Immissioni sonore e metodo di rilevazione

Alessandro Benni de Sena
25 Febbraio 2019

Il limite di tollerabilità è assoluto oppure relativo in base alla situazione ambientale in generale? Come deve essere rilevato?
Massima

Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante della zona, su cui vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi. Non può giungersi a ritenere intollerabili le immissioni sonore sulla base del livello di rumorosità di fondo calcolato in un solo ambiente e in condizioni di assoluto silenzio, prescindendo dalle normali modalità di utilizzo degli immobili e dal livello di rumorosità della zona, correttamente rilevata.

Il caso

Un proprietario di un appartamento adiva le vie legali per vedere ordinata la cessazione delle immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità provenienti dall'immobile sottostante.

Il resistente aveva evidenziato che i rumori erano effetto di un normale utilizzo dell'immobile, non erano state effettuate trasformazioni che avevano modificato il livello di isolamento acustico o effettuate modifiche agli impianti: il vano cucina era stato spostato in corrispondenza della camera da letto del ricorrente, senza aver alterato il carico acustico.

Il Giudice di Pace, disposta CTU, accoglieva la domanda.

Il Tribunale respingeva l'appello e riconosceva il superamento del limite di rumorosità di tre decibel.

L'attore in primo grado proponeva ricorso per cassazione.

La questione

La questione riguarda il metodo di rilevazione delle immissioni sonore.

Infatti, la CTU disposta in primo grado aveva proceduto in condizioni di assoluto silenzio e solo all'interno dei locali sottostanti il vano cucina.

In secondo grado, il Tribunale aveva disposto la rinnovazione della consulenza tecnica, la quale, in applicazione del criterio comparativo, stabiliva che i rumori non superavano la soglia di tollerabilità e che, in applicazione del criterio differenziale, si registrava il superamento dei limiti solo nel caso di utilizzo di una scopa elettrica. In ogni caso, la CTU negava che le immissioni fossero effetto delle trasformazioni eseguite nel vano destinato a cucina.

Ad ogni modo, in primo grado la rumorosità era stata rilevata solo all'interno della proprietà dell'immittente e in condizione di assoluto silenzio.

Il limite di tollerabilità è assoluto oppure relativo in base alla situazione ambientale in generale?

Come va rilevato?

Le soluzioni giuridiche

La decisione in esame può essere scomposta nell'affermazione di due principii: in primo luogo, il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, che può variare da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.

In secondo luogo, non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ovvero dalla fascia rumorosa costante della zona, sulla quale si innestano i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), per cui la valutazione diretta a stabilire se i rumori siano o meno compresi nei limiti della norma, deve essere riferita alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata.

Tali principii o passaggi logici sono espressione di un orientamento giurisprudenziale consolidato (con particolare riferimento al criterio comparativo: Cass. civ., sez. II, 30 agosto 2017, n. 20553; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2014, n. 3714; nei rapporti con la P.A., anche Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18195; Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2011, n. 17051; Trib. Roma, sez. V, 16 febbraio 2011, n. 3210, in Riv. giur. edil., 2011, I, 421; Trib. Monza, 13 novembre 2006, in De Jure; C.A. Firenze, sez. I, 2 agosto 2005, n. 1116, in De Jure; Trib. Monza, 29 settembre 2003, in Giur. merito, 2004, 538; Trib. Milano, 27gennaio 2001, in Giur. merito, 2001, 673; App. Milano, 28 febbraio 1995, in Foro it., 1995, I, 3291).

Consegue che, da una parte, è errato ritenere intollerabili le immissioni in base ad un livello di rumorosità di fondo calcolato nel solo ambiente sottostante alla proprietà di chi lamenta le immissioni e, dall'altro, rilevarle in condizioni di assoluto silenzio, prescindendo dalle normali modalità di utilizzo degli immobili e dal livello di rumorosità della zona.

Per completezza, si segnala che in passato era stato propugnato il criterio c.d. assoluto, che prevedeva la fissazione di una soglia limite di rumorosità, prescindendo del tutto dalle condizioni generali dell'ambiente circostante: l'immissione sonora era ritenuta intollerabile a seconda che fosse inferiore o superiore a detta soglia. Trattasi, però, di orientamento da tempo abbandonato (Trib. Torino, 9 gennaio 1957, in Riv. dir. comm., 1957, II, 227, che fissa un limite assoluto, avuto riguardo delle specifiche contingenze di luogo e di tempo; Trib. Cuneo, 29 luglio 1958, in Arch. resp. civ., 1964, 384).

La sentenza annotata si segnala in quanto fornisce indicazioni sul metodo di rilevamento delle immissioni sonore, utili per il CTU, ma anche per il Giudice per la formulazione del quesito e per la valutazione della consulenza tecnica e, dunque, per la decisione.

Infatti, la normale tollerabilità, di cui all'art. 844 c.c., non può essere intesa come assenza di rumore.

Pertanto, è errato ritenere intollerabili le immissioni sulla base di un livello di rumorosità rilevato nel solo ambiente che lamenta le immissioni e in condizioni di assoluto silenzio, ignorando le normali modalità di utilizzo degli immobili e dal livello di rumorosità della zona.

Osservazioni

va ricercato di volta in volta secondo le circostanze e le condizioni specifiche, riferendosi alla sensibilità dell'uomo medio.

Esistono disposizioni dettate da leggi speciali o regolamenti riguardo alle modalità di rilevamento e all'intensità dei rumori. Tali regole, tuttavia, perseguono finalità di carattere pubblico, operando nei rapporti tra privati e la P.A., sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili ex art. 844 c.c. Per questi ultimi, infatti, vige la disciplina dell'art.

844 c.c.

, che, nel fissare i criteri ai quali il giudice del merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse.

In tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa deve rimanere salda, non potendosi aprioristicamente attribuirsi alla disciplina amministrativa una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c., con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del limite della tollerabilità e del soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione, nonché delle possibili conseguenze dannose per la salute derivanti dalle immissioni.

Invero in tale materia, mentre è senz'altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può far considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all'art. 844 c.c., tenendo presente, fra l'altro, la vicinanza dei luoghi ed i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni (Cass. civ. sez., III, 7 ottobre 2016, n. 20198; Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2015, n. 20927; Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2015, n. 8474; Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2006, n. 1418; Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2003, n. 1151).

Il principio espresso dalla sentenza annotata si può scomporre di due passaggi logici consolidati (si veda Cass. civ., sez. II, 30 agosto 2017, n. 20553; Cass. civ., sez., II, 5 agosto 2011, n. 17051; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 2010, n. 3438).

In primo luogo, chiarito il rapporto tra la tutela civilistica e amministrativa, consegue che, nel primo ambito, il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è - invero - mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.

Questo significa che il limite di tollerabilità è variabile, dipendendo dalla situazione e dalle caratteristiche della zona: il limite, ad esempio, sarà più basso nelle zone destinate ad insediamenti residenziali-abitativi.

In questo senso, la normale tollerabilità non può essere intesa come silenzio assoluto ovvero assoluta assenza di rumore.

Si badi. Il fatto che una certa zona sia destinata ad un certo uso non può, tuttavia, automaticamente far ritenere lecite le immissioni (in un caso di azione proposta da proprietario di una casa avverso il gestore di uno stabilimento balneare per l'accertamento della non normale tollerabilità delle immissioni provenienti dal parcheggio abusivamente realizzato dal gestore nello spazio compreso tra lo stabilimento balneare ed il giardino dell'abitazione privata, la Cassazione ha sottolineato che il fatto che la zona oggetto delle immissioni sia adibita ad attività turistica e balneare non può comportare di per sé la liceità delle immissioni, in quanto le persone che vi abitano hanno diritto ad una normale qualità della vita, anche se solo nel periodo di villeggiatura: Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2014, n.3714).

In secondo luogo, la sentenza aggiunge che non si può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono a innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cosiddetto "criterio comparativo").

Tale criterio consiste nel raffrontare il livello medio dei rumori di fondo con quello del rumore rilevato nel luogo interessato dalle immissioni e ritenere superato il limite per le immissioni di intensità superiore a tre decibel rispetto al livello sonoro di fondo, tenuto conto che l'uomo è in grado di percepire variazioni di un solo decibel.

Infatti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 1 marzo 1991, il quale, nel determinare le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose, al pari dei regolamenti comunali limitativi dell'attività rumorosa, fissa, quale misura da non superare per le zone non industriali, una differenza rispetto al rumore ambientale pari a 3 db in periodo notturno e in 5 db in periodo diurno, persegue finalità di carattere pubblico ed opera nei rapporti fra i privati e la p.a. Le disposizioni in esso contenute, perciò, non escludono l'applicabilità dell'art. 844 c.c. nei rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2001, n. 10735).

È stato osservato che, pur dato il carattere pubblicistico, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 1 marzo 1991, nel determinare le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose, fissa, quale misura da non superare per le zone non industriali, una differenza rispetto al rumore ambientale pari a 3 db in periodo notturno e in 5 db in periodo diurno. Il limite è stato ritenuto un accettabile incremento del rumore, evidenziando che l'indicato limite rappresentava "un valido ed equilibrato parametro di valutazione" tale da consentire un idoneo contemperamento delle opposte esigenze dei proprietari.

In materia di immissioni la consulenza tecnica è centrale.

A volte, addirittura, è necessaria, ove siano richieste profonde conoscenze tecniche (fisiche, chimiche, etc.).

Tuttavia, occorre ricordare che la CTU è un mezzo istruttorio e non una prova vera e propria (non può essere “esplorativa” ovvero non può supplire all'onere probatorio che grava sulla parte, che dovrà compiutamente assolvere all'onere di allegazione e di prova).

D'altra parte, spesso la giurisprudenza riconosce che i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d'ufficio con funzione “percipiente”, in quanto solo un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni, nonché il grado di tollerabilità, potendosi in tale materia ricorrere alla prova testimoniale solo quando essa verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti e non si riveli espressione di giudizi valutativi (Cass. civ., sez. II, 20.01.2017, n. 1606).

Il CTU poi, deve rispettare i confini dati dal quesito posto dal Giudice, nonché dalle prescrizioni del codice di rito sui diritti e doveri dell'ausiliario (artt. 191-201 c.p.c.).

Da tutte queste brevi considerazioni si comprende, allora, come un quesito posto correttamente ed un adeguato metodo di rilevazione (e valutazione) siano imprescindibili.

Nel caso posto all'attenzione della Suprema Corte, l'unica condizione di assoluto silenzio nella rilevazione era fuorviante.

Occorre chiarire alcuni concetti.

Il rumore ambientale è quello che deriva da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e in un determinato momento, mentre il rumore residuo viene misurato escludendo, dal livello di rumore ambientale, le specifiche sorgenti disturbanti. Il livello differenziale di rumore è, quindi, dato dalla differenza tra il livello di rumore ambientale e quello del rumore residuo (Cons. St., sez. V, 10 settembre 2009, n. 5420).

I valori limite differenziali, secondo la normativa pubblica, prevedono, come detto, che l'incremento del rumore residuo non può superare il limite di 5 dbA per il periodo diurno e 3 dbA per quello notturno. Il valore differenziale, quindi, è dato dalla differenza tra il livello di rumore ambientale e quello residuo.

Tali limiti, come visto, possono essere riconosciuti anche ai fini civilistici, fermo che il codice civile parla di “rumori intollerabili” e che le due valutazioni (amministrativa e civile) non sono sovrapponibili, per cui un'immissione lecita secondo le disposizioni amministrative potrebbe essere intollerabile alla stregua del parametro civile, ove il limite di tollerabilità non è assoluto, ma relativo alla situazione ambientale secondo le caratteristiche della zona e la normale tollerabilità va riferita alla sensibilità dell'uomo medio.

Risulta, pertanto, confermato il principio giurisprudenziale: ai fini della corretta rilevazione e valutazione, non si può prescindere dal criterio c.d. comparativo-differenziale, consistente nel comparare il livello medio dei rumori di fondo con quello rilevato sul luogo oggetto delle immissioni e nel verificare se detto rumore superi il limite di tollerabilità.

In concreto, poi, bisognerà porre molta attenzione alle modalità di rilevamento. A seconda dei casi, sarà interessante ed utile procedere ad una rilevazione prolungata nelle diverse fasce orarie da considerare, eventualmente anche a finestre aperte (specie in estate) e chiuse, in modo da misurare il rumore ambientale e quello residuo, determinando i valori differenziali e comparativi.

Sarà importante rilevare le variazioni temporali del livello sonoro e delle sue componenti, confrontare i valori massimi d'immissione con il livello acustico di fondo.

Dunque, si tratta di rilevazioni e di valutazioni che non possono di certo ridursi ad isolare la fonte sonora rumorosa in un contesto di assoluto silenzio.

Guida all'approfondimento

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BENNI de SENA A., nota a sentenza Cass. civ., Sez. Un., 1 febbraio 2017, n. 2611, Immissioni intollerabili e godimento dell'abitazione: la pronuncia delle Sezioni Unite, in Ridare.it, 21 febbraio 2018;

BENNI de SENA A., Quesiti operativi su immissioni intollerabili, Parametri di quantificazione e rilevazioni Arpa, in Ridare.it, 26 settembre 2018;

DE TILLA M., Immissioni rumorose e normale tollerabilità, in Riv. giur. edil, 2011, 424;

PIAIA F., Intollerabilità delle immissioni acustiche: primato dell'art. 844 c.c. e risarcimento del danno (non patrimoniale), in Danno e resp., 2017, 175;

MAUGERI M., Immissioni acustiche, normale tollerabilità e normative di settore: la nuova disciplina, in Nuova giur. civ. comm., 2010, II, 204;

MAZZOLA M. A., Immissioni e risarcimento del danno, TORINO, 2009;

PONZANELLI G., Le immissioni intollerabili e il rimedio del danno non patrimoniale, in Danno e resp., 2010, 776;

TAMMARO E., Prova e danno nelle immissioni, PADOVA, 2014;

TAMPIERI M., Immissioni intollerabili e danno alla persona, Giuffrè, 2006;

TUFARIELLO V., Il danno da immissioni, TORINO, 2012.

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