Infortunio mortale sul lavoro e responsabilità datoriale per inadempimento dell’obbligo di informazione e formazione del dipendente

21 Novembre 2018

Come può dichiararsi comunque sussistente una responsabilità datoriale esclusiva, ove risulti nel contempo un comportamento imperito, negligente o, come in questo caso, imprudente del lavoratore?
Massima

La responsabilità datoriale per l'infortunio occorso al dipendente può fondarsi sulla violazione degli obblighi di informazione e formazione del lavoratore quanto ai pericoli connessi allo svolgimento della specifica operazione lavorativa ed alle misure di sicurezza per prevenirli. La condotta del dipendente, non abnorme, benché imprudente, non può considerarsi concausa dell'evento dannoso quante volte, la stessa imprudenza, sia riconducibile all'inadempimento del datore di lavoro e questi non dimostri di aver fornito al lavoratore tutte le necessarie istruzioni per evitare di commettere l'errore che fu causa dell'infortunio.

Il caso

Gli eredi di S.V., operaio in un'azienda agricola, si rivolgono al Tribunale di Brescia rivendicando i danni patiti per la perdita del proprio figlio e fratello, rimasto vittima di un infortunio lavorativo mortale nel corso di un'operazione di prelievo di un carico di mangime. Il primo giudice esclude che l'evento possa attribuirsi a responsabilità datoriale e respinge la domanda. La decisione viene però impugnata e la corte territoriale accoglie il gravame condannando l'azienda al risarcimento del danno non patrimoniale lamentato dagli appellanti iure proprio e iure hereditatis. I giudici di seconde cure, di contrario avviso rispetto al Tribunale, escludono ogni rilevanza causale alla condotta, risultata peraltro piuttosto imprudente, del lavoratore. Questi si era in effetti avvicinato troppo al materiale, posizionandosi incautamente a meno di due metri dall'ammasso. Nonostante ciò la corte bresciana ritiene l'evento imputabile a responsabilità esclusiva del datore. L'azienda non aveva difatti provato in causa di aver informato il lavoratore dei rischi connessi all'operazione, così violando i propri relativi obblighi di prevenzione infortunistica. Non solo. L'imprenditore aveva anche mancato la dimostrazione di aver espressamente istruito il dipendente sul divieto di avvicinarsi al fronte del foraggio. Non rilevava neppure la comprovata esperienza del lavoratore. L'incolumità di questi avrebbe infatti potuto essere garantita soltanto da una continua sensibilizzazione all'osservanza delle comuni norme di comportamento. Solo la mancanza di tale condotta datoriale doveva dunque ritenersi alla base dell'oggettiva imprudenza dell'addetto. Neppure era risultato - infine - che il de cuius avesse tenuto una condotta abnorme, tale da integrare un'ipotesi di cd. rischio elettivo. Solo un comportamento siffatto sarebbe stato infatti idoneo ad interrompere il nesso di causalità con la condotta omissiva della società datrice. L'azienda non demorde e propone ricorso per la cassazione della pronuncia, affidandola a due motivi, poi riuniti.

La questione

Come può dichiararsi comunque sussistente una responsabilità datoriale esclusiva, ove risulti nel contempo un comportamento imperito, negligente o, come in questo caso, imprudente del lavoratore? Questi, per di più, dotato di lunga esperienza. Ma in riferimento alla vicenda di specie questo primo interrogativo ne sottende necessariamente anche altri, pure affrontati dai Supremi giudici. Più in particolare, che relazione intercorre tra gli obblighi di informazione e formazione incombenti sulla parte datoriale in relazione a rischi specifici di lavorazione ed eventuali eventi di infortunio? E tali obblighi fino a che punto si spingono? Come si atteggia, poi, il relativo onere probatorio? In presenza di quali condizioni l'eventuale condotta colposa del lavoratore può esonerare da responsabilità il datore di lavoro, ponendosi quale causa esclusiva o concorrente dell'evento?

Le soluzioni giuridiche

I giudici di piazza Cavour, a mezzo di una motivazione tanto sintetica quanto pregnante disattendono in ogni sua parte il ricorso. La decisione gravata è del tutto immeritevole di censura e ai giudici bresciani viene accreditato un corretto uso delle regulae iuris ricavabili anche dai precedenti di legittimità applicabili alla specie. In particolare bene ha fatto la corte territoriale ad individuare il fondamento della responsabilità datoriale nella violazione dei puntuali obblighi di informazione e formazione del lavoratore, di cui agli artt. 36 e 37 del d. lgs. n. 81 del 2008. E difatti tale omissione informativa (o, ciò che è lo stesso, la mancata prova in giudizio del suo effettivo adempimento in linea con i principi della responsabilità contrattuale) può porsi come causa sufficiente e adeguata a fondare in via esclusiva l'evento. Prive di rilievo causale sono dunque, anche secondo la corte di nomofilachia che convalida così il ragionamento ricostruttivo dei secondi giudici, l'imprudenza del lavoratore e la sua esperienza. L'omissione informativa circa il rischio specifico della mansione, da adempiersi anche mediante quella “continua e particolare sensibilizzazione” evocata nella decisione di appello, può difatti prevalere in termini eziologici su ogni altra circostanza concorrente. È stato anzi lo stesso inadempimento informativo datoriale a condizionare causalmente l'imprudenza del lavoratore, così costituendo il presupposto fattuale dell'infortunio. Né è risultato, per altro verso, che la stessa “colpa” della vittima sia trasmodata in una condotta abnorme, tale da interrompere la serie causale avviata dall'inadempimento datoriale.

L'esito del vaglio interpretativo della Corte si pone in continuità con i suoi precedenti insegnamenti, passati in rassegna con lo stesso dictum qui in commento, in parte integrandoli e specificandoli. Con una delle decisioni menzionate (Cass. civ., sez. lav., 6 ottobre 2016, n. 20051), il supremo Collegio aveva difatti già evidenziato con forza l'esistenza di uno stringente obbligo informativo e formativo datoriale circa i rischi specifici della lavorazione. Decisioni anche più risalenti (ad es. Cass. civ., 10 settembre 2009, n. 19494) avevano poi chiarito l'irrilevanza di eventuali condotte colpose del lavoratore, insufficienti di per se sole ad escludere la responsabilità della parte datoriale. Questa, secondo altre pronunce (ad es. Cass. civ., 17 febbraio 2009, n. 3786), potrebbe andare esente da responsabilità solo in presenza di comportamenti del prestatore connotati dai caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza integranti la nozione del cd. rischio elettivo. L'arresto del 2018 compie però anche un piccolo passo in avanti. Nello sposare la tesi motivazionale della corte lombarda circa l'esistenza di un dovere - pressoché permanente - di “sensibilizzazione” dei lavoratori, anche dei più formati ed esperti, la Cassazione sembra voler allargare ancora di più le maglie degli obblighi datoriali.

Osservazioni

L'esigenza di contrastare con ogni mezzo la piaga degli infortuni sul lavoro, ha consolidato soluzioni interpretative atteggiate a particolari puntualità e severità. Le più recenti opzioni di legittimità sono infatti improntate ad una via via più accurata messa a punto e ad un sostanziale inasprimento degli obblighi e delle possibili responsabilità datoriali. Con un'enfasi particolare proprio sull'adempimento degli obblighi formativi ed informativi. E così la citata pronuncia del 2016 chiarisce che l'obbligo di informazione non può essere assolto mediante “indicazione generica” e sollecita verifiche riferite ai singoli lavoratori. Mentre la sentenza di ottobre 2018 descrive a sua volta ulteriori e ancora più penetranti impegni informativi e formativi datoriali in ottemperanza, del resto, con gli obiettivi avuti di mira dal d.lgs n. 81/2008. Tali impegni non possono essere assolti una volta per tutte, ma impongono - come suggerisce la sentenza di appello convalidata dalla Suprema Corte - anche una diuturna attività di “sensibilizzazione” e prevenzione attiva. Anche (e forse a maggior ragione) nel settore della sicurezza l'obbligo formativo incombente sul datore di lavoro occupa dunque un ruolo sempre più centrale, rappresentando un momento decisivo dello scambio sinallagmatico. Con effetti, in questo caso, di un progressivo spostamento del rischio sulla parte datoriale e con un ruolo rafforzato dello strumento risarcitorio, rispetto a quello indennitario. In casi consimili la ricostruzione causale si risolve in effetti assai spesso a favore del prestatore. L'area di residua imputabilità di quest'ultimo, e - per contro - l'accessibilità di una prova liberatoria a beneficio del datore, è invero ristretta a quei pochi casi di “rischio elettivo” da tempo ricostruiti dalla giurisprudenza. La parte datoriale è dunque chiamata e deve adeguatamente strutturarsi ad un impegno sempre più cospicuo e qualificato di formazione, informazione e prevenzione, il cui mancato o inadeguato assolvimento può condurre a severe conseguenze risarcitorie.

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