Danno cagionato da animali: non configura il caso fortuito il fatto che il cavallo sia fuggito dal recinto

Antonio Scalera
12 Settembre 2019

In caso di danno cagionato da animali non configura il caso fortuito il fatto che il cavallo sia fuggito dal recinto, trattandosi di circostanza imputabile ad inadeguata vigilanza e controllo del proprietario.
Massima

In caso di danno cagionato da animali non configura il caso fortuito il fatto che il cavallo sia fuggito dal recinto, trattandosi di circostanza imputabile ad inadeguata vigilanza e controllo del proprietario.

Il caso

F. D. V., alla guida di un'autovettura di proprietà di G. D. V., impatta violentemente contro due cavalli che si trovavano liberi sulla carreggiata di una strada provinciale sprovvista di illuminazione artificiale.

Conducente e proprietario del veicolo convenivano quindi in giudizio P.C.P., proprietario degli animali, chiedendo il risarcimento dei rispettivi danni biologici e materiali.

Il Tribunale di Crotone accoglieva la domanda.

P.C.P. appellava la decisione, deducendo che il giudice di merito non aveva tenuto conto del caso fortuito, idoneo ad interrompere il nesso causale, costituito dalla circostanza che ignoti avevano tagliato la recinzione del ricovero dei cavalli, così consentendone la fuga. Sosteneva, inoltre, che comunque si sarebbe dovuto fare applicazione della presunzione di pari responsabilità di cui all'art. 2054 c.c., con conseguente riduzione percentuale del risarcimento dovuto.

La Corte d'appello di Catanzaro rigettava l'impugnazione.

Avverso tale decisione P.C.P. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.

In particolare, P.C.P. ripropone le doglianze già prospettate innanzi alla Corte d'appello, lamentando l'omessa valorizzazione della avvenuta manomissione, ad opera di ignoti, delle protezioni poste ai cancelli del recinto in cui erano custoditi i cavalli. Sostiene, inoltre, che non sarebbe stato possibile accertare l'effettiva dinamica del sinistro, con conseguente applicazione del principio generale di pari responsabilità.

La questione

La questione della quale è investita la Corte è se possa integrare gli estremi del caso fortuito ex art. 2052 c.c.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione offerta dalla Suprema Corte è nel senso dell'inammissibilità della censura, posto che essa si risolve in una ricostruzione alternativa della vicenda in punto di fatto, che prescinde dalle conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito.

In particolare, al riguardo, la Corte territoriale aveva affermato che la circostanza che ignoti avrebbero manomesso la recinzione dei cavalli, consentendone la fuga, non sarebbe provata, in quanto essa trova riscontro solamente nella presentazione di una querela «che non può essere ritenuta alla stregua di una prova dei fatti che in essa sono narrati». La Corte d'appello aveva, inoltre, aggiunto che, quand'anche i fatti si fossero svolti davvero nel modo illustrato dall'appellante, ciò non sarebbe valso ad escludere la sua responsabilità, non potendo configurare il caso fortuito un fatto sostanzialmente imputabile ad inadeguata vigilanza e controllo del proprietario degli animali sulla recinzione che li tratteneva, a maggior ragione considerando la situazione di pericolo generata dall'essere tale recinto immediatamente prospiciente la strada provinciale.

L'ordinanza offre l'occasione per svolgere alcune riflessioni sulla nozione di caso fortuito nella fattispecie disciplinata dall'art. 2052 c.c.

Secondo l'interpretazione accolta dalla prevalente giurisprudenza, il caso fortuito consiste nell'intervento di un fattore esterno nella causazione del danno, che presenta i caratteri dell'imprevedibilità, dell'inevitabilità e della assoluta eccezionalità (Cass. civ., 30 marzo 2001, n. 4742; Cass. civ., sez. III, 23 novembre 1998, n. 11861) e che si inserisce all'improvviso nell'azione di un soggetto, soverchiando ogni possibilità di resistenza o contrasto da parte dell'uomo (Cass. civ., sez. III, 13 maggio 1999, n. 4752).

Di conseguenza, non può attribuirsi efficacia liberatoria alla semplice prova dell'uso della normale diligenza nella custodia dell'animale stesso (Cass. civ., sez. III, 9 gennaio 2002, n. 200).

Rientra nel caso fortuito anche il fatto del terzo e la colpa esclusiva del danneggiato (Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 1983, n. 1400; Cass. civ., sez. III, 26 giugno 1981, n. 4160).

In particolare, la colpa del danneggiato, per essere idonea a determinare gli effetti liberatori, deve consistere in un comportamento cosciente e volontario dello stesso danneggiato, tale da non potersi considerare una reazione istintiva e irriflessiva.

Emerge, dunque, che il caso fortuito consiste in un fatto imprevedibile, inevitabile ed assolutamente eccezionale, che interrompe il nesso di causalità tra il fatto collegabile alla natura tipica dell'animale e l'evento dannoso, senza che abbia alcun rilievo l'accertamento e la valutazione della condotta del soggetto convenuto.

Si é, quindi, in presenza di una responsabilità a carattere puramente oggettivo, in quanto il caso fortuito non coincide con la dimostrazione dell'impossibilità di impedire il danno cagionato dall'animale.

Tale tesi è ribadita dalla giurisprudenza più recente, la quale ha abbandonato il precedente orientamento (Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 1983, n. 1400), che faceva riferimento ad una "presunzione di colpa" del proprietario dell'animale o di chi lo utilizza.

In favore della natura oggettiva della responsabilità ex art. 2052 c.c. si è orientata anche la dottrina.

Si è, al riguardo, sostenuto che la responsabilità per fatto degli animali oltrepassa i limiti della custodia: risponde del danno il proprietario o chi si serve dell'animale, sia che quest'ultimo sia sotto la sua custodia sia che sia smarrito o fuggito (MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998, 1061).

Il fondamento della responsabilità è ravvisabile nel concetto di uso dell'animale, il quale si riconduce non tanto alla custodia, quanto all'impiego dell'animale al fine di trarne delle utilità secondo la sua natura e la sua destinazione economica e sociale (VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1996, 665).

Non è, perciò, necessario provare la colpa: il padrone e l'utente rispondono anche se incapaci (BRANCA, Sulla responsabilità oggettiva per danni causati da animali, in RTDPC, 1950, 258).

Osservazioni

È opportuno segnalare che nella fattispecie in esame, la sentenza impugnata dinanzi alla Suprema Corte ha argomentato come se la fattispecie in esame fosse un'ipotesi di responsabilità per colpa presunta.

Ed infatti, i Giudici di merito hanno escluso che, nel caso in esame, potesse configurarsi un caso fortuito, trattandosi di un fatto sostanzialmente imputabile ad inadeguata vigilanza e controllo del proprietario degli animali, aggravata dalla circostanza che il recinto era immediatamente prospiciente la strada provinciale.

Questo tipo di argomentazione - relativa, cioè, ai profili di colpa del proprietario - è del tutto irrilevante, ove si ritenga – in adesione al prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale – che la responsabilità de qua è un'ipotesi di responsabilità oggettiva, che può essere esclusa soltanto dimostrando l'intervento di un fattore, tale da interrompere il nesso causale tra l'evento di danno e il fatto dell'animale.

Guida all'approfondimento

BRANCA, Sulla responsabilità oggettiva per danni causati da animali, in RTDPC, 1950, 258);

COCCHI, Responsabilità per danno cagionato da animali: quali frontiere giurisprudenziali?, in Ridare.it, 2018;

MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998, 1061;

VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1996, 665.

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