Decreto legislativo - 24/02/1998 - n. 58 art. 121 - Disciplina delle partecipazioni reciproche.Disciplina delle partecipazioni reciproche.
1. Fuori dai casi previsti dall'articolo 2359-bis del codice civile, in caso di partecipazioni reciproche eccedenti il limite indicato nell'articolo 120, comma 2, la societa' che ha superato il limite successivamente non puo' esercitare il diritto di voto inerente alle azioni eccedenti e deve alienarle entro dodici mesi dalla data in cui ha superato il limite. In caso di mancata alienazione entro il termine previsto la sospensione del diritto di voto si estende all'intera partecipazione. Se non è possibile accertare quale delle due società ha superato il limite successivamente, la sospensione del diritto di voto e l'obbligo di alienazione si applicano a entrambe, salvo loro diverso accordo 1. 2. Il limite richiamato nel comma 1 e' elevato al cinque per cento, ovvero, nei casi previsti dall'articolo 120, comma 2, secondo periodo, al dieci per cento, a condizione che il superamento della soglia da parte di entrambe le societa' abbia luogo a seguito di un accordo preventivamente autorizzato dall'assemblea ordinaria delle societa' interessate 2. 3. Se un soggetto detiene una partecipazione in misura superiore alla soglia indicata nel comma 2 di una società con azioni quotate, questa o il soggetto che la controlla non possono acquisire una partecipazione superiore a tale limite in una società con azioni quotate controllata dal primo. In caso di inosservanza il diritto di voto inerente alle azioni eccedenti il limite indicato è sospeso. Se non è possibile accertare quale dei due soggetti ha superato il limite successivamente, la sospensione del diritto di voto si applica a entrambi, salvo loro diverso accordo3. 4. Per il calcolo delle partecipazioni si applicano i criteri stabiliti ai sensi dell'articolo 120, comma 4, lettera b). 5. I commi 1, 2 e 3 non si applicano quando i limiti ivi indicati sono superati a seguito di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio diretta a conseguire almeno il sessanta per cento delle azioni ordinarie4. 6. In caso di inosservanza dei divieti di esercizio del voto previsti dai commi 1 e 3, si applica l'articolo 14, comma 6. L'impugnazione può essere proposta anche dalla CONSOB entro il termine indicato nell'articolo 14, comma 7 5.
[1] Comma modificato dall'articolo 1, comma 13, del D.Lgs. 11 ottobre 2012, n. 184. [2] Comma sostituito dall'articolo 20, comma 1, lettera t), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116. [3] Comma modificato dall'articolo 20, comma 1, lettera u), del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116. [4] Comma modificato dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 25 settembre 2009, n. 146. [5] Comma modificato dall'articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 25 novembre 2019, n. 165. InquadramentoLa regolazione della trasparenza degli assetti proprietari si completa, oltre a quanto descritto con riguardo all'art. 120 TUF in tema di partecipazioni rilevanti, con l'analisi della disciplina delle partecipazioni reciproche. L'obiettivo di fondo del legislatore consiste nell'impedire che, tramite l'utilizzo strumentale di quote partecipative incrociate tra gruppi, vi sia la fittizia esclusione di alcune emittenti dalla contendibilità secondo le dinamiche di mercato. Nel prevenire partecipazioni incrociate tra gruppi quotati, la norma in esame (art. 121 TUF) persegue l'obiettivo di incentivare lo svolgimento, corretto e trasparente, della contendibilità delle azioni rappresentative del capitale di società emittenti tramite la libera circolazione delle stesse nei mercati regolamentati. Come per l'art. 120 TUF, anche la disciplina delle partecipazioni reciproche si applica alle sole società con azioni quotate nei mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea aventi l'Italia come Stato membro d'origine; fermo restando il potere della Consob di dichiarare inapplicabile tale disciplina nei confronti – ad esempio – di un emittente italiano quotato solo all'estero per cui si ritiene che vi siano sufficienti condizioni di equivalenza. In linea tendenziale, la dinamica delle partecipazioni incrociate non conosce una significativa rilevanza nel diritto comune societario. Un esempio, però, è sicuramente la previsione dell'art. 2359-bis c.c. sull'acquisto di azioni o quote da parte di società controllate, in base alla quale la società controllata, previa autorizzazione assembleare, può acquisire un numero limitato di azioni o quote della società controllante (nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili) e, qualora la controllante sia quotata o con azioni diffuse tra il pubblico, la controllata può acquistare una partecipazione nei limiti della quinta parte del capitale della controllante. A lato di tali limitazioni, la disposizione dell'art. 2359-bis c.c. pone ulteriori e significativi limiti circa l'esercizio dei diritti amministrativi e patrimoniali. Ciò, a dimostrazione dell'attenzione del legislatore affinché venga garantita non solo l'autonomia della controllata (es. in sede assembleare) ma anche la reale rappresentazione della consistenza patrimoniale, senza falsificazioni dettate dagli incroci partecipativi. Infatti, a ben vedere, in caso di sottoscrizione di un aumento di capitale, se la sottoscrizione è reciproca, si determina che all'incremento del capitale nominale delle due società non corrisponde un aumento reale dello stesso. Si noti, peraltro, che l'art. 2359-bis ha come suo presupposto necessario la dinamica del controllo (quale antecedente temporale) e non quella della partecipazione rilevante di cui all'art. 120 TUF, senza però che questo significhi l'esclusione della applicabilità dell'obbligo di comunicazione ai sensi dell'art. 120 TUF qualora si rendesse necessario nell'ambito dell'art. 2359-bis c.c. Lo stesso non può dirsi con riferimento all'art. 121 TUF, che, invece, il legislatore pone in via sussidiaria all'art. 2359-bis c.c. Condizioni soggettive e oggettive di applicabilitàSul lato soggettivo, l'art. 121 TUF richiede che nella relazione di reciprocità vi sia almeno una società emittente con azioni quotate e che questa società – in linea con l'art. 119 TUF – abbia le proprie azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea aventi l'Italia come Stato membro d'origine. Sul lato oggettivo, il divieto di partecipazioni reciproche si applica nella circostanza in cui da entrambi i lati vi sia stato l'acquisto di nuove partecipazioni o la riduzione del capitale sociale di riferimento in eccedenza delle soglie indicate all'art. 120, comma 2, TUF: vale a dire il 3% come regola generale, ad eccezione delle PMI per cui la soglia si innalza al 5%. In merito, la dottrina (Donativi) ha discusso sulla rilevanza, ai fini dell'art. 121 TUF, delle minori soglie che la Consob, in forza dell'art. 120, comma 2-bis TUF, può prevedere temporaneamente per società ad elevato valore corrente di mercato e ad azionariato diffuso. La stessa dottrina ha poi concluso in senso negativo, ritenendo che il carattere eccezionale della disposizione impone la rigorosa applicazione dell'art. 14, disp. prel. c.c. sul divieto di analogia, così precludendo ogni tentativo ermeneutico di tipo estensivo. Per effetto del superamento della soglia, l'art. 121 TUF prevede che la società che ha superato il limite successivamente «non può esercitare il diritto di voto inerente le azioni eccedenti e deve alienarle entro dodici mesi dalla data in cui ha superato il limite». Si tratta di una ipotesi di sospensione del diritto di voto, alla stregua di quella prevista per l'art. 120 TUF, che si circoscrive all'esercizio del diritto di voto per la sola quota eccedente, mentre – quale ulteriore sanzione civilistica – la sospensione del diritto di voto si estende all'intera partecipazione nella sola ipotesi del superamento del termine di dodici mesi indicato. Peraltro, qualora non vi sia certezza sufficiente per determinare quale delle due società ha superato il limite successivamente, a scopo antielusivo la sospensione del diritto di voto si applica ad entrambe, a meno che le stesse non si siano accordate differentemente nell'ambito della propria autonomia negoziale. Ai fini dell'applicazione dell'art. 121 TUF, in luogo dell'art. 2359-bis c.c., è necessario inoltre che non sussista tra le due società un rapporto di controllo (da determinarsi ai sensi dell'art. 2359 c.c. e non dell'art. 93 TUF). In questo caso, infatti, si dovrebbe applicare la disciplina di parte generale prevista dall'art. 2359-bis c.c. con l'effetto che la società controllata sarà soggetta alla più severa previsione di non poter esercitare il diritto di voto nelle assemblee della controllante (comma 4). I limiti appena descritti con riferimento all'incrocio di partecipazioni subiscono una deroga significativa in presenza di un accordo preventivamente autorizzato dall'assemblea ordinaria delle società interessate (c.d. «accordi industriali»). L'ordinamento, infatti, ritiene che la discussione assembleare, nella quale gli amministratori forniscono rispettivamente ai soci una argomentata presentazione del piano economico-finanziario o industriale alla base dell'intesa e dalla quale emerga la possibilità del superamento della soglia sulle partecipazioni reciproche, sia sufficiente a garantire la tutela dell'integrità dei capitali delle società interessate da possibili operazioni in danno. In particolare, ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste in caso di superamento delle soglie in assenza della descritta procedura di voto assembleare da parte di entrambe le società coinvolte, l'art. 121, comma 2, TUF innalza le soglie al 5% come clausola generale e al 10% per le PMI. A riguardo, vale richiamare quanto disposto dalla Consob nella Comunicazione n. 62434 dell'11 agosto 2000 nella parte in cui prevede che «per rendere effettivo e non meramente formale il ruolo che l'assemblea è chiamata a svolgere dalla norma in esame, occorrerà che l'accordo sottoposto a quest'ultima per l'autorizzazione abbia un contenuto più ampio della semplice autorizzazione ad innalzare il limite della reciproca, dovendo indicare gli elementi essenziali dell'operazione societaria nel cui contesto le partecipazioni reciproche sono inserite». Nel perseguire l'obiettivo di impedire che il mercato del controllo societario sia falsato, sviando in buona sostanza la disciplina sulle partecipazioni reciproche come strumento difensivo, il legislatore ha ritenuto di specificare all'art. 121, comma 5, TUF che le soglie descritte (anche laddove maggiorate) non si applicano in caso di superamento in seguito ad un'offerta pubblica di acquisto o di scambio «diretta a conseguire almeno il sessanta per cento delle azioni ordinarie». In questo caso, infatti, si ritiene che, giocando d'anticipo, gli amministratori potrebbero neutralizzare gli effetti di un'offerta ostile tramite l'acquisto di quote partecipative della società offerente superiori alle soglie di rilevanza, cosicché la società offerente si troverebbe a superare il limite «successivamente», cadendo – in assenza della deroga – nella sospensione del diritto di voto prevista dall'art. 121 TUF. Venendo alla base di calcolo, l'art. 121 TUF rimanda alla previsione contenuta all'art. 120, comma 4, lett. b), che demanda alla Consob di stabilire «i criteri per il calcolo delle partecipazioni, avendo riguardo anche alle partecipazioni indirettamente detenute, alle ipotesi in cui il diritto di voto spetta o è attribuito a soggetto diverso dal socio nonché a quelle di maggiorazione dei diritti di voto». La Consob ha previsto all'art. 118 del Regolamento Emittenti (Delibera n. 11971 del 14 maggio 1999) che sono considerate partecipazioni, ad esempio: le azioni delle quali un soggetto è titolare, anche se il diritto di voto spetta o è attribuito a terzi ovvero è sospeso; oppure le ipotesi in cui il diritto di voto spetti al creditore pignoratizio, all'usufruttario, al depositario o all'intestatario conto terzi (se il diritto può essere esercitato discrezionalmente), o secondo delega (se il diritto può essere esercitato discrezionalmente e in assenza di specifiche istruzioni da parte del delegante), oppure ancora se il diritto di voto spetti in base ad un accordo di trasferimento provvisorio e retribuito di tale diritto. Inoltre, con finalità antielusive, l'art. 118, comma 3, precisa che «sono computate [ai medesimi fini dell'art. 118, comma 1] sia le azioni di cui sono titolari interposte persone, fiduciari, società controllate sia quelle in relazione alle quali il diritto di voto spetta o è attribuito a tali soggetti». Inoltre, il dato letterale della disposizione farebbe ritenere che le uniche partecipazioni rilevanti siano quelle rappresentative del capitale sociale (eventualmente maggiorato dalle previsioni statutarie relative alla maggiorazione del diritto di voto o all'emissione di azioni a voto plurimo). In dottrina (Corradi) vi è chi ritiene che una interpretazione teleologica richiede l'estensione anche alla categoria degli strumenti finanziari partecipativi. Si noti, infine, che la descritta base di calcolo si applica sia alla fattispecie di «incrocio bilaterale», di cui all'art. 121, comma 1, TUF, sia alla fattispecie di «incroci triangolari», di cui all'art. 121, comma 3, TUF. Incroci triangolari e di gruppoA chiusura della disciplina positiva in tema di partecipazioni reciproche, l'art. 121, comma 3, TUF reca disposizioni in materia di «incroci triangolari» che si vanno ad aggiungere a quelle già descritte sugli «incroci bilaterali diretti» e sugli «incroci bilaterali indiretti». La norma è volta a riportare nell'alveo della regolazione sulle partecipazioni reciproche alcune dinamiche di incroci fra gruppi societari di cui fanno parte società quotate. Se un soggetto detiene una partecipazione in misura superiore alla soglia indicata nel comma 2 di una società con azioni quotate, questa o il soggetto che la controlla non possono acquisire una partecipazione superiore a tale limite in una società con azioni quotate controllata dal primo. In caso di inosservanza il diritto di voto inerente alle azioni eccedenti il limite indicato è sospeso. Se non è possibile accertare quale dei due soggetti ha superato il limite successivamente, la sospensione del diritto di voto si applica a entrambi, salvo loro diverso accordo. Per «incroci triangolari» si intende lo scenario in cui un soggetto «A» detiene una partecipazione sopra la soglia di cui al comma 2 (5%, o 10%, dopo la modifica operata nel 2014 rispetto alla vecchia soglia del 2%) in una società con azioni quotate «B» e nello stesso tempo detiene una partecipazione di controllo in una società quotata «C». In tal caso, in base alla regola prevista dall'art. 121, comma 3, TUF, né la società quotata «B» né il suo controllante «D» potranno acquisire una partecipazione sopra la medesima soglia nella società quotata «C» (controllata da «A»). Infine, la violazione delle disposizioni sugli «incroci triangolari» comporta la sospensione del diritto di voto inerente alle sole azioni eccedenti la soglia di legge, senza che rilevi la sospensione del diritto di voto sull'intera partecipazione che opera dopo 12 mesi nel caso di «incrocio bilaterale». SanzioniCome in parte già anticipato, l'art. 121 TUF prevede le medesime sanzioni civilistiche già trattate con riferimento all'art. 120 TUF sulle partecipazioni rilevanti, che hanno come effetto la sospensione dell'esercizio del diritto di voto per le azioni che sono state acquisite in violazione della disposizione in esame. Si noti, tra l'altro, che l'obbligo di alienazione entro dodici mesi è previsto solo per l'ipotesi di «incrocio bilaterale» ai sensi dell'art. 121, comma 1, TUF e non anche per quello «triangolare» ai sensi dell'art. 121, comma 3, TUF; mentre in entrambi i casi vale la regola della sospensione dell'esercizio del diritto di voto, con l'ulteriore differenza che per i casi di «incrocio bilaterale» il superamento del termine dei dodici mesi comporta la sospensione del diritto di voto dell'intera partecipazione detenuta (con ulteriori eventuali profili di natura penale per gli amministratori ai sensi dell'art. 173 TUF). A tutela di tali effetti sospensivi, quindi, le deliberazioni o i diversi atti adottati con il voto, o comunque con il contributo determinante, in violazione degli obblighi di comunicazione e dichiarazione richiamati, possono essere impugnate anche dalla Consob secondo le modalità e nei termini codicistici (entro sei mesi dalla deliberazione o dall'iscrizione della stessa nel registro delle imprese), in forza del richiamo indicato all'art. 14, comma 6, TUF. Per quanto riguarda le sanzioni amministrative, l'art. 193, comma 2, TUF dispone nei confronti di società, enti o associazioni sanzioni reputazionali (name-and-shame), misure amministrative (chase-and-desist) e sanzioni pecuniarie, da adottarsi secondo il canone ermeneutico della proporzionalità. In particolare, alla violazione dei divieti indicati all'art. 121, commi 1 e 3, sull'esercizio dei relativi diritti di voto, l'art 193, comma 2, TUF prevede che «si applica una delle seguenti sanzioni amministrative: a) una dichiarazione pubblica indicante il soggetto responsabile della violazione e la natura della stessa, quando questa sia connotata da scarsa offensività o pericolosità e l'infrazione contestata sia cessata; b) un ordine di eliminare le infrazioni contestate, con eventuale indicazione delle misure da adottare e del termine per l'adempimento, e di astenersi dal ripeterle, quando le infrazioni stesse siano connotate da scarsa offensività o pericolosità; c) una sanzione amministrativa pecuniaria da euro diecimila a euro dieci milioni, ovvero fino al cinque per cento del fatturato quando tale importo è superiore a euro dieci milioni e il fatturato è determinabile ai sensi dell'articolo 195, comma 1-bis». Per le persone fisiche, invece, ferme restando le sanzioni di cui alle lett. a) e b), sopra richiamate, il successivo comma 2.1 mitiga la relativa sanzione amministrativa pecuniaria per un ammontare «da euro diecimila a euro due milioni». Alle medesime sanzioni soggiacciono anche i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, nonché del personale, che ha posto in essere una condotta che ha contribuito a determinare la violazione da parte della società emittente, a condizione che (i) l'inosservanza sia conseguenza della violazione di doveri propri o dell'organo di appartenenza e che (ii) la condotta abbia inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione o sui profili di rischio aziendali, ovvero abbia provocato un grave pregiudizio per la tutela degli investitori o per la trasparenza, l'integrità e il corretto funzionamento del mercato (come previsto dall'art 193, comma 2.2 TUF che richiama espressamente le condizioni indicate all'art. 190-bis, comma 1, lettera a, TUF). Le sanzioni, inoltre, possono subire ulteriori aumenti (fino al doppio) qualora l'ammontare del vantaggio ottenuto dall'autore della violazione come conseguenza della violazione stessa è superiore ai limiti massimi edittali indicati (art 193, comma 2.4 TUF). Infine, si segnala che, a differenza di quanto previsto per l'art. 120 TUF, per le violazioni di cui all'art. 121 TUF non è prevista la possibilità del pagamento in misura ridotta, ai sensi dell'art. 194-quinquies TUF. BibliografiaAbbadessa, I grupi di società nel diritto italiano, in AA.VV., I gruppi di società. Ricerche per uno studio critico, Bologna, 1982, 120 s.; Amatucci, La nuova disciplina delle partecipazioni sociali, AA.VV., La disciplina dei gruppi di società nella “novella” del 1974, Milano, 1978, 24; Angelici, Gruppi di società e partecipazioni reciproche, in Tr. 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