Mancata esecuzione di un conferimento ed esclusione del socioFonte: Trib. Roma , 22 gennaio 2019
20 Maggio 2019
Massima
La mancata esecuzione di un conferimento di prestazione di servizi promessi in sede di atto costitutivo di una società a responsabilità limitata e il mancato rinnovo della polizza fideiussoria di cui all'art. 2464, comma 6, c.c., ottenuta dal socio a garanzia della sua prestazione di conferimento di servizi sono, entrambi, inadempimenti idonei e sufficienti a giustificare il ricorso alla procedura di vendita in danno e successiva esclusione del socio moroso di cui all'art. 2466 c.c., norma posta a tutela dell'effettività del capitale sociale e applicabile a ogni tipo di conferimento ammesso dall'art. 2464 c.c.. Tale procedura, cui gli amministratori hanno un dovere giuridico di ricorrere al verificarsi dei presupposti di fatto, non può essere attivata per una porzione soltanto della quota di partecipazione - per il caso, in particolare, di inadempimento parziale del socio moroso - ma solo per l'intera quota di partecipazione, in ragione della intrinseca caratteristica della quota di S.r.l. costituita dalla unitarietà della stessa. Il caso
Le due ordinanze in commento sono state pronunciate dal Tribunale di Roma nel contesto di un giudizio cautelare originato dalla decisione del consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata di escludere integralmente un socio che aveva sottoscritto una quota di capitale sociale (per complessivi nominali Euro 932.000) da liberarsi in parte mediante conferimento in natura di prestazioni di servizi informatici e in parte mediante liberazione in denaro. La liberazione della parte in denaro era stata eseguita all'atto della sottoscrizione, quando a garanzia del conferimento di servizi, ai sensi dell'art. 2464, comma 6, c.c., il socio si era altresì impegnato a sottoscrivere una polizza assicurativa a prima richiesta e, nel caso di inoperatività della stessa o mancato rinnovo annuale della stessa, a versare in favore della costituenda società il corrispondente importo in denaro a titolo di cauzione. Tre anni dopo la sua costituzione, la società, versando in una situazione di tensione finanziaria, aveva presentato domanda di ammissione a concordato preventivo liquidatorio, e, in tale contesto, lamentando l'inadempimento delle prestazioni in natura del socio oggetto di conferimento aveva, invano, provato a escutere la garanzia fideiussoria, apprendendo dell'assoluta inoperatività della stessa. Quindi, inoperante la garanzia fideiussoria e restando il socio inottemperante alla diffida di versare il corrispondente importo in danaro, l'organo amministrativo della società, previa valutazione negativa circa la convenienza di un'azione esecutiva sul patrimonio del socio moroso, ha avviato la procedura di esclusione ai sensi dell'art. 2466 c.c.. A fronte del ricorso cautelare inibitorio della procedura di esclusione presentato dal socio, il Tribunale di Roma ha negato il provvedimento cautelare e rigettato il successivo reclamo del socio escluso, confermando quindi in sede cautelare la legittimità dell'esclusione integrale del socio, in adesione al principio di unitarietà della partecipazione sociale nelle S.r.l., ritenendo verificatisi i presupporti di fatto per l'inizio della procedura di esclusione.
Le questioni
Le ordinanze del Tribunale di Roma in commento hanno il pregio di fare luce sull'operatività della procedura di esclusione del socio moroso di S.r.l. e sui profili di responsabilità dell'organo amministrativo della società nella scelta di attivazione di tale procedura. Uno degli aspetti che fondano le decisioni del Tribunale di Roma riguarda l'adesione dei giudici alla tesi - per la verità ampiamente maggioritaria (cfr. G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, Il codice civile commentario, Giuffrè, 2010; P. Carbone, Il conferimento di prestazione d'opera o di servizi nella società a responsabilità limitata, in Riv. Not., 2004, 6, 637) - che propende per l'applicabilità dell'art. 2466 c.c. anche al caso dei mancati conferimenti in natura (e non solo a quelli in denaro). Lettura, questa, derivante sia dall'aspetto testuale della norma, sia dall'indirizzo legislativo orientato all'allargamento del perimetro dei beni conferibili. Quanto al primo aspetto, la rubrica dell'art. 2466 c.c. recita "mancata esecuzione dei conferimenti" (a differenza di quanto recitava il "vecchio" art. 2477 c.c. "mancato pagamento delle quote"), mentre l'ultimo comma del medesimo art. 2466 c.c. richiama espressamente il sesto comma dell'art. 2464 c.c. relativo alla prestazione di una polizza fideiussoria a garanzia della prestazione d'opera o servizi conferita. Quanto alla ratio sottostante, si ritiene (cfr. M. Spolidoro, I conferimenti in danaro, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, Torino, 2004) che la procedura di esclusione del socio di cui all'art. 2466 c.c. sia orientata a garantire ai terzi l'effettività del capitale sociale a fronte delle previsioni della riforma del diritto societario che, come detto, hanno ampliato il novero dei beni conferibili, soprattutto nella S.r.l., ove oggetto di conferimento può essere qualsiasi elemento dell'attivo "suscettibile di valutazione economica". In altri termini, l'ampliamento dei beni suscettibili di conferimento deve contestualmente trovare un contemperamento, come ricordano anche i giudici romani, nella tutela "della società e dei terzi", dovendosi così costantemente contemperare i principi sottesi ai primi due commi dell'art. 2464 c.c.: tutela dell'effettività del capitale sociale e autonomia privata nella scelta del tipo di conferimento. Ne deriva da ciò che, per stessa ammissione dell'art. 2464 c.c., la prestazione garanzia dei conferimenti di servizi è elevata "a valore di conferimento e non di accessorio" così che, precisano sempre i giudici romani, anche se viene meno la polizza o il deposito cauzionale in denaro "la quota non può essere ritenuta liberata". Altro aspetto significativo oggetto di analisi da parte delle ordinanze del Tribunale di Roma, concerne la "misura" dell'esclusione del socio solo parzialmente inadempiente. Al riguardo, la questione non è priva di dibattito, dovendosi però distinguere tra i meccanismi della cd. vendita in danno (art. 2466, comma 2, c.c.) e gli effetti dell'esclusione del socio moroso, quale conseguenza della mancata vendita in danno (art. 2466, comma 3, c.c.). La dottrina sembra, infatti, ammettere che l'oggetto della vendita in danno possa riguardare solo la parte della quota per cui vi sia stato inadempimento (cfr. P. Masi, in Società di capitali, commentario a cura di Giuseppe Niccolini e Alberto Stagno d'Alcontres, Jovene, 2004, sub art. 2466; e G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, Il codice civile commentario, Giuffrè, 2010, sub art. 2466, il quale fa l'esempio del socio inadempiente all'obbligo di conferimento assunto in sede di delibera di aumento di capitale, le cui le precedenti sottoscrizioni sono state onorate), mentre appare più rigida circa gli effetti dell'esclusione. Questa infatti dovrebbe riguardare necessariamente l'intera partecipazione, stante il principio di unitarietà delle quote di S.r.l., l'intuitus personae che caratterizza la disciplina della S.r.l., l'utilizzo del termine "esclusione" da parte del legislatore. Non manca però una voce discordante in giurisprudenza (cfr. Trib. Palermo 9 giugno 2015, in Il Societario.it, seppur solo obiter dictum) e in dottrina (F. Tassinari, Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2005, sub art. 2466).
Osservazioni
Riguardo al dibattito da ultimo evidenziato, le due ordinanze in commento, in realtà, hanno una posizione ancora più "tranchant": non distinguono tra procedura di vendita in danno ed effetti dell'esclusione, non ritenendo in generale possibile "ricorrere al procedimento di cui all'art. 2466 c.c. soltanto per quella parte della quota di partecipazione […] cui si riferiva la fideiussione". In caso contrario, dicono i giudici romani, si giungerebbe al paradosso per cui il socio inadempiente conserverebbe la sua qualifica di socio e così gli amministratori dovrebbero - nella procedura di vendita di danno - "provocare l'offerta per l'acquisto anche da parte del socio moroso" nella sua qualità di socio per la porzione della quota effettivamente liberata. Appare interessante anche un altro aspetto messo in luce alla fine della prima ordinanza, relativo alla tesi avanzata dal ricorrente circa l'esistenza di un conflitto di interessi in capo agli amministratori - anche soci della S.r.l. in questione e quindi destinatari del diritto di prelazione sulla offerta di vendita in danno - per aver azionato la procedura dell'art. 2466 c.c.. Al riguardo, la tesi avanzata dai giudici è quella di ritenere esistente in capo agli amministratori un vero e proprio obbligo giuridico che, al verificarsi della fattispecie originante l'art. 2466 c.c., impone agli stessi l'avvio della procedura (i.e. vendita ai soci, vendita all'incanto e successiva esclusione) senza che possano discrezionalmente agire in senso difforme, in considerazione del fatto che trattasi di procedura funzionale alla garanzia della effettività del capitale sociale.
Conclusioni
Il pregio delle ordinanze in esame consiste soprattutto nell'analisi - condotta da un punto di vista sostanziale e non processuale, che è invece oggetto di altre pronunce (Trib. Palermo, sopra citato; Trib. Catania 10 aprile 2013) - sull'operatività dell'art. 2466 c.c. in termini di interessi tutelati e ambito applicativo. Convince, inoltre, l'impostazione dei giudici circa le conseguenze dell'inoperatività della polizza o fideiussione prestata a "garanzia" degli obblighi di conferimento in natura che legittima l'avvio della procedura di cui all'art. 2466 c.c., stante anche la regola generale di cui all'art. 1186 c.c. che consente al creditore di esigere, immediatamente, la prestazione laddove il debitore abbia diminuito per fatto proprio la garanzia senza averla sostituita con altra idonea, che, nel caso che ci riguarda, può essere costituito anche dal versamento del corrispondente importo in denaro di cui all'art 2466, comma 5, c.c..
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