Decreto legislativo - 24/02/1998 - n. 58 art. 123 ter - (Relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti) 1 2

Salvatore Providenti
Rocco Steffenoni

(Relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti) 12

Art. 123-ter

1. Almeno ventuno giorni prima della data dell'assemblea prevista dall'articolo 2364, secondo comma, o dell'assemblea prevista dall'articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile, le societa' con azioni quotate mettono a disposizione del pubblico una relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi corrisposti, presso la sede sociale, sul proprio sito Internet e con le altre modalita' stabilite dalla CONSOB con regolamento 3.

2. La relazione [sulla remunerazione]  e' articolata nelle due sezioni previste ai commi 3 e 4 ed e' approvata dal consiglio di amministrazione. Nelle societa' che adottano il sistema dualistico la relazione e' approvata dal consiglio di sorveglianza, su proposta, limitatamente alla sezione prevista dal comma 4, lettera b), del consiglio di gestione 4.

3. La prima sezione della relazione [sulla remunerazione]  illustra in modo chiaro e comprensibile 5:

a) la politica della societa' in materia di remunerazione dei componenti degli organi di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilita' strategiche con riferimento almeno all'esercizio successivo e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2402 del codice civile, dei componenti degli organi di controllo 6;

b) le procedure utilizzate per l'adozione e l'attuazione di tale politica.

3-bis. La politica di remunerazione contribuisce alla strategia aziendale, al perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilita' della societa' e illustra il modo in cui fornisce tale contributo. Fermo quanto previsto dal comma 3-ter, le societa' sottopongono al voto dei soci la politica di remunerazione di cui al comma 3 con la cadenza richiesta dalla durata della politica definita ai sensi del comma 3, lettera a), e comunque almeno ogni tre anni o in occasione di modifiche della politica medesima. Le societa' attribuiscono compensi solo in conformita' con la politica di remunerazione da ultimo approvata dai soci. In presenza di circostanze eccezionali le societa' possono derogare temporaneamente alla politica di remunerazione, purche' la stessa preveda le condizioni procedurali in base alle quali la deroga puo' essere applicata e specifichi gli elementi della politica a cui si puo' derogare. Per circostanze eccezionali si intendono solamente situazioni in cui la deroga alla politica di remunerazione e' necessaria ai fini del perseguimento degli interessi a lungo termine e della sostenibilita' della societa' nel suo complesso o per assicurarne la capacita' di stare sul mercato 7.

3-ter. La deliberazione prevista dal comma 3-bis e' vincolante. Qualora l'assemblea dei soci non approvi la politica di remunerazione sottoposta al voto ai sensi del comma 3-bis la societa' continua a corrispondere remunerazioni conformi alla piu' recente politica di remunerazione approvata dall'assemblea o, in mancanza, puo' continuare a corrispondere remunerazioni conformi alle prassi vigenti. La societa' sottopone al voto dei soci una nuova politica di remunerazione al piu' tardi in occasione della successiva assemblea prevista dall'articolo 2364, secondo comma, o dell'assemblea prevista dall'articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile 8.

4. La seconda sezione della relazione, in modo chiaro e comprensibile e, nominativamente per i componenti degli organi di amministrazione e di controllo, i direttori generali e in forma aggregata, salvo quanto previsto dal regolamento emanato ai sensi del comma 8, per i dirigenti con responsabilita' strategiche 9:

a) fornisce un'adeguata rappresentazione di ciascuna delle voci che compongono la remunerazione, compresi i trattamenti previsti in caso di cessazione dalla carica o di risoluzione del rapporto di lavoro, evidenziandone la coerenza con la politica della societa' in materia di remunerazione relativa all'esercizio di riferimento 10;

b) illustra analiticamente i compensi corrisposti nell'esercizio di riferimento a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma dalla societa' e da societa' controllate o collegate, segnalando le eventuali componenti dei suddetti compensi che sono riferibili ad attivita' svolte in esercizi precedenti a quello di riferimento ed evidenziando, altresi', i compensi da corrispondere in uno o piu' esercizi successivi a fronte dell'attivita' svolta nell'esercizio di riferimento, eventualmente indicando un valore di stima per le componenti non oggettivamente quantificabili nell'esercizio di riferimento;

b-bis) illustra come la societa' ha tenuto conto del voto espresso l'anno precedente sulla seconda sezione della relazione 11.

5. Alla relazione sono allegati i piani di compensi previsti dall'articolo 114-bis ovvero e' indicata nella relazione la sezione del sito Internet della societa' dove tali documenti sono reperibili.

6. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 2389 e 2409-terdecies, primo comma, lettera a), del codice civile, e dall'articolo 114-bis, l'assemblea convocata ai sensi dell'articolo 2364, secondo comma, ovvero dell'articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile, delibera in senso favorevole o contrario sulla seconda sezione della relazione prevista dal comma 4. La deliberazione non e' vincolante. L'esito della votazione e' posto a disposizione del pubblico ai sensi dell'articolo 125-quater, comma 2 12.

7. La Consob con regolamento, adottato sentite Banca d'Italia e Ivass per quanto concerne i soggetti rispettivamente vigilati e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea di settore, indica le informazioni da includere nella prima sezione della relazione e le caratteristiche di tale politica in conformita' con l'articolo 9-bis della direttiva 2007/36/CE e nel rispetto di quanto previsto dal paragrafo 3 della raccomandazione 2004/913/CE e dal paragrafo 5 della raccomandazione 2009/385/CE13.

8. La Consob, con il regolamento adottato ai sensi del comma 7, indica altresi' le informazioni da includere nella seconda sezione della relazione, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 9-ter della direttiva 2007/36/CE. La CONSOB puo'14:

a) individuare i dirigenti con responsabilita' strategiche per i quali le informazioni sono fornite in forma nominativa;

b) differenziare il livello di dettaglio delle informazioni in funzione della dimensione della societa'.

8-bis. Il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale del bilancio verifica l'avvenuta predisposizione da parte degli amministratori della seconda sezione della relazione 15.

8-ter. Rimangono ferme le disposizioni previste in materia di remunerazioni da normative di settore 16.

 

[1] Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 259. Vedi anche l'articolo 2, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 259 del 2010.

Inquadramento

A completamento della Sezione I sugli «Assetti proprietari», gli artt. 123-bis e 123-ter TUF regolano il contenuto e la diffusione delle informazioni sul governo societario e le informazioni sugli assetti proprietari, che sono parte della relazione sulla gestione a corredo del bilancio (art. 2428 c.c.). La pubblicità di tali informazioni ha almeno un triplice scopo: rendere edotti i soci delle regole, decisioni e prassi che regolano la corporate governance della società; consentire anche a terzi (potenziali investitori nel mercato dei capitali di rischio oppure stakeholders) di rinvenire in un singolo documento, secondo il modello del one-stop shop, informazioni che tendenzialmente sarebbero già state rese dalla società in adempimento di altri oneri di legge; agevolare la Consob nell'attività di vigilanza informativa, quale condizione essenziale anche della funzione di regolazione ed enforcement in materia di corporate governance (best practices e Codice di Autodisciplina).

A tal fine, garantire la qualità dell'informazione, tramite standard di chiarezza, completezza e onestà espositiva, assume valore non solo interno (monitoring) ma anche esterno (in termini di contendibilità societaria). Esempio del valore assegnato all'attendibilità, in senso più ampio dell'intera relazione sulla gestione (dal contenuto più ampio delle prescrizioni dell'art. 123-bis TUF) è dato inoltre dal ruolo e dalla funzione del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che concorre con l'organo amministrativo ad attestare la relazione sulla gestione (art. 154-bis TUF).

In altre parole, come è stato efficacemente riportato (Marchetti), «se il sistema di governo societario e le sue pratiche rappresentano una bussola essenziale per orientare gli investitori è doveroso avere piena conoscenza del loro contenuto, delle fonti, del modo con cui sono applicate».

Accanto alla relazione sul governo societario ha assunto un'importanza crescente quella sulla remunerazione, prevista dall'art. 123-ter, inserito nel TUF con il d. lgs. n. 259/2010, di recepimento di Raccomandazioni della Commissione Europea di del 2004 e de 2009 in materia di amministratori delle società quotate. Dopo la modifica apportata all'art. 123-ter dal d. lgs. n.49/2019 è diventata “relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti” agli organi di gestione, controllo e ai direttori generali e dirigenti con funzione strategica. La norma previgente instaurava un sistema con una connotazione maggiormente endosocietaria nel quale all'assemblea, in attuazione del principio c.d. di say-on-pay, era attribuito un potere di voto solo consultivo sulla prima sezione della relazione sulla remunerazione, ovvero quella relativa alla politica di remunerazione adottata dall'organo amministrativo (policy e procedure sociali per la remunerazione), essendo la relativa deliberazione «non … vincolante», anche se ne era prevista la pubblicazione sul sito Internet della società nei modi indicati dall'art. 125-quater, comma 2, TUF. Nessun voto era invece previsto sula seconda sezione della relazione sulla remunerazione che fornisce, nominativamente (per componenti di organi sociali e direttori generali) o in forma aggregata (per gli altri dirigenti di rilevanza strategica), la fotografia complessiva dei relativi esborsi compiuti nell’anno precedente che era dunque assegnata alla sola competenza dell'organo amministrativo.

Nel nuovo regime vi è invece un voto vincolante dell'assemblea sulla politica di remunerazione, da adottare con periodicità corrispondente alla durata di tale politica e superabile soltanto in presenza di  “circostanze eccezionali” (nuovi commi 3.bis e 3.ter). Inoltre, è previsto un voto non vincolante dell'assemblea sulla seconda parte della Relazione (nuovo comma 6).

A perfezionare il regime di pubblicità, la relazione sulla remunerazione, nella sua interezza, viene messa a disposizione del pubblico, almeno 21 giorni prima della data dell'assemblea, presso la sede sociale, sul sito Internet della società, e con le altre modalità stabilite dal Regolamento Consob nel Regolamento Emittenti (n. 11971 del 14 maggio 1999).

Infine ogni violazione attinente al contenuto e alla pubblicazione della Relazione sulla remunerazione è ora sanzionato in via amministrativa.

Relazione sul governo societario e gli assetti proprietari

In base all'art. 123-bis TUF, i soggetti obbligati alla redazione della relazione sul governo societario e sugli assetti proprietari sono le società emittenti valori mobiliari (ex art. 1, comma 1-bis, TUF) ammesse alle negoziazioni in mercati regolamentati.

In ragione della formulazione ampia data dal legislatore, che peraltro ha espressamente consentito la derogabilità dell'art. 119 TUF, la dottrina ha avanzato l'interpretazione della rilevanza di emittenti valori mobiliari mobiliari italiani quotati anche al di fuori dell’Unione Europea (Balzarini, Rossi), ma in concreto tale posizione non pare aver avuto seguito. 

I soggetti obbligati possono indicare le informazioni richieste dall'art. 123-bis TUF sia in forma di sezione nella relazione sulla gestione sia quale relazione distinta (pur sempre di competenza dell'organo amministrativo) da pubblicarsi comunque congiuntamente alla relazione sulla gestione (comma 3).

Le prescrizioni sulla relazione sul governo societario e sugli assetti proprietari si suddividono principalmente nelle macro aree indicate al comma 1 e al comma 2 dell'art. 123-bis TUF, che comunque non riescono a raggiungere una suddivisione del tutto sistematica.

Da un lato, il comma 1 fornisce un elenco delle informazioni che riguardano le caratteristiche del capitale sociale e dei relativi diritti di voto, degli assetti proprietari (anche tramite accordi di natura parasociale) e sulla struttura organizzativa. Come si evince dal «Format per la relazione sul governo societario e gli assetti proprietari» di Borsa Italiana del gennaio 2018, tale comma si può così suddividere:

a) Struttura del capitale sociale (ex art. 123-bis, comma 1, lett. a, TUF);

b) Restrizioni al trasferimento di titoli (ex art. 123-bis, comma 1, lett. b, TUF);

c) Partecipazioni rilevanti nel capitale (ex art. 123-bis, comma 1, lett. c, TUF);

d) Titoli che conferiscono diritti speciali (ex art. 123-bis, comma 1, lett. d, TUF);

e) Partecipazione azionaria dei dipendenti: meccanismo di esercizio dei diritti di voto (ex art. 123-bis, comma 1, lett. e, TUF);

f) Restrizioni al diritto di voto (ex art. 123-bis, comma 1, lett. f, TUF);

g) Accordi tra azionisti (ex art. 123-bis, comma 1, lett. g, TUF);

h) Clausole di change of control (ex art. 123-bis, comma 1, lett. h, TUF) e disposizioni statutarie in materia di OPA (ex artt. 104, comma 1-ter, e 104-bis, comma 1);

i) Deleghe ad aumentare il capitale sociale e autorizzazioni all'acquisto di azioni proprie (ex art. 123-bis, comma 1, lett. m, TUF);

l) Nomina e sostituzione degli amministratori (ex art. 123-bis, comma 1, lett. l, TUF);

m) Attività di direzione e coordinamento (ex art. 2497 ss. c.c.).

Dall'altro lato, il comma 2 ha ad oggetto aspetti prevalentemente di compliance in tema di funzionamento della corporate governance (anche in forma di prassi, comportamenti aziendali o procedure interne). Assume particolare importanza la previsione richiamata alla lett. a) sulla adesione da parte della società ad un codice di comportamento in materia di governo societario, espressione del principio di autoregolamentazione, quale ad esempio il Codice di Autodisciplina (ora di Corporate Governance) adottato dal  Comitato per la Corporate Governance ovvero altri codici di autodisciplina eventualmente adottati da associazioni di categoria.

In adesione alla Raccomandazione della Commissione europea del 9 aprile 2014 sulla qualità dell'informativa sul governo societario (e della regola «comply or explain»), il legislatore ha consentito che la società sia libera di adottare previsioni ad hoc, senza che i relativi codici di autodisciplina avessero portata prescrittiva e vincolante. Ciò, però, a condizione che vi sia una motivazione rafforzata e puntuale da parte dell'organo amministrativo sulle ragioni dello scostamento dalle raccomandazioni. In ogni caso, della adesione al codice di autodisciplina è data pubblicità e accessibilità, così come della mancata adesione (art. 89-bis Regolamento Emittenti).

Gli oneri di pubblicità del secondo comma si completano con ulteriori informazioni obbligatorie sulla composizione del consiglio di amministrazione (art. 123-bis, comma 2, lett. d e d-bis, TUF), sul ruolo del consiglio di amministrazione, sui comitati interni (anche di controllo rischi e di controllo interno) e sull'eventuale comitato esecutivo (art. 123-bis, comma 2, lett. b, d, TUF), oltre che sui meccanismi di funzionamento dell'assemblea degli azionisti (art. 123-bis, comma 2, lett. c, TUF).

Infine, occorre richiamare che, ad opera del d.lgs. n. 254/2016, è stato risolto il difetto di coordinamento, segnalato dalla dottrina (Rossi) che, per l'attività di controllo delle società di revisione, faceva riferimento all'abrogato 156 TUF. Nella nuova formulazione, la disposizione fa quindi riferimento all'art. 14, comma 2, lett. e), d.lgs. n. 39/2010 che concerne il giudizio di coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio e con le norme di legge, emesso in occasione della relazione di revisione.

Codici di comportamento

Nell'ambito della relazione sul governo societario e sugli assetti proprietari rileva, come già ricordato, la previsione dell'art. 123-bis, comma 2, lett. a), TUF nella parte in cui impone alle società quotate di fornire adeguate informazioni circa l'adesione ad un codice di comportamento in materia di governo societario, vale a dire codici di autodisciplina promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria (es. Comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana). Tali codici sono espressione del principio di autoregolamentazione (self regulation) che il legislatore, seguendo l'impostazione regolatoria della soft law, ha inteso prevedere al fine di raggiungere il maggior grado di conformità e adesione ad un modello di best practices, senza dover optare per meccanismi pervasivi di enforcement in danno della autonomia sociale nella scelta della corporate governance.

Coerentemente, l'adesione ad un codice di comportamento ha carattere volontario, ma la mancata adesione comporta l'obbligo di trasmettere la comunicazione della motivazione a sostegno della scelta, secondo la regola del comply or explain introdotta dalla Raccomandazione della Commissione europea del 9 aprile 2014. Peraltro, in seguito all'adesione al Codice, la società – sempre secondo la Raccomandazione – è tenuta a fornire in un'apposita «relazione sul governo societario» informazioni accurate, di agevole comprensione ed esaustive per consentire agli investitori di comprendere e valutare in che modo la compliance al Codice è stata posta in essere in concreto (Principio guida III).

In forza dell'art. 123-bis, comma 2, lett. a), TUF e dell'art. 89-bis del Regolamento Emittenti – anche alla luce dell'art. 89-ter dello stesso Regolamento, emanato dalla Consob in attuazione dell'art. 124-ter, che demanda all'Autorità di stabilire in via regolamentare le forme di pubblicità per i codici di comportamento sul governo societario adottati da società di gestione o associazioni di categoria –, le società possono (i) adottare un codice di comportamento già redatto e reso pubblico da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria; (ii) applicare solo in parte un codice di comportamento già esistente e reso pubblico, tra quelli già redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, secondo i criteri che si ritengono più opportuni per le scelte gestionali della società oppure limitandosi a non aderire alla versione più aggiornata del codice stesso (tuttavia, tali scelte devono essere accompagnati da una motivazione rafforzata dalla quale si evincano le ragioni della disapplicazione); (iii) non procedere con l'adesione a codici di comportamento, rendendolo pubblico secondo quanto previsto dall'art. 89-bis del Regolamento. Anche in questa circostanza, le società danno motivata notizia nella relazione sulla gestione ovvero in una relazione distinta approvata dall'organo amministrativo e pubblicata nei termini già indicati in precedenza.

Nell'ipotesi in cui la società ponga in essere le ipotesi (ii) e (iii), il Codice di autodisciplina del Comitato per la Corporate Governance precisava nella versione del 2015 che «tale scelta non determin[a] a priori un giudizio di disvalore, nella consapevolezza che la stessa può dipendere da diversi fattori: la società potrebbe essere non ancora sufficientemente strutturata per l'applicazione di tutte le raccomandazioni (perché, ad esempio, di recente quotazione) o potrebbe ritenere alcune raccomandazioni non funzionali o non compatibili con il proprio modello di governance o con la situazione giuridica e finanziaria della società oppure ancora potrebbe aver individuato soluzioni di governance alternative a quelle disattese che consentono nella sostanza di raggiungere lo stesso obiettivo» (p. 4-5).

Nell’Introduzione alla versione del 2020 (come già detto ora denominato Codice di Corporate Governance), in linea con la maggiore flessibilità complessiva delle prescrizioni (che distinguono anche fra società grandi e piccole e fra società a proprietà concentrata o diffusa) è precisato, fra l’altro, che:

“Le società adottano il Codice con prevalenza della sostanza sulla forma e applicano le sue raccomandazioni secondo il criterio del “comply or explain”.

Ogni società che aderisce al Codice fornisce nella relazione sul governo societario informazioni accurate, di agevole comprensione ed esaustive, se pur concise, sulle modalità di applicazione del Codice.

L’applicazione del Codice è improntata a princìpi di flessibilità e proporzionalità.

Nella relazione sul governo societario le società illustrano come hanno concretamente applicato i princìpi del Codice. La scelta di discostarsi da una o più raccomandazioni del Codice può dipendere da fattori interni ed esterni alla società, in base ai quali la pratica raccomandata dal Codice potrebbe non essere funzionale o compatibile con il suo modello di governance. L’adesione al Codice implica però che ciascuno scostamento sia chiaramente indicato nella relazione sul governo societario”.

Dal 5° rapporto sull'applicazione del codice di autodisciplina relativo al 2017 si evinceva che per 230 società quotate nei vari segmenti del MTA il 90% ha aderito all'ultima versione del Codice di autodisciplina (2015), mentre il restante 10% o non ha aderito (tredici società) o ha aderito a versioni precedenti dello stesso (otto società).

Inoltre, dalla relazione 2022 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate italiane e del Comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana emerge un interessante processo evolutivo. Da un lato le società che aderiscono al codice rappresentano ora il 95% del totale delle società italiane con azioni quotate su Euronext Milan con un peso pari al 99% della capitalizzazione complessiva delle società italiane quotate; d’altra parte, però, “la copertura del listino integrale di Borsa Italiana, che comprende anche le società quotate su Euronext Milan di diritto estero, è pari al 90% delle società e al 73% della relativa capitalizzazione complessiva. La riduzione della copertura è più rilevante per le società di grandi dimensioni rappresentate nell’indice FTSE MIB (82% delle società e 70% della capitalizzazione dell’indice) in conseguenza della maggiore presenza relativa di società di diritto estero in tale indice”.

Laddove le società hanno fornito una motivazione, questa ha riguardato tendenzialmente la ridotta dimensione e struttura organizzativa e l'assetto proprietario particolarmente concentrato della società; nei restanti casi le società non hanno fornito una motivazione.

In particolare, il Codice del Comitato per la Corporate Governance, prima di Autodisciplina, ora di Corporate Governance, redatto nel 2006 e più volte modificato (2010, 2011, 2014, 2015, 2020 con l’ultimo cambio di denominazione), tratta diffusamente dei principali aspetti di principio e di dettaglio in materia di corporate governance e per ciascuna macro area si suddivide in principî, criteri applicativi e commento.

In particolare, le principali aree riguardano,: il ruolo, la composizione e la nomina degli organi sociali, le caratteristiche e le funzioni degli amministratori indipendenti e del Presidente, l’istituzione e il funzionamento dei comitati interni al consiglio di amministrazione, la remunerazione degli amministratori, il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi. Come precisato nella già menzionata Introduzione della versione del 2020 “Il Codice è neutrale rispetto al modello societario concretamente adottato dalla società” e dunque è applicabile anche in relazione ai sistemi di amministrazione e controllo dualistico e monistico.

A lato del meccanismo di comply or explain, l'enforcement dei codici di autodisciplina è ritenuto ancora di tipo formale, quindi non del tutto sufficiente a garantire il pieno sviluppo dei principî in esso contenuti (Marchetti). A conferma della debolezza dell'enforcement dell'autodisciplina, questa dottrina richiama l'assenza di sanzioni per la mancata veridicità delle comunicazioni sull'adesione ad un codice di comportamento. A riguardo, vale richiamare che in più occasioni (ad esempio nella relazione per il 2017 il Comitato per la Corporate Governance ha invitato «gli emittenti a evitare una compliance meramente formale con le raccomandazioni del Codice, privilegiando un confronto trasparente e sostanziale con le best practice ivi contenute».

Con riferimento all’evoluzione del Codice adottato dal Comitato per la Corporate Governance, è da rilevare il valore e l'importanza delle best practices indicate che, in alcuni casi, hanno anticipato previsioni del TUF in materia di governo societario. Come deduce il Comitato Italiano per la Corporate Governance, che raccoglie associazioni di impresa assieme a investitori professionali e Borsa Italiana, il Codice prescrive «standard ottimali cui orientare l'assetto organizzativo dell'emittente e non già i requisiti legali minimi cui adempiere».

Relazione sulla remunerazione

 

Le norme sulla remunerazione al di fuori dell'art. 123-ter TUF

L'opportunità di richiedere alle società quotate di redigere una relazione sulla remunerazione è stata oggetto di una precisa scelta legislativa del 2010, quando, in conformità con le teorizzazioni in tema di conflitti di interessi e asimmetrie informative (c.d. agency theory), si è ritenuto di imporre un ulteriore livello di trasparenza sulle dinamiche societarie in materia di compensi, da intendersi in senso lato, quali compensi effettivi (in misura fissa o variabile) e condizionati.

In termini generali, nel sistema tradizionale si prevede, da un lato, che il compenso degli amministratori è determinato dall'assemblea, salvo sia già stabilito dallo statuto (art. 2364, comma 1, n. 3, c.c.) o all'atto di nomina (art. 2389, comma 1, c.c.), mentre, dall'altro lato, si consente che il consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale, preveda la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche (art. 2389, comma 3, c.c.). In forza di una apposita previsione statutaria, l'assemblea può altrimenti determinare un importo complessivo per la remunerazione, anche degli amministratori investiti di particolari cariche (es. amministratore delegato). Per i compensi dei sindaci e dei revisori legali dei conti, invece, può essere stabilita solo dalla assemblea, qualora non sia già determinata dallo statuto (rispettivamente artt. 2402 c.c. e 13, comma 1, d.lgs. n. 39/2010); al riguardo, si rinvia ad altra parte di questo Codice.

Significativo è inoltre l'art. 114-bis TUF, introdotto con la legge per la tutela del risparmio nel 2005, ai fini di rafforzare l'informazione societaria sui piani di compensi basati su strumenti finanziari a favore dei componenti dell'organo amministrativo (es. stock option, restricted stock). Essi sono assegnati alla specifica competenza dell'assemblea (in deroga all'art. 2389, comma 3, c.c. che la assegna alla competenza del consiglio di amministrazione) e sono oggetto di specifiche prescrizioni di pubblicità con le modalità previste dall'art. 123-ter TUF (presso la sede sociale e nel sito Internet della società).

La previsione è dovuta alla convinzione che sia fra le cause delle crisi finanziarie un disallineamento tra gli interessi di breve periodo degli amministratori, incentivati dagli strumenti richiamati a politiche di massimizzazione dei profitti anche a discapito dello stato di salute economico-finanziaria della società, e gli interessi di medio-lungo periodo dei soci (pur nella consapevolezza che anche tra i soci vi sono diverse tipologie di politiche di investimento).

Le previsioni del codice di autodisciplina  e del Codice di Corporate Governance

In sede autoregolamentare, il Codice di autodisciplina del Comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana nella versione del 2015 oggi sostituita, raccomandava alle società emittenti specifiche regole di condotta (best practices) in tema di remunerazione degli amministratori (art. 6), sempre sedondo lo schema, già richiamato, del comply or explain, in base al quale l’organo amministrativo è tenuto a motivare le ragioni della eventuale disapplicazione o difformità dal Codice di autodisciplina in sede di definizione delle regole di corporate governance. Le disposizioni in esso previste, tuttavia, assumevano ulteriore rilevanza con riferimento ai richiamati obblighi di informazione circa l’adesione ad un codice di governo societario, ai sensi dell’art. 123-bis, comma 2, lett. a), TUF.

A livello di principî, l’art. 6 prevedeva  che la remunerazione dovesse avvenire «in misura sufficiente ad attrarre, trattenere e motivare persone dotate delle qualità professionali richieste per gestire con successo l’emittente» (6.P.1), tendere ad «allineare» gli interessi degli amministratori «con il perseguimento dell’obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio-lungo periodo» (6.P.2) e essere, infine, il risultato di una procedura nella quale il comitato per la remunerazione, composto da amministratori indipendenti o da amministratori non esecutivi, in maggioranza indipendenti (compreso il presidente), proponeva al consiglio di amministrazione di definire una politica per la remunerazione degli amministratori e dei dirigenti con responsabilità strategiche (6.P.3-4).

Il nuovo Codice di Corporate Governance del gennaio 2020, che ha sostituito quello di Autodisciplina del 2015 conferma l’impostazione di fondo ma contiene alcune importanti novità.

In primo luogo, viene per la priva volta esplicitato l’obiettivo del “successo sostenibile” (Principio XV: “La politica per la remunerazione degli amministratori, dei componenti dell’organo di controllo e del top management è funzionale al perseguimento del successo sostenibile della società e tiene conto della necessità di disporre, trattenere e motivare persone dotate della competenza e della professionalità richieste dal ruolo ricoperto nella società”).

In secondo luogo, vi è una semplificazione dei principi da seguire, limitati all’obbligo di trasparenza e di tendenziale coerenza con la politica adottata, anche in ragione del rafforzamento delle norme di legge in materia di relazione sulla remunerazione. Nello stesso tempo sono state inserite nelle Raccomandazioni alcune indicazioni più di merito sui contenuti possibili della policy (ad esempio sul bilanciamento tra componente fissa e componente variabile o sulla componente connessa ad obiettivi di sostenibilità) e sul ruolo del comitato remunerazioni, ferma la flessibilità connessa alle diverse caratteristiche degli emittenti.

La relazione di cui all'art. 123-ter TUF

Al medesimo obiettivo di superamento della dicotomia tra possibili interessi degli amministratori verso risultati di breve periodo ed interesse (presunto) dei soci (o almeno di alcuni di essi) ad una maggiore stabilità dell'impesa, che si è indicato come sottostante le previsioni di cui all'art. 114-bis del TUF, fanno  riferimento le Raccomandazioni della Commissione Europea del 2004 e del 2009 e successivamente gli artt. 9-bis (per le politiche di remunerazione) e 9-ter (per i compensi corrisposti) della Direttiva Shareholder's rights come modificato dalla Direttiva n. 2017/828. Specialmente l'art. 9-bis assegna rilievo, secondo una costante dei più recenti interventi della Commissione Europea, anche al tema della “sostenibilità”.

Nella norma nazionale, indice delle finalità di fondo sono le parti dell'art. 123-ter TUF, con toni manifestatamente programmatici, si prevedeva (versione precedente) che nella relazione sulla remunerazione fossero comprese «le informazioni volte ad evidenziare la coerenza della politica delle remunerazioni con il perseguimento degli interessi di lungo termine della società e con la politica di gestione del rischio» (comma 7) e si prevede ora (inizio nuovo comma 3.bis, pienamente onfom all'art. 9-is della Direttiva) che “La politica di remunerazione contribuisce alla strategia aziendale, al perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilita' della societa' e illustra il modo in cui fornisce tale contributo”.

La norma, sia nella versione originaria che in quella nuova, prevede innanzi tutto (comma 1) un onere di pubblicità di quella che ora s chiama “relazione sulla politica di remunerazione e i compensi corrisposti”. Essa (comma 2)  è adottata  dall'organo amministrativo e deve essere messa a disposizione del pubblico almeno ventun giorni prima dell'assemblea ordinaria annuale (artt. 2364, comma 2, per i modelli tradizionale e monistico, art. 2364-bis, comma 2, c.c., per quello dualistico che prevede il consiglio di sorveglianza). A tal fine, la pubblicità necessaria si ritiene raggiunta allo stato attuale in base al testo vigente dell'art. 84-quater del Regolamento Emittenti della Consob con il deposito presso la sede sociale, e la pubblicazione sul sitoInternet, oltre che con le ordinarie modalità di diffusione e stoccaggio da utilizzare per tutte le informazioni regolamentate ai sensi degli artt. 65 quinquies e ss. del medesimo Regolamento. Il tutto da realizzare 21 giorni prima dell'assemblea.

In conformità con le previsioni del TUF, la relazione sulla remunerazione deve essere composta da due sezioni.

La prima sezione illustra (i) la politica della società in materia di remunerazione dei componenti degli organi di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche con riferimento almeno all'esercizio successivo; (ii) le procedure per l'adozione e l'attuazione della politica di remunerazione (art. 123-ter, comma 3, TUF e All. 3A, schema 7-bis, sez. I, Regolamento Emittenti). La novella del 2019 ha soltanto aggiunto nel comma 3 la salvezza di quanto previsto per i sindaci  dall'art. 2402 c.c (vale a dire chela retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio”), che però non è una novità ma una precisazione..

La seconda sezione si focalizza sui singoli componenti dell'organo amministrativo, di controllo e dei direttori generali, da un lato, e sui dirigenti con responsabilità strategiche, dall'altro lato. Per i primi l'art. 123-ter TUF richiede una analisi nominativa, mentre per i secondi è sufficiente una valutazione in forma aggregata. La novella ha aggiunto che le informazioni devono essere date “in modo chiaro e comprensibile”.

La seconda sezione della relazione ha quindi ad oggetto: (i) l'adeguata rappresentazione di ciascuna delle voci che compongono la remunerazione, compresi i trattamenti previsti in caso di cessazione della carica o di risoluzione del rapporto di lavoro, evidenziandone la coerenza con la politica della società in materia di remunerazione relativa all' esercizio di riferimento; (ii) l'analitica illustrazione dei compensi corrisposti nell'esercizio di riferimento a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma dalla società e da società controllate o collegate, unitamente alle voci relative agli esercizi passati e alle aspettative per gli esercizi futuri fornendo anche un valore di stima per le componenti non oggettivamente qualificabili nell'esercizio di riferimento (art. 123-ter, comma 4, TUF e All. 3A, schema 7-bis, sez. II, Regolamento Emittenti). B BIS La relazione deve poi essere corredata dai piani di compensi basati su strumenti finanziari a favore dei componenti dell'organo amministrativo, già descritti in relazione all'art. 114-bis TUF, a meno che la società emittente non opti per un mero riferimento nella relazione dove tali documenti sono reperibili nel sito Internet.

Nella versione originaria,  l'art. 123-ter TUF prevedeva una particolare tipologia di voto assembleare sulla prima sezione della relazione sulla remunerazione (policye procedure sociali per la remunerazione). In merito, l'assemblea era chiamata a deliberare su tale sezione, ma con l'effetto proprio di un sindacato debole dal momento che l'esito della deliberazione assembleare era definito come «non  vincolante» (comma 6 nella versione previgente). L'unico effetto che tale voto, specie se contrario, produceva consisteva nella sua pubblicazione e sull'effetto di moral suasion che l'eventualità della pubblicazione di una esternazione assembleare così difforme poteva produrre ex ante negli amministratori che avessero voluto presentare all'assemblea una proposta che avrebbe potuto incontrare un voto contrario.

La modifica di tale punto è la novità più rilevante del nuovo regime ed è in linea con le previsioni di default delle norme europee, avendo l'Italia rinunciato ad esercitare le facoltà di semplificazione pure consentite.

In estrema sintesi è oggi previsto un voto vincolante dell'assemblea per la prima parte della Relazione (quella sulla policy), mentre il meccanismo di voto non vincolante precedentemente previsto è ora riservato alla seconda parte (quella sui compensi corrisposti).

L'esistenza di un voto vincolante ha determinato come conseguenza la previsione di un possibile superamento del vincolo soltanto in presenza di circostanze eccezionali, individuate dal comma 3.bis come quelle “situazioni in cui la deroga alla politica di remunerazione e' necessaria ai fini del perseguimento degli interessi a lungo termine e della sostenibilita' della societa' nel suo complesso o per assicurarne la capacita' di stare sul mercato. Inoltre, in caso di mancata approvazione dovrà essere seguita la policy vigente per gli anni precedenti con obbligo di sottoporre una nuova delibera da approvare alla successiva assemblea.

 In base  all'art. 7, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 49/2019 le norme entreranno in vigore in occasione delle prime assemblee di approvazione di bilanci iniziati a partire dall'1 gennaio 2019 (dunque nella primavera 2020).

Nel frattempo dovranno essere aggiornate dalla Consob le norme regolamentari vigenti, che allo stato riguardano essenzialmente la pubblicità della relazione mentre in attuazione del nuovo art. 123-ter, commi 7 e 8, dovranno anche riguardare alcuni chiarimenti sul contenuto delle due sezioni e su alcuni aspetti definitori (ad esempio i dirigenti con responsabilità strategiche) e potranno anche realizzare differenze negli obblighi in relazione alle dimensioni delle società. Si è in attesa del completamento dell'iter appena avviato con la consultazione.

Sanzioni

 

Le sanzioni riguardanti alcuni aspetti della Relazione sul governo societario e gli assetti proprietari

Con riferimento alle sanzioni amministrative in materia di relazione sul governo societario e gli assetti proprietari, l'art. 192-bis TUF sanziona, sin dalla sua introduzione con il d.lgs. n. 259/2010, l'omessa comunicazione dell'adesione ad un codice di comportamento “motivando le ragioni dell'eventuale mancata adesione ad una o più disposizioni, nonché le pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla società al di là degli obblighi previsti dalle norme legislative o regolamentari” ed indicando “dove il codice di comportamento in materia di governo societario al quale aderisce è accessibile al pubblico” (art. 123-bis, comma 2, lett. a, TUF).

In questa circostanza – in linea con uno schema ormai costante nel TUF dopo le ultime modifiche conseguenti al recepimento delle più recenti norme europee sul mercato finanziario – la disposizione sanzionatoria prevede sanzioni reputazionali (name-and-shame), misure amministrative (chase-and-desist) e sanzioni pecuniarie, da adottarsi secondo il canone ermeneutico della proporzionalità. In particolare, si applica una delle seguenti sanzioni amministrative: «a) una dichiarazione pubblica indicante il soggetto responsabile della violazione e la natura della stessa, quando questa sia connotata da scarsa offensività o pericolosità e l'infrazione contestata sia cessata; b) un ordine di eliminare le infrazioni contestate, con eventuale indicazione delle misure da adottare e del termine per l'adempimento, e di astenersi dal ripeterle, quando le infrazioni stesse siano connotate da scarsa offensività o pericolosità; c) una sanzione amministrativa pecuniaria da euro diecimila a euro dieci milioni, ovvero fino al cinque per cento del fatturato quando tale importo è superiore a euro dieci milioni e il fatturato è determinabile ai sensi dell'articolo 195, comma 1-bis».

Secondo il successivo comma 1-bis le sanzioni sopra indicate si applicano anche ad alcune specifiche persone fisiche con una mitigazione nel massimo della relativa sanzione amministrativa pecuniaria che si ferma a “euro due milioni”. Le persone coinvolte sono i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, ma anche il restante personale “qualora la loro condotta abbia contribuito a determinare l'omissione delle comunicazioni da parte della società o dell'ente”,   e sempre che siano presenti le condizioni indicate all'art. 190-bis, comma 1, lettera a, TUF (inosservanza dei doveri propri o dell'organo di appartenenza se  la condotta ha inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione o sui profili di rischio aziendali, ovvero ha provocato un grave pregiudizio per la tutela degli investitori o per la trasparenza, l'integrità e il corretto funzionamento del mercato).

Per entrambi tali ipotesi, il d.lgs. n. 49/2019 ha sostituito il comma 1-ter dell'art. 192-bis per prevedere un'ulteriore possibilità di innalzamento della sanzione massima, tramite l'applicabilità di quanto previsto (per altra sanzione, ma più volte richiamato da norma sanzionatorie del TUF) dall'art. 187-quiquiesdecies, comma 1-quater del TUF , secondo cui , “se il vantaggio ottenuto dall'autore della violazione come conseguenza della violazione stessa è  superiore ai limiti massimi indicati nel presente articolo, la sanzione amministrativa pecuniaria è elevata fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto, purché tale ammontare sia determinabile”.

 

Inoltre, come è stato fatto notare (Marchetti), dal combinato disposto tra gli artt. 149, comma 1, lett. c-bis), e 193, commi 2 e 3, TUF si evincerebbe che l'eventuale violazione da parte del collegio sindacale dei doveri di controllo «sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento [...], cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi» può essere sanzionata con riguardo «non solo alla relazione annuale sul governo societario ma al corretto svolgersi delle regole che si sono dichiarate di accettare di governo societario giorno per giorno».

In effetti la Consob ha in casi concreti sanzionato i componenti di un organo di controllo (collegio sindacale o consiglio di sorveglianza) anche con riguardo all'effettiva corrispondenza tra quanto indicato nella Relazione e l'effettivo andamento del governo societario.

Le sanzioni riguardanti la Relazione sulla remunerazione

Fino all'emanazione del d.lgs. n. 49/2019 non erano presenti  specifiche sanzioni amministrative in materia di relazione sulla remunerazione. La nuova redazione degli obblighi ad opera del menzionato decreto ha anche indotto il legislatore ad introdurle, in attuazione della previsione della Direttiva Shareholder's rights, come modificata, (art. 14-ter) secondo cui gli Stati membri devono stabilire (come usuale nelle norme comunitarie) sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

In particolare è stato inserito nell'art. 192-bis TUF un  nuovo comma 1.1., secondo cui «Salvo che il fatto costituisca reato, nei confronti delle società quotate nei mercati regolamentati che violano le disposizioni previste dall'articolo 123-ter e le relative disposizioni attuative nonché nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, qualora la loro condotta abbia contribuito a determinare la violazione delle disposizioni sopra richiamate da parte della società, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria … [sugli importi si torma dopo] ovvero le sanzioni previste dal comma 1, lettere a) e b)».​

E' dunque punito in via amministrativa ogni comportamento in violazione  delle disposizioni relative alla pubblicazione e al contenuto della relazione sule politiche di remunerazione e i compensi corrisposti.

La norma detta un meccanismo in parte comune a quello, ora esaminato, applicabile alle   violazioni dell'art. 123-bis, ma si distingue per almeno 4 particolarità: 1) è redatta in modo da ricomprendere senza ulteriori richiami sia la responsabilità diretta della società sia  quella delle persone fisiche; 2) quest'ultima (responsabilità di soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo) non è connessa anche ai parametri di cui all'art. 190, comma 1-bis, lett. a) del TUF , richiamati invece da più norme sanzionatorie del TUF, compresa quella riguardante la relazione sulla governance, ma soltanto al presupposto che la condotta abbia contribuito a determinare la violazione da parte della società; 3) il catalogo che va dalla dichiarazione pubblica alla sanzione è ordinato in modo diverso da quanto fanno altre norme; 4)  il massimo edittale era originariamente (ma non è più ora)  molto più ridotto rispetto a quello previsto per la relazione sulla governance e comune fra persone fisiche e giuridiche  (150 mila euro,  in luogo di 2 o 10 milioni, innalzabili, come visto, a determinate condizioni).

Con riguardo al punto 2)  è da ritenere che la previsione sia conseguenza di quanto prescritto dal secondo paragrafo del comma 5 dell'art. 9-ter della Direttiva secondo cui: “Gli Stati membri assicurano che gli amministratori della società, i quali operano nell'ambito delle competenze a essi attribuite dal diritto nazionale, abbiano la responsabilità collettiva di garantire che la relazione sulle remunerazioni sia redatta e pubblicata in osservanza degli obblighi previsti dalla presente direttiva. Gli Stati membri assicurano che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità, almeno nei confronti della società, si applichino agli amministratori della società, in caso di inosservanza dei doveri di cui al presente paragrafo”.

Per quanto riguarda il  massimo edittale si trattava – come avvenuto in via generale per tutte le nuove sanzioni introdotte nel TUF dal d.lgs. n. 49/2019, in ragione di un problema connesso alla mancanza di uno specifico criterio di delega – di importi significativamente più bassi nel massimo rispetto a quelli previsti per le altre violazioni di regole del TUF.

Successivamente – a seguito di specifica previsione da parte della legge di delegazione europea per il 2018 (l. n. 117/2019) – con il d.lgs. n. 84/2020 le sanzioni per le società sono state innalzate nel massimo fino a 10 milioni di euro, con il minimo di 10.000,

Per quanto riguarda le persone fisiche, con il nuovo comma 1.1.bis la sanzione è stata porta da un minimo di 10.000 ad un massimo di 2 milioni di Euro.  

Vi è poi un'altra sanzione, riguardante il revisore contabile che non verifichi l'avvenuta predisposizione da parte degli amministratori della seconda sezione della relazione, vale a dire quella sui compensi. Il Decreto del 2019 più volte richiamato ha infatti aggiunto all'art. 193, sempre del TUF, un nuovo comma 1-sexies secondo cui «al soggetto di cui all'articolo 123-ter, comma 8-bis, che omette di verificare l'avvenuta predisposizione della seconda sezione della relazione si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro diecimila ad euro  centomila».

E da ritenere che le nuove sanzioni siano entrate in vigore dopo l'emanazione delle norme regolamentari attuative del nuovo art. 123-ter e comunque (nella loro versione originaria) non prima dell'applicabilità della nuova normativa , indicata, come già detto, dall'art. 7, comma 2, lett. b) nelle prime assemblee di approvazione di bilanci iniziati a partire dall'1 gennaio 2019 (dunque primavera 2020).

  E' inoltre bene ricordare che tra i doveri del collegio sindacale vi è anche quello di vigilare sulla «osservanza della legge e dell'atto costitutivo», in base all'art. 149, comma 1, lett. a), TUF, con la conseguenza che i sindaci potevano già prima dell'introduzione della specifica sanzione essere tenuti a rispondere di eventuali incongruenze tra quanto previsto nella relazione e quanto effettivamente liquidato in loro favore, come si evince – da ultimo – da una recente vicenda riportata nella sent. Cass. II, n. 9254/2018 in materia di sanzioni comminate dalla Consob ai sindaci.

Bibliografia

Alvaro, Lupini, Le linee di azione della Commissione europea in materia di corporate governance e i riflessi sull’ordinamento italiano, Quaderno giuridico Consob n. 3, aprile 2013; Amatucci, I riflessi delle stock options sulle cause determinanti della crisi finanziaria, in Riv. dir. civ. 2009, 547; Assionime, Circolare n. 12/2006, Le nuove disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari; Assionimre, Circolare n. 48/2007, Il nuovo regime informativo dei piani di compenso basati su strumenti finanziari delle società quotate; Assonime, Circolare n. 8/2012 - La disciplina sulle remunerazioni per le società quotate, 2012; Assonime-Emittenti Titoli, Note e Studi 2/2018, La Corporate Governance in Italia: autodisciplina, remunerazioni e comply-or-explain (anno 2017), febbraio 2018; Baglioni, Presciani, Nuova edizione del Codice di autodisciplina delle società quotate, in Soc. 2012; Balzarini, Commento all’art. 123-bis, in Commentario della società, a cura di Grippo, III, Torino, 2009; Barontini, Bozzi, Board compensation and ownership structure: empirical evidence for Italian listed companies, in Journal of Management & Borsi, L’atto amministrativo complesso, 1903, ora Studi di diritto pubblico, 1976, I, 1919; Cappiello, Morera, Del merito e delle ricompense dei vertici dell’impresa bancaria, in Analisi giur. eco., 2007, 2, 409 ss.;  Commission Staff working document: Report on the application by Member States of the EU of the Commission Recommendation on directors’ remuneration, SEC(2207) 1022 e Commission Staff working document disponibile al seguente indirizzo e Report on the application by Member States of the EU of the Commission 2009/385/EU Recommendation (2009 Reccomendation on directors’ remuneration) completing Recommendations 2004/913/EC and 2005/162/EC as regards the regime for the remuneration of directors of listed companies, SEC(2010)670; Governance, 15, 2011, 59; Beghetto, La remunerazione degli amministratori nelle società quotate, in Nuove leggi civ. comm. 2012, 77; Bentivegna, La relazione sulle remunerazioni degli amministratori di società quotate ed il nuovo art. 123-ter T.U.F, in Riv. dir. imp. 2, 2011, 280; Beretta, Bozzolan, Pecchiari, La valutazione del sistema di controllo interno nella relazione sulla corporate governance, Riv. dott. comm. 2006, 931; Bruno, Bianconi, Il voto assembleare sulle politiche di remunerazione degli amministratori: procedura, risultati, prospettive, in Riv. soc. 2014, 1269; Brutti, Rilevanza giuridica dell’autoregolamentazione: osservazioni sui «codici di comportamento» di società quotate, in Soc. 2007; Calandra Bonelli, Gli amministratori di S.p.A., Milano, 2004, 183 ss.; Buonaura, Crisi finanziaria, governo delle banche e sistemi di amministrazione e controllo, Il diritto delle societа oggi. Innovazioni e persistenze, diretto da Benazzo, Cera, Patriarca, Torino, 2011; Campobasso, I compensi degli amministratori di società quotate: l’esperienza italiana, in Riv. soc. 2011, 703; Caterino, Autodisciplina societaria e dovrei del collegio sindacale della nuova legge sul risparmio, in Banca borsa tit. cred. I, 2008; Caterino, L’obbligo di redazione della relazione sul governo societario, in Codice commentato delle società, Milano, 2010, 3293; Del Linz, Commento all’art. 123-ter, in Commentario al T.U.F. decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni, a cura di Vella, II, Torino, 2012; Di Noia, Lafranchini, Milič, La remunerazione degli amministratori nell’autodisciplina delle società quotate, in Manuale di Executive Compensation e Corporate Governace a cura di Cutillo, Fontana, Milano, 2015; Ferrarini, Moloney, Remunerazione degli amministratori esecutivi del governo societario in Europa, in Riv. soc. 2005, 588; Ferrarini, Moloney, Ungureanu, Understanding Directors’ Pay in Europe: A Comparative and Empirical Analysis, in ECGI Working Paper Series in Law, n. 126/2009; Hirschman’s A., Exit, Voice and Loyalty: Respones to Decline in Firms, Organizations, and States, Harvard University Press, Cambridge (Ma) 1970; Lanfranchi, Saino, Di Noia, La remunerazione degli amministratori nell’autodisciplina delle società quotate, in Riv. banc., 2011, 57 ss.; Macey, Corporate governance. Quando le regole falliscono, Torino, 2010; Marchetti, Il crescente ruolo delle autorità di controllo nella disciplina delle società quotate, in Riv. soc. 2016, 33; Marchetti, Scolorimento del controllo piramidale e dei patti parasociali, in Principio capitalistico quo vadis?, a cura di Briolini, Torino, 2016, 63; Marchetti, Il nuovo codice di autodisciplina delle società quotate, in Riv. soc. 1, 2012, 37; Marchetti, Ghezzi, Ventoruzzo, Mosca, Bianchi, Milič, Uno sguardo alla governance delle società quotate italiane, in Riv. soc. 2018, 254; Montalenti, Società per azioni, corporate governance e mercati finanziari, Milano, 2011; Morbidelli, Il procedimento amministrativo, in AA.VV., diritto amministrativo, Bologna, 2005, 610; Pollio, La remunerazione degli amministratori di società quotate: aspetti societari e profili di trasparenza informativa nel nuovo 114-bis TUF, in Giur. comm. 2009, I, 128; Portale, I compensi dei componenti del consiglio di sorveglianza: dal «nobile officium» ai sistemi di retribuzione variabile, in La struttura e i bilanci delle società di capitali. Studi in onore di Giovanni E. Colombo, Torino, 2011, 530; Postiglione, Relazione sulla remunerazione, in Codice commentato delle società, Milano, 2010, 3299; Rabitti, Rischio organizzativo e responsabilità degli amministratori, Milano, 2004;Rabitti, Spatola, Commento all’art. 123-ter, in Il testo unico della finanza, a cura di Fratini, Gasparri, Torino, 2012, 1704; Rosa, La remunerazione dei sindaci nella governance delle s.p.a. vigilate: competenze, criteri, interessi, in Riv. soc. 2017, 163; Rosapepe, Corretta amministrazione, codici di comportamento e informazione, in Riv. soc. 2008; Rossi, Commento all’art. 123-bis, in Fratini, Gasparri, Il Testo Unico della Finanza, Milano, 2012; Rossi, L’informazione societaria e l’organo di controllo, in L’informazione societaria, Milano, 1982, 67; Sanfilippo, I codici di autodisciplina societaria: nuovi profili di enforcement, in Riv. dir. comm. 2008, I, 929; Santosuosso, Il principio di ragionevolezza nella disciplina della remunerazione degli amministratori, in Liber amicorum G.F. Campobasso, Torino, 2006; Strampelli, Sistemi di controllo e indipendenza nelle società per azioni, Milano, 2013; Visentini, L’informazione societaria e gli azionisti, in L’informazione societaria, Milano, 1982, 93; Ungureanu, Politiche di remunerazione degli amministratori delle società quotate, D.lgs. 30 dicembre 2010, n. 259, in Soc., 2011, 549 ss.; Vitali, Miramondi, La remunerazione degli amministratori di società quotate tra equilibrio degli interessi in gioco e assetti proprietari concentrati, in Riv. dir. banc. 11, 2014; Vitali, Un documento di consultazione britannico per la riforma della disciplina dei compensi degli amministratori, in Riv. soc. 2012, 585.

 

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario