L’ASL è responsabile dei sinistri stradali causati da animali randagi, in conformità al quadro normativo disposto dalla Regione di competenza

17 Settembre 2019

Con l'ordinanza n. 22522 del 10 settembre 2019 la Suprema Corte ha stigmatizzato una questione che si pone alla base di casi assai frequenti su tutto il territorio nazionale e che evidenzia l'ampio spettro delle responsabilità che ricadono sulle Aziende Sanitarie Locali, già a partire dal d.lgs. n. 502/1992, che ha demandato alle Regioni gran parte delle funzioni legislative ed amministrative in materia di sanità.
Massima

È necessario «radicare la responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi nell'ente o enti cui è attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali) il dovere di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi».

Il caso

Un automobilista cita la ASL di Benevento, quale responsabile di un sinistro avvenuto nel 2010 lungo la strada statale da Caianello a Benevento, provocato da un cane randagio che l'attraversava improvvisamente, causando danni per oltre 4.000 euro alla sua vettura.

La ASL eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva e chiama in causa il Comune di Benevento, responsabile del compito di predisporre l'organizzazione ed il controllo dei cani vaganti. Il Giudice di Pace accoglie la domanda dell'automobilista e condanna in solido al pagamento sia il Comune che la ASL.

Quest'ultima ricorre in appello presso il Tribunale di Benevento, che conferma la sussistenza della legittimazione passiva di entrambi i soggetti, essendo la ASL responsabile della vigilanza sugli animali randagi ed il Comune gravato del compito di prevenzione e controllo nei loro confronti.

La ASL ricorre in Cassazione, adducendo quali motivazioni:

  • d'essere obbligata solo dei compiti di profilassi e polizia veterinaria, incluso il servizio di accalappiamento in seguito a segnalazione, ma non del continuo controllo del territorio per la verifica dell'esistenza di cani randagi;
  • che il Tribunale non ha dimostrato alcun comportamento omissivo colposo da parte sua, come ad esempio un mancato intervento in seguito a segnalazione, in violazione all'art. 2697 c.c.;
  • che in separati giudicati il medesimo Tribunale avrebbe deciso diversamente, escludendo ogni responsabilità della ASL.

Si giunge così alla Corte di Cassazione, la cui Terza Sezione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di giudizio.

La questione

In materia di randagismo, è configurabile una responsabilità in solido di ASL e Comune?

Le soluzioni giuridiche

Nel cassare la richiesta della ricorrente, la Suprema Corte si riferisce esplicitamente alla normativa prevista a livello nazionale dalla legge 281 del 14 agosto 1991, che ha demandato alle Regioni il compito di decidere in materia di randagismo, ed in particolare a quanto deciso dalla Regione Campania che, con legge n. 16 del 24 novembre 2001 ha affidato la competenza della vigilanza e del controllo di questo fenomeno, compreso l'accalappiamento ed il trasferimento degli animali randagi nei canili pubblici, ai servizi veterinari della ASL, riservando ai Comuni il compito di munirsi dei canili nei quali ricoverare i cani catturati.

La Corte cita numerose pronunce a sostegno di questa tesi, che hanno in genere affermato la responsabilità in solido delle ASL e dei Comuni (Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2009 n. 8137; Cass. civ., sez. III, 23 agosto 2011 n. 17528; Cass. civ., sez. III, 20 giugno 2017 n. 15167), se non addirittura l'esclusiva legittimazione passiva dei servizi veterinari dell'ASL (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2018 n. 17060).

Il principio generale che permea l'ordinanza, a prescindere dal quadro normativo della Regione Campania, che è tuttavia considerato vincolante nel caso in specie, è «radicare la responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi nell'ente o enti cui è attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali) il dovere di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi».

Ciò non implica semplicemente «l'attribuzione di generici compiti di prevenzione del randagismo, quale è il controllo delle nascite della popolazione canina e felina, avendo quest'ultimo ad oggetto il mero controllo numerico degli animali, a fini di igiene e profilassi, e, al più, una solo generica ed indiretta prevenzione dei vari inconvenienti legati al randagismo (Cassazione n. 12495 del 18/5/2017)».

Pertanto, è proprio sulla base di questo principio generale che la ASL di Benevento risulta responsabile, in quanto individuata dalla normativa regionale come soggetto competente per prevenire quel pericolo specifico per l'incolumità della popolazione, costituito dal randagismo.

Osservazioni

Tra i diversi profili di responsabilità attribuibili alle ASL meritano un cenno particolare quelli derivati da danni non direttamente inerenti la responsabilità medicale, ovvero quella che attiene alle strutture ed ai professionisti sanitari, che occupa la gran parte del contenzioso che le coinvolge, ma non rappresenta certo l'unica fonte di controversie.

Il caso trattato, in particolare, attiene alle diverse e molteplici occasioni di inadempimento che queste strutture incontrano nello svolgimento della loro attività, a partire dalla Riforma De Lorenzo, che nel 1992 ha introdotto la cosiddetta regionalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, trasformandole in enti dotati di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa ed amministrativa.

Tra queste svariate attività annoveriamo, ad esempio, l'obbligo di occuparsi di:

- igiene e medicina del lavoro, prevenzione degli infortuni sul lavoro e malattie professionali;

- igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande;

- profilassi e polizia veterinaria;

- ispezione e vigilanza veterinaria sugli alimenti destinati ad alimentazione umana, sugli impianti di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale, sull'alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili dagli animali all'uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, etc.

Si tratta di garantire il controllo di territori spesso molto estesi, ed accade che eventuali inadempimenti generino un certo numero di sinistri, che rientrano nella copertura assicurativa della Responsabilità Civile che le ASL acquistano sul mercato assicurativo, o spesso gestiscono in proprio, nei casi di cosiddetta “autoassicurazione”.

Per quanto attiene ai danni a terzi causati da animali randagi, questi andrebbero risarciti non in base al disposto dell'art. 2052 c.c. non essendo rilevabile un effettivo potere di controllo da parte della Pubblica Amministrazione su tali animali – ma ai sensi dell'art. 2043 c.c.

Sarà quindi posto in capo al danneggiato l'onere di dimostrare l'effettivo comportamento colposo dell'Ente, o degli Enti, ai quali è attribuito dalla legge il compito della cattura e della custodia degli animali vaganti e randagi.

Tale materia è regolata dalla l. n. 281/1991 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo). La legge, tuttavia, non disciplina in maniera compiuta a quale Ente spetti il compito di catturare e custodire gli animali randagi, attribuendo alle Regioni il compito di disciplinare con legge propria tale aspetto.

Di conseguenza, l'effettivo legittimato passivo in caso di danni causati da animali randagi non potrà che essere individuato sulla base di un'attenta analisi della legislazione regionale, come confermato dalla più recente giurisprudenza ed in particolare dal caso trattato.

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