Per ribaltare una pronuncia assolutoria occorre una motivazione rafforzata

17 Aprile 2019

Per ribaltare una pronuncia assolutoria di primo grado e pervenire all'affermazione della penale responsabilità degli imputati, il giudice d'appello non può basarsi su valutazioni semplicemente diverse dello stesso compendio probatorio, ma deve fondarsi su elementi dotati di effettiva e scardinante efficacia persuasiva, in grado di offrire quella “motivazione rafforzata” tale da far cadere ogni ragionevole dubbio
Massima

Per ribaltare una pronuncia assolutoria di primo grado e pervenire all'affermazione della penale responsabilità degli imputati, il giudice d'appello non può basarsi su valutazioni semplicemente diverse dello stesso compendio probatorio, ma deve fondarsi su elementi dotati di effettiva e scardinante efficacia persuasiva, in grado di offrire quella “motivazione rafforzata” tale da far cadere ogni ragionevole dubbio. Ove il giudice di merito, in virtù del principio del libero convincimento e dell'insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, abbia operato la sua scelta, fra le varie tesi prospettate dai differenti periti di ufficio e consulenti di parte, dando conto, con motivazione accurata e approfondita, di essersi soffermato sulle tesi disattese e di aver confutato in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, è inibito al giudice di legittimità di procedere a una differente valutazione, in quanto l'accertamento in fatto è insindacabile se non entro i limiti del vizio motivazionale.

Il caso

Sei medici in servizio presso il reparto di chirurgia di un Ospedale, venivano rinviati a giudizio per rispondere di cooperazione nel delitto di omicidio colposo, ex artt. 113 e 589 c.p., perché con apporti causali differenti, cagionavano la morte di un paziente per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia e mancato rispetto delle regole dell'arte medica.

Secondo l'accusa, la negligente e imperita gestione del paziente e i gravi ritardi diagnostici e terapeutici, non giustificati da alcun problema tecnico di speciale difficoltà, avrebbero compromesso le condizioni del paziente con aggravamento del quadro clinico generale, mentre il negligente e imperito controllo del paziente nella fase post-operatoria, con una scorretta interpretazione dei sintomi mostrati, nonché l'omessa indagine in relazione alle complicanze intervenute a seguito dell'intervento chirurgico, ne avrebbero cagionato il decesso.

Il Tribunale, in composizione collegiale, aderendo alle conclusioni del nominato collegio peritale, assolveva tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.

Sul gravame di merito, proposto dalle sole parti civili, la Corte di Appello confermava l'assoluzione.

La questione

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione le parti civili, ai soli fini dell'affermazione della responsabilità civile degli imputati, deducendo:

1) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, laddove accoglie acriticamente l'erronea ricostruzione prospettata dai periti del dibattimento di primo grado, omettendo ogni valutazione circa le opposte conclusioni cui sarebbero giunti i consulenti tecnici del pubblico ministero;

2) violazione di legge, in relazione agli artt. 40 cpv., 41 e 589 c.p., anche alla luce della successione delle leggi penali in materia medico-chirurgica e, da ultimo, dell'art. 590-sexies c.p., quanto all'osservanza delle leges artis e per quanto concerne il tema del nesso causale con il decesso.

In sostanza, ai sanitari si rimprovera, con addebiti di tipo omissivo, l'originaria sottovalutazione del caso, l'errore diagnostico, l'assenza di tempestive indagini e il ritardato intervento chirurgico.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, ritenuti infondati i motivi proposti, facendo leva sulle articolate e convincenti motivazioni delle sentenze di merito, ha rigettato i ricorsi.

La cronistoria dei fatti è stata ricostruita, dopo un'ampia istruttoria dibattimentale che si è svolta in primo grado, attraverso l'esame, tra gli altri, dei consulenti del pubblico ministero, della parte civile, del responsabile civile e degli imputati, oltre che con la nomina di un collegio peritale formato da tre specialisti, da cui si evince che l'intervento chirurgico, cui venne sottoposto il paziente, non si presta a censure.

Il giudice di prime cure, con motivazione priva di aporie logiche, aveva dato atto - aderendo alle conclusioni dei suoi periti, dopo una ponderata valutazione delle differenti rappresentazioni scientifiche dei consulenti - del fatto che era venuto a cadere il punto fondante dell'imputazione. Tale circostanza, aveva indotto l'organo della Pubblica Accusa a non proporre impugnazione.

La motivazione rafforzata

La sezione ricorda e condivide quello che costituisce, ormai, ius receptum della giurisprudenza di legittimità.

Il giudice di appello che intenda riformare totalmente la sentenza di primo grado, deve dimostrare l'incoerenza delle relative argomentazioni, mediante rigorosa e penetrante analisi critica seguita da corretta, completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato a elementi di prova diversi o diversamente valutati. Il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha, infatti, l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato e l'insostenibilità, sul piano logico e giuridico, degli argomenti più rilevanti ivi contenuti (cfr. Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2015, n. 19322; conf., Cass. pen., sez. II, 10 ottobre 2014, n. 677 e Cass. pen., sez. VI, 3 novembre 2011, n. 40159).

D'altronde, mentre il giudizio di condanna presuppone la certezza processuale della colpevolezza, all'assoluzione deve pervenirsi in tutti quei casi in cui vi sia il semplice “ragionevole dubbio” sulla colpevolezza.

La valutazione della prova scientifica

La Corte, poi, nel richiamare altro proprio precedente, osserva che il sapere scientifico è indispensabile strumento al servizio del giudice di merito, specie quando l'indagine sulla relazione eziologica si colloca su un terreno caratterizzato da lati oscuri, da studi contraddittori e da vasto dibattito internazionale. In questi casi, le indicate modalità di acquisizione ed elaborazione del sapere scientifico all'interno del processo rendono chiaro che esso è uno strumento al servizio dell'accertamento del fatto e, in una peculiare guisa, parte dell'indagine che conduce all'enunciato fattuale.

Il giudice di legittimità - che non detiene proprie conoscenze privilegiate - non è giudice del sapere scientifico. Ne deriva che esso non può essere chiamato a decidere se una legge scientifica, di cui si postula l'utilizzabilità nell'inferenza probatoria, sia o meno fondata, ma solo a esprimere un giudizio di razionalità e logicità dell'argomentazione esplicativa circa la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito in ordine all'affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto (cfr. Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786; conf., Cass. pen., sez. IV, 13 maggio 2011, n. 24573 e Cass. pen., sez. IV, 9 aprile 2013, n. 16237).

I giudici del gravame di merito ricordano che i periti hanno escluso che un eventuale anticipo dell'intervento chirurgico avrebbe potuto ridurre il rischio per il paziente, ribadendo che l'intervento è stato eseguito in tempi accettabili, dato che l'iter si è svolto tutto in una giornata e senza un'attesa fuori dai limiti ragionevoli, mentre l'evoluzione del quadro clinico del paziente si sarebbe aggravata, del tutto improvvisamente, con assoluta repentinità.

Osservazioni

La sentenza, logica e condivisibile, dimostra come nel caso de quo, non vi sia stata alcuna possibilità di un'interpretazione alternativa del compendio probatorio, in grado di giustificare la pronuncia di una sentenza affermativa di responsabilità degli imputati dotata di una forza persuasiva superiore a quella espressa dalla motivazione della pronuncia assolutoria, e tale da portare al superamento di “ogni ragionevole dubbio”.

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