Titolarità del diritto risarcitorio e cessione del bene danneggiato

Filippo Rosada
27 Maggio 2019

La vendita di un bene ammalorato a distanza di cinque anni dal sinistro può determinare la perdita del diritto al risarcimento del danno?
Massima

Il diritto al risarcimento del danno, in caso di alienazione del bene, non si trasferisce insieme al diritto reale.

Il caso

Un signore subiva dei danni al veicolo di proprietà in conseguenza di un incidente stradale. Il giudice di pace condannava al risarcimento del danno il responsabile civile e il suo assicuratore; questi ultimi proponevano appello. Il Tribunale riformava la sentenza in quanto l'appellato, dopo la sentenza di primo grado aveva venduto l'autoveicolo.

Avverso tale decisione l'attore in primo grado proponeva ricorso per cassazione.

La questione

La vendita di un bene ammalorato a distanza di cinque anni dal sinistro può determinare la perdita del diritto al risarcimento del danno?

Le soluzioni giuridiche

La Corte affronta la problematica sottopostole, richiamando il principio affermato da Cass. civ., Sez. Un., n. 2951/2016. Nello specifico, le Sezioni Unite avevano affermato che il diritto al risarcimento del danno spetta al soggetto che è proprietario del bene al momento del fatto illecito. Il consesso dei supremi giudici aveva inoltre osservato come il diritto al risarcimento del danno sia un diritto autonomo rispetto a quello di proprietà e non segua quest'ultimo in caso di vendita del bene, salvo diversa specifica pattuizione intervenuta tra le parti.

La Corte qui commentata, a conforto del principio sopra richiamato, osserva che il diritto al risarcimento del danno è un diritto di credito che non segue, quale accessorio, il diritto di proprietà. Il credito, però, può essere oggetto di cessione ai sensi dell'art. 1260 c.c. e pertanto, ove all'atto di trasferimento della proprietà nulla si dica in ordine al suo trasferimento, il diritto compete al proprietario del bene al momento del sinistro e cioè a colui che ha patito l'effettiva diminuzione patrimoniale.

Nella parte motiva del provvedimento oggetto del presente commento, si richiamano anche due pronunce di contenuto difforme rispetto al convincimento espresso nella sentenza: Cass., civ., n. 19307/2008 e n. 21256/2011. Nella pronuncia del 2008 si afferma il principio che alla vendita del bene segue automaticamente anche la titolarità del diritto al risarcimento del danno, salvo patto contrario; in quella del 2011, invece, si sostiene che nel caso in cui l'attore non sia più proprietario dell'autoveicolo danneggiato in un sinistro in quanto venduto ad un terzo, il suo interesse al risarcimento dei danni risulta circoscritto al periodo di tempo in cui sia rimasto proprietario, in quanto l'acquirente «potrebbe essere, in ipotesi, legittimato a chiedere il risarcimento del medesimo danno».

Osservazioni

Il caso in esame riguarda il problema di chi sia il titolare del diritto al risarcimento del danno nel caso di vendita del bene ammalorato: il venditore o l'acquirente?

Come osservato anche dai supremi giudici, la questione è stata sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite in conseguenza della sussistenza di due indirizzi giurisprudenziali contrapposti.

Un primo, minoritario, sostiene che il diritto risarcitorio sia accessorio e inscindibile al diritto di proprietà, con la conseguenza che contestualmente all'atto della cessione del bene viene automaticamente ceduto anche il diritto risarcitorio.

In forza di questo indirizzo, a prescindere da altre circostanze, il nuovo proprietario sarebbe l'unico legittimato a chiedere il risarcimento del danno.

In realtà, l'apparente rigidità dell'esposta impostazione, sembrerebbe meno inflessibile di quanto parrebbe, come evincibile dal contenuto della pronuncia dei Supremi Giudici n. 21256/2011, ove si afferma che continua a sussistere un interesse del venditore al risarcimento del danno, seppur circoscritto al periodo di tempo in cui è stato proprietario. Allo stesso modo, la pronuncia n. 19307/2008 fa salva la presenza di patti contrari tra il venditore e l'acquirente.

La tesi maggioritaria, invece, sul presupposto che il risarcimento consiste in un diritto di credito che ha la sua fonte in un fatto illecito dal quale ha origine l'obbligazione risarcitoria con funzione riparatrice, ritiene che la titolarità del diritto di chiedere il risarcimento del danno si cristallizzi in capo al danneggiato all'atto del fatto illecito.

Nel preferire il secondo approccio, nella parte motiva della sentenza a Sezioni Unite del 2016 si afferma che «quando accanto all'atto di trasferimento della proprietà, non vi sia stato un atto di cessione del credito, il diritto al risarcimento dei danni compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene al momento dell'evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale».

In conseguenza del richiamo alla effettiva diminuzione patrimoniale, quale presupposto della titolarità del diritto risarcitorio, parrebbe potersi ritenere che a prescindere dal privilegiare l'indirizzo prevalente rispetto a quello minoritario, nel caso di vendita del bene danneggiato, non si possa risolvere la questione con il mero automatismo che sembrerebbe conseguire a seconda della tesi che si intende privilegiare: il diritto spetta sempre al proprietario del bene nel momento del fatto illecito, piuttosto che al nuovo proprietario.

L'oggetto dell'istruttoria, nel caso di specie, dovrebbe anche riguardare l'accertamento della sussistenza o meno della effettiva conseguenza dannosa in capo all'attore, a prescindere che questo sia il venditore o l'acquirente del bene danneggiato.

L'assunto parrebbe confermato dalla giurisprudenza precedente alle citate Sezioni Unite (Cass. civ., sent. 14 giugno 2007 n. 13960) che nel confermare che la titolarità del diritto risarcitorio spetta a chi è proprietario del bene al momento del fatto illecito, specifica come il compratore non avrebbe diritto a chiedere il risarcimento del danno, «avendo il fatto dannoso interamente consumato ed esaurito la propria vis lesiva nella sfera giuridica dei precedenti titolari». Ciò dovrebbe verificarsi in conseguenza dell'acquisto di un bene già svalutato, in ragione della diminuzione di valore procurata dal fatto illecito pregresso.

Se il venditore cede il bene ammalorato ad un prezzo decurtato del costo delle riparazioni, il diritto al risarcimento del danno non si dovrebbe ritenere trasferito in capo all'acquirente che nessuna diminuzione del patrimonio ha subito in conseguenza del fatto illecito.

Di converso, nel caso in cui il bene ancora ammalorato venga venduto ad un prezzo che non tenga conto dei danni patiti, non si dovrebbe ritenere che il venditore abbia subito quella diminuzione patrimoniale che lo legittimerebbe a chiedere il risarcimento del danno. Parrebbe potersi affermare che nel caso di specie si verificherebbe, di fatto, una cessione del credito a vantaggio dell'acquirente, il quale, avendo acquistato il bene ammalorato senza la decurtazione dei costi da sostenersi per il ripristino, dovrebbe essere il titolare del diritto risarcitorio da far valere nei confronti del responsabile civile.

Nel caso in cui, invece, il venditore abbia ricevuto l'importo risarcitorio e sebbene non abbia proceduto con il ripristino, il bene sia stato venduto senza tener conto delle diminuzione di valore conseguente agli ammaloramenti, all'acquirente, eventualmente, spetterà l'azione di garanzia della compravendita nei confronti del venditore, ma non dovrebbe essere titolare del diritto a chiedere il risarcimento del danno al responsabile civile. A conforto della tesi esposta, in un caso analogo, una recente sentenza del Tribunale di Milano (n. 4326 del 6 maggio 2019 – che verrà pubblicata sul n. 6 del giornale “Giustizia a Milano”) tenendo conto del prezzo del bene venduto e del parziale risarcimento ricevuto prima del giudizio dall'attore/proprietario/venditore del bene ammalorato, ha respinto la domanda risarcitoria da questi formulata: « ... Deve pertanto ritenersi che quanto già complessivamente ottenuto dall'attore sia in ragione del plusvalore, rispetto al valore commerciale del bene, ottenuto a seguito della vendita dell'autovettura (pari ad € 4.500,00), sia in ragione di quanto corrisposto dalla compagnia assicuratrice in suo favore (pari ad € 5.400,00), sia pienamente satisfattivo di ogni pretesa attrice e che null'altro debba pretendere l'attore per questa causa, pena la configurazione di un ingiustificato arricchimento».

In estrema sintesi, parrebbe potersi affermare che la titolarità del diritto risarcitorio non possa essere collegata unicamente alla proprietà del bene al momento del sinistro, ma si debba comunque accertare chi, tra il venditore e l'acquirente, abbia effettivamente patito la diminuzione del patrimonio.

Guida all'approfondimento

Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 2, 2017, pag. 518

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