È costituzionalmente legittimo il limite posto alla risarcibilità del danno alle cose in ipotesi di sinistro cagionato da veicolo non identificato

Ludovico Berti
24 Giugno 2019

Lo sbarramento di cui all'art. 283, comma 2, cod. ass. che, in caso di sinistro con veicolo non identificato, limita il risarcimento per danni a cose ai casi di danni gravi alla persona e comunque con l'applicazione di una franchigia di €. 500,00, escludendolo, quindi, in caso di lesioni di lieve entità, è in contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 Cost.?
Massima

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 283, comma 2, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione, dal momento che il legislatore nazionale, in conformità con la normativa europea, ha operato l'estensione della tutela risarcitoria assicurata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada anche al danno alle cose, seppur limitandola, al fine di prevenire possibili frodi, all'ipotesi della contestuale sussistenza di un danno grave alla persona, da intendersi, secondo la giurisprudenza, come conseguente a lesioni di non lieve entità (art. 138 cod. ass.) e quindi tale da aver determinato un'invalidità superiore al 9 per cento, che costituisce il limite per le lesioni cosiddette micropermanenti di cui all'art. 139 cod. ass.

Il caso

Il conducente di un autoveicolo coinvolto in un sinistro con altro mezzo rimasto sconosciuto promuove un giudizio nei confronti del FGVS chiedendo il risarcimento del danno alle cose.

Il Giudice di pace di Avezzano, avendo accertato, con precedente sentenza, che in conseguenza del sinistro l'attore aveva patito un danno biologico con invalidità quantificata nell'1 per cento, invece che rigettare la domanda ex art. 283 cod. ass. perché il risarcimento per danni a cose è previsto solamente in presenza di danni gravi alla persona (ma, mi sia concesso, lo avrebbe dovuto fare anche perché il danneggiato ha frazionato il credito promuovendo due giudizi uno per il danno alla persona ed un altro per quello alle cose!) ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 283, comma 2, cod. ass., per contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che «[i]n caso di danni gravi alla persona, il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, il cui ammontare sia superiore all'importo di euro 500, per la parte eccedente tale ammontare».

La questione

Lo sbarramento di cui all'art. 283, comma 2, cod. ass. che, in caso di sinistro con veicolo non identificato, limita il risarcimento per danni a cose ai casi di danni gravi alla persona e comunque con l'applicazione di una franchigia di €. 500,00, escludendolo, quindi, in caso di lesioni di lieve entità, è in contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 Cost.?

Le soluzioni giuridiche

Il giudice remittente, nonostante ricordi espressamente che lo sbarramento previsto dall'art. 283, comma 2, si fonda sul rilievo che la ricorrenza di un danno grave alla persona rende assai improbabile il rischio di frode mentre un danno alla salute di lieve entità può essere simulato, ritiene, tuttavia, che la disposizione censurata, così interpretata dal diritto vivente, si ponga in contrasto: a) con l'art. 2 Cost., «frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo»; b) con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza, della disparità di trattamento e dell'affidamento che il cittadino ripone «nella certezza giuridica e nella coerenza del legislatore», in quanto, a fronte del verificarsi di un identico danno patrimoniale, consente l'accesso alla tutela risarcitoria del danno alle cose solo a colui che abbia subìto un danno grave alla persona, non condividendo di dover agganciare la risarcibilità di tale pregiudizio alla concomitanza di un altro e diverso danno; c) con l'art. 24 Cost., assumendo che il limite alla risarcibilità del danno patrimoniale posto dal legislatore si risolva in una menomazione del diritto di azione e di difesa facente capo al conducente che non abbia riportato danni gravi alla persona, il quale, non disponendo di altri strumenti per poter ottenere la reintegrazione del patrimonio ingiustamente leso, sarà costretto a «desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale».

La Consulta ritenendo che la normativa nazionale sulla tutela risarcitoria per danni cagionati da veicolo non identificato sia conforme a quella europea ai cui sviluppi si è nel tempo adeguata, ha dichiarato le questioni di legittimità sollevate infondate.

Infatti, conformemente a quanto disposto dall'art. 9 della Convenzione europea sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile in materia di veicoli a motore, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, il Legislatore nazionale ha introdotto l'art. 19 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), con il quale ha costituito un Fondo di garanzia per le vittime della strada al fine di assicurare il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli nel caso in cui il sinistro fosse stato cagionato da veicolo non identificato, limitando il risarcimento solo ai danni alle persone, visto che la Convenzione riconosceva a ogni Stato la libertà di individuare l'estensione del diritto al risarcimento e le condizioni necessarie per poter accedere alla tutela.

Con la direttiva 2005/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, si è previsto che in caso di danni alle cose causati da un veicolo non identificato gli Stati membri abbiano il potere di limitare o escludere il pagamento dell'indennizzo, a meno che dal sinistro non siano derivati gravi danni alla persona.

La ratio sottesa al potere di escludere o limitare l'indennizzo in tali ipotesi è quella di arginare il rischio di possibili frodi nei confronti del Fondo escludendo la risarcibilità di danni materiali facilmente simulabili soprattutto in assenza di lesioni personali.

La stessa direttiva demanda agli Stati membri di determinare quando i danni alle persone debbano essere qualificati come «gravi».

È poi seguita la direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, che ha conferito agli Stati membri il potere di una franchigia non superiore a euro 500 anche in caso di danni gravi alla persona.

A fronte di questa disciplina europea il legislatore nazionale, anche se con ritardo, ha operato l'estensione della garanzia in esame anche al risarcimento dei danni alle cose, senza tuttavia affrontare la questione relativa alla qualificazione di danno “grave” alla persona che è stata, infatti, risolta dalla giurisprudenza.

Infatti, il d.lgs. n. 209 del 2005, che seguiva nel tempo la direttiva 2005/14/CE dell'11 maggio 2005 si è limitato a riprodurre, nell'art. 283, l'originaria disciplina di cui all'art. 19 della legge n. 990 del 1969 e solo con il d.lgs. n. 198 del 2007, ha sostituito il comma 2 dell'art. 283 con l'attuale formulazione che prevede in caso di lesioni di non lieve entità, anche il risarcimento per i danni alle cose con franchigia di € 500.

La mancata specificazione da parte del legislatore nazionale della nozione di «danni gravi alla persona» ha inevitabilmente portato la giurisprudenza a interrogarsi in ordine all'individuazione, nell'ordinamento nazionale, del criterio discretivo più idoneo per distinguere tra danno grave, o no, alle persone e, nell'unico precedente noto in materia, la Corte di cassazione ha affermato che il presupposto del «danno grave alla persona», va identificato nell'accertamento di un'invalidità superiore al 9 per cento, ai sensi degli artt. 138 e 139 cod. ass. (Cass. civ., n. 24214/2015).

In sintesi, il legislatore nazionale ha operato l'estensione della tutela risarcitoria assicurata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada anche al danno alle cose, come richiesto dalla normativa europea, ma l'ha limitata all'ipotesi della contestuale sussistenza di un danno grave alla persona, da intendersi, secondo la giurisprudenza, come conseguente a lesioni di non lieve entità (art. 138 cod. ass.) e quindi tale da aver determinato un'invalidità superiore al 9 per cento, che costituisce il limite per le lesioni cosiddette micropermanenti di cui all'art. 139 cod. ass.

Alle luce del quadro normativo sopra delineato, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale, concludendo per la mancata violazione degli articoli della Carta Costituzionale richiamati dal Giudice remittente, sulla base dei seguenti motivi:

  • non è violato l'art. 24 Cost., atteso che la garanzia di azionabilità in giudizio della pretesa risarcitoria avente a oggetto il danno alle cose è pienamente assicurata, a nulla rilevando sotto tale aspetto l'ampiezza, maggiore o minore, del diritto al risarcimento del danno alle cose che riguarda non già la tutela giurisdizionale, bensì l'aspetto sostanziale della protezione che l'ordinamento riconosce a tale situazione giuridica di diritto soggettivo;
  • non è violato l'art. 2 Cost. dal momento che la tutela garantita dal FGVS, così come previsto dalla normativa europea ed internazionale, è proprio finalizzata al rispetto del generale dovere di solidarietà;
  • non è infine violato il principio di eguaglianza e di ragionevolezza, previsto dall'art. 3 della Costituzione dal momento che la normativa europea ha posto la condizione della gravità del danno in termini generali lasciando agli Stati membri il compito di specificare lo sbarramento nell'ottica di prevenire frodi al Fondo di garanzia, ritenute possibili in caso di danni non «gravi» alla persona che giustifica, sotto il profilo del rispetto del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, il trattamento differenziato tra ipotesi di danno alle cose, contestuale a lesioni personali, secondo che queste abbiano cagionato, o no, un danno grave.
Osservazioni

Il punto critico della questione è rappresentato dalla correttezza o meno della distinzione fra danni di lieve o grave entità, fatta dalla Cassazione per colmare la lacuna del Legislatore sulla base degli artt. 138 e 139 cod. ass.

Esistono infatti micropermanenti per le quali appare difficile ipotizzare che vi sia un apprezzabile rischio di simulazione come ad esempio dell'amputazione di una falange ungueale, nei quali, quindi, lo sbarramento desunto dagli artt. 138 e 139 cod. ass. appare discriminatorio.

É pur vero che, in mancanza di una specificazione normativa maggiormente mirata all'esigenza di prevenire possibili frodi al Fondo di garanzia, l'identificazione del danno grave alla persona in quello procurato da lesioni, che non siano di lieve entità ex art. 139 cod. ass., ha comunque, una sufficiente coerenza intrinseca, perché trova la sua fonte in una disposizione dello stesso codice in cui è inserita anche la disposizione censurata.

C'è però da considerare che il vigente art. 139, come da ultimo sostituito dall'art. 1, comma 19, della legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), prevede che le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possano dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente con la conseguenza che, se il riferimento discretivo sta nell'art. 139, occorre distinguere tra lesioni micropermanenti di incerta accertabilità, il cui danno non patrimoniale non è risarcibile (come danno assicurato), e lesioni micropermanenti che invece sono ritenute, dal legislatore che ha novellato la disposizione, adeguatamente comprovate e quindi tali da escludere plausibilmente il rischio che siano simulate.

Tale quadro normativo ha indotto la Consulta ad auspicare, al fine di meglio attuare la finalità solidaristica sottesa all'obbligo di conformità alla richiamata normativa europea, che il legislatore regolamenti, in termini più puntuali e non eccedenti l'esigenza di prevenire possibili frodi al Fondo di garanzia, il presupposto dei «danni gravi alla persona».

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