Onere probatorio per il danno causato ad uno studente durante una competizione non agonistica nell’ora di educazione fisica

22 Ottobre 2018

Come viene ripartito, in caso di infortunio causato da uno studente a danno di un altro durante lo svolgimento di una partita di pallavolo che li vede entrambi giocatori, verificatosi nell'ora scolastica di educazione fisica, l'onere della prova a fronte della domanda risarcitoria del danneggiato?
Massima

In materia di risarcimento dei danni per responsabilità civile, in ipotesi di infortunio sportivo subito da uno studente all'interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, l'onere della prova dell'illecito commesso da uno studente in danno di un altro, incombe sul danneggiato, quale fatto costitutivo della sua pretesa mentre l'istituto scolastico potrà andare esente da responsabilità provando il fatto impeditivo, ovvero l'inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto.

Il caso

Una donna conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace il Ministero dell'Istruzione, al fine di sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti dalla figlia minore in conseguenza dell'infortunio da lei subito a causa di una schiacciata effettuata da altro studente nel corso di una partita di pallavolo svoltasi nell'ora scolastica di educazione fisica.

Il Giudice di Pace accoglieva la domanda risarcitoria formulata da parte attrice, ritenendola fondata.

Il Ministero proponeva appello avverso la predetta sentenza dinnanzi al Tribunale che “ribaltando” quanto deciso in primo grado, accoglieva l'appello rigettando la domanda risarcitoria avanzata, ritenendola infondata.

Contro quest'ultima decisione la donna ricorreva dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, denunciando l'erronea e falsa applicazione dell'art. 2048 c.c., non avendo il Ministero fornito la prova positiva su di esso gravante, precisamente l'aver istruito adeguatamente la minore in vista della particolare situazione verificatasi (schiacciata eseguita da un'altra allieva). La ricorrente osservava che l'esecuzione di una schiacciata richiederebbe una particolare preparazione anche per chi la deve ricevere, che parte convenuta non avrebbe provato di avere fornito all'allieva.

La questione

Come viene ripartito, in caso di infortunio causato da uno studente a danno di un altro durante lo svolgimento di una partita di pallavolo che li vede entrambi giocatori, verificatosi nell'ora scolastica di educazione fisica, l'onere della prova a fronte della domanda risarcitoria del danneggiato? Essa incombe sul soggetto leso, oppure sulla scuola o su entrambi ed in quali termini? Ancora, risulta applicabile al caso de quo l'art. 2048 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

La Sesta Sezione della Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul riparto dell'onere probatorio in caso di infortunio subito da uno studente nel corso dell'ora di educazione fisica per condotta illecita di un altro giocatore, ribadisce quanto già espresso con sentenza n. 6844 dell'8 aprile 2016, e ricorda che «incombe sullo studente l'onere della prova dell'illecito commesso da altro studente, quale fatto costitutivo della pretesa, mentre è a carico della scuola la prova del fatto impeditivo, cioè l'inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee a evitare il fatto».

Nel caso in esame, è necessario evidenziare come incomba sulla parte lesa un doppio onere probatorio:

a) l'illecito e l'addebitabilità dello stesso in capo ad altro studente;

b) la dimostrazione che l'azione posta in essere dall'alunno-danneggiante eccedesse la normale prassi di una partita di pallavolo.

Con la presente pronuncia la Suprema Corte ha altresì colto l'occasione per ribadire «i più elementari canoni di logica e ragionevolezza» in materia di risarcimento del danno, in particolare sottolineando la necessità della parte lesa, che avanzi pretese risarcitorie, di dover provare come l'infortunio si sia verificato per un'azione di gioco eccedente ed esorbitante rispetto a quella che è la normale prassi.

La Suprema Corte adita pertanto, a fronte di tali considerazioni, risolveva la questione giuridica disattendendo le pretese risarcitorie del soggetto danneggiato e conseguentemente escludendo qualsivoglia obbligo risarcitorio gravante sul M., motivando tale decisione proprio in ragione della mancata prova fornita dal danneggiato, il quale ometteva di provare l'eccedenza dell'azione di gioco lesiva tenuta dall'altro studente rispetto alla normale prassi di gioco.

A tal proposito occorre concentrarsi su alcuni aspetti normativi e giuridici dirimenti.

In primo luogo, è necessario evidenziare la natura giuridica dell'art. 2048, comma 2 c.c. rubricato «Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte (I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto)». Con tale norma il legislatore ha definito una responsabilità qualificata in capo ai soggetti ivi richiamati (precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte) nei confronti dei quali lo studente instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nel cui ambito il precettore (o maestro d'arte o insegnante di un mestiere) assume oltre che l'obbligo di istruzione ed educazione anche uno specifico dovere di protezione e di vigilanza.

È dunque opportuno evidenziare come l'art. 2048 c.c. detti un obbligo di vigilanza e protezione in capo ai precettori, obbligo che porta a configurare negli stessi una posizione di garanzia ex art. 40 c.p. rispetto ai minori vigilati. Tale disposizione prevede infatti la punibilità di colui che non impedisce un evento dannoso che aveva l'obbligo giuridico di impedire.

Ebbene, l'art. 2048 c.c. prevede, ai fini della propria configurazione, l'avveramento dell'elemento soggettivo del dolo o colpa grave in capo al soggetto responsabile; da ciò consegue, dunque, l'esclusione del genus di responsabilità oggettiva in capo ai precettori.

Relativamente al disposto di cui all'art. 2048 c.c., la Suprema Corte non ha mancato di riaffermare, in molteplici pronunce, la necessità a che si configuri tale fattispecie di responsabilità qualificata, ivi richiamata, sia di un eventus positivo (ravvisabile nel caso di specie dalla situazione pallonata – danno, la cui prova rimane in capo al soggetto leso), sia di un impedimentum, da intendersi come la prova della circostanza di non averlo potuto evitare, elemento, quest'ultimo, il cui onere incombe sull'istituto scolastico.

Con particolare riferimento al caso de quo, cioè in ordine alla responsabilità per i danni arrecati da uno studente con una pallonata ad un suo compagno durante una partita di pallavolo in orario scolastico, occorre distinguere se l'evento dannoso sia stato conseguenza di un comportamento illecito posto in essere al solo scopo di cagionare un danno ingiusto ad un altro partecipante, o se l'eventus damni sia stato privo dell'elemento soggettivo della volontarietà di arrecare un danno ingiusto e sia avvenuto a seguito di un'azione di gioco posta in essere dal soggetto responsabile nella normale dinamica della competizione sportiva.

Entrambe le ipotesi, sebbene integranti un evento dannoso verificatosi nel corso dello svolgimento di una gara sportiva, hanno connotazioni giuridiche ben differenti.

Nella prima ipotesi infatti, essendo il comportamento tenuto dal responsabile privo di un collegamento funzionale con la gara sportiva, è senz'altro qualificabile come comportamento illecito caratterizzato dall'elemento soggettivo della volontarietà di arrecare ad altrui un danno ingiusto.

Nel secondo caso prospettato, invece, non è possibile identificare l'avverarsi di un fatto illecito, essendo il comportamento tenuto dal soggetto responsabile funzionale alla competizione posta in essere, la quale si inserisce nel normale svolgimento della competizione sportiva, difettando pertanto il contegno integrato dell'elemento soggettivo del dolo o colpa grave (volontarietà di recare il danno ingiusto).

Alla luce delle considerazioni suesposte, dunque, le modalità di accadimento del sinistro ut supra esposto depongono a favore della mancanza di una finalità illecita in capo all'alunno (danneggiante), sussistendo invero un collegamento funzionale tra l'azione da questo realizzata ed il gioco in atto. Nei fatti, si consideri che l'azione di gioco lesiva si svolgeva sotto “l'occhio vigile” dell'insegnante che accertava in tal modo la correttezza e la funzionalità della stessa con lo svolgimento della gara in corso.

Osservazioni

Ebbene le precisazioni in diritto su esposte evidenziano come, nel caso de quo, il compimento di un atto funzionale al gioco e per tale unico scopo posto in essere, non possa integrare in alcun modo la responsabilità di cui all'art. 2048 c.c., che, necessita come precisato della sussistenza dell'elemento soggettivo, ovvero la volontarietà (o della colpa grave) nella causazione dell'illecito.

Qualora il soggetto danneggiato soddisfi tale onere probatorio, la prova liberatoria in capo all'insegnante circa l'evento verificatosi sotto la propria sorveglianza deve stigmatizzarsi, come ribadito dalla Corte di Cassazione, nella dimostrazione di aver esercitato la sorveglianza con una diligenza idonea ad impedire il fatto, essendo necessario un grado di sorveglianza correlato alla prevedibilità di quanto può accadere (Cass. civ., n. 318/1990). La prova liberatoria consiste, dunque, nella dimostrazione di aver esercitato la dovuta vigilanza e che nonostante ciò nessun altro precettore diligente, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c. avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno (Cass. civ., ord. n. 14216/2018) (impossibilità oggettiva).

Non è infatti sufficiente per il precettore dimostrare di aver tenuto nello svolgimento della propria attività educativa la sola diligenza del buon padre di famiglia o dell'uomo “medio”, dovendosi piuttosto fare riferimento al più alto livello di diligenza richiesto ad un professionista nell'espletamento della propria professione, c.d. diligenza qualificata.

Tuttavia, nel caso di specie, tale prova liberatoria non risultava necessaria avendo il soggetto danneggiato omesso di dimostrare il presupposto essenziale della pretesa risarcitoria, ovvero che l'infortunio si verificava per un'azione di gioco eccedente ed esorbitante rispetto a quella che è la normale prassi e comunque non in nesso funzionale con la competizione sportiva in atto.

Risulta pertanto chiaro, da quanto sin qui dedotto, che qualora si intenda far valere le pretese risarcitorie avanzate da un soggetto leso nel corso di una competizione sportiva, tenutasi durante l'ora di educazione fisica, occorrerà rendere la prova non solo dell'evento dannoso del nesso causale dello stesso con il comportamento tenuto da altro studente nel corso della stessa competizione, ma dovrà provarsi anche il mancato inquadramento di tale condotta lesiva nel compimento di un atto funzionale al gioco.

Diversamente, qualora la parte danneggiata riesca ad adempiere a tale onere probatorio posto a suo carico, la scuola potrà liberarsi dall'imputazione di responsabilità solamente dimostrando, ai sensi del richiamato art. 1176 comma 2 c.c., di aver esercitato la dovuta vigilanza e che nonostante ciò nessun altro precettore diligente avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno.

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