Codice Civile art. 2500 ter - Trasformazione di società di persone (1).Trasformazione di società di persone (1). [I]. Salvo diversa disposizione del contratto sociale, la trasformazione di società di persone in società di capitali è decisa con il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili; in ogni caso al socio che non ha concorso alla decisione spetta il diritto di recesso. [II]. Nei casi previsti dal precedente comma il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell'attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima redatta a norma dell'articolo 2343 ovvero dalla documentazione di cui all'articolo 2343-ter ovvero, infine, nel caso di società a responsabilità limitata, dell'articolo 2465. Si applicano altresì, nel caso di società per azioni o in accomandita per azioni, il secondo, terzo e, in quanto compatibile, quarto comma dell'articolo 2343 ovvero, nelle ipotesi di cui al primo e secondo comma dell'articolo 2343-ter, il terzo comma del medesimo articolo (2). (1) V. nota al Capo X. (2) Comma sostituito dall'art. 20, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv., con modif., in l. 11 agosto 2014, n. 116. Il testo precedente recitava: «Nei casi previsti dal precedente comma il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell'attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima redatta a norma dell'articolo 2343 o, nel caso di società a responsabilità limitata, dell'articolo 2465. Si applicano altresì, nel caso di società per azioni o in accomandita per azioni, il secondo, terzo e, in quanto compatibile, quarto comma dell'articolo 2343». InquadramentoLa trasformazione omogenea consiste nel mutamento del tipo sociale nell'ambito del modello lucrativo: con essa si ha il passaggio dall'uno all'altro tipo di società, pur sempre, però, nel novero delle società a scopo lucrativo (così, testualmente, Pasquini, 1310). Ciò che caratterizza tale trasformazione è, dunque, l'assenza di un mutamento dello scopo dell'ente. L'articolo in commento disciplina la trasformazione omogenea progressiva da società di persone in società di capitali, manifestando un certo favore per la trasformazione in quanto consente che tale operazione venga decisa non già all'unanimità dei soci (come dovrebbe essere in applicazione delle ordinarie regole che presiedono alla disciplina delle società di persone), ma a maggioranza calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno dei soci negli utili (sul punto, Trib. Milano 13 dicembre 2004, in Not. 2005, 374). Il contrappeso alla possibilità di modificare il contratto sociale a maggioranza è costituito dall'attribuzione del diritto di recesso al socio che non abbia concorso alla decisione (Cagnasso, 2257). Sebbene non trovino apposita regolamentazione, si ritengono pacificamente ammissibili le trasformazioni dall'uno all'altro tipo di società di persone o di società di capitali. Mentre la normativa previgente alla riforma del diritto societario consentiva espressamente la trasformazione in società di capitali delle società in nome collettivo e delle società in accomandita semplice, oggi, l'art. 2500-ter (al pari dell'art. 2500-sexies c.c.) fa menzione, genericamente e globalmente, delle società di persone. Ne deriva che è certamente consentita la trasformazione di una società semplice in società di capitali ovvero di una società di capitali in società semplice. Ovviamente, una simile ipotesi necessita, eventualmente, del mutamento dell'oggetto sociale della società, atteso che la società semplice non può avere un oggetto commerciale (Pasquini, 1311; Beltrami, 3186; Santosuosso, 1915 che precisa che, nel caso di società semplice trasformanda, la modifica dell'oggetto sociale andrebbe deliberata dopo la trasformazione e non prima; Speranzin, 50). Si ammette poi la trasformabilità della società di persone unipersonale ex art. 2272, comma 1, n. 4 c.c. in s.r.l. o s.p.a. unipersonale (Beltrami, 3186). Dubbio, invece, se possono deliberare la trasformazione le società di persone irregolari o le società di fatto (in senso ammissivo, Consigli notarili triveneto, massima K.A.15). Le maggioranze richieste.Come già detto, innovando rispetto al previgente regime e derogando al principio dell'unanimità di cui all'art. 2282 c.c., la decisione di trasformazione è assunta con il consenso della maggioranza dei soci determinata in relazione alla quota di partecipazione agli utili: si tratta di una maggioranza per quote di interesse (Pasquini, 1313; Cetra, 169). Si ritiene che la regola trovi applicazione anche nel caso di trasformazione di società di persone in altra società di persone (Spena, 2258). La dottrina ritiene, poi, che con le stesse maggioranze possa essere approvato il nuovo statuto della società risultante dalla trasformazione anche nelle parti non strettamente necessarie ai fini dell'adozione del nuovo tipo sociale (Tassinari, 103). In questo senso si è, peraltro, espressa la prassi notarile secondo la quale in mancanza di espressa diversa previsione del contratto sociale, si deve ritenere che l'art. 2500-ter, comma 1, nella parte in cui prevede la trasformazione a maggioranza delle società di persone in società di capitali, consenta l'approvazione con la medesima maggioranza del nuovo testo dello statuto della società trasformata anche in quelle parti che non risultano strettamente necessarie per l'adozione del nuovo tipo sociale (si pensi all'introduzione di particolari maggioranze, o all'adozione di particolari sistemi di «governance», o a clausole di prelazione, o di limitazione alla circolazione delle partecipazioni, o alla previsione di ipotesi facoltative di recesso o esclusione, ecc.). Restano comunque salve le disposizioni dettate da norme speciali in deroga al principio dell'art. 2500- ter, quale ad es., si pensi all'art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, nella parte in cui prevede che l'introduzione o la soppressione di clausole compromissorie debba essere approvata dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale (Consigli notarili Triveneto, massima K.A.21). Altra dottrina, pur condividendo l'orientamento riportato, precisa, però, che si dovrebbe trattare pur sempre di modifiche funzionalmente collegate alla trasformazione che non fuoriescano dal perimetro causale della trasformazione costituito dalla riorganizzazione della società e che non si tratti di modifiche o aggiunte per le quali era in origine prescritto un quorum decisionale più elevato (Pasquini, 1314, diversamente la trasformazione potrebbe essere utilizzata in modo surrettizio per eludere la prescrizione di maggioranze determinate dal legislatore). È comunque salva una diversa disposizione dell'atto costitutivo che imponga la necessaria unanimità dei consensi (o maggioranze più elevate). È, però, dubbio se la regola dell'unanimità possa dirsi «ristabilita» ove l'atto costitutivo della società di persone si limiti a richiamare l'applicabilità dell'art. 2252 c.c. oppure si limiti a riprodurre la regola dell'unanimità, senza alcuna specificazione in merito alla trasformazione. Secondo un indirizzo fatto proprio dalla prassi notarile, in mancanza di indizi interpretativi contrari la clausola meramente riproduttiva dell'art. 2252 c.c. (modifica dell'atto costitutivo con il consenso di tutti i soci) non comporta di per sé deroga agli artt. 2500-ter e 2502 c.c., per i quali la trasformazione progressiva, la fusione e la scissione (quest'ultima in forza del richiamo contenuto nell'art. 2506-ter c.c.) di società di persone possono decidersi con il consenso della maggioranza dei soci calcolata secondo le quote di partecipazione agli utili, salvo il diritto di recesso dei soci non consenzienti. Tuttavia, la dottrina, a nostro parere fondatamente, evidenzia come il richiamo generico al contenuto dell'art. 2252 c.c. deve essere considerato, alla stregua del principio di conservazione del contratto di cui all'art. 1362 c.c., sufficiente a derogare al principio maggioritario di cui alla norma in esame (Pasquini, 1318; Speranzin, 55). Anche una diversa parte della prassi notarile ha, peraltro, osservato che la diversa disposizione del contratto sociale sufficiente a ripristinare la regola dell'unanimità può anche essere formulata con l'introduzione di clausole generiche del tipo: «le modificazioni del contratto sociale debbono essere adottate all'unanimità», ovvero: «per le modificazioni del contratto sociale si applica l'art. 2252 c.c.»; in tali ipotesi infatti è necessario interpretare le dette clausole, apparentemente inutili perché riproduttive di principî di legge, in conformità al disposto di cui all'art. 1367 c.c., nel senso cioè in cui possano avere un qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (Consigli notarili Triveneto, massima K.A.20). In giurisprudenza, la possibilità che, salvo diversa disposizione del contratto sociale, la trasformazione di una società di persone in società di capitali avvenga non all'unanimità, ma con il consenso della maggioranza dei soci è oggi testualmente prevista dall'art. 2500-ter. Nessuna norma riserva la nuova disciplina della trasformazione alle sole società costituite successivamente al 1° gennaio 2004 ed in assenza di una diversa previsione legislativa è senz'altro più consono alla lettera ed alla logica della legge applicare ratione temporis la disciplina della trasformazione in vigore non già alla data di costituzione della società, bensì a quella dì realizzazione e venuta ad efficacia della trasformazione medesima (App. Torino, 20 gennaio 2010, in Riv. not. 2011, II, 907). Quanto alle modalità di adozione della decisione, giova premettere che nelle società di persone non è necessaria l'adozione del metodo assembleare (sul punto, recentemente, Cass. n. 1624/2015; Cass. n. 1361/2011; Trib. Roma 31 dicembre 2014, in Soc. 2015, 1337). Infatti, l'articolo in commento utilizza l'espressione «atecnica» secondo la quale la trasformazione «è decisa», senza far riferimento ad una deliberazione in senso tecnico (Beltrami, 3187; svaluta il significato della diversa terminologia utilizzata dal legislatore, Pasquini, 1319, nt. 16; Tassinari, 108). Conseguentemente, una parte della dottrina ritiene sufficiente, anche per la decisione di trasformazione, che, ai fini della valida assunzione di essa, sia sufficiente conseguire la prescritta maggioranza, senza necessità di dar luogo ad un apposito procedimento assembleare e senza necessità di rispettare le regole del metodo collegiale (Spolidoro, 9). Resterebbe, in questa prospettiva, pur sempre necessario che, dovendo la trasformazione risultare da atto pubblico, il notaio raccolga il consenso dei soci nell'atto pubblico e nello stesso documento inserisca anche gli elementi previsti per l'atto costitutivo della società trasformata ovvero rediga separatamente il documento dal quale risulti la decisione dei soci e lo alleghi all'atto pubblico che al primo dà esecuzione (Beltrami, 3188). Parte della dottrina precisa, però, alla luce dei principî di buona fede e correttezza, che occorre pur sempre porre nelle condizioni tutti i soci di esprimere il proprio consenso pur senza la necessità di una vera e propria convocazione (Pasquini, 1320; Sarale, 2012, 1253; Sarale, 2011, 292; Speranzin, 57 che evidenzia la debolezza dell'argomento testuale derivante dall'utilizzo del termine decisione in luogo di quello di deliberazione): conseguentemente, ai fini di una valida adozione a maggioranza della decisione di trasformazione progressiva deve esser comunque garantita una preventiva informazione di tutti i soci in ordine alla relativa riunione, onde garantire a tutti la possibilità di parteciparvi (Pasquini, 1321; Mosca, 124). Si evidenzia, peraltro, che la necessaria collegialità per le decisioni modificative del contratto contempera le esigenze di informazione e di discussione dei soci e che una simile interpretazione rende più agevole e certa l'applicazione della disciplina del recesso (Speranzin, 57). Il diritto di recesso.Il recesso costituisce il contrappeso della possibilità, introdotta dalla riforma, dell'adozione della decisione a maggioranza e non all'unanimità (Speranzin, 61). Il recesso spetta ai soci assenti, dissenzienti ed astenuti (Santosuosso, 1915) e, ove si accolga la tesi della non necessità della preventiva informazione di tutti i soci, a quelli che non sono stati posti nelle condizioni di esprimersi sull'operazione (Beltrami, 3195). In caso di pegno o usufrutto sulla quota, il recesso dovrà essere deciso congiuntamente dal socio e dal titolare del diritto parziario (Speranzin, 54). Il diritto di recesso è ineliminabile dall'autonomia privata e deve ritenersi attribuito ex lege anche in presenza di contratti sociali che derogano alla regola dell'unanimità (Speranzin, 61). Il legislatore, tuttavia, ha omesso di disciplinare i termini e le modalità del recesso, con la conseguenza che è necessario ricostruirne la disciplina. Secondo una parte della dottrina, il diritto di recesso deve essere esercitato secondo i termini e le modalità della società risultante dalla trasformazione (Mosca, 131; Speranzin, 62 secondo il quale il socio può esercitare il diritto di recesso entro quindici giorni dall'iscrizione dell'atto di trasformazione nel registro delle imprese) e ciò viene ad essere giustificato sulla base dell'assunto che il recesso trova concreta attuazione nel momento in cui la società ha già assunto la nuova veste di società di capitali. In senso contrario, si è osservato che, nel caso di trasformazione di società di persone in società per azioni, dovrebbe trovare applicazione l'art. 2437-ter, comma 5, c.c. con la conseguenza che gli amministratori dovrebbero determinare il valore di liquidazione delle azioni e mettere a conoscenza dei soci tale determinazione nei quindici giorni precedenti alla decisione di trasformazione. Ma tale conclusione si presenta incongruente non potendo determinarsi il valore di azioni che ancora non esistono. Secondo altro orientamento, invece, il recesso potrebbe essere esercitato in qualsiasi momento, salvo che i soci, ancorché dissenzienti o assenti, non abbiano assunto un comportamento incompatibile con la volontà di uscire dalla società, ad esempio accettando la quota o le azioni della società risultante e salva la possibilità per gli altri soci di chiedere al giudice la fissazione di un termine (Spena, 370). Secondo altro orientamento, infine, i termini e le modalità di recesso dovrebbero essere ricavate dalla disciplina della società che effettua la trasformazione sulla base dei principî generali del contratto (Pasquini, 1323, che sottolinea come tale disciplina sia l'unica effettivamente contrattualmente concordata ed accettata dai soci recedenti). Tale orientamento, nel prendere atto che la disciplina delle società di persone non reca una disciplina del termine entro il quale può essere esercitato il recesso, evidenzia che dovrebbe applicarsi l'ordinario termine prescrizionale quinquennale previsto dall'art. 2949 c.c. con la conseguenza che il recesso potrà essere esercitato nei cinque anni dalla trasformazione. Al fine di evitare, tuttavia, un così lungo periodo di incertezza, potrebbe farsi ricorso alla disciplina di cui all'art. 1183 c.c. e, dunque, i soci potrebbero richiedere al giudice la fissazione di un termine decorso il quale il socio decade dal diritto di recedere (Pasquini, 1324; Tassinari, 114). La medesima dottrina, peraltro, evidenzia che potrebbe anche ravvisarsi una rinunzia implicita al diritto di recesso laddove il socio eserciti i diritti sociali derivanti dalla normativa della società (di capitali) risultante dalla trasformazione (Pasquini, ivi; Tassinari, ivi). In giurisprudenza, si segnala che l'esercizio del diritto di recesso del socio dissenziente rispetto alla deliberazione di trasformazione del tipo societario è soggetto al regime statutario proprio della società prima della trasformazione (Trib. Trapani, 21 marzo 2007, in Giur. comm. 2009, II, 524). La relazione di stima ed il capitale sociale della società risultante dalla trasformazione.Il comma 2 della disposizione in commento è stato modificato dal d.l. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni, in l. 11 agosto 2014, n. 116. La norma mira a garantire l'integrità del capitale sociale della società risultante dalla trasformazione. È, quindi, imposto che la decisione di trasformazione debba essere accompagnata da una relazione di stima, redatta ai sensi dell'art. 2343 c.c., per le società per azioni e in accomandita per azioni, e dell'art. 2465 c.c., per le società a responsabilità limitata, dalla quale risulti il capitale della società trasformata sulla base dei valori attuali dell'attivo e del passivo. Si evidenzia come la relazione, se pure assoggettata alla disciplina di cui agli artt. 2343 c.c. e 2465 c.c., si distingua da tali relazioni perché ha ad oggetto, non solo e non tanto i beni in natura ed i crediti, ma l'intero patrimonio, attivo e passivo, della società che si trasforma, compreso il danaro (Pasquini, 1325 che precisa, 1326, nt. 30, che la relazione di stima si rende necessaria, alla luce della sua funzione certificativa, anche quando il patrimonio della società trasformanda sia costituito esclusivamente da denaro; così anche, Sarale, 2012, 1254). Infatti, la relazione trova la sua ragione non solo in una funzione meramente valutativa, ma anche in uno scopo certificativo dell'esistenza dei valori del patrimonio sociale. Con riferimento alla data in di aggiornamento della relazione di stima, si ritiene che essa deve essere riferita ad una data non anteriore di oltre sei mesi rispetto alla data dell'atto di trasformazione (Consiglio notarile di Milano, massima 117; Pasquini, 1325, nt. 29; contra, Tassinari, 137 secondo il quale la relazione di stima deve essere non anteriore di quattro mesi, termine desumibile dalle regole in tema di approvazione del bilancio di esercizio; in questo senso, anche Speranzin, 67). In giurisprudenza, si afferma che la relazione di stima deve sempre accompagnare la deliberazione di trasformazione di una società di persone in società di capitali, quand'anche non sussistano beni in natura, e tutti i conferimenti siano stati effettuati soltanto in denaro (Trib. Roma 28 agosto 1999, in Giur. rom. 2000, 285; Trib. Napoli 12 gennaio 1987, in Soc. 1987, 73). La relazione di stima non è rinunziabile da parte dei soci, neppure all'unanimità (Tassinari, 137, Pasquini, 1326). Essa va allegata all'atto di trasformazione. La dottrina evidenzia che il riferimento ai «valori attuali» implichi che attraverso l'operazione di trasformazione si debba procedere alla rivalutazione dei beni che risultano iscritti al costo (Cagnasso, 2258). La relazione dovrà individuare analiticamente tutti gli elementi del patrimonio sociale suscettibili di valutazione economica attribuendo ad essi il valore all'attualità (Speranzin, 67). Una volta eseguita la stima è possibile determinare l'entità del capitale sociale che dovrà essere fissato sulla base delle risultanze contenute nella prima. Sotto un primo profilo, il capitale sociale non potrà essere inferiore al minimo legale previsto per il tipo sociale risultante dalla trasformazione. Qualora il valore del patrimonio netto non raggiungesse il valore minimo del capitale nominale della società di capitali, si renderebbe necessario procedere ad un aumento oneroso di capitale sociale, mediante nuovi conferimenti (Pasquini, 1332). Sotto altro profilo, poi, la somma delle singole valutazioni determina il valore massimo del patrimonio netto della società trasformanda (Speranzin, 69; sul punto, anche Sarale, 2012, 1255). Il capitale sociale della società risultante dalla trasformazione non potrà essere fissato in misura superiore all'ammontare del patrimonio netto della società trasformanda per come risultante dalla relazione di stima (Pasquini, ivi). Secondo la prassi notarile, nella trasformazione di società di persone in società di capitali, il capitale risultante dopo l'operazione non può essere inferiore a quello nominale anteriore alla trasformazione a meno che la riduzione sia necessaria per adeguarsi alla stima ex art. 2500-ter, comma 2, ovvero sia ritualmente adottata nelle forme della riduzione reale del capitale (Consigli notarili Triveneto, massima K.A.2; sul punto anche Beltrami, 3200). Inoltre, non sussiste alcun obbligo di legge di imputare a capitale della società trasformata il patrimonio netto della società di persone eccedente il capitale preesistente, quale risultante dalla perizia di stima redatta ai sensi dell'art. 2500-ter, comma 2 (Consigli notarili Triveneto, massima K.A.7). Il d.l. 24 giugno 2014, n. 91 ha modificato il comma 2 della norma in commento rendendo applicabili nel caso di società per azioni o in accomandita per azioni, il comma 2, il comma 3 e, in quanto compatibile, il comma 4 dell'art. 2343 c.c. ovvero, nelle ipotesi di cui ai comma 1 e 2 dell'art. 2343-ter c.c., il comma 3 del medesimo articolo. Può, così, farsi ricorso ai procedimenti alternativi di stima. La responsabilità dei soci a seguito della trasformazione.Non potendo la trasformazione pregiudicare i diritti dei creditori anteriori alla trasformazione medesima, la cessazione della responsabilità illimitata di tutti o di alcuni dei soci opera solo per il futuro in virtù del principio generale secondo il quale il regime di responsabilità per le obbligazioni non può essere mutato se non con il consenso del creditore (Speranzin, 73). Prescrive, pertanto, il comma 1 dell'art. 2500-quinquies c.c. che la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dal comma 3 dell'art. 2500 c.c., se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione. La norma realizza, quindi, un bilanciamento dei diversi interessi coinvolti, quello della società a procedere all'operazione straordinaria e quello dei creditori a non vedere diminuita la propria garanzia patrimoniale (Pasquini, 1340). I creditori, quindi, da una parte non possono opporsi alla esecuzione della trasformazione, ma possono impedire che venga meno la garanzia rappresentata anche dal patrimonio dei soci illimitatamente responsabili (Speranzin, 73). La trasformazione omogenea di società di persone in società di persone.Come già evidenziato, sebbene non trovi una esplicita disciplina, si ritiene pacificamente ammissibile la trasformazione omogenea da un tipo all'altro di società di persone. Tuttavia, l'ammissibilità di una simile operazione comporta la necessità di ricavare la disciplina della trasformazione dalle norme esistenti e, in particolare, di valutare l'applicabilità ad essa delle norme contenuto nell'art. in commento. Sotto un primo profilo afferente al quorum decisionale, occorre valutare se la adozione della decisione di trasformazione omogena da società di persone in altro tipo di società di persone possa intervenire secondo la regola maggioritaria di cui all'art. 2500-ter comma 1 (sulla base della considerazione che ciò che valer per il passaggio da un modello personalistico ad uno capitalistico dovrebbe ritenersi sufficiente ai fini del mutamento della struttura societaria interna al primo) ovvero se sia necessaria l'unanimità dei consensi. In favore di tale ultima soluzione, si evidenzia che la norma che consente alla società personale di deliberare la trasformazione in società di capitali a maggioranza costituisce certamente una norma eccezionale che deroga al principio generale, che informa le società personali ex art. 2252 c.c., della unanimità dei consensi (Pasquini, 1342; Tassinari, 123). Alla medesima conclusione giunge la prassi notarile, secondo la quale la disposizione di cui all'art. 2500-ter, comma 1, trova applicazione nella sola ipotesi ivi prevista, pertanto, in mancanza di una diversa specifica disciplina contenuta nei patti sociali, la decisione di trasformare una società di persone in altra società di persone deve essere adottata all'unanimità (Consigli notarili Triveneto, massima K.A.18). La necessaria unanimità dei consensi per la decisione concernente questa ipotesi di trasformazione toglie rilievo ad ogni analisi concernente la spettanza ai soci del diritto di recesso. Tuttavia, ove, in forza di una clausola dell'atto costitutivo derogativa alla previsione di cui all'art. 2252 c.c., la trasformazione possa essere decisa a maggioranza dei soci, ai soci che non hanno consentito all'operazione spetterà il diritto di recesso ai sensi dell'art. 2500-ter (Pasquini, 1343; Tassinari, 254; Consiglio notarile Triveneto, massima K.A.22 secondo la quale l'introduzione del principio di trasformabilità a maggioranza delle società di persone in società di capitali rende legittima la pattuizione che consente di trasformare a maggioranza una società di persone in altra società di persone, in deroga al principio generale sancito dall'art. 2252 c.c. Peraltro, detta pattuizione deve armonizzarsi con le seguenti due limitazioni dettate da esigenze sistematiche: a) l'attribuzione del diritto di recesso al socio che non ha concorso alla decisione; b) la necessità del consenso di tutti i soci che con la trasformazione (es. da s.a.s. in s.n.c.) assumono responsabilità illimitata. La mancata espressa previsione di tali limitazioni nella clausola che consente la trasformazione a maggioranza di società di persone in altra società di persone, non inficia la validità della clausola stessa, che dovrà ritenersi integrata ex lege con le limitazioni medesime). Si ritiene, poi, che la trasformazione da società di persone in altro tipo di società personali non richieda la relazione di stima del patrimonio della società trasformanda in quanto la ratio di tale previsione, che è volta a garantire una corretta formazione del capitale sociale della società (di capitali) risultante dalla trasformazione, non trova riscontro nelle società personali per le quali non è vi alcuna disciplina stringente per la formazione del capitale sociale (Pasquini, 1345). Infine, attesa la circostanza che, all'esito della trasformazione, taluni soci potrebbero perdere la responsabilità personale ed illimitata per le obbligazioni sociali, dovrà trovare applicazione analogica l'art. 2500-quinquies c.c. (Pasquini, 1346). BibliografiaBeltrami, Sub art. 2500-ter, in Le società per azioni, a cura di Abbadessa, Portale, Milano, 2016; Cabras, Le trasformazioni, in Tr. Colombo-Portale, VII, Torino, 1997; Cagnasso, Sub artt. 2500-ter, 2500-quater, 2500-quinquies, in Il nuovo diritto societario, commentario, a cura Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004; Campi, La trasformazione di società, Milano, 2013; Centoni, Sub artt. 2498-2500 novies, in Codice delle società, a cura di Abriani, Torino, 2016; Cetra, Le trasformazioni «omogenee» ed «eterogenee», in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, IV, Torino, 2007; Ferri jr., La trasformazione, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di Ibba e Marasà, VII, Padova, 2015; Mosca, Sub art. 2500-ter, in Trasformazione, fusione e scissione, a cura di Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2006; Pasquini, Sub artt 2500-bis-2500-novies, Sub artt. 2452-2510, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di Santosuosso, in Commentario del codice civile, a cura di Gabrielli,; Sarale, Trasformazione di società, in Enc. dir., Annali V, Milano, 2012; Sarale, Le trasformazioni, in Tr. Cottino, V, Padova, 2011; Spena, Sub art. 2500-ter, in La riforma delle società. Commentario del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a cura di M. Sandulli, V. Santoro, Torino, 2003; Speranzin, Trasformazione di società di persone, in Trasformazione, fusione, scissione, a cura di Serra, Bologna, 2014; Spolidoro, La semplificazione del procedimento di trasformazione, in Atti del convegno, La nuova disciplina delle operazioni straordinarie, Milano, 2004; Santosuosso, Sub art. 205-ter, in Aa.Vv., Società di capitali: commentario, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Tassinari, La trasformazione cd. omogenea in generale, in Maltoni, Tassinari, La trasformazione delle società, Milano, 2011. |