Il liquidatore si nomina già nel procedimento per l’accertamento delle cause di scioglimento
10 Ottobre 2018
Massima
Acclarata la sussistenza di due cause di scioglimento, il Tribunale delle Imprese, adito dai soci ex art 2485, comma 2, c.c., deve in ogni caso autonomamente valutare il tema della possibilità e dell'opportunità di procedere anche all'immediata nomina del liquidatore, posto che il sistema normativo disegnato dai novellati artt. 2485-2487 c.c. parrebbe prevedere due momenti distinti, rimettendo in ogni caso all'Assemblea, anche dopo la dichiarazione giudiziale della causa di scioglimento, la nomina del o dei Liquidatore/i.
In assenza di tassative indicazioni normative sul divieto di cumulo dei due passaggi, la dichiarazione di scioglimento con contestuale nomina del liquidatore appare opportuna laddove il Tribunale non ravvisi e le parti non prospettino, né serie ipotesi di rimozione della causa di scioglimento, né problematiche relative alla nomina del liquidatore, tali da rendere preferibile l'adozione di delibera assembleare e la sua eventuale successiva impugnazione in sede pienamente contenziosa.
Appare decisivo il fatto che la società resistente, costituendosi si sia sostanzialmente rimessa sull'immediata nomina giudiziale del Liquidatore, proponendo la nomina a cura dell'assemblea solo ove il Tribunale lo ritenesse indispensabile.
Il caso
Il ricorrente, socio di s.r.l., da tempo in dissesto finanziario, dopo aver ripetutamente manifestato in sede assembleare all'altro socio che riveste anche la carica di amministratore unico la necessità di dichiarare lo scioglimento della stessa società ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 2484 n. 4 c.c., in assenza di adeguato riscontro, adisce il Tribunale competente per addivenire ad una decisione giudiziale in tal senso anche ai sensi dell'art. 2484 n. 3. Il Giudice ravvisa pertanto sussistere le due cause di scioglimento richiamate (l'indiscussa riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo e l'impossibilità di funzionamento dell'assemblea ai sensi dell'art. 2484 nn. 3 e 4 c.c.) e procede pertanto alla dichiarazione di scioglimento della società senza rimettere, come di consueto, alle parti resistenti l'attuazione spontanea della stessa. Il Tribunale procede, infatti, anche con la nomina del liquidatore, rilevando l'assenza di un espresso divieto normativo in materia (cfr. i novellati 2485-2487 c.c.) e non ravvisando, nel concreto, serie ipotesi di rimozione delle cause di scioglimento né problematiche relative alla nomina giudiziale del liquidatore.
La questione
Con l'avverarsi di una causa di scioglimento, si rende necessaria la nomina dei liquidatori. La legge stabilisce quali organi debbano attivarsi per l'avvio della procedura di liquidazione, preoccupandosi di indicare un meccanismo che l'assicuri, anche in caso di inerzia di questi ultimi. Lo scioglimento, infatti, determina l'instaurarsi di una situazione transitoria che deve evolvere nella liquidazione entro tempi brevi nell'interesse dei soci e dei terzi. Il decreto di declaratoria di scioglimento di società e nomina del liquidatore (ex artt. 2485, n. 2, 2487 n. 3 e 737 e ss. c.p.c.) si inserisce in un orientamento che afferma che il Giudice adito possa dichiarare lo scioglimento e contestualmente nominare il liquidatore laddove ravvisi la sussistenza di una o più cause di cui all'art. 2484 c.c. [cfr., al proposito, la pronuncia del Tribunale di Milano, 06 marzo 2014: “In tema di ricorso ex art. 2485 e 2487 comma 2 volto ad accertare e dichiarare lo scioglimento della di una società di capitali e provvedere, ai sensi dell'art. 2487 comma 2, alla nomina di un liquidatore estraneo ai soci e privo di pregressi rapporti con la società, il Giudice è chiamato ad accertare, sulla base degli elementi oggettivi indicati dalla legge, la sussistenza o meno di una causa di scioglimento della Società (non dovendo accertare -in questa sede- la responsabilità dei soci in ordine alla stessa, né tantomeno potrebbe escludere la sussistenza di una causa di scioglimento sulla base del fatto che questa sia addebitabile ad uno piuttosto che ad un altro socio). Nel caso di specie, il dissidio tra i due gruppi di soci –i quali detengono rispettivamente una partecipazione pari al 50% del capitale - non ha consentito la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione in ben due occasioni, la prima per impossibilità di raggiungere un quorum deliberativo, la seconda per impossibilità di raggiungere il valido quorum costitutivo, e, ad oggi, risulta essere causa della persistente inerzia dell'assemblea. Quindi, la situazione della compagine sociale risulta causa permanente di scioglimento della società. Si deve, allora, ritenere accertata la sussistenza di una causa di scioglimento della società di cui all'art. 2484 comma 1 n. 3 c.c.”.] La competenza a decidere in materia spetta alla Sezione specializzata del Tribunale dell'impresa istituita con D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 che, nel decidere con decreto, accerta la sussistenza delle cause di scioglimento ex art. 2487 c.c. laddove sulla base di una sommaria istruzione le stesse non siano contestate…”. L'art. 2487 c.c. prevede espressamente che in caso di inerzia degli amministratori nell'accertare la causa di scioglimento e nel convocare l'assemblea per la nomina dei liquidatori, il Tribunale, su istanza di singoli soci o amministratori, ovvero dei sindaci, e, nel caso in cui l'assemblea non si costituisca o non deliberi in tal senso, vi provveda con decreto.
Osservazioni
Il decreto del Tribunale di Genova va oltre la previsione legislativa e, uniformandosi all'orientamento della giurisprudenza di merito di Milano, secondo cui le Sezioni Specializzate dell'Impresa, istituite con D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, e competenti a decidere in materia di scioglimento di società possano, seppur sulla base di un procedimento sommario quale è quello di volontaria giurisdizione previsto, una volta accertata la sussistenza delle cause di scioglimento, procedere alla contestuale nomina del liquidatore; con ciò estromettendo l'Assemblea dei soci (l'organo cui la legge demanda tale operazione) laddove risulti evidente che la stessa non sia più in grado di operare. Si cerca, quindi, di salvaguardare e garantire la speditezza dell'iter volto alla chiusura della società senza mettere in pericolo i diritti dei soci e dei creditori. Nell'ipotesi in oggetto, per sgombrare il campo da dubbi, il giudice adito chiarisce sussistere tutti gli elementi per poter procedere alla contestuale nomina dei liquidatori: I rischi di questa scelta sono con chiarezza evidenziati e commentati nella causa R.g. 64897/2014, instaurata sulla base della medesima dichiarazione di scioglimento e contestuale nomina del liquidatore da parte del Tribunale adito dai soci che richiama la posizione della giurisprudenza di legittimità in proposito. Trattasi, infatti, di decreti emessi a seguito di un procedimento d volontaria giurisdizione: “provvedimento di volontaria giurisdizione che non assume carattere decisorio, (omissis),…in quanto il giudice adito (nella prima e nella seconda fase del procedimento dopo un indagine sommaria condotta incidenter tantum) può nominare i liquidatori sul presupposto che la società sia sciolta, non accertando tuttavia in via definitiva né l'intervenuto scioglimento né le cause che l'avrebbero prodotto, tanto che ciascun interessato, purché legittimato all'azione, può promuovere un giudizio ordinario su dette questioni, e, qualora resti provata l'insussistenza della causa di scioglimento può ottenere la rimozione del decreto e dei suoi effetti”. Nell'esperienza pratica risulta peraltro difficile ipotizzare che nominato dopo un giudizio non contenzioso e all'esito di istruttoria deformalizzata, un liquidatore che proceda con suo potere e dovere alla liquidazione del patrimonio sociale, alla soddisfazione dei creditori sociali, alla soddisfazione dei creditori ed ai successivi adempimenti fino all'iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese, un giudice possa – a distanza di anni - resuscitare la società cancellata e ricostituirne il patrimonio medio tempore alienato a terzi o assegnato in proprietà ai soci, magari ripetendo dai creditori quanto legittimamente pagato. Permanendo, peraltro, il diritto del socio -che contesti la causa di scioglimento- ad un processo a cognizione piena e con effetto di giudicato al quale non si può opporre l'intervenuta nomina i sede di volontaria giurisdizione, la decisione a quo ha l'indubbio pregio di rendere più veloce la procedura volta allo scioglimento e alla liquidazione laddove la società nel corso del giudizio di volontaria giurisdizione costituendosi si sia sostanzialmente rimessa sull'immediata nomina giudiziale del Liquidatore, lasciando prevedere che non ci saranno contestazioni future sull'argomento. Il cumulo delle azioni in capo al giudice si inserisce pienamente, anche in un'ottica di semplificazione delle procedure cui è rivolta la riforma del diritto societario fin dal 2003.
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