Requisiti di forma dei servizi di investimento e ordini di negoziazione impartiti oralmente

Dario Falconieri
22 Novembre 2018

La prescrizione dell'art. 23 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, secondo cui i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento debbono essere redatti per iscritto a pena di nullità del contratto, deducibile solo dal cliente, attiene al contratto quadro […] e non ai singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengono poi impartiti dal cliente all'intermediario, la cui validità non è soggetta a requisiti di forma.
Massima

L'intestatario di un conto corrente bancario, con relativo deposito titoli, non ha ragione di contestare ad anni di distanza un'operazione di disinvestimento - vendita di Cct - sostenendo di non esserne stato informato, a fronte del regolare inoltro degli estratti conti alla nipote cointestataria del rapporto e in presenza delle registrazioni degli ordini effettuate dall'intermediario così come statuito ex art. 60, Reg. Consob n. 11522/98.

Il caso

Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte pone l'attenzione sul tema delle presunzioni e della prova degli ordini di investimento, andando ad esaminare il procedimento che porta alla valutazione degli elementi che consentono di raggiungere come dimostrata la volontà di investimento o disinvestimento da parte del cliente.

Le presunzioni, siano esse semplici o legali, consistono entrambe in un procedimento logico-conoscitivo in base al quale da un fatto noto si risale ad un fatto ignoto (mentre l'elemento che le differenzia è individuato nel soggetto che adotta tale processo deduttivo/induttivo).

La Corte – pronunciandosi su ricorso proposto da un investitore nei confronti dell'intermediario finanziario – palesa il meccanismo appena descritto, affermando che “ai sensi degli articoli 2727 e 2729 cod. civ., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, essendo sufficiente che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza”.

La questione veniva in rilievo giacché l'intermediario non aveva provveduto alla produzione integrale degli ordini di investimento e disinvestimento che la cointestataria del rapporto aveva disposto a valere su di esso, facendo leva sul fatto che non fosse possibile contestare a distanza di anni l'operatività per il sol fatto che non fossero agli atti gli ordini di acquisto e di vendita dei titoli, risultando invece confermata la conoscenza dell'altra cointestataria della movimentazione dell'intero rapporto e dei capitali.

Nel caso di specie, la valutazione di merito in ordine alla riferibilità degli investimenti alla cliente è stata adeguatamente motivata dai giudici di merito, tenuto conto del fatto che “la Corte d'appello ha compiuto una valutazione del materiale probatorio, ex art. 116 c.p.c., ed ha tratto il giudizio, in ordine alla conoscenza, da parte della cointestataria, dell'andamento, dal 1997 al 2000 (periodo in contestazione), del rapporto di conto corrente, in essere dal 1997, sul quale erano regolate le operazioni di investimento e disinvestimento in valori mobiliari, da un insieme di elementi (la pacifica ricezione, da parte della nipote cointestataria, degli estratti conto; la mancanza dì contestazioni specifiche, mosse dalla correntista per un arco temporale di quattro anni; il disinteresse della stessa rispetto alla sorte dell'investimento iniziale, di £ 314.000.000; l'assenza di contestazioni anche nelle lettere inviate dal legale della […] nel corso del 2001 (prima di quella dell'ottobre dello stesso l'anno), in risposta alla richiesta della banca di rientro dal debito) che unitariamente considerati avevano valenza di prova presuntiva, perciò concludendo nel senso dell'approvazione delle operazioni riportate negli estratti per mancata specifica contestazione nei termini di legge (artt. 1857, 1832 c.c. e 119 T.U.B.)”.

Dal punto di vista strettamente giuridico, poi, la S.C. conferma che “con riguardo specifico agli ordini di investimento/disinvestimento ed alla relativa prova dell'autorizzazione data dall'investitore, la Corte ha affermato che: “l'art. 60 del regolamento CONS08 n. 11522/98, che impone alla banca intermediaria di registrare su nastro magnetico, o altro supporto equivalente, gli ordini inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, costituisce uno strumento atto a garantire agli intermediari, mediante l'oggettivo ed immediato riscontro della volontà manifestata dal cliente, l'esonero da ogni responsabilità quanto all'operazione da compiere, ma non impone, in assenza di specifica previsione, un requisito di forma, sia pure “ad probationem”, degli ordini suddetti, restando inapplicabile la preclusione di cui all'art. 2725 c.c. » (conf. Cass. 3087/2018, in ordine al fatto che la registrazione dell'ordine non costituisce, un requisito di forma, sia pure ad probationem, degli ordini suddetti). La sentenza risulta pertanto conforme ai suddetti principi di diritto”.

Le questioni giuridiche

L'art. 60 del Regolamento Consob n. 11522/98, in materia di attestazione degli ordini, prevede che gli intermediari registrino su nastro magnetico o su altro supporto equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori (art. 60 comma 2). La succitata disposizione del regolamento Consob, che prescrive la registrazione telefonica degli ordini di investimento, secondo gli Ermellini, rappresenta uno strumento volto a tutelare gli intermediari, consentendo loro di dimostrare la volontà manifestata dal cliente. In proposito, non è imposto alcun requisito di forma in merito agli ordini suddetti, neppure ad probationem, restando inapplicabile la preclusione di cui all'art. 2725 c.c.

Nella fattispecie in esame, il contratto quadro ammetteva la trasmissione di ordini di acquisto telefonici, in altre parole, in via orale. Per completezza, si precisa che una clausola assai diffusa nella prassi operativa dei servizi di investimento prevede che l'ordine sia effettuato per iscritto o, in difetto, oralmente ma con registrazione della telefonata. Orbene, in queste circostanze, la Corte ha ritenuto che la prefata clausola integri un patto costitutivo di forma ad substantiam per il rilascio degli ordini di acquisto da parte del cliente, che risulta in linea con quanto disposto dall'art. 1352 c.c. Ne consegue che la dichiarazione negoziale del cliente – il c.d. ordine – che sia stesa per iscritto o venga quantomeno recepita sul nastro magnetico, non sia nulla.

La Corte precisa come “una cosa è la facoltà di dare ordini oralmente ed un'altra è quella di poter provare quanto richiesto all'intermediario mediante la registrazione dell'ordine su supporti idonei. In tali casi, infatti, non si può certo parlare di una forma ad substantiam, essendo l'ordine dell'investitore dato oralmente all'intermediario, ma solo di una disciplina legislativa di facilitazione della prova, garantita attraverso la registrazione della conversazione”.

Ut supra ricordato, la forma scritta richiesta dall'art. 23 TUF riguarda i contratti quadro e non già i singoli ordini di investimento, la cui validità non soggiace ad alcun vincolo di forma (Cass., n. 19759/2017).

In questa circostanza, il principio dettato dall'art. 1352 c.c., secondo cui la forma convenuta per la stipulazione di un contratto si intende pattuita ad substantiam, è estensibile anche agli atti che seguono la stipulazione, come gli ordini di investimento. Nel nostro caso, invece, non v'era stato alcun accordo in tal senso e il contratto quadro prevedeva la possibilità di fornire oralmente ordini di acquisto, con conseguente onere della banca di registrare la telefonata. Il suddetto onere «non può trasformare la forma orale documentata attraverso la registrazione in una nuova ed inedita tipologia di forma convenzionale ad substantiam».

Il regolamento Consob, infatti, prescrive la registrazione della telefonata su supporto magnetico a garanzia dell'intermediario, non già per la validità del negozio. L'ordine orale, ammesso dal contratto quadro, in quanto oggetto di espressa convenzione tra le parti ex art. 1352 c.c., è perfettamente valido nonostante la prescrizione di registrare la telefonata su appositi supporti.

Conclusioni

In conclusione, con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione respinge il ricorso del risparmiatore e formula il seguente principio di diritto: «in tema di intermediazione finanziaria, ove la previsione contenuta nel contratto quadro richiami ai sensi dell'art. 1352 cod. civ. la possibilità di dare all'intermediario ordini orali, secondo quanto prevede il Regolamento Consob n. 11522/98, imponendo alla banca intermediaria di registrare su nastro magnetico, o altro supporto equivalente, gli ordini inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, la documentazione attraverso la registrazione dell'ordine non costituisce, un requisito di forma, sia pure ad probationem, degli ordini suddetti ma uno strumento atto a facilitare la prova - altrimenti più difficile - dell'avvenuta richiesta di negoziazione dei valori, con il conseguente esonero da ogni responsabilità quanto all'operazione da compiere.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.