Responsabilità della Banca trattaria nei confronti della Banca negoziatrice che, dopo l'incasso, ha smarrito un assegno bancario

20 Agosto 2019

La mancata collaborazione prevista dagli accordi interbancari costituisce, in capo alla banca che se ne sottragga, una situazione di inadempimento?
Massima

La disciplina relativa all'azione di regresso cartolare prevista dalla Legge Assegni (r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736), con le relative prescrizioni brevi, non concerne il diritto della banca negoziatrice, a cui nemmeno è applicabile la disciplina speciale relativa all'azione di arricchimento prevista dalla Legge speciale. La banca girataria del titolo per l'incasso, non potendo essere considerata “portatore” dello stesso, può esercitare l'ordinaria azione di arricchimento senza causa, ex art. 2041 c.c., nei confronti del traente che si sia ingiustamente arricchito. Il rapporto con la banca trattaria è di natura contrattuale: nei confronti della seconda può quindi essere esercitata l'ordinaria azione di risarcimento del danno da inadempimento.

Il caso

L'istituto di credito PI, dopo che un proprio correntista aveva versato sul proprio conto, mediante girata per l'incasso, un assegno bancario, lo smarriva; ciò determinava l'instaurazione della procedura di ammortamento, nonché il ritardato accredito del corrispondente importo sul conto corrente del cliente, che avveniva oltre dieci anni dopo l'operazione di versamento allo sportello.

Il cliente evocava quindi in giudizio la propria banca, al fine di vedersi riconosciuti i danni patiti in conseguenza degli oneri sostenuti e per la ritardata disponibilità della somma.

La banca ammetteva sin da subito la propria responsabilità, chiedendo di estendere il contraddittorio, in garanzia, nei confronti della banca trattaria ISP, addebitando a quest'ultima la violazione degli accordi interbancari relativi all'”incasso dei titoli bancari e postali”, adducendo che, benché richiesta, la trattaria non le avrebbe neppure fornito i dati del suo proprio cliente, traente dell'assegno, nei cui confronti la negoziatrice avrebbe inteso agire in via di regresso o per ingiustificato arricchimento. Costui, infatti, vedeva estinta la propria obbligazione nei confronti del proprio creditore -che, benché in ritardo, aveva visto accreditata la somma corrispostagli a mezzo assegno- senza avere subito alcun addebito dal proprio conto.

Il Giudice di Pace, dopo avere accolto la domanda risarcitoria dell'attore nei confronti della propria banca per l'incontestata responsabilità, rigettava l'azione che la convenuta aveva proposto nei confronti della banca trattaria, osservando che le azioni di regresso e/o arricchimento ingiustificato che PI dichiarava di non aver potuto promuovere a cagione dell'inadempimento della trattaria ISP erano comunque prescritte, secondo quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 59 e 75 l. assegni.

Investito quale giudice d'appello, il Tribunale confermava la soluzione cui era pervenuto il primo giudice: innanzitutto qualificava come contrattuale l'azione proposta dalla banca negoziatrice nei confronti della trattaria; purtuttavia aggiungeva che l'inadempimento di quest'ultima ai doveri di collaborazione previsti dall'accordo interbancario era privo di rilevanza causale ai fini delle esperende azioni nei confronti del correntista indebitamente arricchitosi, data l'intervenuta prescrizione delle stesse secondo la disciplina speciale di cui alla Legge sull'Assegno.

La banca negoziatrice ricorre dunque per la cassazione della sentenza.

La questione

Qual è la natura del rapporto tra la banca negoziatrice, che effettua il servizio di incasso di un assegno, e la banca trattaria?

La mancata collaborazione prevista dagli accordi interbancari costituisce, in capo alla banca che se ne sottragga, una situazione di inadempimento?

La banca presso cui l'assegno è versato per l'incasso può essere considerata -ai fini dell'applicazione delle disposizioni della Legge sull'Assegno- “portatore”, e se dunque ad essa si applichino le previsioni relative alla prescrizione breve delle azioni speciali di regresso e di arricchimento?

Le soluzioni giuridiche

La pronunzia in commento scardina integralmente i principi di diritto posti a fondamento delle conformi decisioni dei giudici di merito, ad eccezione di quello -affermato espressamente dal Tribunale in sede di gravame di merito- secondo cui il rapporto tra i due istituti di credito, banca trattaria e banca negoziatrice, deve inquadrarsi in ambito contrattuale.

Nell'adempimento del servizio di incasso di assegni bancari, infatti, i loro rapporti sono regolati dagli Accordi ABI (Associazione Bancaria Italiana) “per il servizio di incasso di assegni bancari ed altri titoli di credito pagabili in Italia”, che assumono natura contrattuale (presupposto, quest'ultimo, da cui aveva invero preso le mosse anche la decisione d'appello).

Poiché tra gli obblighi derivanti dall'adesione agli accordi interbancari figura anche, in capo alla banca trattaria, quello di fornire alla negoziatrice i dati identificativi del proprio cliente, la Suprema Corte -come già il Tribunale in sede di appello- inquadra l'atteggiamento non collaborativo di ISP (trattaria) come un vero e proprio inadempimento contrattuale, ingeneratore del danno consistente nella perdita di chanches dall'esercizio di indebito arricchimento regolata dall'art. 2041 c.c.

In che si distingue dunque la pronunzia in commento da quella cassata, che aveva mosso dai medesimi principi, giungendo però alla conclusione circa il difetto di nesso causale tra inadempimento della trattaria e danno patito dalla negoziatrice?

La soluzione riposa nella differente tipologia di azione che quest'ultima avrebbe potuto esperire nei confronti del cliente della prima, che, con l'avvenuto incasso dell'assegno da parte del suo creditore, aveva visto estinto il proprio debito, senza però patire il corrispondente addebito sul proprio conto corrente.

Facendo esplicito richiamo all'unico proprio precedente rinvenibile avente ad oggetto una fattispecie identica, la Suprema Corte evidenzia l'indebita locupletazione profittata dal soggetto traente il titolo di credito, nei cui confronti la banca negoziatrice -che ha invece accreditato l'importo dell'assegno al proprio correntista e che non può recuperarlo dalla trattaria a causa dello smarrimento del titolo- vanta il diritto ad agire con l'ordinaria azione di arricchimento ingiustificato regolata dalla norma codicistica ordinaria.

Chiarisce infatti la Suprema Corte -ed in ciò consiste l'error in iudicando del giudice d'appello, in cui era incorso anche il primo giudice- che, ai fini dell'applicazione delle norme previste dalla Legge speciale sull'assegno, la banca presso cui il titolo sia stato presentato per l'incasso non può considerarsi tecnicamente “portatore”.

Solo a costui sono applicabili le disposizioni speciali relative all'azione di regresso e di indebito arricchimento, il cui regime delle prescrizioni è regolato rispettivamente dal primo e dal terzo comma dell'art. 75 del r.d. n. 1736/1933.

Ne discende che al momento della proposizione della domanda rivolta nei confronti della banca trattaria, l'eventuale azione ordinaria per l'ingiustificato arricchimento nei confronti del traente non era affatto prescritta: con la conseguenza che l'inadempimento della trattaria ai suoi obblighi contrattuali di collaborazione ha effettivamente privato di chanches la banca negoziatrice, la cui azione ex art. 2041 c.c. era ancora esperibile.

Osservazioni

La pronunzia in commento non può che essere condivisa, essendo intervenuta a correggere l'evidente frattura concettuale nel ragionamento del Tribunale in veste di giudice di appello, che aveva sì qualificato di natura contrattuale il rapporto tra le due banche, senza però approdare all'unica possibile conclusione, per ciò che concerne le azioni che la banca negoziatrice avrebbe avuto a disposizione.

Per contro, è proprio nell'inquadramento della posizione dell'istituto presso cui l'assegno viene presentato per l'incasso che i Supremi Giudici individuano la soluzione del problema, discostandosi dalle insoddisfacenti decisioni dei giudici del merito.

Il punto di partenza è l'inadempimento in cui incorre la banca trattaria agli accordi ABI, le cui prime pubblicazioni relative al servizio di incasso di assegni risalgono al 1969, a fronte del quale il relativo diritto al risarcimento del danno - ex art. 1218 e ss. c.c.- non può vedere interrotto il nesso causale con la sua fonte genetica, proprio perché l'azione di indebito arricchimento che la banca avrebbe potuto attivare era tutt'altro che prescritta.

L'errore concettuale in cui sono incorsi i giudici del merito fu dunque quello di inquadrare l'azione di indebito arricchimento esperibile dalla negoziatrice nei confronti del correntista della trattaria nell'ambito della disciplina speciale dettata dalla legge sull'assegno, in forza del cui articolo 75 comma 1 l'azione di regresso del portatore verso il traente, i giranti e gli altri obbligati si prescrive in sei mesi dallo spirare del termine di presentazione dell'assegno; secondo il comma 3 della medesima norma, poi, l'azione di arricchimento - prevista dall'art. 59 - si prescrive in un anno “dalla perdita dell'azione nascente dal titolo”.

Il fulcro della decisione è dunque la qualificazione della banca presso cui l'assegno è stato versato per l'incasso, a cui non può essere attribuita la posizione di “portatore” del titolo; con la conseguenza che alla sua azione di indebito arricchimento non sono applicabili i ristretti limiti temporali di prescrizione previsti dalla normativa di settore.

La girata “per l'incasso”, infatti, integra un mandato all'istituto di credito, avente ad oggetto la realizzazione del credito portato dal titolo, e non pone la banca negoziatrice nella posizione di successivo creditore giratario.

Mette conto solo ora segnalare che, nella pratica, casi come quello oggetto della pronunzia in commento si verificheranno sempre con minor frequenza, considerata la modificazione apportata al r.d. n. 1736/1933 ad opera del D.M. 3 ottobre 2014 n. 205, adottato in conformità al d.l. 13 maggio 2011 n. 76 (c.d. “Decreto Sviluppo”): in forza della riformata normativa, infatti, la presentazione dell'assegno dalla banca negoziatrice alla trattaria -per la regolamentazione delle rispettive partire di dare ed avere mediante la stanza di compensazione- avviene in forma elettronica mediante invio dell'immagine del titolo.

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