Danno morale e danno dinamico relazionale sono strutturalmente distinti

Francesco Meiffret
04 Ottobre 2019

Nel danno non patrimoniale il danno morale ed il danno dinamico relazionale sono componenti distinte oppure la prima racchiude nella sua quantificazione anche la seconda voce?Qual è l'onere probatorio a carico del danneggiato per ottenere il risarcimento del danno dinamico relazionale?
Massima

Nella valutazione del danno alla persona da lesione della salute (art. 32 Cost.), ma non diversamente da quanto avviene in quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore o interesse costituzionalmente protetto, il giudice dovrà necessariamente valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sè stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce "altro da sé").

Il danno quantificato in base alle tabelle tende a ristorare le conseguenze ordinarie derivanti dall'evento dannoso. Se la parte danneggiata dimostra che sotto il profilo morale e/o sotto quello dinamico relazionale l'evento dannoso ha cagionato ulteriori conseguenze negative, non normalmente prevedibili e quindi qualificabili come straordinarie, il Giudice può liquidare tali ulteriori danni superando i limiti dei parametri tabellari.

Il caso

Tizia e Caio, sposati, citavano in giudizio dinnanzi al Tribunale di Roma l'ospedale presso il quale la prima era stata sottoposta a due distinti interventi di ernia discale richiedendo il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali.

Deducevano, infatti, che il primo intervento di ernia discale al quale si era sottoposta Tizia aveva avuto esito negativo e che il secondo intervento aveva solo parzialmente ovviato ai problemi del primo. A causa della prima operazione, Tizia era rimasta in via permanente fortemente limitata nell'esecuzione di alcuni movimenti in quanto doveva evitare qualsiasi sollecitazione meccanica alla cervicale.

In primo grado le richieste risarcitorie degli attori venivano accolte. La Corte d'Appello di Roma, invece, riformava parzialmente la sentenza di primo grado. Riduceva il risarcimento dell'attrice poiché riteneva l'invalidità permanente inferiore rispetto a quella quantificata in I grado ed escludeva la lesione del danno parentale a favore del coniuge.

Avverso la sentenza ricorrono in Cassazione gli attori di I grado. Per quanto riguarda la moglie, vittima primaria, questa lamenta la violazione nella sentenza di II grado dell'art. 2059 c.c. nella parte in cui non ha quantificato nel danno non patrimoniale le conseguenze negative dinamico relazionali derivanti dalle due operazioni con parziale esito negativo nonostante sia stato riconosciutoche queste hanno avuto conseguenze negative sulla vita di tutti giorni.

Con il secondo motivo il marito censura l'errata e contraddittoria applicazione dell'art. 2059 c.c. Se per la moglie era stato riconosciuto un danno relazionale, senza tuttavia quantificarlo, ma ricomprendendo anche quello relativo alla sfera sessuale, per il marito era stata esclusa totalmente tale voce di danno.

Con il terzo motivo la ricorrente censura la mancata quantificazione della componente morale nel danno non patrimoniale.

La questione

Nel danno non patrimoniale il danno morale ed il danno dinamico relazionale sono componenti distinte oppure la prima racchiude nella sua quantificazione anche la seconda voce?

Qual è l'onere probatorio a carico del danneggiato per ottenere il risarcimento del danno dinamico relazionale?

Le soluzioni giuridiche

La Terza Sezione riforma la sentenza con rinvio alla Corte d'Appello di Roma stabilendo il seguente principio di diritto: il Giudice deve tenere conto nella quantificazione unitaria del danno non patrimoniale sia dell'aspetto interiore del danno sofferto (danno morale) sia di quello esteriore consistente nelle conseguenze negative sulla vita sociale della vittima (danno dinamico relazionale).

Dopo una minuziosa ricostruzione delle pronunce più importanti in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, la suprema Corte evidenzia che qualsiasi incertezza in merito alle voci componenti il danno non patrimoniale è stata dissipata dal Legislatore con la riforma del 2017 degli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni.

La suprema Corte precisa che ai sensi dei novellati artt. 138 e 139 del Codice delle assicurazioni il giudice dovrà necessariamente valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce "altro da sé"). Non a caso, infatti, la nuova rubrica all'interno del quale si trovano i due articoli testé richiamati è stata intitolata “del danno non patrimoniale” in luogo della precedente locuzione “del danno biologico”. Sulla base di quanto statuito dal Legislatore, la Corte prosegue rilevando che affinché ci possa essere una personalizzazione del danno che vada oltre alla quantificazione tabellare, il danneggiato deve dimostrare che l'evento dannoso abbia cagionato conseguenze dannose non ordinarie poiché quelle che si verificano normalmente sono già prese in considerazione nel sistema tabellare.

Sulla base di queste considerazioni giuridiche la Suprema Corte ritiene che debba essere riconosciuta una componente dinamico relazione nella quantificazione del danno non patrimoniale.

La lesione della colonna cervicale, pur non essendo di per sé un danno biologico di elevatissima entità, limita notevolmente la vita relazionale della ricorrente poiché la CTU ha accertato che tale tipo di lesione le impedisce qualsiasi attività lavorativa e non che comporti sollecitazioni meccaniche alla cervicale.

Nella fattispecie la Corte di Cassazione afferma che deve essere censurata la sentenza impugnata nella parte in cui ha omessa la personalizzazione del danno, poiché la corte territoriale non ha apprezzato l'eccezionalità delle conseguenze relazionali del danno biologico subìto, che, ha comportato la preclusione di «tutte quelle attività, lavorative e non, che impongono continue sollecitazioni meccaniche della colonna cervicale»: si tratta di conseguenze correlate a un'irripetibile "eccezionalità" del profilo dinamico relazionale, prive, come tali, di un puntuale apprezzamento; per la Cassazione, inoltre, la Corte d'appello ha proceduto all'erronea sovrapposizione tra «personalizzazione» della liquidazione del pregiudizio non patrimoniale e danno «morale», che dovrebbe essere invece autonomamente apprezzato. Con l'ulteriore precisazione che la "personalizzazione" della liquidazione non concerne le oscillazioni tabellari che definiscono il "range" astrattamente individuato per monetizzare le "ordinarie" conseguenze del punto d'invalidità accertato. La "personalizzazione" riguarda invece le eccezionali conseguenze dannose che, rispetto a quelle (da ritenere) incluse nello "standard" statistico sintetizzato dal punto d'invalidità, permettano e anzi, quando del caso, impongano un incremento rispetto a quel "range".

In conclusione

Pare evidente che il risarcimento del danno esistenziale sia ritornato sotto il nome di danno dinamico relazionale come componente da prendere in considerazione nella quantificazione del danno non patrimoniale. Tuttavia, affinché sia riconosciuta tale voce, il danneggiato dovrà dimostrare che l'evento dannoso ha modificato in peggio la sua vita sociale (dinamico relazionale) andando a compromettere in maniera grave diritti o interessi che trovano una copertura costituzionale ed ad ulteriore condizione che sia accertato che le conseguenze del sinistro siano state straordinarie e non prevedibili poiché quelle ordinarie sono già prese in considerazione dal sistema tabellare. Quest'ultimo elemento è quello di maggiore criticità: distinguere le conseguenze ordinarie prevedibili dell'evento dannoso che sono già considerate nel sistema tabellare da quelle straordinarie che esulano da quest'ultimo calcolo. Detto requisito è totalmente lasciato alla discrezionalità della magistratura alla quale spetterà trovare elementi che demarchino il confine tra conseguenze ordinarie (l'id quod plerumque accidit) e conseguenze straordinarie.

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