I presupposti per l’accesso alla composizione della crisi da sovraindebitamento dell’impresa agricola
31 Gennaio 2019
Massima
Per la qualificazione di un'impresa come agricola ex art. 2135 c.c., non assoggettabile quindi a concordato preventivo, non è più necessaria la sussistenza dello sfruttamento diretto col fondo; il terreno - pertanto - rappresenta un elemento strumentale dell'organizzazione aziendale divenendo invece dato rilevante la cura del ciclo biologico. Il caso
Un imprenditore individuale esercente attività florovivaistica depositava domanda di ammissione con riserva alla procedura di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, l.fall., sul presupposto che l'attività avesse natura commerciale, e chiedendo il termine massimo di legge per il deposito della proposta, del piano e della documentazione richiesta dalla medesima disposizione. Il Tribunale di Imperia, con la concessione del termine, si riservava di valutare, tra l'altro, il requisito soggettivo di cui all'art. 1 l.fall., all'esito dell'acquisizione dei dati sull'attività esercitata dal ricorrente.
Al fine di fornire le informazioni richieste, il ricorrente affidava la valutazione dei terreni di proprietà e delle piante ad un perito, ma essendo emerse alcune difficoltà nella relativa valutazione, al fine di fornire i dati richiesti per l'apprezzamento della sussistenza del requisito soggettivo ai fini della procedura, veniva richiesta la proroga del termine. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Imperia, sulla base della documentazione in atti, muovendo dalla nozione di imprenditore agricolo, anche alla luce dei criteri individuati dalla giurisprudenza in ordine alla verifica dell'attività in concreto svolta, è pervenuto al convincimento che il debitore istante svolgesse la coltivazione diretta di piante, con varie metodologie, sfruttando le notevoli dimensioni del terreno mediante la cura dell'intero ciclo biologico, che l'attività di vendita non fosse altro che il necessario sviluppo della natura economica dell'impresa agricola, e che l'acquisto di piantine da terzi per altre specie coltivate avesse un valore residuale, rispetto all'attività agricola principale. Conseguentemente, con decreto del 23 marzo 2018, dichiarava il non luogo a provvedere sulla richiesta proroga e improcedibile il ricorso per l'ammissione al concordato preventivo. Osservazioni
L'ampliamento della nozione di imprenditore agricolo La questione sottesa al provvedimento in commento involge il tema dell'ampliamento della nozione di imprenditore agricolo. Prima dell'introduzione della L. n. 3/2012, che ha espressamente previsto la possibilità per l'imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento, previa la verifica della sussistenza di determinati presupposti, di proporre ai creditori un accordo di composizione della crisi (art. 7, comma 2-bis, L. n. 3/2012), la dilatazione della nozione di imprenditore agricolo (per effetto dell'art. 1 D.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, a norma dell'art. 7 della L. 5 marzo 2001 n. 57), con il superamento di una nozione “fondiaria” dell'agricoltura, basata sulla centralità dell'elemento territoriale, ha portato ad interrogarsi sull'opportunità del mantenimento dell'esenzione dalla fallibilità dell'imprenditore agricolo. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 104/2012, ha rigettato la questione incidentale di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Torre Annunziata dell'art. 1 l.fall., sotto il profilo del rispetto del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., nella parte in cui esclude gli imprenditori agricoli e quelli ad essi equiparati dalla assoggettabilità alla dichiarazione di fallimento, dovendosi riconoscere l'intervenuto superamento della distinzione tra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale. La citata pronuncia ha lasciato aperta la questione, posto che il rigetto poggia su un'omissione argomentativa e sulla mancata applicazione di criteri idonei all'accertamento dell'attività in concreto svolta dall'impresa agricola. Ai fini dell'individuazione del perimetro dell'agrarietà occorre far riferimento all'attività agricola principale e a quelle connesse, con riguardo alla nozione di prevalenza, non solo sulla base del quadro normativo, ma anche della giurisprudenza pronunciatasi sull'accertamento della natura agricola o commerciale. Si rendono opportune alcune riflessioni in ordine al confine sussistente tra impresa agricola e impresa commerciale, muovendo dalla nozione di imprenditore agricolo (art. 2135, cod. civ.). Per attività principale (di cui al primo e secondo comma), si intende la cura del ciclo biologico o di una fase dello stesso, nel collegamento potenziale con il fondo (o il bosco o le acque). Vengono ricomprese attività che non richiedono una connessione necessaria tra produzione e utilizzazione del fondo (Cass. 17/07/2012 n. 12215), quale elemento accessorio ed eventuale. In astratto l'attività vivaistica, proprio in relazione al ciclo biologico, rientra nella previsione di cui all'art. 2135 cod. civ.: non rileva la dimensione dell'impresa o le modalità della organizzazione scelta. Sotto il profilo pratico, si riscontrano alcune criticità: la non applicabilità di parametri meramente quantitativi (Cass. 10/12/2010 n. 24995), la non necessaria utilizzazione del fondo, purché si realizzino prodotti anche solo potenzialmente collegati all'utilizzazione del fondo (Tribunale Udine 27 marzo 2015 in ordine al riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis n. 4, cod. civ. all'impresa agricola organizzata in forma societaria; Cass. 10/12/2010 n. 24995), rendono più complesso l'accertamento della natura di impresa agricola, in pendenza di un'istanza di fallimento, con l'onere in capo al debitore di dimostrare l'attività di cura, anche limitata ad una fase specifica del ciclo biologico. In giurisprudenza si possono individuare alcuni criteri per l'individuazione del perimetro dell'agrarietà, quali l'accertamento della natura concreta dell'attività esercitata (Tribunale Rovigo decreto 20/11/2014), se pendente istanza di fallimento, al momento del relativo deposito (Appello Brescia sentenza 12/08/2016 n. 769); il principio della connessione potenziale con la terra, vista come fattore produttivo anche solo potenziale, ma che non si riduca a mero bene fungibile (tale è considerato il mero stazionamento dei prodotti). Inoltre, non rileva la mera indicazione formale dell'oggetto sociale (Trib. Rovigo, decreto 20/11/2014, che ha affermato che l'elemento che caratterizza l'attività della srl si focalizzava sul “...ciclo biologico delle piante, derivante dalla coltivazione dei semi e rivendita per il trapianto in campo ...”). Peraltro, supera i confini dell'agrarietà quell'attività che “...oltre ad essere idonea a soddisfare esigenze connesse alla produzione agricola, risponda a scopi commerciali o industriali e realizzi utilità del tutto indipendenti dall'impresa agricola, o, comunque, prevalenti rispetto ad esse ...” (Cass. 24/03/2011 n. 6853 sulla natura commerciale dell'attività esercitata da una associazione di cerealicoltori; l'ha esclusa Cass. ord. 6 giugno – 13 luglio 2017). Con riferimento alle attività connesse a quella principale (da qui l'ampliamento della nozione di imprenditore agricolo), di cui al comma 3 dell'art. 2135 cod. civ., si richiede che i prodotti oggetto delle attività previste dalla predetta disposizione provengano in misura prevalente dal fondo, dal bosco, o dall'allevamento, rispetto a quelli acquistati da terzi (Cass. 26/11/2014 n. 25176). Le attività connesse si pongono in un rapporto di strumentalità rispetto all'attività agricola principale (Cass. 5/12/2002 n. 17521). Ad esempio: è ammessa la commercializzazione da parte dell'imprenditore agricolo di prodotti agricoli acquistati da terzi, purché tali prodotti non siano prevalenti (sotto il profilo quantitativo) rispetto a quelli provenienti dal (proprio) fondo. Sempre con riferimento alle attività connesse, è ammessa la contemporanea sussistenza della connessione soggettiva (imprenditore agricolo) e oggettiva: collegamento prevalente tra attività agricola principale e attività connessa (così Tribunale di Bolzano 18 luglio 2017, che nel dichiarare il fallimento di una società che esercitava attività di florovivaismo, ha ritenuto fosse venuto meno tale collegamento). Inoltre, “…la dismissione dell'attività agricola, come nel caso di affitto dell'azienda agricola a terzi, non è sufficiente a modificare la natura dell'imprenditore facendolo transitare dalla categoria agricola a quella commerciale ...” (Cass. 15/06/2017 n. 14885; Cass. 1/09/2015 n. 17397). E' stato rilevato che la contaminazione dell'oggetto dell'impresa derivava da fattori di sicura commerciabilità, con il superamento del perimetro dell'agrarietà, quali: partecipazione in altre società, assenza di prestazioni veterinarie, a attività disconnesse dal ciclo biologico (Cass. ord. 8/11/2017 n. 26430 con riferimento ad un'azienda agroalimentare di allevamenti di bovini). La soluzione offerta dal Tribunale di Imperia nel provvedimento in commento si pone in linea con l'orientamento giurisprudenziale consolidato, in ordine all'apprezzamento concreto della natura dell'attività esercitata dall'impresa agricola.
L'interazione con la procedura di sovraindebitamento Sotto il profilo sostanziale, ai fini dell'accesso agli strumenti di regolazione della crisi di impresa (si ricorda che l'impresa agricola “sovraindebitata” può accedere all'accordo di ristrutturazione dei debiti, alla transazione fiscale e alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento), il primo aspetto da valutare è se l'impresa agricola di specie rientri nel perimetro dell'agrarietà. Sotto il profilo soggettivo, l'imprenditore agricolo può accedere alla procedura di sovraindebitamento (art. 7, comma 2 bis, L. n. 3/2012). Il requisito della natura agraria è condizione di ammissibilità (artt. 6, co. 1, e 7, co. 2, L. n. 3/2012), che deve essere provato dall'istante, e deve perdurare nel corso della procedura di accordo di composizione della crisi (la sopravvenuta dichiarazione di fallimento costituisce una delle ipotesi di risoluzione dell'accordo, art. 12, co. 5, L. n. 3/2012). Secondo parte della dottrina, la L. n. 3/2012 conferma l'esonero dalla fallibilità dell'imprenditore agricolo (Sannini – Stanghellini). La ratio va ricercata nella diversità economica dell'impresa agricola rispetto a quella commerciale, che permarrebbe nonostante le innovazioni tecnologiche (lunghezza delle operazioni di riconversione delle strutture produttive, “polverizzazione” dell'offerta, ecc., Carmignani). La questione si pone sia nell'ambito dell'istruttoria prefallimentare, che per l'accesso, su iniziativa dell'imprenditore agricolo stesso, alle procedure di sovraindebitamento, che, in generale, agli strumenti di regolazione della crisi di impresa. In un caso di fallimento di un'impresa agricola (azienda vivaistica costituita in forma di s.s., iscritta nel Registro delle imprese, come impresa agricola, e con oggetto sociale “orticolture specializzate vivaistiche e sementiere”), di cui il creditore istante (fornitore di piante acquistate e non pagate) ex art. 6 l.fall. aveva invocato la natura commerciale, il Tribunale di Pistoia (sentenza del 14 ottobre 2014), pur prendendo atto che la s.s. si era costituita nella fase prefallimentare deducendo di aver richiesto la nomina di un professionista che svolgesse funzioni di OCC, ne dichiarava il fallimento, sul presupposto che non vi era stata contestazione in ordine allo svolgimento di attività di tipo commerciale da parte dell'impresa fallenda; non era stata fornita la prova della misura non prevalente di tale attività rispetto a quella agricola; non era stata fornita la prova dei requisiti congiunti del sottodimensionamento ex art. 1 l.fall.. Anche dinnanzi alle difficoltà per l'impresa agricola nel fornire la prova del mancato superamento del perimetro della non agrarietà, in ordine alla verifica della natura giuridica dell'impresa agricola è stato ritenuto che il potere istruttorio del Tribunale possa esercitarsi solo in via integrativa e non suppletiva dell'onere di allegazione e di prova che grava sulle parti (Cass. 15/11/2010 n. 23052), secondo il criterio della “vicinanza o riferibilità della prova”. Sempre con riferimento ad attività vivaistica di una ditta individuale è stato rilevato che l'effettivo svolgimento di attività agricola risultava confermato direttamente, così come risultava accertato che l'attività si fondasse su un rapporto con la terra non solo funzionale, ma concreto, effettivo e reale (Tribunale Pistoia decreto 11 ottobre 2017). Conseguentemente, l'allegazione della natura agricola non è eccezione in senso stretto; cosicché al giudice competono sempre poteri istruttori officiosi, stante gli interessi di natura pubblicistica sottesi alla dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. 8/10/2016 n. 16614; Cass. 18/11/2011 n. 24310). L'apprezzamento concreto del perimetro dell'agrarietà è rimesso al giudice di merito, restando insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata, immune da vizi logici (Cass. 26/09/2018 n. 23158; Cass. n. 24995/2015).
Incidenza dell'esonero delle scritture contabili ai fini dell'accesso degli strumenti di regolazione della crisi Nella casistica dianzi esposta, si riscontra quale minimo comune denominatore l'onere in capo al debitore imprenditore agricolo in crisi o in stato di sovraindebitamento, di dimostrare il requisito della natura agricola dell'attività esercita e come ciò risulti complesso, quando il medesimo imprenditore agricolo è esonerato per legge dall'obbligo di tenuta delle scritture contabili. Nell'ambito dell'istruttoria prefallimentare in cui il “fallendo” è un imprenditore agricolo, si afferma che la prova della non fallibilità può essere fornita e può “desumersi da documenti altrettanto significativi” (Cass. 15/05/2009 n. 11309), quali la documentazione contabile e fiscale che l'imprenditore è obbligato a tenere in base alle leggi fiscali e di settore. Per l'imprenditore agricolo che intende accedere agli istituti del sovraindebitamento è requisito di ammissibilità l'aver fornito tutta la documentazione idonea a ricostruire compiutamente la sua situazione patrimoniale ed economica (cfr. art. 7, comma 2-bis, che richiama il comma 2, lett. d), L. 3/2012), eventualmente predisponendola ex novo, con la “…redazione di documenti riepilogativi …” , in funzione della proposta (così Tribunale Cremona decreto 17 aprile 2014 reso nell'ambito di una procedura di accordo ex art. 9 L. 3/2012). Ciò in quanto “… le semplificazioni di cui l'imprenditore agricolo eventualmente gode sul piano civile e tributario non producono alcuna deroga alla disciplina della crisi da sovraindebitamento […], che persegue altre finalità e che richiede che il debitore … ”, quando intende raggiungere un accordo con i propri creditori debba esternare lo stato di crisi con “…piena trasparenza, principalmente a tutela dei creditori …”. Nel caso di specie è stata dichiarata inammissibile la proposta per carenza del requisito di cui all'art. 7, comma 2, lett. d), L. 3/2012. Con specifico riferimento all'accesso alla procedura di sovraindebitamento, si riscontrano, pertanto, diverse criticità che rischiano, in molti casi, di vanificare lo strumento previsto dalla legge, o di renderlo, di fatto, inapplicabile. Ed invero, vi è un lasso di tempo in cui l'imprenditore agricolo potrebbe essere esposto all'aggressione dei creditori, in considerazione dei seguenti elementi: (i) mancanza del blocco preventivo delle azioni esecutive individuali, dei sequestri conservativi e dei diritti di prelazione sul patrimonio del debitore, che può essere disposto solo con il decreto che fissa l'udienza ex art. 10, comma 2, lett. c), L. n. 3/2012; (ii) mancanza di pregiudizialità della procedura di sovraindebitamento rispetto all'istruttoria prefallimentare, esaminata nel concordato preventivo dalle Sezioni Unite (Cass. SU 15/05/2015 n. 9935). In merito all'interazione tra procedura di sovraindebitamento ed istruttoria prefallimentare si è pronunciata di recente la giurisprudenza di legittimità, che nel ribadire l'onere in capo all'imprenditore agricolo “fallendo” di fornire la prova della non assoggettabilità al fallimento, statuisce che non può essere attribuito valore condizionante (di giudicato o altro limite di accertamento o di provvedimento decisorio), all'avvenuta previa ammissione dell'imprenditore agricolo alla procedura di sovraindebitamento (nella fattispecie esaminata, dichiarata improcedibile per mancato accordo con i creditori) (Cass. civ. n. 23158/2018). Conseguentemente, anche ove si ritenesse escluso l'apprezzamento dell'attività in concreto svolta dall'imprenditore agricolo in sede di accesso alla procedura di sovraindebitamento, non vengono elise le criticità evidenziate e l'onta per l'imprenditore agricolo istante dericante dalla possibile aggressione dei creditori. Non solo. La verifica della natura di impresa agricola, con l'individuazione del perimetro dell'agrarietà, ai fini dell'accesso alla procedura di sovraindebitamento, quale requisito di ammissibilità, richiede un periodo di tempo ai fini della predisposizione di alcune perizie, di una situazione economica e patrimoniale aggiornata da parte dei consulenti dell'impresa, che, non in rari casi, mal si concilia con l'esigenza di schiacciare l'acceleratore, quando, ad esempio, pendono esecuzioni individuali sui beni dell'imprenditore agricolo. Conclusioni
Le criticità dianzi evidenziate paiono riproporsi anche alla vigilia della riforma della crisi di impresa di cui al licenziato schema di decreto legislativo recante il Codice della crisi e dell'insolvenza, in attuazione della legge 19 ottobre 2017 n. 155. Si prevede, invero, che l'imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento può formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando intenda proseguire l'attività imprenditoriale o professionale (art. 74, comma 1, che richiama l'art. 2 comma 1, lett. c) dello schema di decreto legislativo summenzionato). A tal fine, l'imprenditore agricolo deve allegare alla domanda, tra l'altro, il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie e le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi se l'attività ha avuto minor durata (art. 75 rubricato “Documentazione”, comma 1, lett. a)), e la relazione particolareggiata dell'OCC da depositare con la domanda, deve comprendere, tra l'altro, la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda (art. 76, comma 2, lett. d)), a pena di inammissibilità della domanda di concordato minore (art. 77).
La questione resta di centrale importanza, in considerazione della ratio sottesa alla disciplina del sovraindebitamento e del fine ultimo che si propone di conseguire con il c.d. fresh start nell'ambito delle procedure concorsuali relative alle imprese.
(Fonte: IlFallimentarista.it) |