Codice Civile art. 2545 quinquies - Diritto agli utili e alle riserve dei soci cooperatori 1.

Stefano Schirò

Diritto agli utili e alle riserve dei soci cooperatori 1.

[I]. L'atto costitutivo indica le modalità e la percentuale massima di ripartizione dei dividendi tra i soci cooperatori.

[II]. Possono essere distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni ovvero assegnate ai soci le riserve divisibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società è superiore ad un quarto. La condizione2  non si applica nei confronti dei possessori di strumenti finanziari.

[III]. L'atto costitutivo può autorizzare l'assemblea ad assegnare ai soci le riserve divisibili attraverso:

a) l'emissione degli strumenti finanziari di cui all'articolo 2526;

b) mediante aumento proporzionale delle quote sottoscritte e versate, o mediante l'emissione di nuove azioni, anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 2525, nella misura massima complessiva del venti per cento del valore originario.

[IV]. Le riserve divisibili, spettanti al socio in caso di scioglimento del rapporto, possono essere assegnate, se lo statuto non prevede diversamente, attraverso l'emissione di strumenti finanziari liberamente trasferibili e devono esserlo ove il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società sia inferiore ad un quarto.

[V]. Le disposizioni dei commi secondo e terzo non si applicano alle cooperative con azioni quotate in mercati regolamentati3.

 

[1] V. nota al Titolo VI.

[2] Le parole «La condizione» sono state sostituite alle parole «Il divieto» dall'art. 301a)d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310.

[3] Comma aggiunto dall'art. 301b) d.lg. n. 310, cit.

Inquadramento

La norma in commento detta una disciplina costruita soprattutto per le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, ma trova applicazione residuale anche in quelle a mutualità prevalente per la parte in cui  la disciplina speciale prevista per queste ultime non stabilisce previsioni statutarie ancora più restrittive. Come si desume anche dal relativo passo della Relazione alla riforma del diritto societario,  la ratio dell'articolo in esame è quella di comprimere le possibilità di lucro soggettivo dei soci cooperatori, in mancanza dei più rigorosi vincoli statutari che l'art. 2514 detta per la cooperazione agevolata, e quindi di evitare la perdita in concreto della funzione mutualistica  della cooperativa in dipendenza della cessazione delle agevolazioni tributarie, così da scongiurare il pericolo che il fenomeno cooperativo perda la suaunitarietà di sistema, in ragione del configurarsi della categoria delle cooperative <<diverse>>. Queste ultime cooperative restano caratterizzate da una maggiore autonomia statutaria circa la destinazione dell'utile, senza che tuttavia tale autonomia statutaria possa sconfinare nella evanescenza di fatto della funzione mutualistica essenziale, a vantaggio di aspettative capitalistiche illimitate dei soci cooperatori. L'articolo in commento va quindi interpretato principalmente in chiave di limitazione delle aspettative soggettive dei soci cooperatori ad ottenere la ripartizione dell'eventuale lucro prodotto dall'impresa cooperativa. La compressione del lucro soggettivo dei soci cooperatori viene articolata nei suoi diversi aspetti, prevedendosi: a) un limite statutario alla ripartizione dei dividendi tra i soci cooperatori (comma 1); b) un'ulteriore  compressione, a favore della capitalizzazione della cooperativa, del lucro soggettivo del socio cooperatore, che non può appropriarsi di alcuna frazione degli utili o degli assets della società se viene meno il rispetto del rapporto minimo di un quarto fra patrimonio netto e indebitamento complessivo della cooperativa (comma 2); c) la rimessione all'autonomia statutaria della facoltà di assegnare riserve divisibili attraverso strumenti  finanziari  o aumenti gratuiti di capitale (comma 3); d) la limitazione dell'aumento gratuito del capitale al venti per cento del conferimento originario (comma 3, lett. b); e) il divieto di corresponsione in denaro del valore di liquidazione della quota al socio cooperatore receduto o escluso (o agli eredi del socio defunto), sempre se viene meno il rispetto del rapporto minimo di un quarto fra patrimonio netto e indebitamento complessivo della cooperativa (comma 4) (DE STASIO , 415-417 ).  Si ritiene, in definitiva, che anche nelle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente la distribuzione di utili tramite dividendi, pur potendo essere in ipotesi superiore a quella prevista per le cooperative a mutualità prevalente, non può riguardare la totalità degli utili conseguiti. Ciò sia perché la legge prevede per tutte le cooperative che l'atto costitutivo indichi la percentuale massima di ripartizione dei dividendi tra i soci cooperatori (comma 1 dell'articolo in esame), sia perché lo scopo mutualistico, che in base all'art. 2511 caratterizza tutte le cooperative, si realizza attraverso la ripartizione dell'utile attraverso il diverso metodo mutualistico del ristorno. Ne consegue che la percentuale massima degli utili attribuibili con il metodo del dividendo deve essere statutariamente fissata nelle cooperative diverse tenendo conto dell'esigenza, funzionalmente prioritaria, che richiede la soddisfazione dello scopo mutualistico tramite la ripartizione dei ristorni ai soci <<proporzionalmente alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici>> (art. 2545-sexies, comma 1) (Marasà , 127-128).   Si è anche osservato, in sintonia con quanto rilevato dalla Relazione alla riforma del diritto societario, che un'ulteriore ragione per limitare l'autonomia statutaria della cooperativa, in questa materia, è collegata al principio, caratteristico della cooperativa, della <<porta aperta in uscita>>. Questo comporta il rischio che nelle situazioni di prosperità o nell'imminenza di situazioni di crisi – delle quali il rapporto tra patrimonio netto ed indebitamento è indice di regola significativo – si possano verificare esodi di massa (Ceccherini-Schirò, 203-204 ).  

Il limite statutario alla lucratività della cooperativa e il rapporto tra patrimonio netto e indebitamento complessivo della società

Nel confermare l’autonomia statutaria riconosciuta in materia di dividendi alle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, il legislatore della riforma fa riferimento, con apprezzabile proprietà di linguaggio, non più agli utili, ma ai dividendi, sottolineando in un certo senso il c.d. lucro soggettivo (Genco, 332).

La nuova disciplina pone dunque dei limiti all’autonomia statutaria, valevoli, come già rilevato nel precedente par. 1, per tutte le cooperative,   sia quelle non a mutualità prevalente, che quelle a mutualità prevalente per la parte in cui la disciplina speciale prevista per queste ultime non stabilisce previsioni statutarie ancora più restrittive (DE STASIO, 415). Per la distribuzione, diretta o indiretta tramite acquisto di proprie azioni o assegnazioni ai soci di riserve divisibili, dei dividendi (CAMPOBASSO, 631), questo limite è individuato nel patrimonio netto, che  deve essere  superiore ad un quarto del complessivo indebitamento della società, e non vale nei confronti dei possessori degli strumenti finanziari. Poiché, infatti, questo limite sembra concepito in funzione non tanto della salvaguardia dello scopo mutualistico della cooperativa, quanto della tutela dei creditori, si comprende che esso non possa ridurre le aspettative di quei creditori che sono  possessori degli strumenti finanziari (Bonfante, 712). Si è anche osservato che il rispetto del rapporto tra patrimonio netto e indebitamento complessivo della società, che deve essere superiore ad un quarto, impone alle cooperative eccessivamente indebitate di destinare all’autofinanziamento gli utili generati, a salvaguardia del patrimonio sociale (CAMPOBASSO, 631).

Si ritiene, inoltre, che la distribuzione dei ristorni non sembra essere subordinata al presupposto della esistenza delle proporzioni tra patrimonio netto e complessivo indebitamento, stabilita dal comma 2 della norma in esame, per la distribuzione di dividendi, acquisto di azioni proprie e divisione delle riserve (BASSI, 52).

 

 

Limiti   all’assegnazione delle riserve divisibili

Lo stesso limite del rapporto tra patrimonio netto ed indebitamento della società, vale, come rilevato nel precedente paragrafo, , per l'assegnazione ai soci di riserve divisibili . A quest'ultimo proposito, i pericoli già indicati, di esodi di massa, aiutano a comprendere il successivo comma, per il quale l'atto costitutivo può autorizzare l'assemblea ad assegnare ai soci le riserve divisibili in due modi, e cioè: a) con emissione degli strumenti finanziari di cui all'art. 2526  e  b) mediante aumento proporzionale delle quote sottoscritte e versate, o mediante l'emissione di nuove azioni, anche in deroga a quanto previsto dall'art. 2525  (per cui il valore delle azioni o della quota non può eccedere, per ciascun socio, centomila euro), nella misura massima complessiva del venti per cento del valore originario. La disposizione si riferisce alle cooperative non agevolate, ma può trovare parziale applicazione anche alle cooperative a mutualità prevalente, almeno con riguardo ai soci finanziatori ma non cooperatori, che siano titolari di strumenti finanziari per i quali sia possibile la presenza e la distribuzione di riserve divisibili (Bonfante, 721, che argomenta anche sulla compatibilità della previsione sull'aumento proporzionale delle quote nel limite del venti per cento  con l'art. 7,  l. 31 gennaio 1992, n. 59, che prevede la rivalutazione gratuita del capitale nel limite del tasso ufficiale di inflazione accertato dall'Istat).

Così anche Tatarano, 536, il quale ammette che la distribuzione degli utili possa avvenire anche nel modo autorizzato dall'art. 7, l. 31 gennaio 1992, n. 59 – la cui disposizione pur non essendo stata riassorbita nella novella non si ritiene tuttavia abrogata – che prevede che le società cooperative possono destinare una quota degli utili di esercizio ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato per adeguarlo al potere di acquisto della moneta. In senso conforme anche altri autori (CAMPOBASSO, 632; VELLA-GENCO-MORARA, 138).

L'autonomia sembra doversi intendere nel senso che nello statuto i soci possono prevedere, o non, l'assegnazione delle riserve divisibili, ma, se la prevedono, non possono farlo se non nei modi indicati. Nella composizione del conflitto tra l'interesse (meramente speculativo) dei soci e le esigenze patrimoniali della società, la divisibilità delle riserve si attua, nelle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente e durante la vita della società, con le cautele imposte dalle esigenze patrimoniali della società, attraverso strumenti obbligatori o partecipativi (Ceccherini-Schirò, 205 ).Diversamente orientata altra dottrina, secondo la quale la ripartizione delle riserve divisibili avviene, di regola, in denaro, ma, al fine di contemperare l'aspirazione economica dei soci con l'esigenza di patrimonializzazione della società, l'atto costitutivo, salvo che nelle cooperative con azioni quotate in mercati regolamentati (come disposto dall'ultimo comma dell'articolo in esame),  può autorizzare l'assemblea ad assegnare ai soci le riserve divisibili secondo le modalità descritte nel terzo comma (PRESTI -RESCIGNO , 610 )    Il quarto comma   si esprime diversamente per il medesimo problema della assegnazione delle riserve divisibili, in occasione dello scioglimento del rapporto sociale con il singolo socio: qui si prevede che l'assegnazione abbia luogo attraverso l'emissione di strumenti finanziari liberamente disponibili, ma si ammette che lo statuto disponga diversamente e il modo indicato diviene obbligatorio solo se il patrimonio netto sia inferiore al quarto dell'indebitamento della società (Ceccherini- Schirò,   205-206 ). E' stata rilevata la mancanza di un perfetto coordinamento interno dell'articolo in commento, tra il secondo comma, che stabilisce che il rapporto  tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società deve essere superiore ad un quarto al fine di poter distribuire dividendi, acquistare proprie quote o azioni o assegnare ai soci le riserve divisibili, e il successivo  quarto comma, che invece stabilisce l'obbligatorietà, in sede di scioglimento del rapporto, dell'assegnazione delle riserve divisibili al socio attraverso l'emissione di strumenti finanziari liberamente trasferibili quando il rapporto suddetto sia inferiore ad un quarto, con la conseguenza che il caso (peraltro statisticamente improbabile) in cui il rapporto in questione sia matematicamente uguale ad un quarto viene diversamente trattato ai fini della disciplina dettata, rispettivamente, dal secondo e dal quarto comma (DE STASIO , 421, nota 20).

Con l'ultimo intervento correttivo, che ha aggiunto il quinto comma, il legislatore ha stabilito  che le limitazioni alla possibilità di distribuire dei dividendi o all'acquisto di quote o azioni proprie, o all'assegnazione delle riserve disponibili, non trovano applicazione nel caso di cooperative con azioni quotate in mercati regolamentati (FARENGA , 524 ).

 

Bibliografia

 Bassi, Principi generali della riforma delle società cooperative, Milano, 2004; Bonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, Milano, 2020; Ceccherini-Schirò, Società cooperative e mutue assicuratrici, seconda edizione, in Aa. Vv., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; De Stasio, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari. Milano, 2006; Genco, La trasformazione delle cooperative e la devoluzione ai fondi mutualistici, in  La riforma delle società cooperative, a cura di Genco, Milano, 2003;; Farenga, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2022; Marasà, L’odierno significato della mutualità prevalente nelle cooperative, in I contratti associativi a dodici anni dalla riforma del diritto societario, Torino, 2015; Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, vol. II, Società, Bologna, 2021; Santagata, Le società con scopo mutualistico, in Aa. Vv., Diritto commerciale, III, a cura di M. Cian, Torino, 2020; Tatarano, La nuova impresa cooperativa, Milano, 2011; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018.

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