Decreto legislativo - 3/07/2017 - n. 112 art. 2 - Attivita' d'impresa di interesse generale

Loredana Nazzicone

Attivita' d'impresa di interesse generale

1. L'impresa sociale esercita in via stabile e principale una o piu' attivita' d'impresa di interesse generale per il perseguimento di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale. Ai fini del presente decreto, si considerano di interesse generale, se svolte in conformita' alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attivita' d'impresa aventi ad oggetto:

a) interventi e servizi sociali ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, ed interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, e di cui alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;

b) interventi e prestazioni sanitarie;

c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni;

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonche' le attivita' culturali di interesse sociale con finalita' educativa;

e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell'attivita', esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, nonché alla produzione, all'accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 1991;

f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;

g) formazione universitaria e post-universitaria;

h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale;

i) organizzazione e gestione di attivita' culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attivita', anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato, e delle attivita' di interesse generale di cui al presente articolo;

j) radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell'articolo 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni;

k) organizzazione e gestione di attivita' turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo ed al contrasto della poverta' educativa;

m) servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore;

n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni;

o) attivita' commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l'accesso del produttore al mercato, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonche' di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;

p) servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui al comma 4;

q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, e successive modificazioni nonche' ogni altra attivita' di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;

r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;

s) microcredito, ai sensi dell'articolo 111 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;

t) agricoltura sociale, ai sensi dell'articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni;

u) organizzazione e gestione di attivita' sportive dilettantistiche;

v) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalita' organizzata.

2. Tenuto conto delle finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2016, nonche' delle finalita' e dei principi di cui agli articoli 1 e 2 del codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, l'elenco delle attivita' d'impresa di interesse generale di cui al comma 1 puo' essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del decreto, decorsi i quali quest'ultimo puo' essere comunque adottato.2

3. Ai fini di cui al comma 1, si intende svolta in via principale l'attivita' per la quale i relativi ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell'impresa sociale, secondo criteri di computo definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali3.

4. Ai fini del presente decreto, si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l'attivita' d'impresa nella quale, per il perseguimento di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale, sono occupati:

a) lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, numero 99), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni;

b) persone svantaggiate o con disabilita' ai sensi dell'articolo 112, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni, nonche' persone beneficiarie di protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni, e persone senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all'articolo 2, quarto comma, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, le quali versino in una condizione di poverta' tale da non poter reperire e mantenere un'abitazione in autonomia.

5. Ai fini di cui al comma 4, l'impresa sociale impiega alle sue dipendenze un numero di persone di cui alle lettere a) e b) non inferiore al trenta per cento dei lavoratori. Ai fini del computo di questa percentuale minima, i lavoratori di cui alla lettera a) non possono contare per piu' di un terzo e per piu' di ventiquattro mesi dall'assunzione. La situazione dei lavoratori di cui al comma 4 deve essere attestata ai sensi della normativa vigente.4

6. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 5 si applicano limitatamente allo svolgimento delle attivita' di cui al presente articolo.

[1] Lettera modificata dall'articolo 3 septies, comma 2, del D.L. 29 maggio 2023, n. 57, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 luglio 2023, n. 95.

[3] Per l'attuazione del presente comma, vedi il D.M. 22 giugno 2021.

Inquadramento

Alle imprese sociali il legislatore non chiede soltanto di essere prive di finalità lucrative – come, del resto, per la normativa europea di favore fiscale – ma anche di perseguire positive finalità «civiche, solidaristiche e di utilità sociale». L'attività d'impresa deve essere, inoltre, di «interesse generale», come individuata dalla legge.

Sotto tale profilo, l'art. 6, lett. b), l. n. 106/2016 chiedeva di determinare i settori in cui può essere svolta l'attività d'impresa sociale di interesse generale, da individuare mediante i successivi decreti legislativi, tenuto conto dei settori di attività già previsti dal d.lgs. n. 460/1997, in tema di onlus, e dal d.lgs. n. 155/2006, sull'impresa sociale originariamente introdotta.

Caratteristico è il principio di sussidiarietà dell'intero terzo settore rispetto ad alcuni fini nel sociale, usualmente svolti dallo Stato.

Il decreto distingue, in sostanza, due tipi di imprese sociali: 1) quelle che esercitano in via stabile e principale un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale (comma 1); 2) altre imprese, che non operano in specifici settori delimitati dalla legge, ma cui si richiede solo di promuovere iniziative imprenditoriali finalizzate all'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (comma 4).

L'impianto normativo mira a smascherare la falsa solidarietà, dato che non basta una forma giuridica a rendere filantropica un'organizzazione, né il mero proclama di non distribuire utili ai soci, anche se «nel loro statuto sono riportate finalità nobilissime. Esse invece sono meritevoli di attenzione e di sostegno per quello che fanno, per come lo fanno e per i risultati che producono in termini di interesse generale» (Moro, 16).

Tale impostazione, dunque, convince assai più di quella di chi (Santuari, 27) vorrebbe invece accontentarsi della finalità dell'ente e secondo cui la legge delega avrebbe appunto affermato ciò: al contrario, la legge delega è stata attenta ad evitare facili strumentalizzazioni, che sarebbero possibili ove si ancorasse la qualificazione alla mera enunciazione di astratti fini, od anche oggetti, statutari.

Resta fermo che l'impresa sociale svolge appunto attività economica imprenditoriale; onde si riduce la distanza tra terzo settore ed organismi societari, visto che anche l'impresa sociale consente una sia pur limitata remunerazione del capitale sociale (Bozzi, § 4). La norma pare ribadire il riconoscimento dell'iniziativa economica privata: anche se il senso della stessa non può consistere solo in ciò, dato che allora tanto meglio tale riconoscimento avviene nell'art. 41 Cost., ma sta proprio nel mostrare che attraverso di essa può passare la strada di elevazione della tutela dei diritti civili e sociali (Bozzi, par. 4).

Le imprese sociali  possono essere costituite come associazioni o fondazioni, oppure come enti del Libro V, più numerosi, e dove la trasposizione delle regole societarie ha due diverse gradazioni, a seconda che si tratti di cooperative sociali (e loro consorzi) oppure di società o di cooperative ordinarie: per le prime, che rappresentano la maggioranza, vale un regime privilegiato (art. 1, comma 4) e l'attribuzione della qualifica di impresa sociale, con tutti i benefici specie fiscali che ne conseguono (art. 18), avviene “di diritto”, onde il trattamento normativo delle cooperative sociali è diverso e sensibilmente più vantaggioso rispetto a tutte le altre imprese sociali; per le seconde, le disposizioni societarie dei Titoli V e VI del Libro V c.c. si potranno applicare, sempre nei limiti della compatibilità, solo per gli aspetti non disciplinati né dal d.lgs. n. 112/2017, né dal Codice del terzo settore.

La Legge delega per la riforma fiscale (l. 9 agosto 2023, n. 111) contiene previsioni di grande rilevanza per gli enti iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) e, in generale, per gli enti non commerciali. L'obiettivo è semplificare e razionalizzare il sistema tributario con riguardo alla disciplina fiscale dettata, per gli enti del terzo settore, dai d.lgs. nn. 117/2017 e 112/2017 (Sepio, gro, 3193) .

Si noti sin d'ora che gli enti del c.d. terzo settore, ovvero «le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale», di attività di interesse generale (art. 4 d.lgs. n. 117/2017). Gli e.t.s. possono svolgere attività d'impresa commerciale in via esclusiva o principale, assumere la qualifica d'impresa sociale, condurre attività d'impresa in via accessoria, svolgere attività d'impresa non commerciale (ossia agricola) o non condurre affatto attività d'impresa (cfr., in tema, Perreca, 650 ) . Gli e.t.s. regolati dal codice del terzo settore, sia quelli nominati sia quelli innominati, hanno tutti la veste giuridica di associazioni o di fondazioni, con la sola eccezione delle società di mutuo soccorso. Pertanto, mentre per queste ultime si rimanda al commento della sede apposita, le altre, che non sono società, non rientrano nella trattazione del presente Codice.

Oggetto sociale

Come si è detto, la legge delega rimetteva al decreto legislativo di determinare i settori dell'attività sociale che avessero «interesse generale».

Non si era mancato di ipotizzare che dovesse trattarsi logicamente del c.d. welfare, quale insieme di servizi alla persona e alla comunità tradizionalmente offerti dallo Stato, come emergeva dalle consultazioni governative svoltesi negli anni anteriori alla riforma; alle quali avevano fatto seguito le richieste ampliative degli operatori del settore: ascoltati dal legislatore delegato, mediante l'enumerazione di altri interessi (oltre a quelli in ambito socio-sanitario) perseguibili dall'impresa sociale, quali la tutela dell'ambiente, la promozione della cultura, dello sport e del turismo, ecc. (Bozzi, par. 4).

La funzione preminente nel settore del welfare è palesata dalla stessa individuazione del ministro competente ai vari adempimenti (Ministro per il lavoro e le politiche sociali).

Si è detto, così, che permangono i tre tradizionali caratteri riferiti al terzo settore: l'operatività nell'ambito del welfare, l'erogazione di servizi e la sussidiarietà per conto delle istituzioni pubbliche (Moro, 18).

È giunto l'art. 2 d.lgs. n. 112/2017 a fissare i requisiti dell'attività sociale, indicando in dettaglio quali attività rivestano interesse generale, peraltro suscettibili (comma 2) di essere aggiornate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su parere delle commissioni parlamentari.

In primo luogo, essa deve essere esercitata in modo stabile, a conferma che si rientra nella nozione dell'art. 2082, quanto alla professionalità ed abitualità dell'organizzazione; sebbene, poi, essa possa essere anche solo attività principale e non esclusiva. Poiché l'attività può essere solo principale, la legge consente una notevole apertura, quanto alle società che svolgano anche altre attività; il criterio dell'attività principale è fissato dal comma 3, come tale da fornire ricavi pari almeno al 70% di quelli complessivi tratti dall'impresa, rinviandosi ad un decreto ministeriale per gli specifici criteri di calcolo.

In secondo luogo, la società può darsi anche plurimo oggetto, purché nell'ambito di quelli elencati nella norma e qualificati come «di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale».

In terzo luogo, in particolare, la norma precisa che sono qualificate ex lege attività di interesse generale quelle svolte in una varietà considerevole di settori, ovvero:

- nell'ambito sanitario e scientifico, i servizi sociali, le prestazioni socio-sanitarie e la ricerca scientifica di particolare interesse sociale;

- in ambito formativo-culturale, la formazione professionale, universitaria e post-universitaria, la formazione extra-scolastica e il contrasto al bullismo ed alla «povertà educativa», le attività culturali, artistiche, ricreative e quelle anche editoriali di promozione della cultura del volontariato; le attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso; le attività sportive dilettantistiche;

- in ambito ambientale, i servizi a tutela dell'ambiente (ma non la raccolta dei rifiuti), del patrimonio culturale e del paesaggio;

- nel settore dell'informazione, la radiodiffusione sonora;

- nel settore del commercio, i servizi strumentali alle imprese sociali e al terzo settore (purché l'ente sia composto almeno al settanta per cento dai medesimi), la cooperazione allo sviluppo, le attività di produzione, commercio, promozione ecc. del commercio «equo e solidale»; questo, è da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l'accesso del produttore al mercato, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, oltre a misure di sviluppo per il produttore;

- nell'ambito del lavoro, l'inserimento nel mercato dei soggetti svantaggiati; inoltre, il comma 4 rende ex lege di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l'attività d'impresa nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, sono occupati almeno per il 30% lavoratori molto svantaggiati, persone svantaggiate o con disabilità, immigrati beneficiari della protezione internazionale e persone senza fissa dimora iscritte nel registro anagrafico relativo, le quali versino in una condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere un'abitazione in autonomia (si segnala al riguardo, che il d.lgs. correttivo n. 95/2018 ha aggiunto il limite dell'assunzione da 24 mesi: ciò significa che le imprese sociali di inserimento lavorativo dei lavoratori «molto svantaggiati» non potranno più computare i medesimi nella quota del 30%, dopo che siano decorsi due anni dalla data di assunzione presso l'impresa sociale, che di conseguenza dovrà attivarsi per ristabilire la percentuale minima richiesta);

- nell'ambito delle politiche alloggiative, l'«alloggio sociale» ed ogni attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;

- nel settore dell'immigrazione, l'accoglienza umanitaria e l'integrazione sociale dei migranti;

- nel settore del credito, la concessione di microcredito;

- nel settore dei beni, la riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di quelli confiscati alla criminalità organizzata.

Un inciso richiede che le attività in questione siano svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, ma è forse pleonastico, dato che, prima ancora della conseguente sottrazione della qualifica di impresa sociale, il mancato rispetto delle norme regolatrici del settore comporterà ben altre specifiche sanzioni ivi previste.

Si ricordano, al riguardo, le direttive 2014/23/UE e 2014/24/UE, in tema di appalti pubblici, le quali contengono pure una nozione di servizi sociali, particolarmente estesa. L'art. 19 della prima, così, sotto la voce «servizi sociali e altri servizi specifici» rinvia alle concessioni per i servizi elencati nell'allegato IV, assoggettandoli ad obblighi limitati (quelli previsti agli artt. 31, par. 3, 32, 46, 47). L'allegato IV individua una pluralità di materie, ad esempio ai servizi di personale impiegatizio per privati, assistenza domestica, previdenza sociale, istruzione e formazione, organizzazione di mostre ecc., sicurezza sociale obbligatoria, in una prestazioni sociali e personali in generale, inclusi servizi forniti da associazioni sindacali, da organizzazioni politiche, da associazioni giovanili; altri servizi di organizzazioni associative; servizi religiosi; alberghieri e di ristorazione, catering; servizi legali non esclusi; servizi penitenziari, di pubblica sicurezza e di soccorso non esclusi; servizi investigativi e di sicurezza.

Ebbene, nelle direttive menzionate si tratta essenzialmente di servizi nei quali l'elemento personale ha rilevanza peculiare: «prestazioni tendenzialmente svolte da persone, non da “macchine” (elemento interno), in favore di altre persone», dunque definibili «servizi relazionali» (Michiara, par. 2).

Taluno ha manifestato perplessità in ordine alla scelta legislativa di individuare in dettaglio le attività di interesse generale, perché la limitazione, se si giustifica ai fini delle varie forme di agevolazione, rischia di irreggimentare troppo gli enti del settore, indicandone le caratteristiche, quando essi dovrebbero «invece contraddistinguersi per il loro essere “soggetti interni” alla società e dovrebbero quindi essere in grado di individuare la propria attività autonomamente, intercettando nuovi bisogni, nuove esigenze e fornendo nuove risposte prima degli “apparati pubblici” e senza gli “apparati pubblici”» (Bozzi, § 3). In verità, resta il fatto che sussiste un'esigenza concreta di scongiurare, come l'A. medesimo rileva, il rischio di attribuire il medesimo valore sociale a tutte le organizzazioni non profit e soprattutto di avvalorarne l'autoreferenzialità, tenuto conto che i mezzi agevolativi sussistono sempre.

Scopo ed oggetto

Secondo le nozioni del diritto commerciale, come è noto, lo scopo è il fine che l'ente si propone, mentre l'oggetto è l'attività sociale al primo strumentale.

Nella normativa in commento, il legislatore ha, a volte, usato promiscuamente i due concetti, sovente richiamando sia i fini dell'impresa sociale (che devono escludere lo scopo di lucro ed indirizzarsi a finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, variamente declinate) sia l'attività (di interesse generale).

Ci si è chiesti se si tratti di una mera endiadi, attesi i continui rimandi del legislatore e la stretta correlazione tra i due termini: per concludere che in sostanza si vuole solo, al di là della incerta formulazione normativa, che l'enunciazione dei fini dell'ente sia imprescindibile per identificarlo ex ante, mentre il riferimento alle attività chiarisce la nozione di terzo settore nel disegno normativo: «al di là delle finalità (dichiarate) ciò che conterà sarà (soprattutto) l'attività (concretamente svolta)», mentre la verifica delle finalità potrebbe avvenire una sola volta, salvo modifiche statutarie, configurandosi le successive piuttosto come verifica delle attività svolte in coerenza con le finalità statutarie (Bozzi, § 3).

Bibliografia

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