Codice Civile art. 2503 - Opposizione dei creditori (1).

Cecilia Bernardo

Opposizione dei creditori (1).

[I]. La fusione può essere attuata solo dopo sessanta giorni dall'ultima delle iscrizioni previste dall'articolo 2502-bis, salvo che consti il consenso dei creditori delle società che vi partecipano anteriori all'iscrizione o alla pubblicazione (2) prevista nel terzo comma dell'articolo 2501-ter, o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso, ovvero il deposito delle somme corrispondenti presso una banca, salvo che la relazione di cui all'articolo 2501-sexies sia redatta, per tutte le società partecipanti alla fusione, da un'unica società di revisione la quale asseveri, sotto la propria responsabilità ai sensi del sesto comma dell'articolo 2501-sexies, che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti alla fusione rende non necessarie garanzie a tutela dei suddetti creditori.

[II]. Se non ricorre alcuna di tali eccezioni, i creditori indicati al comma precedente possono, nel suddetto termine di sessanta giorni (3), fare opposizione. Si applica in tal caso l'ultimo comma dell'articolo 2445.

(1) V. nota al Capo X.

(2) L'art. 1 d.lg. 22 giugno 2012, n. 123, ha inserito le parole «o alla pubblicazione» dopo le parole «anteriori all'iscrizione».

(3) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153.

Inquadramento

La fusione è inquadrata dal legislatore tra le operazioni straordinarie e, pertanto, lo stesso dispone l'adozione di peculiari cautele, onde evitare di recare pregiudizio alle ragioni dei vari soggetti di volta in volta coinvolti. L'interesse perseguito dalla norma in commento è quello di tutelare i creditori anteriori alla fusione in quanto, per effetto della stessa, la loro garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. può subire una modifica quantitativa o qualitativa a seguito della confusione dei patrimoni delle società. Il rimedio apprestato dall'ordinamento consiste nell'opposizione dei creditori alla fusione, da presentare entro sessanta giorni dall'ultima iscrizione di cui all'art. 2502 c.c. Con la riforma, il legislatore ha contemperato l'esigenza di concentrazione e rapidità del procedimento di fusione e la necessità di tutela di coloro che possano subire pregiudizio dall'atto. Sempre con l'intento di velocizzare il procedimento, l'art. 2503 c.c. introduce un procedimento di fusione anticipata, di fatto ponendo nel nulla l'interesse dei creditori ad agire per opporsi alla fusione. Le società che partecipano all'operazione possono garantire i creditori sociali provvedendo alla richiesta del consenso di tutti i creditori o al pagamento dei creditori che non abbiano prestato il consenso nonché all'accantonamento di somme presso istituti bancari al fine di adempiere alle relative obbligazioni.

La ricorrenza di tali condizioni può sussistere congiuntamente o alternativamente (Trib. Roma, III, 11 luglio 2017).

La possibilità di attuare una fusione anticipata è fatta salva nell'ipotesi in cui il controllo, eventualmente demandato al tribunale nel caso di opposizione, venga effettuato da un'unica società di revisione, la quale attesti sotto la propria responsabilità che non sussiste il pericolo di lesione degli interessi dei creditori.

La fusione può pregiudicare la posizione dei creditori delle società partecipanti dato che, attuata la fusione, tutti concorreranno sull’unico patrimonio risultante dall’unificazione dei patrimoni delle singole società. Il che può danneggiare i creditori della società più solide (Ferrara Corsi, 908; Serra, Spolidoro, 113; Perrino, 1543). Ai fini della tutela dei creditori, la fusione può quindi essere attuata solo dopo che siano trascorsi 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese dell’ultima delibera della società che vi partecipano; entro tale termine i creditori (anteriori) possono proporre opposizione alla fusione.

La finalità dell’opposizione deve rinvenirsi nella tutela della garanzia patrimoniale generica, anche se si tratti di crediti sotto condizione, a termine, relativi a rapporti in corso di esecuzione, chirografari o garantiti, litigiosi, purché la pretesa si presenti ragionevolmente fondata (Trib. Milano, 14 novembre 2011, Giur. it., 2012, 1351).

Opposizione dei creditori, natura e presupposti

Possono proporre opposizione i creditori anteriori all'iscrizione nel registro delle imprese del progetto di fusione e, cioè, coloro che vantano un credito il cui titolo risalga ad una data anteriore a detta iscrizione. La restrizione ai soli creditori anteriori alla fusione si spiega in ragione della circostanza che quelli successivi, nel momento in cui intrattengono rapporti negoziali con la società, sono in grado di conoscere la procedura di fusione in atto. Coerentemente con l'ampiezza che il termine utilizzato dal legislatore suggerisce, sono legittimati i titolari di crediti sottoposti a termine e condizione; non liquidi o esigibili; contestati; assistiti da garanzia; aventi ad oggetto prestazioni diverse dal denaro; derivanti da rapporti in corso di esecuzione e ciò anche quando lo stesso creditore sia tenuto ad una controprestazione (Cacchi Pessani, 724; Perrino, 1548; Santagata, 493).

Questa posizione è condivisa dalla giurisprudenza la quale afferma che legittimato a proporre opposizione alla fusione è qualunque creditore la cui pretesa, ancorché litigiosa o sottoposta a termine o a condizione, si presenti ragionevolmente fondata (Trib. Genova, 13 luglio 1992, Giur. comm., 1994, II, 719; Trib. Milano 27 ottobre 1997, Vita Not., 1998, 1057; Trib. Verona, 10 ottobre 1991, Giur. it., 1992, I, 89).

Vista la ratio normativa, vi è chi identifica nell'opposizione dei creditori un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale (Lucarelli, 1366).

L'opposizione dei creditori alla fusione, ex art. 2503, è un rimedio giurisdizionale di natura contenziosa, che è diretto ad accertare l'insufficienza patrimoniale della società risultante dalla fusione quale debitrice in luogo di quella originaria (Perrino 1549; Cacchi Pessani, 769; Magliulo, 369, contra, Cabras, 79, Campobasso, 665, nt. 60 secondo il quale per attivare l'opposizione è sufficiente una dichiarazione scritta del creditore dovendo essere la società destinataria a dovere agire in giudizio per eliminare l'ostacolo costituito dall'opposizione).

L'opposizione, che si propone con citazione, instaura dunque un ordinario giudizio contenzioso che ha l'effetto di sospendere, erga omnes, la realizzabilità della fusione fino alla conclusione del relativo giudizio, salva la possibilità che il tribunale autorizzi la fusione in pendenza di opposizione (cfr., infra) (Serra Spolidoro, 114; Cacchi Pessani, 728). Il creditore ha l'onere di provare – oltre la propria qualità di creditore – l'attuale e concreto rischio di lesione della garanzia patrimoniale provocato dalla fusione (contra, Cabras, 99).

Il termine di sessanta giorni per proporre l'opposizione, decorrente dall'ultima delle iscrizioni previste dall'art. 2502-bis, è un termine di decadenza di carattere sostanziale a rilevanza processuale, al quale è applicabile la disciplina della sospensione di cui alla l. n. 742/1969.

L'accoglimento dell'opposizione determina, secondo alcuni, l'inopponibilità degli effetti della fusione nei soli confronti degli opponenti; secondo altra opinione, in caso di esito positivo dell'opposizione la fusione non potrebbe essere attuata e sarebbe, dunque, assolutamente inefficace.

L'opposizione abbia natura contenziosa e come presupposto l'esigenza di evitare il pregiudizio che i creditori possono subire a causa della confusione dei patrimoni. Affinché l'opposizione possa essere accolta, è necessario l'accertamento positivo del pregiudizio, cioè del concreto ed attuale rischio per il creditore del venir meno o dell'affievolirsi delle possibilità di recupero del suo credito. Grava sul creditore l'onere di fornire la prova della lesione della garanzia apportata dalla fusione (Trib. Genova, 13 luglio 1992, Giur. comm., 1994, II, 719; Trib. Milano, 27 ottobre 1997, Vita Not., 1998, 1057; Trib. Milano, 10 marzo 2005, Giur. it., 2005, 1655 secondo i quali l'opposizione dei creditori è quindi fondata laddove gli opponenti dimostrino che le loro ragioni non possono essere soddisfatte integralmente, mentre lo sarebbero state se la fusione non avesse avuto luogo).

Vista la ratio normativa, vi è chi identifica nell'opposizione dei creditori un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale (Lucarelli, 1366).

 

La giurisprudenza fa rientrare l'opposizione tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, avendo la funzione di prevenire o comunque di evitare pregiudizi che tali operazioni potrebbero provocare ai creditori sociali (Trib. Brindisi, 17 luglio 1998).

L'opposizione ex art. 2503 c.c. produce ex lege ed erga omnes effetti sospensivi dell'efficacia della decisione di fusione; il solo pregiudizio che rileva valutare in funzione di verificare il fondamento dell'opposizione è quello riferito alla lesione della garanzia patrimoniale dovuta al creditore, onde il giudice deve considerare se sussiste il concreto ed attuale rischio per il creditore che la fusione deliberata faccia venir meno o affievolisca le possibilità di recupero del proprio credito (Trib. Milano, 20 agosto 2015).

Si esclude che possa inoltre essere annoverata nel genus delle impugnazioni delle delibere assembleari (Trib. Milano, 14 novembre 2011).

A norma dell'art. 2697 c.c., il creditore dovrebbe fornire la prova anche del pregiudizio subito. Per effetto della fusione, tuttavia, si verrebbe a disporre di un diritto altrui, rappresentato dalla garanzia patrimoniale che ciascun patrimonio riveste per i creditori, con la conseguenza per cui si potrebbe proporre opposizione anche senza dover fornire in concreto la prova del pregiudizio (Cabras, 99).

La sentenza che dovesse accogliere l'opposizione, se pronunciata dopo che l'atto di fusione sia stato iscritto e sia seguita la dichiarazione di fallimento della società, non riconosce al creditore alcun titolo preferenziale o privilegio o prededuzione rispetto ai creditori della massa (Trib. Milano, 8 settembre 2003).

Fusione anticipata: requisiti giuridici

La fusione anticipata ha luogo quando vengano rispettate le condizioni richieste dall'articolo di cui sopra, oppure quando sia la stessa società di revisione a verificare che non sussiste il pericolo che i creditori anteriori rimangano insoddisfatti a seguito della confusione dei patrimoni.

La differenza tra una fusione anticipata disposta dal tribunale ed una disposta per il tramite della società di revisione, sta nel fatto che mentre il tribunale vaglia la possibilità con riferimento al creditore opponente, la valutazione di opportunità della società di revisione attiene all'intera massa dei creditori (Ferri Jr., Guizzi).

Al fine di tutelare concretamente i creditori, le somme devono rimanere depositate fino all'esito del giudizio di opposizione, nonché secondo alcuni fino alla scadenza del credito (Civerra, 117).

La giurisprudenza ammette che il deposito possa avvenire nelle more del giudizio di opposizione, consentendo l'immediata esecuzione della fusione (Trib. Prato, 4 novembre 1987).

Il tribunale può disporre che la fusione abbia luogo nonostante l'opposizione quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio o nel caso in cui la società abbia prestato idonea garanzia (Trib. Roma, 11 luglio 2017).

Secondo alcuni si tratta di un provvedimento di natura cautelare (Cacchi Pessani, 758). Non è prevista una particolare forma di garanzia da prestarsi, purché essa sia giudicata idonea a soddisfare il credito dell’opponente (Cacchi Pessani, 759, Magliulo, 369).

La violazione del divieto

L’atto di fusione stipulato in violazione dell’articolo 2503 e, quindi, prima del decorso del termine di due mesi ovvero in pendenza del giudizio di opposizione è valido ma è improduttivo di effetti erga omnes (Campobasso 666, Perrino, 1550, Santagata, 609, Serra Spolidoro, 112, contra Cacchi Pessani, 734 secondo il quale l’atto è inefficace solo nei confronti dei creditori aventi diritto all’opposizione).

Si discute tuttavia se anche questa inefficacia sia coperta dal principio esposto nell’articolo 2504-bis. Secondo la dottrina maggioritaria, sono salvi gli effetti dell’iscrizione ai sensi di tale ultima norma (Santagata 512, Magliulo, 390, contra, Cacchi Pessani, 737 secondo il quale l’iscrizione sarebbe inopponibile ai soli creditori opponenti).

In giurisprudenza è stato affermato che la fusione eseguita e iscritta nel registro delle imprese, nonostante l'opposizione del creditore di una delle società partecipanti all'operazione, non è né nulla né inefficace, e il creditore ha solo tutela risarcitoria (App. Roma, 28 marzo 2019).

 

Bibliografia

Cabras, Le opposizioni dei creditori nel diritto delle società, Milano, 1978; Capparella, Riflessioni sulla natura dell'opposizione alla fusioneex art. 2503 c.c., in Riv. not. 2006; Civerra, Le operazioni di fusione e scissione, l'impatto della riforma e la nuova disciplina del leveraged by out, Torino, 2004; Ferri jr, Guizzi, Il progetto di fusione e i documenti preparatori, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, IV, Torino, 2007;  Guerrera, La decisione di fusione, in Aa.Vv., Diritto delle società, Manuale breve, Milano, 2006; Valerio, Il diritto di opposizione alla fusione, in Giur. comm. 1994.

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