostante l'esposizione in bilancio del medesimo, fa venire meno la ragione della tutela collegata alla sua estraneità al controllo contenutistico del bilancio (così, Zanarone, 1245).

Una parte della dottrina, poi, muove dalla considerazione degli ampi poteri di controllo di cui il socio dispone (art. 2476, comma 2, c.c.) per giungere alla conclusione della insufficienza della mera ignoranza del carattere fittizio degli utili, occorrendo, al contrario, che il socio sia esente da colpa, quantomeno, grave (Zanarone, 1246; Barachini, 783): la conoscibilità della insussistenza degli utili sussisterebbe quindi allorquando l'organo di controllo ha esposto rilievi nella relazione al progetto di bilancio ovvero quando il socio, nell'esercizio dei propri diritti di controllo, aveva occasione di avvedersene. In senso parzialmente diverso, si osserva che il potere di controllo di cui all'art. 2476, comma 2, c.c. costituisce, per il socio, una facoltà e non un obbligo con la conseguenza che dal mancato esercizio non possono derivare conseguenze a lui sfavorevoli: si perviene, così, alla conclusione che potrebbe sussistere una mala fede di questi solo ove egli abbia concretamente esercitato il diritto di accesso (Arcidiacono, 736).

Con riferimento alla distribuzione degli oneri probatori inerenti allo stato di buona fede, secondo una parte della dottrina, sarebbe il socio, che intenda eccepire l'insussistenza del diritto della società alla restituzione, a dovere provare il proprio stato soggettivo e ciò o considerando il principio di cui all'art. 16 della II Direttiva CEE (previsto per la società azionaria) come principio generale ovvero sulla base degli ordinari canoni di cui all'art. 2697, comma 2, c.c. (Arcidiacono, 737; Barachini, 784).

Bibliografia

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