Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 25 bis - (Potere di certificazione di conformita') 1 2 3 .

Salvatore Labruna
aggiornata da Stefano Didoni

(Potere di certificazione di conformita') 123.

 1. Al fine del deposito e della notifica con modalita' telematiche della copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il difensore e il dipendente di cui si avvalgono l'ente impositore, l'agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, attestano la conformita' della copia al predetto atto secondo le modalita' di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. Analogo potere di attestazione di conformita' e' esteso, anche per l'estrazione di copia analogica, agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, formato dalla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria. Detti atti e provvedimenti, presenti nel fascicolo informatico o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria, equivalgono all'originale anche se privi dell'attestazione di conformita' all'originale da parte dell'ufficio di segreteria4.

3. La copia informatica o cartacea munita dell'attestazione di conformita' ai sensi dei commi precedenti equivale all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo informatico.

4. L'estrazione di copie autentiche ai sensi del presente articolo, esonera dal pagamento dei diritti di copia.

5. Nel compimento dell'attestazione di conformita' i soggetti di cui al presente articolo assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali.

5-bis. Gli atti e i documenti del fascicolo telematico non devono essere nuovamente depositati nelle fasi successive del giudizio o nei suoi ulteriori gradi. Il giudice non tiene conto degli atti e dei documenti su supporto cartaceo dei quali non è depositata nel fascicolo telematico la copia informatica, anche per immagine, munita di attestazione di conformità all'originale5.

[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo.

[2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 72 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175.

[3] Articolo inserito dall'articolo 16, comma 1, lettera b), del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2018, n. 136

Inquadramento

L'articolo introdotto dal d.l. n. 119/2018, convertito in l. n. 136/2018,  mira a spazzare il campo da una serie di eccezioni rituali sulla validità probatoria delle copie. Tratta, pertanto, della copia informatica di un originale analogico e della relativa attestazione di conformità della copia all'originale resa dalle parti, nonché l'equivalenza all'originale -anche in mancanza di specifica attestazione- della copia analogica di un originale informatico estratto dal fascicolo informatico agli atti dell'ufficio di segreteria o da questo trasmesso telematicamente; dispone l'esonero dal pagamento dei diritti di copia (in deroga a quanto previsto dall'art. 38, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 e dal d.m. 27 dicembre 2011: Diritti di copia degli atti del processo tributario); riconosce -apertis verbis- la qualifica di pubblico ufficiale al soggetto cui è qui attribuito il potere certificativo, ai sensi dell'art. 357 c.p: “sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione … giudiziaria o amministrativa. … è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e … dal suo svolgersi per mezzo di poteri … certificativi”. La funzione certificativa giudiziaria, appartiene a quelle amministrative e non a quelle giurisdizionali.

La disposizione in commento disciplina le modalità di veicolazione di atti e documenti nel processo tributario telematico, ai fini della produzione in giudizio e dell'efficacia di essi nel processo, in modo analogo al codice di rito (Titolo V-ter, Capo II, disp. att. c.p.c.).

Gli atti del processo e i documenti, se detenuti in originale o in copia conforme, formati su supporto analogico (ad esempio una procura alle liti, un atto di integrazione del contraddittorio notificato a una persona fisica priva di un indirizzo p.e.c., o un documento di parte come un contratto di acquisto di un immobile rilasciato in copia conforme o un processo verbale rilasciato in originale all'atto della sottoscrizione) devono essere contenuti in un documento informatico ottenuto «mediante processi e strumenti che assicurano che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto, previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell'originale e della copia». L'attestazione è inserita nel documento informatico contenente la copia per immagine ed è «garantita mediante l'apposizione della firma digitale o firma elettronica qualificata o firma elettronica avanzata o altro tipo di firma ai sensi dell'art. 20 comma 1bis» del d.lgs. n. 82/2005; in alternativa l'attestazione può essere prodotta come documento informatico separato contenente un riferimento temporale e l'impronta di ogni copia per immagine e, in questo caso, il documento informatico contenente l'attestazione è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata o avanzata (art. 22 d.lgs. n. 82/2005 e Linee Guida AGID sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici). Il difensore del contribuente o la parte pubblica possono inoltre estrarre copie informatiche o analogiche degli atti processuali e dei provvedimenti del giudice presenti nel fascicolo informatico e attestarne la conformità ai sensi degli artt. 23 e 23-bis del d.lgs. n. 546/1992 (si pensi all'estrazione della copia informatica della sentenza presente nel fascicolo informatico, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione).

Il d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 220 ha introdotto, nell'art. 25-bis d.lgs. n. 546/1992, il comma 5-bis, secondo cui «il giudice non tiene conto degli atti e dei documenti su supporto cartaceo dei quali non è depositata nel fascicolo telematico la copia informatica, anche per immagine, munita di attestazione di conformità all'originale». La disposizione, di difficile lettura, sembra tesa a incidere sulla formazione del convincimento del giudice, imponendo di non considerare i documenti su supporto cartaceo ossia, presumibilmente, i documenti che nascono su supporto analogico, prodotti in forma digitale senza attestazione di conformità all'originale. Posto che nel processo telematico tutti i documenti sono depositati come documenti informatici, non è chiaro se la disposizione si riferisca a qualsiasi documento analogico riprodotto come documento informatico oppure, in base ad una lettura combinata con il comma 1, dei soli documenti formati su supporto analogico e detenuti dal difensore o dalla parte pubblica in originale o in copia conforme. Nel primo caso, l'effetto sarebbe una limitazione delle produzioni documentali, posto che in taluni casi le parti o il difensore non sono in possesso degli originali.

Documenti e firme informatici

L'art. 1, comma 1, lett. p), d.lgs. n. 82/2005, Codice dell'amministrazione digitale (C.a.d.), definisce il documento informatico come una «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti», in contrapposizione al documento analogico, definito con la litòte di una «rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti» (art. 1, comma 1, lett. p-bis, d.lgs. n. 82/2005). Il  documento informatico può soddisfare il requisito legale della forma scritta,anche ai fini della prova (art. 2702 cod. civ.) e della data di formazione del documento, «quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore. In tutti gli altri casi, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità» (art. 20, comma 1-bis, d.lgs. n. 82/2005, come modificato dall'art. 20, comma 1, lett. a), d.lgs. 13 dicembre 2017 n. 217).

Il documento informatico viene distinto in quattro categorie: 1) documento informatico nativo digitale, 2) copia informatica di documento analogico, 3) copia informatica di documento informatico, 4) duplicato informatico.

Il documento informatico nativo digitale, è un documento che non ha un proprio perfetto corrispondente analogico, come invece lo è nel caso di una scansione digitale di un atto processuale cartaceo originale, perchè è stato creato direttamente con un software, come ad esempio, di elaborazione testi e/o calcoli e/o grafici e/o istogrammi, non sempre esaustivamente trasferibile in una copia cartacea. Basti pensare ad una foto digitale che può contenere informazioni su ora, data e  localizzazione dello di scatto, che non vengono normalmente trasferiti nella stampa su carta.

La copia informatica di un documento analogico va distinta in:

a) copia informatica testuale, che consiste nella fedele riproduzione del solo contenuto del documento cartaceo originale tramite riconoscimento ottico dei caratteri, c.d. O.C.R. (Optical Character Recognition), normalmente diverso nella forma; tale copia consente meglio una rielaborazione dell'originale, nonché il rilascio di successivi “estratti” o di “copie intere” con dati sensibili oscurati.

b) copia informatica grafica,  che consiste nella creazione di una immagine del documento analogico ed è realizzata tramite apparecchi fotografici (scanner, camere digitali, smartphone etc.), che ha, invece, «contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui la copia è tratta» (art. 1, comma 1, lett. i-ter), d.lgs. n. 82/2005), del tutto equivalente ad una tradizionale copia xerografica (vds. artt. 22, commi 2 e 3, secondo le regole tecniche indicate nell'art. 71). Tale copia consente il rilascio di “copie parziali” oggettive, e coincide perfettamente con quella di cui all'art. 2719 c.c., rubricato “Copie fotografiche di scritture”, che così testualmente recita: “Le copie fotografiche di scrittura hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”.

Si noti che la differenza tra “copia parziale” ed “estratto” è che mentre la la prima è per sua natura oggettiva (fotografica e quindi valida ai sensi dell'art. 2719 c.c.), il secondo è una mera trascrizione testuale parziale, teleologicamente orientata attraverso gli “omissis”.

La copia informatica di documento informatico consiste in un documento informatico che ha «contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari» (art. 1, comma 1, lett. i-quater), d.lgs. n. 82/2005). Esso può essere ottenuto, ad esempio, convertendo un documento informatico nativo digitale con estensione “.docx” in un file compresso con estensione “.pdf” (Portable Document Format), come per il processo tributario telematico (PDF/A-1a, PDF/A-1b), o mediante l'estrazione di un documento informatico leggibile (con estensione “.pdf”) dal documento informatico sottoscritto digitalmente e contenuto nel fascicolo processuale telematico (con estensione “.p7m”).

Il duplicato informatico, invece, è un documento informatico «ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario» (art. 1, comma 1, lett. i-quinquies), d.lgs. n. 82/2005), di talché non è identificabile un MUTA “file originale” ed un “file derivato” (ossia copia informatica) ma costituiscono - in senso atecnico - un “doppio originale”; un duplicato informatico ADDE di un file si può realizzare, ad esempio, con la funzione “duplica” o “copia/incolla”.

Il “bit”(da testa e coda di “binary digit”) è una cifra binaria “zero-uno” dell'algebra booleana, usata come unità di misura per la compressione di dati e le trasmissioni numeriche. Posta a fondamento dell'elettronica digitale (da “digit”) e, quindi, della programmazione informatica, è l'unità base per l'elaborazione di sequenze di bit: 8 bit formano un “byte”(B), che costituisce la quantità di informazione elementare (equivalente, approssimativamente, ad un carattere alfanumerico); 1024 B = 1 “kilobyte”(KB); 1024 KB = 1 “megabyte”(MB); 1024 MB = 1 “gigabyte”(GB); 1024 GB = 1 “terabyte”(TB) etc.).

La disciplina contenuta nel d.lgs. n. 82/2005 (C.a.d.), che recepisce quanto già disposto a livello comunitario dalla Direttiva 1999/93/CE “relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche” (abrogata e sostituita dal Regolamento UE n. 910/2014 “in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno”), distingue le firme apponibili su un documento informatico «firma digitale, (…) elettronica qualificata o (…)  elettronica avanzata» (art. 20, comma 1-bis, d.lgs. n. 82/2005).

La firma digitale o elettronica, secondo le indicazioni dell'AGID, consiste in genere nella creazione di un file, definito “busta crittografica”, che racchiude al suo interno il documento originale, l'evidenza informatica della firma e la chiave per la verifica della stessa, che, a sua volta, è contenuta nel certificato emesso a nome del sottoscrittore; l'autenticità del certificato è garantita da soggetti accreditati ai sensi dell'articolo 29 d.lgs. n. 82/2005. In base al C.a.d. «l'utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare di firma elettronica, salvo che questi dia prova contraria» (art. 20, comma 1-ter, d.lgs. n. 82/2005). Tuttavia, al pari della sottoscrizione autografa, la sottoscrizione di un documento informatico mediante firma digitale o elettronica non si ha per riconosciuta, ai sensi dell'art. 2703 cod. civ., salvo che sia autenticata da un pubblico ufficiale (art. 25 d.lgs. n. 82/2005).

Il Regolamento UE n. 910/2014 distingue tra firma elettronica (come un bancomat), firma elettronica avanzata (ad esempio la firma grafometrica utilizzata su tablet per un'operazione allo sportello bancario) e firma elettronica qualificata (art. 3). La firma elettronica qualificata ha effetti giuridici equivalenti a quelli di una firma autografa (art. 25, comma 2, Reg. UE n. 910/2014).

Il C.a.d. originariamente ammetteva la firma elettronica (c.d. “semplice”), costituita da «un insieme di dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica» (art. 1, comma 1, lett. q), d.lgs. n. 82/2005, soppressa dall'art. 1, comma 1, lett. h), d.lgs. 26 agosto 2016 n. 179), come un documento proveniente da un indirizzo di posta elettronica non certificata ed in generale qualsiasi altro sistema informatico di autenticazione; il documento informatico sottoscritto con firma elettronica era  «liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità» (art. 21, comma 1, d.lgs. n. 82/2005, abrogato dall'art. 21, comma 1, lett. b), d.lgs. 13 dicembre 2017 n. 217).

La firma digitale è definita nel C.a.d. come «un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare di firma elettronica tramite la chiave privata e a un soggetto terzo tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici» (art. 1, comma 1, lett. s), d.lgs. n. 82/2005).

Gli standard europei (Decisione della Commissione Europea 2011/130/EU) prevedono tre tipi di sottoscrizione digitale, identificati dagli acronimi CAdES (CMS Advanced Electronic Signatures, con estensione “.p7m”), PAdES (PDF Advanced Electronic Signatures, con estensione “.pdf”) e XAdES (XML Advanced Electronic Signature, con estensione “.xml”).

Nel processo tributario il ricorso e ogni altro atto processuale in forma di documento informatico sono sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale CAdES o PAdES (art. 10, comma 1, lett. d), D.m. 4 agosto 2015). I documenti possono essere firmati digitalmente, non essendovi più alcun obbligo (art. 10, comma 2, D.m. 4 agosto 2015, modificato dal D.m. 21 aprile 2023).

Per quanto riguarda la procura alle liti, ove sia rilasciata su supporto analogico il difensore «ne deposita telematicamente la copia per immagine su supporto informatico, attestandone la conformità ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con l'inserimento della relativa dichiarazione» (art. 12, comma 7, d.lgs. n. 546/1992, come modificato dal d.lgs. 30 dicembre 2023 n. 220). Quando la procura è rilasciata in calce o a margine di un atto del processo, la sottoscrizione autografa è certificata dal difensore, «salvo che il conferente apponga la propria firma digitale». Pertanto la procura formata su documento informatico nativo digitale e sottoscritta con firma digitale non richiede, da un lato, l'autentica del difensore né, dall'altro, l'attestazione di conformità in fase di deposito, essendo sufficiente che vi apponga la firma digitale o firma elettronica qualificata.

Ai fini del conferimento dell'incarico, «la procura alle liti si considera apposta in calce all'atto cui si riferisce quando è rilasciata su un separato documento informatico depositato telematicamente insieme all'atto cui la stessa si riferisce ovvero quando e' rilasciata su foglio separato del quale e' effettuata copia informatica, anche per immagine, depositata telematicamente insieme all'atto cui la stessa si riferisce» (art. 12, comma 7-bis, d.lgs. n. 546/1992, inserito dal d.lgs. 30 dicembre 2023 n. 220).

Nel giudizio di Cassazione, l'art. 369 c.p.c. stabilisce che parte ricorrente deve depositare unitamente al ricorso notificato la copia autentica della sentenza impugnata. Al riguardo, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha affermato che in caso di deposito telematico, il difensore può attestare la conformità all'originale secondo quanto previsto dall'art. 25-bis del DLgs. 546/1992, indipendentemente dal formato, analogico o nativo digitale, della sentenza impugnata estratta dal fascicolo telematico previa, se del caso, richiesta di visibilità temporanea del fascicolo informatico (Risposte Min. Economia e Finanze a Telefisco 27 gennaio 2022).

 Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, anteriormente alle modifiche richiamate, avevano già chiarito che “Secondo il diritto dell'UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni <*.p7m> e <*.pdf>, e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna” (Cass. SS.UU. n. 10266/2018).

Nel caso in cui venga depositato telematicamente un atto che è redatto in formato "nativo digitale" e notificato a mezzo PEC non è richiesta l'attestazione di conformità all'originale dell'atto da parte del difensore. Nel caso deciso, il difensore dell'Agenzia delle Entrate aveva depositato, in formato nativo digitale, l'atto di appello notificato a mezzo PEC, gli allegati e l'attestazione di consegna, senza apporre l'attestazione di conformità all'originale prevista dall'art. 25-bis del DLgs. 546/92 e i giudici di secondo grado avevano ritenuto l'appello inammissibile (Cass. SS.UU. n. 981/2023).

Vedasi anche annotazioni degli artt. 9, paragr. 2: “Assistenza all'attività giudiziaria”, 25, paragr. 4: “Richiesta di copie”, 67-bis, paragr. 2: “Esecutività della sentenza secondo quanto previsto dal capo IV, d.lgs. n. 546/1992” e 69, paragr. 5: “Spedizione in forma esecutiva della sentenza”.

Bibliografia

Chindemi-L.V.Labruna, Notifica via PEC degli atti di riscossione. Criticità, in IlTributario.it, 13 marzo 2017. Chindemi-L.V.Labruna, PEC; notifiche e comunicazioni processuali. Prime questioni giurisprudenziali, in IlTributario.it, 02 maggio 2017

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario