L’estensione del diritto di controllo ex art. 2476, comma 2, c.c., alle società controllate dalla s.r.l.
27 Maggio 2019
Massima
Il socio di una s.r.l. ha il diritto di ricevere, ai sensi dell'art. 2476, comma 2, c.c., le notizie e i documenti relativi agli affari sociali delle società controllate - direttamente o anche indirettamente - dalla stessa s.r.l., che gli amministratori di quest'ultima abbiano il dovere di acquisire nell'ambito dell'esercizio della loro attività di gestione. Il caso
Il caso deciso dall'ordinanza in commento, emessa dalla Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Torino, ha avuto ad oggetto la richiesta di un socio di una s.r.l. (s.r.l. che per semplicità di riferimento chiameremo “A”) di esaminare i libri e la documentazione sociale - oltre che di tale s.r.l. A, di cui era appunto socio diretto nella misura del 33,33% del capitale - anche di una seconda s.r.l. (che, sempre per comodità, individueremo con “B”) interamente partecipata da A, nonché di una terza s.r.l. (che d'ora in avanti indicheremo con “C”) interamente partecipata da B (e quindi indirettamente controllata, tramite B, da A); in via subordinata, il socio ricorrente ha domandato che il Tribunale ordinasse ad A e a B di richiedere alla stessa B ed a C di fornire informative complete circa l'andamento dei loro affari sociali, nonché di mettere a disposizione di A tutta la documentazione sociale che era stata individuata dal ricorrente, affinché tale documentazione fosse poi messa a disposizione di quest'ultimo dalla medesima società A (da lui partecipata). Va inoltre chiarito, ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie concreta, che la s.r.l. A aveva ad oggetto esclusivamente la gestione di partecipazioni in società controllate (direttamente e indirettamente). Il Tribunale di Torino ha accolto solo in parte le richieste del socio ricorrente: per quanto concerne la società A, stabilendo con precisione l'oggetto del diritto di consultazione, mentre, con riferimento alle società B e C - il che costituisce il vero motivo di interesse della pronuncia in esame -, ordinando ad A di consentire al suo socio di consultare (anche) la documentazione relativa alle società B e C che poteva dirsi ascrivibile all'oggetto del dovere di conoscenza degli amministratori di A (i quali, pertanto, avrebbero dovuto richiederla agli amministratori di B e C, qualora non ne fossero stati già in possesso). Le questioni
Il Tribunale torinese ha prospettato una ipotesi di soluzione al problema - già affrontato in passato dalla giurisprudenza di merito e spesso riscontrabile nella pratica - della possibile estensione (e, in caso positivo, con quali limiti) del diritto di controllo del socio di s.r.l. anche alla documentazione inerente alla (o alle) società controllate dalla s.r.l. cui partecipa, specialmente ove quest'ultima si configuri quale holding non operativa il cui oggetto sociale si esaurisca, pertanto, nella gestione di partecipazioni. Problema che, come alcuni altri casi hanno evidenziato, si mostra suscettibile di complicarsi ulteriormente in dipendenza del fatto che la (o le) società partecipate dalla s.r.l. di riferimento rivestano anch'esse la forma di società a responsabilità limitata o meno (e, segnatamente, appartengano al tipo società per azioni). Sul tema si riscontrano, in particolare, alcune precedenti pronunce del Tribunale di Milano che già avevano fatto registrare un approccio di progressiva - ma comunque cauta - apertura nella direzione di una possibile estensione dell'oggetto del diritto di cui all'art. 2476, comma 2, c.c., anche alle società partecipate dalla s.r.l. il cui socio intenda avvalersi di tale prerogativa. L'orientamento prevalente sino a tempi ancora recenti, infatti, era quello dell'affermazione (anche in modo netto) dell'inammissibilità di un siffatto ampliamento (si vedano, ad esempio, Trib. Milano 19 gennaio 2017, per la categorica esclusione dell'onere “per la s.r.l. di acquisire ulteriore documentazione relativa alle società da essa controllate”; nonché, analogamente, Trib. Milano 6 giugno 2017, pronuncia relativa ad un caso in cui la società partecipata dalla s.r.l. rivestiva la forma di società per azioni, ma comunque espressiva del generale convincimento circa l'impossibilità di “estensione del controllo ad enti rispetto ai quali il ricorrente non risulta socio”). Con una pronuncia solo poco più recente, sempre il Tribunale milanese aveva invece affermato a chiare lettere, operando una decisa inversione di rotta, che il socio di una s.r.l. - quantomeno nel caso, analogo a quello che occupa, in cui essa sia interamente dedita alla gestione di una pluralità di partecipazioni in altre società - vede ampliato il proprio potere di controllo (sull'operato degli amministratori della s.r.l.) alla “totalità della documentazione necessaria e/o ‘concretamente utilizzata a fini gestori dall'organo amministrativo'” (così Trib. Milano, 27 settembre 2017, con riferimento peraltro ad una fattispecie in cui la società controllata dalla s.r.l. era stata ritenuta trovarsi in una situazione di gravissima crisi). Quest'ultima ordinanza è stata la più diretta precorritrice di quella qui in commento (che non a caso l'ha espressamente richiamata), la quale, tuttavia, si mostra di particolare interesse anche per alcune statuizioni di carattere più generale che denotano l'intento (e, prima ancora, l'esigenza) di addivenire ad una sistematizzazione della problematica in questione. Prima di giungere alla conclusione cui si è già fatto cenno in apertura, infatti, il Tribunale ha posto l'incontestabile premessa che il socio della s.r.l. holding non operativa “abbia il diritto di essere informato (dall'organo amministrativo della controllante di cui è socio) anche su cosa succede ‘a valle', nelle società controllate, la cui gestione è l'attività specifica della capogruppo”. Sulla scorta di tale assunto, nonché dell'ormai assodato principio - che si colloca, per la verità, ancora più a monte ed è parimenti sotteso all'argomentazione svolta nell'ordinanza - secondo cui la ratio dell'istituto (e così anche l'interesse tutelato) risiede nell'attribuire al socio non amministratore un efficace strumento di controllo sulla gestione(e quindi sull'operato degli amministratori, anche all'eventuale fine del promovimento di un'azione di responsabilità nei loro confronti), il Tribunale giunge a porre la questione - centrale nell'economia complessiva del ragionamento, e infatti prodromo della soluzione proposta - di “quali sono le conoscenze che l'organo amministrativo della controllante deve avere sulla società direttamente controllata - e quindi anche su quello che segue, cioè sulla controllata dalla controllata - e che può/deve trasferire al socio ex art. 2476 comma 2 c.c.” Nella proposizione di tale interrogativo è già contenuta la prima (e più generale) parte della risposta fornita dal Tribunale, ossia che il socio di s.r.l. - ovviamente estraneo alla gestione - ha diritto di avere dagli amministratori quelle notizie e quei documenti, attinenti alle società controllate dalla s.r.l., di cui gli stessi amministratori abbiano il dovere di entrare in possesso nella loro veste di gestori della s.r.l. nel cui patrimonio siano appunto ricomprese partecipazioni societarie (nonché, pertanto, nella loro qualità di soggetti cui spetta l'esercizio delle prerogative del socio di quelle medesime società controllate dalla s.r.l.). Più specificamente, con soluzione non del tutto priva, a ben guardare, di alcuni ulteriori profili problematici, due sono gli ulteriori enunciati in cui si è tradotta la soluzione accolta dal Tribunale, vale a dire: i) l'organo amministrativo della s.r.l. holding deve conoscere “la documentazione sociale e quella attinente alle scelte gestionali di maggior rilevanza”,ma “di norma” non anche “dati che riguardano la minuta operatività” delle società partecipate; ii) nella nozione normativa di “notizie sullo svolgimento degli affari sociali” rientrano “solo informazioni/notizie tratte da elementi già costituiti” ma non anche “documenti costituendi che implichino attività di valutazione o anche solo di elaborazione di dati” (affermazione, quest'ultima, espressamente estesa e dichiarata riferibile anche all'oggetto del controllo, da parte del socio, nell'ambito della stessa s.r.l. holding e non soltanto sulle sue controllate). Su queste basi, il Tribunale ha quindi disposto che la s.r.l. A, di cui l'istante era socio, permettesse a quest'ultimo di consultare anche la documentazione (specificamente individuata dall'ordinanza con un rinvio agli atti difensivi delle parti) inerente alle due s.r.l. controllate da A (l'una direttamente e l'altra, come si è visto, indirettamente). Osservazioni
Come già accennato, la pronuncia del Tribunale di Torino porta avanti ed arricchisce, anche sul piano dello sviluppo argomentativo, una traiettoria giurisprudenziale di progressiva apertura circa l'ammissibilità di un'estensione - alle società controllate dalla s.r.l. - del diritto riconosciuto al socio dall'art. 2476, comma 2, c.c. In particolare, l'ordinanza in commento ha posto al centro dell'attenzione l'interrogativo - che dovrebbe orientare, caso per caso, la soluzione della questione (e dunque la decisione in ordine alla pretesa del socio) - circa l'ampiezza e il livello della conoscenza che può essere richiesta agli amministratori della s.r.l., in relazione al loro potere (e corrispondente dovere) di gestire anche le partecipazioni detenute dalla società da loro amministrata, in quanto facenti parte del patrimonio di questa. Al riguardo, l'impostazione adottata dal Giudice torinese riduce (anche se ovviamente non elimina, né potrebbe farlo) la portata del problema circa la forma giuridica della società partecipata dalla s.r.l., e segnatamente dell'appartenenza o meno anche di quella al tipo società a responsabilità limitata: problema che non può assumere rilievo centrale in quanto il socio della s.r.l. controllante non avrebbe comunque il diritto di accedere direttamentealla documentazione (nonché alle notizie circa l'andamento) delle società controllate da quella di cui è socio. Sicché, appunto, il principale interrogativo da porsi è piuttosto quello attinente all'ampiezza del bacino documentale ed informativo cui gli amministratori della s.r.l. - nell'esercizio della loro funzione - hanno il dovere di accedere (e che parimenti devono trasferire al socio, ove quest'ultimo lo richieda). Resta comunque fermo, ovviamente, che la forma giuridica della società partecipata incide sulla tipologia di informazioni e di documentazione di cui gli amministratori della s.r.l. hanno il potere (prima ancora che il dovere) di entrare in possesso. D'altro canto, sembrano qui innestarsi almeno due ulteriori profili problematici che il Tribunale di Torino - certamente anche in ragione di quelle che erano le caratteristiche della fattispecie concreta sottoposta al suo esame - non ha espressamente affrontato e che, dunque, paiono restare non compiutamente risolti. Il primo attiene al grado di rilevanza dell'oggetto sociale della s.r.l., e si traduce, più precisamente, nella domanda se la soluzione accolta dal Tribunale di Torino possa estendersi alla diversa fattispecie in cui la s.r.l. non sia (come invece nel caso affrontato) una holding pura, bensì si limiti a detenere partecipazioni (di controllo o meno) in altre società, nell'ambito dell'esercizio di una differente e più ampia attività imprenditoriale (si noti, infatti, che anche la pronuncia del Tribunale di Milano del 27 settembre 2017, espressamente richiamata da quella qui esaminata, riguardava una s.r.l. avente quale oggetto sociale la gestione di partecipazioni; pone l'accento su questo elemento anche ROMANO G., sub art. 2476, in Codice delle società, diretto da L. Nazzicone, Milano, 2018, 1301). In proposito, non sembrano ravvisarsi a prima vista ragioni per non applicare, anche a tali diverse ipotesi, lo stesso criterio - di carattere eminentemente orientativo, del resto - già enunciato, legato cioè all'individuazione dell'oggetto del dovere di conoscenza che grava sugli amministratori della s.r.l., da stabilire inevitabilmente in concreto: in termini generali, si potrebbe anche aggiungere - pur con tutte le cautele del caso - che l'ampiezza di tale dovere risulterà probabilmente minore nel caso di una s.r.l. che non svolga in via esclusiva l'attività di holding di partecipazioni. E proprio le inevitabili incertezze legate all'elasticità del principio-guida enucleato dal Tribunale potrebbero indurre a chiedersi, in secondo luogo, se non si possa immaginare - sempre lungo la linea di tendenza che, come si è visto, risulta percorsa dalla giurisprudenza più recente - di estendere il diritto di ispezione del socio di s.r.l. a tutta la documentazione attinente alle controllate (o anche semplicemente partecipate) che gli amministratori della medesima s.r.l. abbiano il potere (a prescindere dunque dall'indagine circa l'esistenza, in tal senso, di un dovere) di acquisire. Fermo restando che la risposta meriterebbe certo un più ampio approfondimento, in prima battuta si potrebbe essere tentati di osservare che quest'altra opzione - accogliendo la quale, naturalmente, non si potrebbe comunque prescindere dal tipo sociale di appartenenza della partecipata e, dunque, dal bagaglio di prerogative che la legge riconosce ai relativi soci - presenterebbe probabilmente il vantaggio di ridurre il tasso di discrezionalità degli amministratori a fronte della richiesta del socio (e quindi, forse, anche il tasso di litigiosità tra soci e società): tale ulteriore soluzione avrebbe probabilmente anche il pregio di rimuovere la difficoltà di stabilire quale sia, in concreto, la documentazione “attinente alle scelte gestionali di maggior rilevanza” della società partecipata dalla s.r.l. (come si legge nell'ordinanza del Tribunale di Torino) che il socio dovrebbe poter esaminare. All'ormai pacifica praticabilità del rimedio di cui all'art. 700 c.p.c. a tutela del socio, si contrapporrebbe, per le situazioni in cui l'amministratore abbia difficoltà a stabilire se alcune informazioni o documenti vadano fornite, la possibilità di instaurare un giudizio di merito avente ad oggetto l'accertamento negativo del diritto del socio richiedente (in questi termini GUIDOTTI, sub art. 2476, in Commentario breve al diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2017, 1461). Anche questa diversa soluzione suscita, però, alcune (e forse maggiormente decisive) perplessità. Sotto un primo aspetto, non è agevole sostenere che tutta la documentazione relativa all'attività delle partecipate rientri per ciò solo - sia pure indirettamente - nell'alveo della gestione della s.r.l. (e quindi della gestione del suo patrimonio), quand'anche gli amministratori di quest'ultima abbiano formalmente il potere di entrarne in possesso: si pensi soltanto al libro giornale o ai registri IVA, o addirittura anche all'eventuale libro magazzino, della società partecipata, dei quali non è sempre necessario prendere visione per gestire adeguatamente la quota di partecipazione detenuta. Sotto altro profilo, si deve porre mente al fatto - puntualmente segnalato in dottrina: cfr. PRESTI, Il diritto di controllo dei soci non amministratori, in S.r.l. Commentario, a cura di A. A. Dolmetta e G. Presti, Milano, 2011, 657 - che, a fronte della richiesta di informazioni o di documenti da parte del socio di s.r.l., il filtro rappresentato dagli amministratori è ineliminabile: in altre parole, il socio non ha un autonomo potere di ispezione diretta, dovendo invece la sua richiesta passare dal necessario vaglio degli amministratori. Pertanto, l'idea che gli amministratori debbano mettere a disposizione del socio (ossia di ogni socio) di s.r.l. tutta la documentazione relativa alle società partecipate di cui essi abbiano semplicemente il potere di entrare in possesso (specialmente se anche la partecipata è una s.r.l.) implicherebbe, nella sostanza, il riconoscimento dell'esistenza di un potere ispettivo del socio sulle società partecipate dalla s.r.l., con l'ulteriore incongruenza che esso sarebbe però esercitato tramite gli amministratori di questa, i quali diverrebbero, a quel punto, dei meri “passacarte”. A quest'ultimo proposito, potrebbe risultare non del tutto soddisfacente - quale limite ad un eventuale uso pervasivo dello strumento da parte del socio - il riferimento, costantemente operato dai Tribunali, alla figura dell'abuso nell'esercizio del diritto (o comunque della contrarietà a buona fede e correttezza della pretesa del socio): se non altro, ciò costringerebbe ad ammettere nuovamente - ma in chiara contraddizione con quello che dovrebbe essere il principale punto di forza, se non addirittura l'obiettivo, della tesi in discorso - l'esistenza di un (inevitabile) margine di incertezza nella concreta valutazione della pretesa del socio. Conclusioni
La posizione espressa dal Tribunale di Torino, nell'ordinanza qui commentata, ha il merito di fare luce su una problematica spesso avvertita nella prassi e di orientarne la soluzione secondo un criterio di equilibrio che, pur sacrificando in parte (su un piano generale) esigenze di certezza, ha il pregio di essere ispirato ad una logica di flessibilità e di apertura alle diverse situazioni concrete che possono presentarsi. L'ulteriore casistica, che molto probabilmente seguirà, potrà rivelare se tale approdo giurisprudenziale possa continuare a costituire un punto di riferimento anche in futuro. |