Decreto legislativo - 24/02/1998 - n. 58 art. 127 sexies - Azioni a voto plurimo 1. Art. 127-sexies.Azioni a voto plurimo 1. Art. 127-sexies. 1. In deroga all'articolo 2351, quarto comma, del codice civile, gli statuti non possono prevedere l'emissione di azioni a voto plurimo. 2. Le azioni a voto plurimo emesse anteriormente all'inizio delle negoziazioni in un mercato regolamentato mantengono le loro caratteristiche e diritti. Se lo statuto non dispone diversamente, al fine di mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni, le societa' che hanno emesso azioni a voto plurimo ovvero le societa' risultanti dalla fusione o dalla scissione di tali societa' possono procedere all'emissione di azioni a voto plurimo con le medesime caratteristiche e diritti di quelle gia' emesse limitatamente ai casi di: a) aumento di capitale ai sensi dell'articolo 2442 del codice civile ovvero mediante nuovi conferimenti senza esclusione o limitazione del diritto d'opzione; b) fusione o scissione. 3. Nel caso previsto dal comma 2 gli statuti non possono prevedere ulteriori maggiorazioni del diritto di voto a favore di singole categorie di azioni ne' ai sensi dell'articolo 127-quinquies. [1] Articolo inserito dall'articolo 20, comma 1, lettera aa-bis) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116. InquadramentoL'articolo è stato inserito dall'art. 20 del d.l. n. 91 del 24 giugno 2014, come modificato dalla legge di conversione n. 116 dell'11 agosto 2014. Le azioni a voto plurimo trovano nel meccanismo cosiddetto dual class, di elaborazione statunitense, la loro massima espressione: si tratta di una categoria speciale di azioni, diverse dalle azioni ordinarie, che attribuiscono fino a 3 voti, sin dal momento della loro previsione in statuto, e che non perdono il voto plurimo se sono cedute o se cambia il controllo della società che le detiene (salvo ove diversamente previsto). Possono essere introdotte solo da società non quotate ma mantengono le proprie caratteristiche successivamente alla eventuale quotazione in borsa della società che le ha emesse. Le strutture dual class prevedono che le azioni a voto plurimo siano detenute dal socio di riferimento; le azioni ordinarie sono destinate invece al mercato. Per una società non ancora quotata, una struttura dual class presenta dunque numerosi vantaggi poiché consente di avere una totale prevedibilità della base di calcolo dei voti e del peso di ciascun socio, non soggetta a variazioni continue, anche passive, come invece accade nel caso delle società con azioni a voto maggiorato. La struttura di capitale dual class consente infatti ai fondatori e agli azionisti di riferimento di mantenere il controllo della società tramite la categoria di azioni a voto plurimo e allo stesso tempo di collocare sul mercato un numero di azioni ordinarie maggiore rispetto a quello che sarebbe possibile sia rispetto ad una struttura one-vote one-share sia rispetto a una struttura con maggiorazione del diritto di voto A differenza delle azioni a voto maggiorato, le azioni a voto plurimo, se adottate, costituiscono una categoria speciale di azioni ai sensi dell'art. 2348, comma 2 c.c., con la conseguenza che alle stesse corrisponderà anche una assemblea speciale (art. 2376 c.c.) e, soprattutto, che il voto plurimo si manterrà con la circolazione del titolo, come si vedrà in seguito. Le azioni a voto plurimo nelle società chiusePrima dell'emanazione del d.l. n. 91 del 24 giugno 2014, il diritto di voto nelle società chiuse poteva essere limitato ovvero addirittura eliminato (con azioni senza diritto di voto) nel limite del 50% del capitale sociale, ma, almeno come regola generale, non poteva essere incrementato. Con il nuovo testo dell'art. 2351 c.c. (terzo comma) (v.), il legislatore italiano ha soppresso il divieto di emettere azioni a voto plurimo, introducendo così la facoltà per le società chiuse di emettere azioni che diano il diritto di esprimere più di un voto (in ogni caso, non superiore a tre) in qualsiasi assemblea, nelle assemblee riguardanti soltanto particolari argomenti ovvero subordinatamente al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Anche nel caso delle azioni a voto plurimo, la normativa consente ampi margini di manovra per personalizzare la propria governance. In particolare, il diritto di voto plurimo può essere limitato a specifiche categorie di decisioni (es. nomina amministratori, operazioni straordinarie, etc.) o essere subordinato al verificarsi di particolari condizioni, purché non meramente potestative. Può inoltre essere prevista una specifica clausola statutaria che preveda la conversione automatica delle azioni a voto plurimo in azioni ordinarie in caso di trasferimenti di azioni che comportino il cambio di controllo sulla società (c.d. clausola di sunset). Grazie allo strumento delle azioni a voto plurimo, dunque, è possibile incidere ulteriormente sul rapporto di proporzionalità tra capitale di rischio e governo della società, ed affidare anche ad un'esigua minoranza il controllo della società. L'introduzione delle azioni a voto plurimo richiede, per le società già esistenti, una modifica statutaria da assumere con le maggioranze previste in tema di assemblea straordinaria. Tuttavia, si segnala che, in deroga agli ordinari quorum indicati negli artt. 2368 e 2369 c.c., l'art. 212 disp. att. c.c. prevede che le deliberazioni con cui è prevista la creazione di azioni a voto plurimo per le società iscritte nel registro delle imprese alla data del 31 agosto 2014 sono prese, anche in prima convocazione, con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Il recesso del socioL'emissione di azioni con voto plurimo fa sorgere il diritto di recesso in capo agli azionisti che non hanno consentito all'adozione della relativa delibera, ai sensi dell'art. 2437, primo comma, lett. g), c.c., che prevede, in generale, il diritto di recesso per il caso di deliberazioni che importino «modificazioni dello statuto concernenti i diritto di voto e di partecipazione». Si rimanda al commento a tale disposizione, in questo Codice. Il divieto di emissione di azioni a voto plurimo per le società quotateIn linea di principio, è stata vietata l'emissione di azioni a voto plurimo per le società con azioni già ammesse alla negoziazione sui mercati regolamentati; tuttavia, alle società che abbiano emesso azioni a voto plurimo prima dell'ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato è data la possibilità di conservare tale categoria di azioni anche dopo la quotazione; in tal caso, non sarà consentito prevedere ulteriori maggiorazioni del voto. Qualora lo statuto non disponga diversamente, al fine di mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni, le società che hanno emesso azioni a voto plurimo, così come quelle risultanti dalla fusione o dalla scissione di tali società, possono procedere all'emissione di azioni a voto plurimo con le medesime caratteristiche e diritti di quelle già emesse, limitatamente ai casi di: a) aumento di capitale ai sensi dell'art. 2442 c.c. ovvero mediante nuovi conferimenti senza esclusione o limitazione del diritto d'opzione e b) fusione o scissione. Il d.d.l. che introduce interventi a sostegno della competitività dei capitali dell’11 aprile 2023
In data 21 aprile 2023 è stato comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il disegno di legge n. 674 recante “Interventi a sostegno della competitività dei capitali” collegato alla manovra di finanza pubblica approvato in data 11 aprile 2023 dal Consiglio dei ministri. Lo stesso trova il proprio fondamento nel Libro Verde del 2022 elaborato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze. Le analisi condotte hanno, infatti, individuato numerose aree al fine di semplificare e razionalizzare l'attuale quadro normativo e regolamentare che disciplina l'accesso e la permanenza delle società nel mercato dei capitali italiano (borsa valori). Il disegno di legge, in particolare, introduce:
Si analizzano di seguito alcune delle modifiche all'attuale normativa che il disegno di legge intende apportare alla stessa. L'articolo 2 del disegno di legge in commento prevede l'innalzamento della soglia delle PMI con capitalizzazione inferiore ad 1 miliardo di Euro andando a modificare l'articolo 1, comma 1, lettera w-quater.1) del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF). Conseguentemente, il valore soglia della capitalizzazione attualmente previsto per la società per essere considerata PMI quotata e pari ad Euro 500 milioni di Euro viene innalzato ad un miliardo di Euro al fine di estendere ad una più ampia platea di soggetti le semplificazioni ed il regime agevolato di godono le PMI quotate. L'articolo 4 del disegno di legge prevede una completa riforma della disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi con l'obiettivo di razionalizzare il trattamento normativo degli stessi, sviluppare il mercato dei capitali senza, tuttavia, ridurre la tutela degli investitori. Come noto, gli emittenti strumenti finanziari diffusi è una peculiarità dell'ordinamento giuridico del nostro Paese e prevede una normativa intermedia tra il regime proprio delle società aventi titoli in mercati regolamentati e quello delle società a capitale c.d. “chiuso” (società “chiuse”). A tal fine l'articolo 4 contiene la soppressione di taluni obblighi contenuti nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) e si modifica il Codice Civile come segue: dopo l'articolo 2325-bis è inserito il seguente: « Art. 2325-ter. – (Società emittenti strumenti finanziari diffusi) – Ai fini di cui all'articolo 2325-bis, sono emittenti azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani non quotati in mercati regolamentati italiani i quali abbiano azionisti, diversi dai soci che partecipano in misura superiore al 3 per cento del capitale, in numero superiore a cinquecento che detengano complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5 per cento e superino due dei tre limiti indicati dall'articolo 2435-bis, primo comma. Non si considerano emittenti diffusi quegli emittenti le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione riguardanti anche l'esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale, ovvero il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale o volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio. Non si considerano emittenti diffusi:
Sono emittenti obbligazioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani di obbligazioni, anche relative a diverse emissioni in corso, di valore nominale complessivamente non inferiore a 5 milioni di euro e con un numero di obbligazionisti superiore a cinquecento. Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano agli strumenti finanziari emessi dalle banche diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni. Gli emittenti si considerano emittenti strumenti finanziari diffusi dall'inizio dell'esercizio sociale successivo a quello nel corso del quale si sono verificate le condizioni previste dal presente articolo fino alla chiusura dell'esercizio sociale in cui è stato accertato il venir meno di tali condizioni. Nel caso previsto dall'articolo 2409-bis, secondo comma, si applica alla società di revisione l'articolo 155, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ai fini di cui all'articolo 2343-ter, per valori mobiliari e strumenti del mercato monetario si intendono quelli di cui all'articolo 1, commi 1-bis e 1-ter, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 »; b) all'articolo 2341-ter, primo comma, dopo le parole: « al mercato del capitale di rischio » sono aggiunte le seguenti: « o con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione »; c) all'articolo 2357-ter, secondo comma, dopo le parole: « mercato del capitale di rischio » sono aggiunte le seguenti: « o con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione »; d) all'articolo 2391-bis: 1) al primo comma le parole: « che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio » sono sostituite dalle seguenti: « con azioni quotate in mercati regolamentati »; 2) al terzo comma, lettera b), le parole: « che fa ricorso al mercato del capitale di rischio » sono soppresse. Assonime ha rappresentato che la categoria delle società con strumenti finanziari diffusi rappresenta un unicum nel panorama europeo e non trova riscontro nelle misure di armonizzazione europea che hanno ad oggetto solo le società quotate su un mercato regolamentato o su un MTF. Nell'ordinamento italiano questa categoria è stata introdotta con la riforma del diritto societario del 2003 nell'ambito della più ampia nozione di “società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio” (art. 2325-bis c.c.) che ricomprende le società per le quali la proprietà è almeno parzialmente “aperta” a degli investitori di mercato, identificate nelle società quotate nei mercati regolamentati e nelle altre società che abbiano un determinato grado di diffusione dei propri strumenti finanziari. Per tutte le società aperte, il Codice Civile ha previsto una disciplina sostanzialmente omogenea, con lo scopo di tutelare gli interessi degli investitori di minoranza, indipendentemente dallo status di quotazione della società. Questo approccio è stato esteso anche a una parte delle norme del TUF, che pertanto si applicano sia alle società quotate su un mercato regolamentato sia alle società non quotate ma diffuse. Si ritiene pertanto opportuno l'intervento del DDL sulla disciplina delle società con strumenti finanziari diffusi che abroga tutte le previsioni del TUF che sono state estese a tali società, eliminando un goldplating sostanziale dell'ordinamento italiano rispetto a quello europeo armonizzato L'articolo 5 del disegno di legge interviene sulla attuale normativa relativa alla applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS prevedendo la facoltà per le società aventi azioni negoziate sui Sistemi Multilaterali di Negoziazione (MTF, ossia di quei circuiti di negoziazione, gestiti da soggetti privati che permettono l'acquisto e la vendita, mediante l'incontro di interessi di negoziazione provenienti da una pluralità di soggetti, in base a regole non discrezionali, di strumenti finanziari già quotati presso una o più borse nazionali) di adottare nella redazione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato gli standard contabili internazionali IAS/IFRS. (per un confronto con il sistema dei principi contabili nazionali si veda Sottoriva, Il financial reporting secondo i principi contabili internazionali, Milano, 2022). L'articolo 7 del disegno di legge contiene modifiche legislative volte ad incentivare la sottoscrizione di titoli di debito da parte di investitori professionali. In particolare, il Codice Civile viene modificato come segue: a) all'articolo 2412, 1) al primo comma, dopo le parole: « il doppio del capitale sociale » sono inserite le seguenti: « risultante dall'ultima delle iscrizioni di cui all'articolo 2444, primo comma »; 2) al quinto comma, dopo le parole: «ad essere» sono inserite le seguenti: «sottoscritte, anche in sede di rivendita, esclusivamente da investitori professionali ai sensi delle leggi speciali qualora tale previsione risulti tra le condizioni dell'emissione ovvero a essere»; b) all'articolo 2483, dopo il secondo comma è inserito il seguente: «Il secondo comma non si applica ai titoli destinati ad essere acquistati esclusivamente da investitori professionali ai sensi delle leggi speciali qualora tale previsione risulti tra le condizioni dell'emissione di cui al quarto comma, senza facoltà di modifica». In tal modo, secondo la relazione accompagnatoria al disegno di legge, si riduce “il costo della provvista da parte di S.p.a. e S.r.l., poiché la garanzia prestata dell'investitore professionale è a titolo oneroso e comporta un costo più alto per assicurarsi finanziamenti”. L'articolo 8 del disegno di legge interviene modificando l'articolo 66-bis e l'articolo 66-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. In particolare, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 66-bis, comma 2, le lettere a) e c) sono abrogate; b) all'articolo 66-ter: 1) i commi 4 e 5 sono abrogati; 2) al comma 6, lettera a), le parole: «vietare l'esecuzione delle decisioni di ammissione alla quotazione e di esclusione dalle negoziazioni di cui al comma 4, ovvero» sono soppresse. Si interviene quindi sui provvedimenti di ammissione, sospensione ed esclusione di strumenti finanziari dalla quotazione o dalle negoziazioni. L'articolo 11 del disegno di legge modifica la disciplina in tema di comunicazioni al pubblico. In particolare, il comma 7 dell'articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, viene abrogato. Viene meno quindi l'obbligo gravante sui soggetti che detengono azioni in misura almeno pari al dieci per cento del capitale sociale, nonché su ogni altro soggetto che controlla l'emittente quotato di comunicare alla Consob le operazioni da loro effettuate anche per interposta persona. L'abrogazione appare, secondo Assonime, pienamente giustificata, in quanto obblighi di questo tipo non sono previsti negli altri paesi europei dove pure è diffusa la presenza di azionisti di controllo. Inoltre, l'Autorità di vigilanza dispone di adeguati poteri per richiedere la comunicazione di queste operazioni, eventualmente anche prevedendo la loro diffusione al pubblico, qualora se ne ravvisi la necessità per la tutela del corretto funzionamento del mercato (artt. 114 e 115 TUF). Tenuto conto dell'esperienza maturata durante il periodo Covid, l'articolo 12 del disegno di legge interviene sulle modalità di svolgimento delle assemblee delle società quotate prevedendo, ove previsto dallo statuto, lo svolgimento delle assemblee delle società quotate esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società. In particolare, dopo l'articolo 135-undecies del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, viene inserito il seguente: «Art. 135-undecies.1. – (Intervento in assemblea mediante il rappresentante designato) – 1. Lo statuto può prevedere che l'intervento in assemblea e l'esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società ai sensi dell'articolo 135-undecies. Al rappresentante designato possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell'articolo 135-novies, in deroga all'articolo 135-undecies, comma 4. 2. Non è consentita la presentazione di proposte di deliberazione in assemblea. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 126-bis, comma 1, primo periodo, coloro che hanno diritto al voto possono presentare individualmente proposte di delibera sulle materie all'ordine del giorno ovvero proposte la cui presentazione è altrimenti consentita dalla legge entro il quindicesimo giorno precedente la data della prima o unica convocazione dell'assemblea. Le proposte di delibera sono messe a disposizione del pubblico nel sito internet della società entro i due giorni successivi alla scadenza del termine. La legittimazione alla presentazione individuale di proposte di delibera è subordinata alla ricezione da parte della società della comunicazione prevista dall'articolo 83-sexies. 3. Il diritto di porre domande di cui all'articolo 127-ter è esercitato unicamente prima dell'assemblea. La società fornisce almeno tre giorni prima dell'assemblea le risposte alle domande pervenute». In argomento Assonime condivide il testo della proposta che tiene conto dell'evoluzione in atto da tempo nelle assemblee delle società quotate, caratterizzate dall'anticipazione della formazione della volontà dei soci a una fase preassembleare e dalla conseguente riduzione della centralità del dibattito in assemblea. In questo contesto, anche la funzione informativa tradizionalmente riconosciuta all'assemblea appare ridimensionata, tenuto conto della crescente canalizzazione delle informazioni societarie in documenti e relazioni la cui diffusione è anticipata rispetto allo svolgimento dell'assemblea. Il ‘modello decisionale anticipato' riflette la trasformazione degli assetti proprietari delle società quotate, con la progressiva sostituzione degli azionisti retail con gli investitori istituzionali e il conseguente sviluppo di canali di engagement tra società e investitori attraverso canali e strumenti diversi dalla partecipazione all'assemblea. Questa tendenza evolutiva si è rafforzata negli ultimi anni, sollecitata dal regime emergenziale: quasi tutte le società quotate hanno optato per lo svolgimento delle assemblee ‘a porte chiuse' con l'uso del rappresentante designato in via esclusiva. Dall'analisi degli avvisi di convocazione emerge come le società abbiano sempre più utilizzato misure volontarie, in linea con le indicazioni fornite dalle Q&A di Assonime e dalla Consob, volte a facilitare l'esercizio di quei diritti sociali – diritto di presentare nuove proposte di assemblea e di porre domande – che più erano in conflitto con lo svolgimento delle assemblee chiuse e più in generale con il modello decisionale anticipato emergente. Lo svolgimento delle assemblee a porte chiuse, accompagnate dalle misure di anticipazione dell'esercizio dei diritti sociali che appaiono oramai una prassi diffusa, non sembra aver ostacolato la partecipazione e il voto dei soci, che appaiono, al contrario, essersi rafforzati. Per quanto attiene la normativa del voto plurimo, il disegno di legge prevede la modifica dell'articolo 2351 del Codice Civile. In particolare all'articolo 2351, quarto comma, ultimo periodo, del Codice Civile, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «dieci». Tale disposizione si applicherebbe solo alle nuove quotazioni con la finalità di potenziare la flessibilità dell'ordinamento societario domestico. Assonime ha rappresentato che l'attuale disciplina del voto maggiorato e plurimo, introdotta nel 2014, ha costituito un primo passo per l'ordinamento italiano verso il superamento del principio “un'azione-un voto” e la promozione di una maggiore competitività del mercato domestico. Se lo strumento del voto plurimo è limitato alle società non quotate, ma può essere mantenuto in sede di quotazione, il voto maggiorato può essere introdotto dalla società le cui azioni sono già quotate sul mercato regolamentato. Come noto, i due strumenti – voto plurimo e voto maggiorato – sono mutualmente esclusivi. Uno degli aspetti più limitanti dell'attuale disciplina del voto maggiorato e del voto plurimo appare essere l'eccessiva limitazione del fattore di moltiplicazione (rispettivamente 1:2 nel maggiorato e 1:3 nel plurimo) che non appare sufficiente a incentivare una società a forte concentrazione proprietaria a collocare una parte significativa del capitale sociale tra il pubblico e, dunque, a sostenerne la crescita. Assonime ha suggerito una proposta di riforma del voto maggiorato, aumentando il fattore di moltiplicazione dall'attuale 1:2 a un massimo di 1:10, allineandosi così al proposto potenziamento del voto plurimo. Questa proposta risponde alla concreta esigenza di fornire anche alle società già quotate la possibilità di fruire di un quadro normativo più competitivo, capace di agevolarne la crescita attraverso uno strumento che, al contempo, assicura anche la parità di trattamento degli azionisti. Come noto, infatti, la maggiorazione dei diritti di voto non costituisce una categoria di azioni ma è collegata alla detenzione delle azioni ed è, in quanto tale, disponibile a tutti i soci. Più in dettaglio, si suggerisce di intervenire sull'art. 127-quinquies TUF, mantenendo l'attuale disciplina della maggiorazione cd. ordinaria contenuta al comma 1 (detenzione per 24 mesi con maggiorazione fino a 2 voti per azione) e inserendo un nuovo comma 1-bis che consenta alle società di prevedere statutariamente (opt-in) la possibilità di incrementare la maggiorazione del voto in relazione all'allungamento del periodo di detenzione delle azioni con un rapporto incrementale di 1 voto ogni 12 mesi di detenzione, fino a un massimo di 10 voti per azione. La maturazione del periodo successivo decorrerebbe dall'iscrizione della relativa delibera di modificazione dello statuto. La formulazione dell'articolo 13-bis del disegno di legge prevede che l'articolo 127-quinquies sia sostituito dal seguente: « Art. 127-quinquies. – (Maggiorazione del voto) – 1. Gli statuti possono disporre che sia attribuito voto maggiorato, fino a un massimo di due voti, per ciascuna azione appartenuta al medesimo soggetto per un periodo continuativo non inferiore a ventiquattro mesi a decorrere dalla data di iscrizione nell'elenco previsto dal comma 4. 2. Gli statuti possono altresì disporre l'attribuzione di un voto ulteriore alla scadenza di ogni periodo di dodici mesi, successivo alla maturazione del periodo di cui al comma 1, in cui l'azione sia appartenuta al medesimo soggetto iscritto nell'elenco previsto dal comma 4, fino a un massimo complessivo di dieci voti per azione. Per gli azionisti che hanno maturato la maggiorazione di cui al comma 1 e che sono iscritti nell'elenco previsto dal comma 4 alla data dell'iscrizione della delibera assembleare che modifica lo statuto ai sensi del presente comma, il periodo di maturazione ulteriore inizia a decorrere da tale data. 3. Gli statuti possono altresì prevedere che colui al quale spetta il diritto di voto possa irrevocabilmente rinunciare, in tutto o in parte, al voto maggiorato di cui al comma 1 o al comma 2. 4. Gli statuti stabiliscono le modalità per l'attribuzione del voto maggiorato previsto dai commi 1 e 2 e per l'accertamento dei relativi presupposti, prevedendo in ogni caso un apposito elenco. La Consob stabilisce con proprio regolamento le disposizioni di attuazione del presente articolo al fine di assicurare la trasparenza degli assetti proprietari e l'osservanza delle disposizioni del titolo II, capo II, sezione II, della presente parte. Restano fermi gli obblighi di comunicazione previsti in capo ai titolari di partecipazioni rilevanti. 5. La cessione dell'azione a titolo oneroso o gratuito ovvero la cessione diretta o indiretta di partecipazioni di controllo in società o enti che detengono azioni a voto maggiorato previsto dai commi 1 e 2 in misura superiore alla soglia prevista dall'articolo 120, comma 2, comporta la perdita della maggiorazione del voto. Se lo statuto non dispone diversamente, il diritto di voto maggiorato: a) è conservato in caso di successione per causa di morte nonché in caso di fusione e scissione del titolare delle azioni; b) si estende alle azioni di nuova emissione in caso di aumento di capitale ai sensi dell'articolo 2442 del codice civile. 6. Il progetto di fusione o di scissione di una società il cui statuto prevede la maggiorazione del voto di cui ai commi 1 e 2 può prevedere che il diritto di voto maggiorato spetti anche alle azioni spettanti in cambio di quelle a cui è attribuito voto maggiorato. Tale previsione trova applicazione anche nel caso di un'operazione di fusione, scissione o trasformazione transfrontaliera ai sensi del decreto legislativo 2 marzo 2023, n. 19. Lo statuto può prevedere che la maggiorazione del voto si estenda proporzionalmente alle azioni emesse in esecuzione di un aumento di capitale mediante nuovi conferimenti. 7. Le azioni cui si applica il beneficio previsto dai commi 1 e 2 non costituiscono una categoria speciale di azioni ai sensi dell'articolo 2348 del codice civile. 8. La maggiorazione del voto ai sensi del comma 1 non attribuisce il diritto di recesso, mentre la maggiorazione del voto ai sensi del comma 2 attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 2437 del codice civile. 9. Qualora le deliberazioni di modifica dello statuto di cui al comma 8 siano adottate nel corso del procedimento di quotazione in un mercato regolamentato delle azioni di una società non risultante da una fusione che coinvolga una società con azioni quotate, la relativa clausola può prevedere che ai fini del possesso continuativo previsto dai commi 1 e 2 sia computato anche il possesso anteriore alla data di iscrizione nell'elenco previsto dal comma 4. 10. Se lo statuto non dispone diversamente, la maggiorazione del diritto di voto si computa anche per la determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale. La maggiorazione non ha effetto sui diritti, diversi dal voto, spettanti in forza del possesso di determinate aliquote di capitale. 11. Nei casi di fusione, scissione o trasformazione transfrontaliera ai sensi del decreto legislativo 2 marzo 2023, n. 19, o ai sensi dell'articolo 25, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218, se la società risultante da dette operazioni è una società con azioni quotate o in corso di quotazione, lo statuto può prevedere che, ai fini del computo del periodo continuativo previsto al comma 1, rilevi anche il periodo di titolarità ininterrotta prima dell'iscrizione nell'elenco previsto dal comma 4 di azioni con diritto di voto della società incorporata, scissa o soggetta a trasformazione comprovato dall'attestazione rilasciata da un intermediario autorizzato ovvero con altri mezzi idonei ai sensi dell'ordinamento dello Stato che disciplina la società incorporata, scissa o soggetta a trasformazione». L'articolo 16 del disegno di legge, dispone che all'articolo 24, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, le parole: «per singola assemblea nel rispetto dei limiti e con le modalità stabiliti con regolamento da Ministro dell'economia e delle finanze sentite la Banca d'Italia e la Consob» sono sostituite dalle seguenti: «per più assemblee, in deroga all'articolo 2372, secondo comma, del Codice Civile». L'articolo 16-ter, da ultimo, contiene un'ampia delega al Governo per la riforma organica del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti). In particolare è previsto che il Governo sia delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto, per i profili di competenza, con il Ministro della giustizia, uno o più decreti legislativi per la riforma organica della disciplina recata dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e, ove necessario, delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti. I decreti legislativi dovranno essere adottati nel rispetto dei princìpi costituzionali e in particolare della tutela del risparmio, dell'ordinamento dell'Unione europea e del diritto internazionale nonché sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica: a) sostenere la crescita del Paese, favorire l'accesso delle imprese al capitale di rischio con particolare riguardo ai mercati regolamentati, favorire l'accesso delle piccole e medie imprese a forme alternative di finanziamento e la canalizzazione degli investimenti verso le imprese e rendere le imprese maggiormente attrattive per gli investitori internazionali; b) aumentare la competitività del mercato nazionale e semplificare e razionalizzare la disciplina degli emittenti, ivi inclusi il relativo sistema sanzionatorio, la disciplina in tema di operazioni con parti correlate, anche con riferimento alle soglie di partecipazione, in linea con gli standard internazionali, e la possibilità di prevedere sistemi di moltiplicazione del diritto di voto, riducendo gli obblighi e gli oneri previsti a legislazione vigente; c) facilitare il passaggio dalla quotazione nei mercati non regolamentati a quella nei mercati regolamentati; d) rivedere le regole in materia di attività di investimento privato per favorirne la massima diffusione, garantendo la correttezza e l'adempimento degli obblighi informativi a tutela degli investitori; e) semplificare le regole del governo societario anche tenendo conto delle regole previste dai codici di autodisciplina; f) prevedere il riordino e l'aggiornamento della disciplina in materia di appello al pubblico risparmio, con particolare riguardo alle offerte al pubblico di titoli e alle offerte pubbliche di acquisto e scambio; g) contemperare il livello degli oneri amministrativi imposti alle imprese con l'esigenza di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la rilevanza dei controlli; h) assicurare un sistema coerente e integrato dei controlli interni, eliminando sovrapposizioni o duplicazioni nelle funzioni e strutture di controllo e individuando altresì adeguate forme di coordinamento e di scambio di informazioni per un più efficace contrasto delle irregolarità rilevate; i) aggiornare il regime di responsabilità di cui all'articolo 24, comma 6-bis, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, tenuto conto della disciplina applicabile al sistema di vigilanza italiano nonché delle raccomandazioni e degli standard internazionali; l) procedere a una complessiva razionalizzazione e al coordinamento del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, per assicurare una maggiore coerenza e semplificazione delle fonti normative. 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