Codice Civile art. 2497 quater - Diritto di recesso (1).Diritto di recesso (1). [I]. Il socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento può recedere: a) quando la società o l'ente che esercita attività di direzione e coordinamento ha deliberato una trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale, ovvero ha deliberato una modifica del suo oggetto sociale consentendo l'esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione e coordinamento; b) quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita attività di direzione e coordinamento ai sensi dell'articolo 2497; in tal caso il diritto di recesso può essere esercitato soltanto per l'intera partecipazione del socio; c) all'inizio ed alla cessazione dell'attività di direzione e coordinamento, quando non si tratta di una società con azioni quotate in mercati regolamentati e ne deriva un'alterazione delle condizioni di rischio dell'investimento e non venga promossa un'offerta pubblica di acquisto. [II]. Si applicano, a seconda dei casi ed in quanto compatibili, le disposizioni previste per il diritto di recesso del socio nella società per azioni o in quella a responsabilità limitata. (1) V. nota al Capo IX. InquadramentoLa norma sul diritto di recesso del socio (c.d. exit) è certamente tra le più innovative della disciplina sulla direzione e coordinamento di società. Essa è volta a tutelare gli equilibri tra società eterodiretta e soci di minoranza in relazione all'assetto economico organizzativo della prima (Angelici, 191). Il diritto di recesso, mutuato nella concezione da ordinamenti stranieri, si pone come rimedio alternativo al risarcimento del danno, agendo dunque ex ante piuttosto che ex post (Annunziata, 268). L'effetto è dunque di porre un contrappeso alla strutturale debolezza del socio di minoranza (Callegari, 1095); sotto certi aspetti, la previsione tutela interessi non dissimili da quelli degli azionisti di minoranza in caso di OPA totalitaria, favorendo dunque il consolidamento delle maggioranze senza danno per i soci esterni (Lemme, 52). In generale, l'exit sorge come diritto quando mutano le condizioni di rischio dell'investimento (Pennisi, 930). La ratio della previsione dell'art. 2497-quater c.c. è quella di tutelare il socio di minoranza a fronte di operazioni anche solo potenzialmente pregiudizievoli decise dalla maggioranza. Il socio che agisce deve fornire la prova del deterioramento delle condizioni di investimento e dell'assenza di offerta vincolante di acquisto della partecipazione (Trib. Milano, 21 luglio 2015). La trasformazione e la modifica dell'oggettoLa prima ipotesi presa in considerazione è quella che si verifica quando la società che eserciti attività di direzione e coordinamento abbia deliberato una trasformazione implicante la modifica dello scopo sociale ovvero direttamente una modifica dell'oggetto sociale, ma solo se questa alteri significativamente le condizioni economiche e patrimoniali della società oggetto di direzione e coordinamento della capogruppo. L'exit accordato al socio di minoranza ha, in questo caso, carattere non sanzionatorio, non essendo legato a comportamenti illeciti della capogruppo (Lemme, 53). Premesso anzitutto che scopo sociale ed oggetto sociale costituiscono fattispecie diverse (Annunziata, 269), la trasformazione che il legislatore ha in mente pare essere quella eterogenea (Callegari, 1095; Galletti, 2410; Annunziata, 270), ad esempio da società per azioni a cooperativa. È peraltro necessario che la trasformazione implichi in maniera automatica il mutamento della scopo sociale, come tipicamente si verifica, appunto, quando il gruppo abbia al proprio vertice un ente non lucrativo (Galletti, 2410). Quanto al mutamento dell'oggetto della capogruppo, ipotesi nella quale è evidente il parallelismo con gli artt. 2437 e 2473 c.c., questo può alterare la pianificazione strategica dell'intero gruppo (Schiano di Pepe, 1207) e dunque incidere sulle prospettive dei soci di minoranza delle subordinate. Ulteriore condizione è che il mutamento alteri in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della società (subordinata); il giudizio di sensibilità è particolarmente delicato, vista la sostanziale ambiguità della norma; il fatto che l'incidenza debba essere diretta esclude invece la rilevanza di modifiche che possano riguardare altre società del gruppo, cosa che la dottrina ha criticato (Galletti, 2413). Se dunque, per effetto della modifica dell'oggetto della capogruppo, la subordinata continuerà a svolgere la medesima attività, ciò non legittimerà il recesso (Annunziata, 274) anche se per un orientamento ogni modifica sostanziale dell'oggetto della capogruppo, quale vertice della impresa di gruppo, incide direttamente su tutte le subordinate (Lemme, 53). La condanna per abuso di direzione e coordinamentoAl contrario delle altre, l'ipotesi di recesso prevista dalla lett. b) del primo comma dell'art. 2497-quater c.c. ha natura sanzionatoria (Lemme, 57), per di più non legata al giudicato, dal momento che la norma parla di decisione esecutiva. Questo comporta che, anche in caso di riforma della sentenza, i suoi effetti si consolidano, dal momento che il recesso non è reversibile (Pennisi, 940) con l'unica eccezione del caso in cui la riforma della pronuncia del giudice intervenga quando la procedura di recesso non si è ancora completata (Annunziata, 276). Anche il lodo arbitrale che abbia pronunciato la condanna ex art. 2497 c.c. può giustificare il recesso (Annunziata, 276). Ulteriore problema è che il comportamento illecito dei vertici della capogruppo finisce per penalizzare l'assetto patrimoniale della «incolpevole» subordinata (Galletti, 2413; Lemme, 57), il che porta a nostro avviso a ritenere che, sul punto, la scelta normativa sia criticabile. Solo i soci che siano stati parte del giudizio di condannaex art. 2497 c.c. possono agire per il recesso (Annunziata, 276), anche se residuano dubbi sull'esperibilità del recesso da parte dei soci interventori (Galletti, 2414). L'entrata e l'uscita dal perimetro del gruppoAnche la causa di recesso di cui alla lett. c) dell'art. 2497-quater c.c. si lega al mutamento delle condizioni di rischio dell'investimento (Annunziata, 277). Le ipotesi che danno causa al recesso sono l'entrata in un gruppo, l'uscita dal gruppo, ma anche il passaggio da un gruppo ad un altro (Galletti, 2403). Per individuare il verificarsi delle varie ipotesi, può farsi riferimento agli artt. 2497-bis e 2497-sexies (Annunziata, 277). Si possono verificare alcune ipotesi singolari, sulle quali la norma è ambigua, come quella per la quale la società entri in un gruppo senza che il socio eserciti l'exit, e poi ne esca, nel qual caso il recesso può essere esercitato, o come quella per la quale, ferma restando l'identità del gruppo, muti il soggetto che esercita la direzione ed il coordinamento; anche in questo caso si afferma che il socio ha il diritto al recesso (Lemme, 55). La condizione per il recesso è duplice: che mutino le condizioni di rischio dell'investimento (ma, al contrario dell'ipotesi sub a), la norma non richiede che il mutamento sia sensibile: Lemme, 55) e che la società (ove non appartenente ad un mercato regolamentato, nel qual caso il diritto di recesso non sorge) non promuova un'offerta di acquisto delle azioni dei soci di minoranza. L'offerta deve essere diretta a tutti i soci, e per un corrispettivo non inferiore a quello che deriverebbe dall'applicazione dei criteri di cui agli artt. 2437 e 2473 c.c. (Annunziata, 280). Anche la norma di cui alla lett. c) ha natura non sanzionatoria; tuttavia, è stato ipotizzato che essa sia in realtà volta a prevenire possibili abusi della capogruppo (Galletti, 2408). Le condizioni di rischio dell'investimento risultano alterate quando l'ingresso o l'uscita dal gruppo determini o rischi di determinare un impatto negativo sull'equilibrio patrimoniale e finanziario della società, sul valore della partecipazione, sulle prospettive reddituali del socio. La verifica va fatta con giudizio prognostico, che non può però ridursi ad ipotesi pessimistiche e non oggettive. L'offerta che impedisce il recesso deve essere volontaria, rivolta a tutti gli azionisti per la totalità dei loro titoli, per un prezzo equo. Non è dunque necessaria l'OPA (Trib. Milano, 21 luglio 2015). Le modalità di esercizio del recessoL'ultimo co. dell'art. 2497-quater c.c. richiama gli articoli in materia di recesso del socio della società per azioni ed in quella a responsabilità limitata. Si verifica un problema di coordinamento tra norme, specie nel caso in cui il diritto al recesso non sorga in base ad una delibera societaria [lett. a)] ma in base ad una sentenza o ad un fatto [lett. b) e c)]. I termini saranno dunque di 15 giorni dalla iscrizione della delibera nel registro delle imprese nel primo caso, di 30 giorni dalla pubblicazione della sentenza nel secondo, di 30 giorni dalla iscrizione nel registro delle imprese delle informazioni richieste dall'art. 2497-bis nel terzo (Annunziata, 281). Ove però gli amministratori non adempiano, starà al socio di minoranza dimostrare il fatto legittimante, ossia la conoscenza dell'entrata o dell'uscita dal perimetro del gruppo (Lemme, 58). Sui criteri di liquidazione, il maggior problema che si pone è quello di stabilire se la valutazione della società eterodiretta, nel caso di abuso di direzione e coordinamento, debba tener conto anche degli effetti negativi del medesimo. Peraltro, poiché la sentenza di condanna ha già liquidato il danno al socio attore, questi è già stato risarcito del medesimo (Annunziata, 284). Questa soluzione legittima a nostro avviso la tesi, già avanzata, sulla possibilità che siano solo i soci che abbiano agito a poter esercitare il recesso ai sensi della lett. b). BibliografiaAngelici, La riforma delle società di capitali, Padova, 2006; Annunziata, Diritto di recesso, in, Direzione e coordinamento di società, a cura di Sbisà, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2012; Callegari, I gruppi di società, inIl nuovo diritto societario, a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2009; Galgano, Direzione e coordinamento di società, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 2005; Galgano, Il nuovo diritto societario, in Tr. Gal., Padova, 2004; Galgano, I gruppi nella riforma delle società di capitali, in Contr. impr. 2003; Galletti, Sub art. 2497-quater, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2005; Lemme, Il diritto dei gruppi di società, Bologna, 2013; Montalenti, La riforma del diritto societario: profili generali, in Riv. dir. comm. 2003, I; Pennisi, La disciplina delle società soggette a direzione unitaria ed il recesso nei gruppi, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Abbadessa e Portale, 3, Torino, 2007; Schiano di Pepe, Il diritto di recesso nei gruppi, in Soc. 2003; Sciuto, Direzione e coordinamento di società, in La riforma delle società di capitali e cooperative, a cura di Starola, Milano, 2003; Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, Milano 2010; Tombari, Il gruppo di società, Torino, 1997. |