Consenso informato: nozione, funzione, danni risarcibili e regime probatorio

Cristiano De Giovanni
31 Dicembre 2018

Quali sono le conseguenze risarcibili in caso di lesione del diritto all'autodeterminazione in sé considerato e a quale regime probatorio sono assoggettate?
Massima

Dalla lesione del diritto fondamentale all'autodeterminazione determinata dalla violazione, da parte del sanitario, dell'obbligo di acquisire il consenso informato deriva, secondo il principio dell"id quod plerumque accidit" un danno-conseguenza autonomamente risarcibile - costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso psichicamente e fisicamente - che non necessita di una specifica prova, salva la possibilità di contestazione della controparte e di allegazione e prova, da parte del paziente, di fatti a sé ancora più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.

Il caso

In sede di gravame è stato respinto l'appello proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da un paziente nei confronti del medico e della struttura sanitaria per i danni occorsigli a seguito di intervento di chirurgia oftalmica lamentando la violazione, da parte del medico, dell'obbligo di renderlo edotto, tramite il consenso informato, del tipo di intervento, dei suoi rischi e delle possibili complicanze. La Corte di appello, nel rigettare la domanda di riforma, ha evidenziato che l'appellante non aveva criticato la sentenza impugnata, quanto alla lesione del diritto alla salute derivante dalla violazione del dovere di informazione, nelle parti indicate nel titolo giudiziale stesso e che, quanto alla lesione del diritto all'autodeterminazione in sé considerato, non erano stati indicati quali fossero stati in concreto, i pregiudizi non patrimoniali, diversi da quello alla salute, subiti in seguito alla mancanza di informazione né aveva chiarito in cosa fossero consistite le “sofferenze fisiche e psichiche”.

La questione

La questione è la seguente: quali sono le conseguenze risarcibili in caso di lesione del diritto all'autodeterminazione in sé considerato e a quale regime probatorio sono assoggettate?

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in esame la Suprema Corte ha tratteggiato in modo chiaro e sintetico quale è la nozione e la funzione del consenso informato richiamandone il fondamento normativo, evidenziando che il medico ha l'obbligo di fornire informazioni sulle prevedibili conseguenze del trattamento prospettato e sui possibili e probabili risultati conseguibili e sulle implicazioni verificabili; viene individuata la differenza tra diritto alla corretta esecuzione della prestazione sanitaria avente ad oggetto il bene salute e diritto all'acquisizione del consenso informato al fine di non ledere il diverso e fondamentale diritto all'autodeterminazione del paziente; si evidenzia, infine, come, nella struttura dell'illecito derivante dalla lesione dell'autodeterminazione del paziente, emerga la distinzione tra il danno-evento e il danno-conseguenza soffermandosi, in specie, sul regime probatorio della voce di danno-conseguenza rappresentata dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso.

In specie la Suprema Corte ha riconosciuto che l'obbligo informativo del medico si correla al diritto fondamentale del paziente all'espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario propostogli; obbligazione che si risolve nella esecuzione di una prestazione di tipo informativo che è diversa da quella che è finalizzata alla tutela del diritto fondamentale alla salute. E, infatti, l'inadempimento dell'obbligo di acquisizione del consenso informato determina la lesione del (diverso) diritto fondamentale all'autodeterminazione del paziente ex art. 32, comma 2, Cost.

Per quanto di interesse deve osservarsi il risalto posto dal Collegio rispetto alla distinzione che sussiste, nella struttura dell'illecito da lesione del diritto all'autodeterminazione, tra il danno-evento e il danno-conseguenza:

  1. il danno-evento è rappresentato dalla esecuzione da parte del medico dell'intervento sulla persona del paziente senza la previa acquisizione del consenso;
  2. il danno-conseguenza è rappresentato dall'effetto pregiudizievole che la mancata acquisizione del consenso ha determinato nella sfera personale del paziente e le relative conseguenze dannose sono, in specie, costituite dalla sofferenza derivante dalla privazione della liberta di disporre di sé stesso, dalla diminuzione fisica che il paziente subisce da un intervento non assentito e dalla perdita di scelte alternative per lo stesso paziente di rivolgersi ad altra struttura e ad altro medico.

Deve richiamarsi l'attenzione sul fatto che, salvo quanto si dirà di seguito, la pronuncia in commento assume uno specifico e dirompente rilievo in ordine al thema probandum e al relativo accertamento mediante presunzioni quanto alle specifiche conseguenze rappresentate dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre da parte del paziente di sé stesso, psichicamente e fisicamente.

Osservazioni

Il consenso informato non è che una delle declinazioni del concetto di libertà fondamentale di cui gode l'individuo inteso come soggetto di diritto dotato di capacità giuridica riconosciuta dall'ordinamento ex artt. 1 c.c. e 2 Cost.

L'ordinamento appresta una serie di tutele preventive, riparatorie e risarcitorie al fine di assicurare all'individuo di vedere preservata la propria sfera di autonomia personale e patrimoniale da ingerenze non autorizzate di terzi siano esse conseguenza di un inadempimento rispetto ad un obbligo primario ex art. 1218 c.c. ovvero lesive in sé di interessi meritevoli di tutela ex art. 2043 c.c.

Il principio di autodeterminazione della volontà trova fondamento nella intenzione del legislatore di assicurare che l'individuo possa formare il proprio convincimento in ordine a qualsiasi fatto idoneo ad incidere nella sua sfera personale e patrimoniale sulla base di dati genuini e non già incompleti o non veritieri e come tali capaci di alterare il meccanismo di formazione del volere.

Anche nell'ambito del diritto alla salute il consenso informato è espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico e si configura come diritto della persona che trova fonte negli artt. 2, 13 e 32, comma 2, Cost. così assicurando il rispetto della inviolabilità della libertà personale e la incoercibilità dei trattamenti sanitari se non per disposizione di legge.

Sul piano positivo trattasi di posizione soggettiva che, già riconosciuta sul piano del diritto internazionale (art. 24 della Convenzione di New York, art. 5 della Convenzione di Oviedo, art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea), ha oggi un espresso riconoscimento nell'ordinamento interno per effetto di quanto disposto dall'art. 1 della l. n. 219 del 2017 (normativa che tutela il diritto all'autodeterminazione della persona e regola le modalità di ricezione delle informazioni e di espressione e documentazione del consenso), nonostante non mancassero già i riferimenti normativi dai quali desumere la rilevanza del diritto in parola (art. 3 l. 21 ottobre 2005 n. 219; art. 6 della l. 19 febbraio 2004 n. 40; art. 33 l. n. 833 del 1978).

Se, quindi, il diritto all'autodeterminazione è espressione di una libertà fondamentale anche nel settore sanitario ne deriva che l'intervento del medico eseguito in assenza del consenso informato integra un illecito ad eccezione dei soli casi in cui il trattamento sanitario sia obbligatorio per legge ovvero ricorra lo stato di necessità ex art. 54 c.p. e cioè di ipotesi in cui è lo stesso legislatore ad effettuare un bilanciamento preventivo tra posizioni soggettive inerenti a valori costituzionalmente rilevanti.

Il medico è, quindi, tenuto ad informare il paziente in ordine alla natura dell'intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e alla implicazioni verificabili.

La prestazione cui è tenuto il medico in ordine all'obbligo informativo è, dunque, distinta da quella sanitaria finalizzata alla tutela del diverso diritto fondamentale della salute: l'inesatta esecuzione del trattamento medico-terapeutico si risolve nella lesione del diritto alla salute mentre la mancata acquisizione del consenso informato determina la lesione in sé della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13 Cost., quest'ultimo includendo la libertà di decidere in ordine alla propria salute ed al proprio corpo (v. in tal senso Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2018 n. 17022).

Se è vero che trattasi di obbligazioni diverse può accadere che il trattamento medico-terapeutico sia eseguito in mancanza del consenso informato e, pur risultando correttamente eseguito, determini la sopravvenienza di conseguenze dannose per la salute: ecco che in questa ipotesi la mancata acquisizione del consenso del paziente determina non solo la violazione del diritto all'autodeterminazione ma anche del diritto alla salute.

Quanto ai diversi tipi di danni che derivano dalla violazione del dovere di informazione altra recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2018 n. 7248) ha evidenziato che essi si distinguono come:

  1. danno alla salute se il paziente dimostra che se fosse stato correttamente informato avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti;
  2. lesione alla autodeterminazione in sé stessa quando, a causa della omessa e/o insufficiente informazione rispetto ad un intervento, sia conseguito un pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale (purchè questo ultimo sia dotato dei caratteri della serietà e della gravità secondo le coordinate individuate dalla Suprema Corte nella pronuncia a Sezioni Unite datata 11 novembre 2008 n. 26972).

In presenza di un deficit informativo i profili risarcibili hanno diversa consistenza a seconda che la condotta del medico sia stata diligente o meno ovvero che l'intervento sia stata correttamente eseguito e che non sia stato determinato alcun danno alla salute.

È, quindi, possibile distinguere le seguenti ipotesi:

  1. nel caso di omessa e/o insufficiente informazione rispetto ad un intervento, cui il paziente si sarebbe comunque sottoposto e che sia stato determinativo di un danno alla salute, a fronte di una condotta colposa del medico, il risarcimento del danno sarà limitato al solo danno alla salute (nella duplice componente morale e relazionale);
  2. nel caso di omessa e/o insufficiente informazione rispetto ad un intervento, cui il paziente non si sarebbe comunque sottoposto e che sia stato determinativo di un danno alla salute, a fronte di una condotta colposa del medico, il risarcimento del danno sarà esteso anche al danno alla lesione dell'autodeterminazione;
  3. nel caso di omessa e/o insufficiente informazione rispetto ad un intervento, cui il paziente non si sarebbe comunque sottoposto e che sia stato determinativo di un danno alla salute, a fronte di una condotta non colposa del medico, il risarcimento del danno dovrà comprendere sia il danno alla lesione dell'autodeterminazione (quantificato in termini puramente equitativi) e sia il danno alla salute che sarà valutato in relazione alla situazione differenziale tra quella conseguente all'intervento e quella (comunque patologica) antecedente ad esso;
  4. nel caso di omessa e/o insufficiente informazione rispetto ad un intervento correttamente eseguito e che non ha determinato alcun danno alla salute, il risarcimento del danno alla autodeterminazione potrà riconoscersi solo se il paziente fornirà prova del fatto di avere subito le inaspettate conseguenze dell'intervento senza la necessaria e consapevole predisposizione ad affrontarle e ad accettarle.

Focalizzando l'interesse sul danno-conseguenza occorre rilevare che lo stesso è soggetto ad uno rigoroso accertamento con conseguente specifico onere probatorio a carico del paziente che deve allegare pregiudizi seri e gravi. E, infatti, l'inadempimento dell'obbligo di acquisire il consenso informato, nel caso di lesione del diritto alla salute, implica che l'incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell'atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall'opzione che il paziente stesso avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di dissenso, con la conseguenza che l'allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell'onere della prova – che, in applicazione del criterio generale di cui all'art. 2697 c.c., grava sul danneggiato - del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso (Cass. civ., sez. III, ord. 19 luglio 2018 n. 19199) fermo restando che detti pregiudizi devono superare la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e non siano futili, ovvero consistenti in meri disagi o fastidi (Cass. civ., sez. III, ord. 22 agosto 2018 n. 20885).

Laddove, piuttosto, il paziente faccia valere la responsabilità del medico per l'inadempimento dell'obbligo di acquisire il consenso informato l'omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia ex se una relazione causale diretta con la compromissione dell'interesse all'autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario.

In questo caso nella struttura dell'illecito occorre distinguere tra il danno-evento rappresentato dalla stessa esecuzione dell'intervento da parte del medico in assenza del consenso informato e il danno-conseguenza (ex art. 1223 c.c.) rappresentato dal pregiudizio determinato nella sfera personale del paziente per il comportamento omissivo del medico e sulla rilevanza che le informazioni non rese lo avrebbero determinato ad assentire o meno al trattamento medico.

Tra le voci del danno conseguenza occorre distinguere tra quelle:

a) rappresentate dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, da parte del paziente;

b) dalla deminutio fisica determinata dall'intervento eseguito dal medico in assenza del consenso rispetto a parti del corpo o alla funzionalità delle stesse la cui alterazione non è stata rimessa ad una libera scelta del paziente;

c) dalle “perdite” relative ad aspetti della salute inerenti la facoltà del paziente di determinarsi a rivolgersi ad altra struttura e ad altro medico per realizzare, una volta messo al corrente del tipo di trattamento cui sarebbe stato sottoposto, l'esecuzione di altro intervento meno demolitorio o determinativo di minore sofferenza.

Ai fini che qui interessano deve rilevarsi che, come rilevato nella sentenza in commento, la prima delle voci suindicate (a) è quella che si risolve in una sequenza causale normale secondo l'id quod plerumque accidit e che, rispetto alle altre, non necessita di una specifica dimostrazione quanto al pregiudizio costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso.

Il principio in esame sembra, quindi, fornire la stura per la individuazione di una presunzione di danno che ha natura relativa ma rafforzata: il paziente potrà domandare il risarcimento del danno da violazione del diritto all'autodeterminazione beneficiando di un accertamento causale presunto rispetto alla voce del danno conseguenza - inteso come sofferenza e contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente-.

La controparte avrà la facoltà di contestare detta voce di danno e lo stesso paziente potrà provare fatti ancora più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori ma resta, sullo sfondo, una evidente criticità probatoria determinata dal riconoscimento di una presunzione iuris tantum rafforzata sul piano causale e tale da consentire al paziente stesso di ottenere il risarcimento del danno-conseguenza limitandosi ad allegare la sussistenza del pregiudizio costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso.

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