Codice Civile art. 2545 undecies - Devoluzione del patrimonio e bilancio di trasformazione (1).Devoluzione del patrimonio e bilancio di trasformazione (1). [I]. La deliberazione di trasformazione devolve il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti, eventualmente aumentato fino a concorrenza dell'ammontare minimo del capitale della nuova società, esistenti alla data di trasformazione, ai fondi mutualistici (2) per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. [II]. Alla proposta di deliberazione di trasformazione gli amministratori allegano una relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società cooperativa, attestante il valore effettivo del patrimonio dell'impresa. [III]. L'assemblea non può procedere alla deliberazione di cui ai precedenti commi qualora la cooperativa non sia stata sottoposta a revisione da parte dell'autorità di vigilanza nell'anno precedente o, comunque, gli amministratori non ne abbiano fatto richiesta da almeno novanta giorni (3). (1) V. nota al Titolo VI. (2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153. (3) Comma aggiunto dall'art. 32 d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310. InquadramentoL'art. 2545-undecies esclude, per le cooperative diverse, il divieto tradizionale di trasformazione eterogenea della società cooperativa in società lucrativa, formalmente introdotto dall'art. 14, l. 17 febbraio 1971, n. 127. Divieto di trasformazione che continua per le cooperative a mutualità prevalente, ma è chiaramente più apparente che reale, dato che, come si è visto sub art. 2545-octies c.c. queste possono trasformarsi in cooperative “diverse”, qualora perdano la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente. Oltre alla espressa possibilità di trasformazione in consorzio, prevista dall'art. 2545-decies c.c., l'ammissibilità di trasformazione eterogenea di cooperativa in lucrativa comprende anche la fusione, nonché la scissione eterogenea, operazioni cui si applicheranno le norme previste per le società di capitali (Corvese, 201). Il divieto generale di trasformazione in società lucrative di cui alla l. 17 febbraio 1971, n. 127 trova una deroga nel caso delle banche popolari, dopo l'ultima legge bancaria (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), quando la trasformazione sia giustificata (art. 31) da esigenze di rafforzamento patrimoniale o di razionalizzazione del sistema (bancario) e sia stato autorizzato dalla Banca d'Italia. Anche per le banche di credito cooperativo, considerate cooperative a mutualità prevalente ai sensi dell'art. 223-terdecies disp. att. trans. c.c., è prevista la possibilità di trasformazione, sia pure nei limiti dell'art. 17, l. 23 dicembre 2000, n. 388, che impone la devoluzione del patrimonio indivisibile da parte della cooperativa trasformata (Genco, 304; Ciocca, 23). Un'altra eccezione, perché presuppone la crisi dell'impresa e la necessaria tutela dei creditori sociali, è quella prevista dall'art. 36, che consente alla Banca d'Italia, in presenza di determinati presupposti, di autorizzare fusioni tra banche di credito cooperativo e banche di altra natura da cui risultino banche popolari o banche costituite in forma di società per azioni (Genco, 305; Ciocca, 24). Il superamento del suaccennato divieto, se ha consentito di superare il problema della trasformazione della società cooperativa in società lucrativa ha lasciato, tuttavia, aperto quello dell'inversa ipotesi di mutatio da società ordinaria in mutualistica, dato che si possono considerare cadute quelle obiezioni, riguardanti soprattutto la differenza causale tra cooperative e società ordinarie, che prima della l. 17 febbraio 1971, n. 127, avevano fatto optare per la tesi negativa in entrambe le ipotesi di trasformazione (Genco, 307; Ciocca 26). In tal senso si è espressa anche prima della riforma la giurisprudenza (Cass. I, n. 6349/1997). Trasformazione e devoluzione del patrimonioLa delibera di trasformazione deve essere adottata dall'assemblea straordinaria con le maggioranze previste dall'art. 2545- decies c.c. ; va sottolineato che, se la cooperativa ha più di diecimila soci, l'atto costitutivo può prevedere che, per facilitare l'operazione, la delibera sia adottata con il voto favorevole dei due terzi dei votanti, mentre, nel silenzio statutario, si applicherà la regola generale del voto favorevole della metà dei soci. È condizione per poter procedere all'adozione della delibera la già effettuata, o almeno richiesta, revisione da parte dell'autorità di vigilanza. Questa condizione, necessaria per giungere alla trasformazione, è stata posta a baluardo della mutualità e alla verifica delle condizioni essenziali di trasformabilità della struttura cooperativa interessata, essendo la vigilanza cooperativa finalizzata all'accertamento dei requisiti mutualistici. La vigilanza cooperativa deve infatti, da un lato, fornire agli organi di direzione di coordinamento degli enti suggerimenti e consigli per migliorare la gestione di livelli di democrazia interna, al fine di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale e, dall'altro, accertare, anche attraverso la verifica della gestione amministrativo-contabile, la natura mutualistica dell'ente verificando l'effettività della base sociale, la partecipazione dei soci alla vita sociale e dallo scambio mutualistico con l'ente, la qualità di tale partecipazione, l'assenza di scopi di lucro dell'ente, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, la legittimazione dell'ente a beneficiare delle agevolazioni fiscali, previdenziali e di altra natura (Bonfante, 2655). Il requisito previsto da questa disposizione è quello della mera verificare dell'esistenza della revisione senza tuttavia richiedere alcun accertamento circa il suo contenuto, di talché il presupposto in oggetto rischia di diventare un mero adempimento formale (Tatarano, 635). La delibera di trasformazione deve contenere la contestuale devoluzione del patrimonio, oltre alla relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale che ne attesti il valore effettivo. Dopo la riforma, nel caso di trasformazione, si devolve il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti, eventualmente aumentato fino a concorrenza dell'ammontare minimo del capitale della nuova società (Bonfante, 2658). Si potrà sottrarre alla devoluzione, in aggiunta al capitale sociale e ai dividendi non ancora distribuiti, anche una parte del patrimonio attivo netto, necessario a raggiungere l'ammontare minimo del capitale richiesto dalla legge per la nuova società. Per far ciò, evidentemente, si utilizzeranno delle riserve, e la legge non richiede che si tratti di riserve divisibili. Pertanto, le riserve indivisibili, che dovrebbero essere devolute ai fondi mutualistici in caso di scioglimento della cooperativa diversa, potranno essere invece, almeno in parte, utilizzate nel caso di trasformazione; e ciò sebbene possa anche trattarsi di riserve accumulate in un periodo precedente, in cui la cooperativa aveva la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente, e godeva di benefici fiscali. D'altra parte, anche al di fuori di questo caso non può farsi a meno di considerare che le cooperative “diverse” godono di altri benefici di legge che, evidentemente, concorrono (specie nel caso dei finanziamenti agevolati) a produrre attivi di gestione. Si sottolinea anche (Ceccherini, Schirò, 210) che sorge pertanto, il sospetto che questo meccanismo di formazione del capitale della società risultante dalla trasformazione non sia rispettoso della normativa comunitaria in materia di divieti di aiuti (offerti dallo Stato con una legislazione di favore che ha la sua giustificazione solo in relazione alla specificità del fenomeno cooperativo). È sorprendente, a questo riguardo, che la stessa relazione ministeriale riferisca – a proposito dell'art. 2545-decies c.c. – che il problema era ben presente al legislatore delegato, il quale lo avrebbe anzi considerato decisivo. Ma la scelta operata si presta ad essere vista anche come una forma di incentivazione alla trasformazione della cooperativa in società lucrativa, la cui conformità all'art. 45 Cost. è seriamente contestabile. Infine, un'ulteriore – e non meno grave – riserva di legittimità deve essere fatta con riguardo ai limiti della delega. L'art. 5, lett. f), l. delega 3 ottobre 2001, n. 366, infatti, nel prevedere la possibilità per le società cooperative di trasformarsi, con procedimenti semplificati, faceva espressamente salvo il disposto dell'art. 17, l. 23 dicembre 2000, n. 388, concernente l'obbligo di devolvere il patrimonio in essere alla data di trasformazione, dedotti il capitale versato e rivalutato, ed i dividendi non ancora distribuiti, ai fondi mutualistici di cui all'art. 11, comma 5, della l. 31 gennaio 1992, n. 59. Questo limite, costituito dalla salvezza del disposto della norma richiamata, pur espressamente indicato nella l. delega 3 ottobre 2001, n. 366, è stato indubbiamente superato, senza che di ciò si rinvenga nella stessa relazione alcuna spiegazione (Genco, 310; Magliulo, 32). BibliografiaBonfante, Trattato di diritto commerciale, Le società cooperative, V, Padova, 2014; Ciocca, Riforme delle banche cooperative: riassetti organizzativi e possibili equilibri di potere, in Banca borsa, tit. cred. 2018, 23; Corvese, Sub art. 2545-undecies, in Commentario al codice civile, a cura di M.Sandulli, V.Santoro, Torino, 2003; Genco, La trasformazione delle cooperative e la devoluzione ai fondi mutualistici, in La riforma delle società cooperative, a cura di Genco, Milano, 2003; Magliulo, Trasformazione, fusione e scissione degli enti non profit dopo la riforma del Terzo settore, in Riv. not. 2018, 30; Tatarano, La nuova impresa cooperativa, Milano, 2011. |