La presenza dell’insidia non rileva la responsabilità del custode

Carmine Lattarulo
02 Gennaio 2019

Sussiste la responsabilità oggettiva dell'ente proprietario della strada, ai sensi dell'art. 2051 c.c., anche quando la buca sia visibile e di rilevanti dimensioni?
Massima

La responsabilità dell'ente proprietario della strada ha carattere oggettivo, essendo sufficiente la dimostrazione, da parte del danneggiato, del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno; al custode spetta l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, comprensivo della condotta incauta della vittima.

Il caso

Un conducente di ciclomotore citava in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, l'omonimo Comune per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, derivanti dalla caduta verificatasi su strada comunale, a causa di una buca. Il Tribunale dichiarava la responsabilità esclusiva dell'ente, ma quest'ultimo ricorreva in appello e la Corte d'Appello di Napoli, in accoglimento del gravame, dichiarava l'esclusiva responsabilità del conducente nella produzione dell'evento lesivo, in quanto la buca risultava visibile ed evitabile. Il danneggiato ricorreva in Cassazione.

La questione

Premesso che la P.A. debba osservare norme legislative, regolamentari, tecniche, quelle elementari della prudenza, della diligenza, nonché quella primaria e fondamentale del neminem laedere, sussiste la responsabilità oggettiva dell'ente proprietario della strada, ai sensi dell'art. 2051 c.c., anche quando la buca sia visibile e di rilevanti dimensioni?

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio condivide la premessa giuridica secondo cui «il principio per il quale l'utente della strada deve poter fare affidamento sull'apparente transitabilità della stessa è limitato da quello di autoresponsabilità, in base al quale l'utente è gravato di un onere di particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario e diretto del bene demaniale». Con una valutazione fattuale, neppure contraddetta dal danneggiato, il Collegio ha ritenuto assorbente la circostanza che la buca si presentasse di ampie dimensioni, al centro della carreggiata, in pieno giorno, non ricoperta da materiale di sorta, nell'ambito di un più ampio tratto stradale, tutto dissestato e sconnesso, tale da renderla, oltre che visibile, altresì prevedibile.

La Corte di legittimità coglie l'occasione per ripercorrere i principi in materia di responsabilità per danni da cose in custodia, qui di seguito meglio riassunti:

  • il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente la dimostrazione, da parte del danneggiato, del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre al custode spetta l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. (Cass. civ., sez. VI, 22 dicembre 2017, n. 30775; Cass. civ., sez. VI, 28 luglio 2017, n. 18856; Cass. civ., sez. VI, 5 settembre 2016, n. 17625; Cass. civ., sez. III, 29 luglio 2016, n. 15761; Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016 n. 11802; Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011 n. 11016; Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2016, n. 10893; Cass. civ., sez. VI, 7 gennaio 2016, n. 56; Cass. civ., sez. VI, 28 settembre 2015, n. 19121; Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2015, n. 10129; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2014, n. 4277; Cass. civ., sez. VI, 29 maggio 2013, n. 13514; Cass. civ., sez. III, 5 febbraio 2013, n. 2660; Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 2013, n. 783; Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2011, n. 15389; Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11016; Cass. civ., sez. III 15 ottobre 2010 n. 21328; Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2010, n. 8005; Cass. civ., sez. III, 18 dicembre 2009, n. 26751; Cass. civ., sez. III, 19 novembre 2009, n. 24428; Cass. civ., sez. III, 28 ottobre 2009, n. 22807; Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2009, n. 5741; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 2008, n. 24881; Cass. civ., sez. III, 25 luglio 2008, n. 20427; Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2008, n. 858);

  • non rileva la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016 n. 11802; Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2010 n. 19045), in quanto la nozione di custodia rappresenta un elemento strutturale dell'illecito, che qualifica il potere dell'ente sul bene che esso amministra nell'interesse pubblico (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016 n. 11802; Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 2010, n. 21328);

  • la responsabilità del custode prescinde dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito (Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2018, n. 6034; Cass. civ., sez. VI, 5 settembre 2016, n. 17625; Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016 n. 11802; Cass. civ., sez. VI, 29 agosto 2013, n. 19905; Cass. civ., sez. III 7 aprile 2010 n. 3229; Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2010 n. 8229; Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2008 n. 4279; Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 2008 n. 28811; Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2563);

  • il danneggiato non deve dimostrare che il danno sia lo specifico effetto di una anomalia, ma deve provare l'esistenza dell'anomalia; infatti, la prova del danno è di per sè indice della sussistenza di un risultato "anomalo", e cioè dell'obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016 n. 11802; Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2015 n. 10129; Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2013 n. 7125; Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2011, n. 15375; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 2008, n. 24881; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2006 n. 3651);

  • nell'eventualità della persistenza dell'incertezza sull'individuazione della concreta causa del danno, rimane a carico del custode il fatto ignoto, in quanto non idoneo a eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento (Cass. civ., sez. II 3 settembre 2010 n. 19045; Cass. civ., sez. III, 12 novembre 2009, n. 23945; Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2009, n. 5741; Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2008 n. 25029; Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 2006, n. 2284; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2006 n. 21244; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2006 n. 3651; Cass. civ., sez. III, 25 novembre 1988, n. 6340; Cass. civ., sez. III, 10 marzo 1988, n. 2383; Cass. civ., sez. III, 14 marzo 1983 n. 1897; Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 1982, n. 365; Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 1980, n. 913; Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 1979, n. 5394).

Questi principi, come ricorda il Collegio, vanno concertati con quelli del nesso causale:

  • un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non);
  • se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale (principio dell'equivalenza delle cause, ex art. 41 c.p.);
  • l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, dovendosi dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l'evento (principio della c.d. causalità adeguata o dell' «id quod plerumque accidit»). In forza di quest'ultimo principio, ricorda il Collegio che «quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso».

Osservazioni

Prima del 2008, non operava, nei confronti del soggetto pubblico, la presunzione di sua responsabilità, perché si riteneva incompatibile con il principio ad impossibilia nemo tenetur, cioè l'impossibilità per la pubblica amministrazione di esercitare un controllo contino ed idoneo ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose su beni di vaste dimensioni e di uso generale, come le strade. Dal 2008 in poi, opera una responsabilità oggettiva, ex art. 2051 c.c., (affermata nella sentenza n. 20427/2008), che si fonda sul mero rapporto di custodia tra la P.A. e il bene demaniale, come tale fonte di responsabilità, salvo il caso fortuito, che integra il comportamento del danneggiato. Il mutamento della qualificazione giuridica, dall'art. 2043 c.c. all'art. 2051 c.c, rileva, com'è noto, ai fini dell'onere della prova: nella responsabilità oggettiva, l'onere della prova ricade principalmente sul custode, perché si presume una sua responsabilità di legge.

Cionondimeno, sul piano strettamente pratico, la sentenza in commento è una chiara dimostrazione del rigore che informa la valutazione del comportamento del danneggiato, che deve essere adeguato alla natura e alla pericolosità della cosa: quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo é suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e ad escludere, pertanto, la responsabilità del custode.

Di conseguenza, domande di tal guisa sono sovente rigettate, sebbene via sia una responsabilità oggettiva e presunta del custode.

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