Il parametro per valutare la diligenza di un medico chirurgo non è il professionista medio, ma quello bravo

Francesco Meiffret
20 Febbraio 2019

In tema di responsabilità medica qual è il livello di diligenza richiesta al medico affinché sia esente da colpe? Come si accerta la condotta omissiva del medico?
Massima

In tema di responsabilità del medico chirurgo, la diligenza nell'adempimento della prestazione professionale deve essere valutata assumendo a parametro non la condotta del buon padre di famiglia, ma quella del debitore qualificato, ai sensi dell'art. 1176, comma 2 c.c. Quest'ultimo parametro può ritenersi rispettato quando la condotta del professionista non è difforme da quella del “professionista medio”, locuzione che non deve essere declinata nel senso di “professionista mediocre”, bensì di professionista “bravo”: ovvero serio, preparato, zelante, efficiente. Affinchè sia soddisfatto detto criterio di diligenza, nel caso di di paziente con sintomi aspecifici, il medico è tenuto a prenderne in considerazione tutti i possibili significati ed a segnalare le alternative ipotesi diagnostiche.

Il caso

Tizio, il 12 giugno 2001, a causa di una forte cefalea e giramenti di testa, si recò presso il pronto soccorso dell'ospedale di Nuoro dove venne visitato e dimesso con l'unica ulteriore prescrizione di una visita cardiologica.

Cinque giorni dopo Tizio, si presentò nuovamente presso l'ospedale di Nuoro per gli stessi sintomi. Il medico che lo visitò non lo sottopose ad accertamenti diagnostici, limitandosi a prescrivergli un analgesico.

il 2 luglio Tizio fu di nuovo ricoverato d'urgenza presso l'Ospedale di Nuoro. Dalla tac eseguita fu scoperto un ematoma cranico causato dalla rottura di un aneurisma.

Tizio, quindi, fu trasferito presso l'ospedale di Sassari per un intervento (cd clippaggio di aneurisma) al cervello volto ad eliminare le conseguenze nefaste dell'aneurisma.

A causa della compressione dei tessuti cerebrali da parte dell'ematoma, Tizio decedette.

I parenti di Tizio citarono in giudizio l'Asl di Nuoro per far accertare la responsabilità medica dell'ospedale per la condotta negligente dei suoi sanitari che non sottoposero Tizio sin da subito ad accertamenti specifici .

Il Tribunale di Nuoro respinse le doglianze dei parenti di Tizio i quali appellarono la sentenza.

La Corte d'Appello confermò la sentenza di I grado rilevando l'assenza di colpa degli operatori sanitari del Tribunale di Nuoro e la mancata prova su un aumento delle possibilità di sopravvivenza di Tizio se fosse stato tempestivamente sottoposto ad un intervento chirurgico.

I parenti di Tizio ricorsero in Cassazione. Eccepirono ex art. 360 n. 5 c.p.c. che la corte d'Appello omise di esaminare un fatto decisivo e applicò erroneamente l'art. 1218 c.c.: se Tizio fosse stato sottoposto subito dopo al primo accesso al pronto Soccorso ad accertamenti tecnici sarebbe emerso il primo aneurisma che, se prontamente trattato, non avrebbe comportato l'ematoma cerebrale o quantomeno avrebbe aumentato le possibilità di sopravvivenza di Tizio.

In base all'art. 360 n. 3 c.p.c. i ricorrenti, inoltre, criticarono il capo della decisione della Corte in cui, applicando erroneamente gli artt. 1218 e 1776 c.c., giungeva alla conclusione che i medici erano esenti da colpe perché si erano comportati con la diligenza richiesta dalla natura del loro incarico. La Corte d'appello aveva, infatti, escluso qualsiasi responsabilità perché, durante il primo ricovero, Tizio presentava sintomi aspecifici non direttamente riconducibili ad un aneurisma. Secondo i ricorrenti proprio l'ambiguità di tali sintomi (acefalea) avrebbe dovuto indurre i medici a svolgere accertamenti più specifici poiché quanto manifestato da Tizio anche se non poteva portare direttamente alla conclusione di un aneurisma, non poteva neanche escluderlo a priori.

La questione

In tema di responsabilità medica qual è il livello di diligenza richiesta al medico affinché sia esente da colpe? Come si accerta la condotta omissiva del medico?

Le soluzioni giuridiche

La Terza Sezione riforma con rinvio alla Corte d'Appello di Cagliari la sentenza indicando il seguente principio di diritto: «Tiene una condotta colposa il medico che, dinnanzi a sintomi aspecifici, non prenda scrupolosamente in considerazione tutti i loro possibili significati, ma senza alcun approfondimento si limiti a far propria una sola tra le molteplici e non implausibili diagnosi».

Nell'argomentare i motivi che inducono a rinviare la decisione alla Corte d'Appello, la Suprema Corte specifica qual è il termine di paragone affinché ai sensi dell'art. 1176, comma 2, il medico possa essere ritenuto esente da colpe. Essa si sofferma sul significato di “professionista medio” che costituisce il termine di paragone per valutare la sussistenza o meno di una condotta colposa. Per professionista medio si deve considerare un professionista bravo e non un professionista mediocre. Ed il medico bravo, secondo la Corte, è colui che a fronte di un paziente con sintomi aspecifici effettua più possibili diagnosi facendo effettuare tutti i possibili accertamenti al fine di verificare quella corretta.

La Suprema Corte censura che la Corte d'Appello abbia acriticamente sostenuto che il ritardo nell'eseguire l'operazione non abbia ridotto le possibilità di esito fausto dell'intervento di clippaggio dell'aneurisma sul presupposto che le condizioni del paziente fossero stazionarie. Dalla CTU emerge che l'aneurisma a giugno era integro, mentre a luglio questo si era rotto formando l'ematoma. Secondo la Suprema Corte è, inoltre, errata la decisione della Suprema Corte nella parte in cui ha applicato una presumptio de presumpto vietata dall'art. 2727 c.c. per giungere alla conclusione che gli operatori dell'Ospedale di Nuoro erano esenti da colpe. Essa, infatti, è partita dalla presunzione che il medico che ha esaminato per primo Tizio abbia sospettato l'esistenza di un aneurisma sulla base degli accertamenti eseguiti che hanno, tuttavia, escluso tale patologia, invece, esistente. La decisione si è basata, quindi, su una doppia presunzione in quanto ha valorizzato come noto un fatto, invero, soltanto presumibile (la possibilità che il medico avesse sospettato dell'aneurisma alla luce di alcuni accertamenti eseguiti). Sulla base di questa fittizia certezza è giunta alla conclusione che non sussistessero sintomi dell'aneurisma (cfr. Cass. civ., sez. I, sent. 9 aprile 2002 n. 5045: «In tema di prove, è inammissibile la c.d. praesumptio de praesumpto, non potendosi valorizzare una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un'altra presunzione»).

Poiché l'ematoma si è formato successivamente ai due ricoveri presso l'Ospedale di Nuoro ed è stato la causa della morte di Tizio, secondo gli Ermellini, la Corte d'Appello deve riesaminare il nesso di causalità valutando se un più tempestivo intervento chirurgico, quando l'aneurisma non si era ancora rotto, avrebbe avuto ragionevoli possibilità di salvare la vita al paziente.

Osservazioni

L'ordinanza in commento permette all'operatore del diritto alcuni spunti di riflessione.

Innanzitutto sembra affermare un ritorno della “cd medicina preventiva” laddove specifica che, nel caso di sintomi aspecifici, il medico deve effettuare tutti gli accertamenti diagnostici finché questi non confermino l'esistenza della patologia che è causa dei disturbi lamentati dal paziente. La sentenza sembra, quindi, spostare gli equilibri raggiunti con le recenti riforme tra il diritto alla salute e il contenimento della spesa pubblica: se sussistono sintomi aspecifici bisogna effettuare tutti gli accertamenti necessari per accertare la causa del disturbo manifestato dal paziente. Tale condotta costituisce anche il discrimine tra medico medio e medico bravo che di fronte a sintomi che non permettono di riconoscere ictu oculi la patologia del paziente sottopone quest'ultimo a tutti gli accertamenti necessari.

L'orientamento prevalente, invece, ritiene che il termine di paragone per valutare la diligenza professionale sia il comportamento che il medico “normale” avrebbe tenuto dinnanzi alla medesima situazione. Sino alla pronuncia in commento dunque il discrimine tra la sussistenza o meno di un comportamento colposo è la perizia “normale” della categoria (Cass. civ., sez. III, sent. 5 novembre 2013, n. 24801).

Sempre in un'ottica di uno “scatto in avanti” in favore della tutela della salute del paziente, l'ordinanza riforma la pronuncia della Corte in appello che aveva ritenuto che anche qualora l'aneurisma fosse stato diagnosticato tempestivamente non vi sarebbero state maggiori possibilità di sopravvivenza per Tizio.

La Suprema Corte censura questo punto della decisione di II grado rilevando che appare probabile che se fosse stato diagnosticato tempestivamente l'aneurisma si sarebbe potuto prevenire la rottura.

È d'uopo rammentare, senza alcuna pretesa di esaustività, la diversa severità con la quale deve essere valutato il nesso causale nella responsabilità medica tra giudizio civile e giudizio penale.

Nel giudizio penale è noto che il nesso causale tra condotta omissiva del medico ed evento dannoso sussisterà ogni qualvolta in cui, in base alle circostanze di fatto ed esclusa l'interferenza di fattori causali alternativi, risulti processualmente che la condotta omissiva è stata la condizione necessaria “con alto o elevato grado di probabilità razionale” o “probabilità logica”, ovvero al di là di ogni ragionevole dubbio (Cass. pen., Sez. Un., sent. 11 settembre 2002, n. 30328).

Nel giudizio civile (le cui decisioni, a differenza del processo penale, non comportano una limitazione della libertà personale) l'accertamento del nesso di causalità tra condotta omissiva ed evento viene accertata con minore rigidità in quanto vige il principio riassumibile con l'espressione “più probabile che non”: è sufficiente che in base ad un giudizio prognostico si accerti che la condotta commissiva o omissiva del medico è stata causa dell'evento dannoso con una probabilità pari o superiore al 51% (cfr. ex plurimis, Cass. civ., sez. III, sent. 4 marzo 2004 n. 4400; Cass. civ., Sez. Un., sent. 11 gennaio 2008, n. 581; Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21619).

Un ulteriore profilo che viene preso in considerazione nell'ordinanza di rimessione alla Corte d'Appello è quello relativo alla c.d. perdita di chanches derivante dall'omessa prestazione da parte del medico.

Per perdita di chances si intende la concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato vantaggio. La giurisprudenza tende a considerare la perdita di chance come un'entità patrimoniale distinta rispetto al diritto alla salute. Ne deriva la sua autonoma valutazione a titolo risarcitorio da determinarsi non già in relazione al mancato conseguimento del risultato sperato, bensì alla mera possibilità di raggiungerlo (Cass. civ, sez. I, sent. 8 novembre 2011, n. 23240).

Il risarcimento da perdita di chances costituisce, inoltre, un'autonoma voce di danno rispetto alla domanda di risarcimento per mancato raggiungimento del risultato sperato. Nel risarcimento da perdita chances si ristora non il mancato ottenimento del risultato sperato (nel caso di specie, quindi, la guarigione a causa dell'intervento tempestivo del clippaggio dell'aneurisma), bensì la perdita della possibilità di conseguirlo. Viene, quindi, considerato autonomo bene, distinto dal diritto alla salute, la possibilità di guarigione frustrata dalla condotta omissiva (Cass. civ., sez. III, sent. 16 ottobre 2007, n. 21619).

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