Il danno conseguente alla illegittima segnalazione del debitore in Centrale Rischi e la sua prova

Giovanni Bombaglio
13 Febbraio 2019

Accertata una violazione delle regole in materia di protezione dei dati personali il danno subito dal danneggiato, sia patrimoniale che non, può considerarsi “in re ipsa” o è in ogni caso soggetto alla prova -incombente sull'attore - del pregiudizio in concreto sofferto, nonché della gravità e serietà del danno?
Massima

In tema di onere della prova, in caso di illecito trattamento dei dati personali per illegittima segnalazione alla CRIF, il pregiudizio non patrimoniale non può mai essere "in re ipsa", ma deve essere allegato e provato da parte dell'attore, a pena di uno snaturamento delle funzioni della responsabilità aquiliana. La posizione attorea è tuttavia agevolata dall'onere della prova più favorevole, come descritto all'art. 2050 c.c., rispetto alla regola generale del danno aquiliano, nonché dalla possibilità di dimostrare il danno anche solo tramite presunzioni semplici e dal risarcimento secondo equità.

Il caso

La ricorrente chiedeva alla società resistente un finanziamento nella forma di un leasing finanziario; quest'ultima, per errore, registrava due volte la posizione contrattuale-debitoria del richiedente con conseguente indebita duplicazione degli importi prelevati dal conto corrente della ricorrente per il pagamento delle rate.

Una volta segnalato l'errore la società erogante il finanziamento si impegnava a correggerlo e ad aggiornare i dati presso la Centrale Rischi Finanziari.

Tuttavia la ricorrente, avendo necessità di ottenere dei finanziamenti per l'esercizio della sua attività d'impresa, si rivolgeva a diversi Istituti di Credito i quali le negavano il richiesto credito in ragione della presenza di una pregressa segnalazione “negativa” alla CRIF, effettuata dalla società erogante il leasing, in conseguenza del mancato pagamento di una rata in realtà non dovuta in quanto conseguente alla erronea duplicazione delle poste debitorie anzidette ed avvenuta successivamente alla rettifica sopraindicata.

La ricorrente adiva quindi il Tribunale di Roma al fine di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale - e non - conseguente alla illegittima segnalazione.

L'Autorità Giudiziaria in parola accoglieva la domanda attorea sebbene limitatamente al danno non patrimoniale lamentato per violazione del diritto alla reputazione.

Avverso la sentenza de qua veniva introdotto ricorso in Cassazione.

La questione

Accertata una violazione delle regole in materia di protezione dei dati personali il danno subito dal danneggiato, sia patrimoniale che non, può considerarsi “in re ipsa” o è in ogni caso soggetto alla prova -incombente sull'attore - del pregiudizio in concreto sofferto, nonché della gravità e serietà del danno?

Le soluzioni giuridiche

L'ordinanza della Cassazione sancisce come, nel caso di specie, sebbene vengano lesi diritti fondamentali dell'individuo quali la protezione dei dati personali tutelata agli artt. 2 e 21 Cost. ed 8 CEDU, la prova del danno (patrimoniale e non) è soggetta agli ordinari oneri di ripartizione e gradazione.

Nella pronuncia in commento si sancisce, inoltre, come il danno patrimoniale lamentato da «…colui che agisce per l'abusiva utilizzazione dei suoi dati personali incombe soltanto – seppur in via preliminare rispetto alla prova, da parte del danneggiante della mancanza di colpa – l'onere di provare il danno subito, siccome riferibile al trattamento del suo dato personale, tuttavia il danno, ed in particolare la “perdita”, deve essere sempre oggetto di proporzionata ed adeguata deduzione da parte dell'interessato».

Nello stesso senso si era già espressa la Suprema Corte statuendo che il danno conseguente all'illecito trattamento dei dati personali – stante l'erronea segnalazione in Centrale Rischi - non può mai considerarsi “in re ipsa”, neppure alla luce dei rischi connessi all'esercizio di tale attività astrattamente idonei a ricondurla nell'alveo dell'art. 2050 c.c., dovendo, di contro, essere sempre allegato e provato dal danneggiato. (Cass. civ., sez. I, sent., 25 gennaio 2017, n. 1931).

In particolar modo, i giudici di Legittimità nella ordinanza in esame sanciscono come una generica dichiarazione di compromissione dell'accesso al credito conseguente alla (di per sé) illegittima segnalazione alla CRIF, in assenza della prova dell'effettivo pregiudizio patrimoniale subito, non può essere meritevole di tutela risarcitoria.

A conseguenze analoghe si arriva anche avuto riguardo alla risarcibilità del danno non patrimoniale sancendo la Suprema Corte come la liquidazione del danno non patrimoniale, sebbene in presenza della lesione di diritti fondamentali, non si sottragga «… alla verifica della gravità della lesione e della serietà del danno (quale perdita di natura personale effettivamente patita dall'interessato) in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex art. 2 Cost., di cui il principio di tolleranza della lesione minima e intrinseco precipitato, sicché determina una lesione ingiustificabile del diritto non la mera violazione delle prescrizioni imposte dall'articolo 11 del medesimo codice, ma solo quella che ne offenda in modo sensibile la sua portata effettiva».

La pronuncia in commento si uniforma, pertanto, al prevalente orientamento che, ponendo a base dell'iter decisionale i principi sanciti dalla c.d. Sentenze di San Martino, qualifica come danno conseguenza anche quello conseguente alla lesione di diritti fondamentali dell'individuo la cui prova può considerarsi piena solo in presenza di allegazioni non generiche.

Deve, tuttavia, segnalarsi un pregresso orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui il danno da illegittima segnalazione in centrale rischi (quanto all'an) dovrebbe considerarsi in re ipsa, con conseguente esonero del danneggiato a fornire la prova in concreto della sua sussistenza (Trib. Brindisi, 2 marzo 2011).

Osservazioni

L'illegittima segnalazione nella Centrale Rischi di un soggetto è circostanza astrattamente idonea a creare un danno la risarcibilità del quale è soggetta a rigorosi oneri probatori.

In primo luogo, avuto riguardo al danno patrimoniale si potrà distinguere un danno emergente (ipotesi peraltro rara) configurabile, ad esempio, ogniqualvolta al soggetto segnalato come “cattivo pagatore” venga richiesto dall'Istituto di Credito il rientro immediato dagli affidamenti e questo si veda costretto a liquidare titoli azionari o di credito che deteneva al fine di far fronte alla immediata richiesta di liquidità (Trib. Bari, 24 gennaio 2008).

Di contro, con maggiore frequenza, il danno in parola si concretizza nel c.d lucro cessante subspecie perdita di chance.

Con questa locuzione si suole indicare quella situazione che non coincide con la perdita subìta o con il mancato guadagno, bensì con l'occasione perduta di conseguire un probabile risultato favorevole.

In particolar modo, avuto riguardo al danno in parola verificatosi nell'esercizio di un'attività imprenditoriale (ipotesi più frequente) l'illegittima segnalazione in Centrale Rischi può precludere all'imprenditore l'accesso al credito con conseguente perdita di nuove opportunità di lucro.

L'attore dovrà, pertanto, dar prova che senza la revoca degli affidamenti conseguente alla segnalazione avrebbe concluso uno specifico affare dal quale sarebbe derivato un determinato guadagno, ovvero che la stretta creditizia ha determinato un rallentamento negli approvvigionamenti sì da trovarsi nell'impossibilità di far fronte a nuove commesse.

In quest'ultima ipotesi il danno può essere calcolato anche applicando il valore in percentuale medio del margine operativo lordo dell'impresa su più esercizi al valore delle commesse rimaste inevase, mentre non potrà mai essere equivalente al risultato utile sfumato essendo, nel caso di perdita di chance, oggetto di risarcimento unicamente la perdita della possibilità di conseguire un risultato.

Oltre che per il risarcimento del danno patrimoniale, il cliente illegittimamente segnalato può agire in giudizio contro la banca per il ristoro del danno non patrimoniale.

Infatti, con la segnalazione viene resa pubblica “l'inaffidabilità finanziaria” del debitore agli appartenenti il sistema finanziario con conseguente configurabilità, qualora la segnalazione sia illegittima, di una lesione all'onore, reputazione, o comunque all'immagine professionale della vittima.

In particolar modo, attraverso l'illegittima segnalazione sembra potersi configurare una lesione della c.d. identità personale – diritto nato ed affermatosi grazie all'opera interpretatrice di dottrina e giurisprudenza – da intendersi come l'interesse che ciascuno ha ad una rappresentazione veritiera del proprio patrimonio personale, culturale, ideologico in guisa che il complesso dei propri attributi personali ed identificativi non venga falsato nella sua proiezione esterna.

La liquidazione del danno non patrimoniale conseguente alla illegittima segnalazione usualmente avviene in via equitativa secondo criteri che devono tener conto sia della durata del periodo di permanenza della segnalazione pregiudizievole, sia della gravità della colpa e dell'intensità della lesione.

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