La revocabilità della scissione
08 Novembre 2019
Massima
La revocatoria della scissione deve ritenersi inammissibile, in virtù della esigenza di certezza dei rapporti giuridici e della coerente applicazione degli strumenti di tutela della garanzia patrimoniale alla disciplina societaria. Il caso
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2819 del 2017, dichiarava l'inefficacia – richiesta dal fallimento – dell'atto di scissione parziale di una s.r.l. (la c.d. scissa), che aveva assegnato ad un'altra s.r.l. di nuova costituzione (c.d. beneficiaria) parte del proprio patrimonio, trattenendo la totalità dei debiti previdenziali ed erariali, nonchè la maggior parte di quelli verso i fornitori. Contro detta sentenza, la società scissa proponeva appello. La questione e le soluzioni giuridiche
Il tema posto all'attenzione della Corte d'Appello di Roma concerne la revocabilità, ex art. 2901 c.c., dell'operazione straordinaria di scissione. La questione viene dibattuta da tempo, in ragione delle diverse interpretazioni prospettate sul rapporto tra le norme di cui agli artt. 2504-bis (richiamato dall'art. 2506-quater per la scissione) e 2901 c.c. Sul punto è, peraltro, atteso l'intervento della Corte di Giustizia, in virtù del rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE, recentemente operato dalla Corte d'Appello di Napoli (v. App. Napoli, 20 marzo, 2018, in Foro It., 2018, I, 1754 ss.; con nota di P. Pototschnig, La revocabilità della scissione all'esame della Corte di Giustizia Europea, in Soc., 2018, 12, 1411 ss.; con nota di F. Fimmanò, La Corte di Giustizia chiamata a salvare la scissione societaria dalle revocatorie, in Giur. Comm., 2019, II, 154 ss.; con nota di M. Sarale, Scissione e azione revocatoria: richiesto l'intervento della Corte di Giustizia, in Giur. It., 2019, 1, 113 ss.). Il tema ha, infatti, interessato la dottrina e la giurisprudenza di merito, mentre non risultano pronunce della Corte di Cassazione (in dottrina, tra gli altri: C. Angelici, La nullità della fusione, in Riv. dir. comm., 1992, I, 267 ss.; V. Buonocore, Riflessioni d'insieme sulla patologia degli atti d'impresa, in Riv. giur. sarda, 2002, 527 ss.; A.A. Dolmetta, I rimedi per la violazione delle norme imperative nel diritto societario prima del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5. Un frammento di storia delle idee, in Vita Not., 2003, 1, 99 ss.; G. Palmieri, La nuova disciplina della nullità della società per azioni, in Riv. Soc., 2003, I, 850 ss.; A. Nigro, Tutela demolitoria e tutela risarcitoria nel nuovo diritto societario, in Riv. Soc., 2004, 855 ss.; G. Cottino, Diritto societario, Padova, 2006, 233; G.B. Portale, L'invalidità delle delibere assembleari: tra tutela demolitoria e tutela risarcitoria, in La società per azioni oggi, a cura di P. Balzarini - G. Carcano - M. Ventoruzzo, Milano, 2007, 611 ss.; G. Iermano, Invalidità delle operazioni straordinarie e principio di stabilità, in Il nuovo diritto delle società. Liber Amicorum G. Campobasso, 4, Torino, 2007, 397 ss.; G. Palmieri, L'invalidità delle decisioni, in Trattato delle Società a Responsabilità limitata diretto da Ibba e Marasà, III, Padova, 2009, 157; F. Magliulo, La scissione della società, Padova, 2012, 813 ss.; G.A. Rescio, La fusione e la scissione, in Trattato delle Società a Responsabilità limitata diretto da C. Ibba e G. Marasà, VII, Padova, 2015, 349 ss. In giurisprudenza, ex multis: Trib. Livorno, 2 settembre 2003, con nota di F. Montaldo, Scissione societaria e revocatoria fallimentare. in Fall., 2004, 1138 ss.; Trib. Palermo, 26 gennaio 2004, con nota di D. Davigo, Brevi spunti su alcune questioni relative alla ammissibilità dell'azione revocatoria fallimentare dell'atto di scissione societaria, in Giur. Comm., 2007, II, 250 ss.; Trib. Catania, 9 maggio 2012, con nota di G. Milano, La revocatoria fallimentare della scissione societaria in Fall., 2013, 983 ss.; Trib. Benevento, 17 settembre 2012, in ilcaso.it; Trib. Napoli, 18 febbraio 2013, con nota di L. Rivieccio, Tutela dei creditori sociali tra azione revocatoria e azione societaria, in Giur. Comm., 2014, II, 1040 ss.; Trib. Milano, 9 luglio 2015, in giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Venezia, 5 febbraio 2016, con nota di S. CASSANI, Scissione e azione revocatoria, in Soc., 2017, 1, 71 ss. e in Fall., 2017, 51 ss.; Trib. Bologna, 24 marzo 2016, in Riv. Not., 2016, 3, 547 ss.; Trib. Roma, sez. fall., 16 agosto 2016, in questo portale; Trib. Pescara, 4 maggio 2017, con nota di M. Maltoni – M.S. Spolidoro, Revocatoria della scissione e direttiva europea, in Soc., 2017, 1082 ss. e in questo portale, con nota di Terenghi, Il punto sulla revocabilità dell'atto di scissione societaria; Trib. Pescara, 17 maggio 2017, n. 689, in questo portale; Trib. Napoli nord, 24 luglio 2017, in giustiziacivile.com; Trib. Roma, 12 giugno 2018, in Foro It., 2018, 10, 3291 ss.; Trib. Benevento, 12 ottobre 2017, con nota di A. Bello, Revocatoria dell'atto di scissione: una questione aperta, in Giur. Comm., 2019, II, 392 ss.
La tesi che accoglie la revocabilità della scissione poggia sulle seguenti considerazioni: (i) poiché l'azione revocatoria opera sul piano dell'inefficacia (e non dell'invalidità) non sussisterebbe alcuna incompatibilità con la regola dell'irregredibilità degli effetti di cui all'art. 2504-quater c.c. (richiamato dall'art. 2506-ter c.c.), postulando detta azione la validità dell'atto di scissione; (ii) la scissione, a prescindere dalla sua natura giuridica, determinerebbe effetti circolatori, in quanto caratterizzata da un contenuto complesso, potendosi distinguere due atti collegati ma autonomi: uno di natura modificativa dell'atto costitutivo (riferibile ai soci) e un altro di natura traslativa, che altera la dimensione patrimoniale e si realizza con l'assegnazione; l'azione revocatoria inciderebbe quindi soltanto a livello patrimoniale, nei rapporti fra creditori; (iii) l'ordinamento sarebbe privo di una norma che vieti l'esperimento della revocatoria rispetto alle scissioni societarie, sicché non potrebbe comprimersi la tutela del ceto creditorio privandola dell'azione revocatoria (che, come noto, è un rimedio di carattere generale); (iv) l'azione revocatoria, infine, non potrebbe ritenersi assorbita nella tutela prestata dall'opposizione ex art. 2503 c.c., in quanto i due strumenti si differenziano nettamente sul piano funzionale, avendo una diversa legittimazione attiva, un diverso momento di operatività, nonché diversi termini di attivazione e diverse conseguenze in caso di accoglimento.
L'orientamento che, invece, esclude l'esperibilità dell'azione revocatoria nei confronti della scissione, viene elaborato in ragione di una serie di argomentazioni: (i) l'obiettivo primario della riforma del diritto societario del 2003 sarebbe quello di garantire la conservazione degli atti giuridici societari, per assicurare una maggiore certezza a tutela dei terzi operatori del mercato e dell'affidamento di questi rispetto alla solidità giuridica degli atti delle imprese organizzate in forma societaria; rispetto alle operazioni straordinarie, tale fine è perseguito con il principio di preclusione di pronunce invalidanti in seguito al completamento degli adempimenti pubblicitari previsti dalla norme di legge (c.d. “efficacia sanante”). Rispondono alla medesima ratio la diminuzione dei casi di nullità della s.p.a. (ex art. 2332 c.c.) e d'invalidità delle delibere assembleari (ex artt. 2377 ss. c.c.); (ii) le operazioni straordinarie sarebbero dotate di un sistema di tutela impermeabile – per le predette ragioni di certezza – ad ulteriori rimedi, prevedendosi coerentemente rimedi di carattere risarcitorio e non revocatorio; (iii) la responsabilità solidale della scissa e delle beneficiarie per i debiti della prima, a norma dell'art. 2506-quater c.c., sarebbe espressione di un principio di garanzia generica che assicurerebbe un'adeguata tutela ai creditori, incompatibile con lo strumento dell'azione revocatoria; (iv) le operazioni straordinarie hanno natura evolutivo-modificativa, rappresentando l'effetto dispositivo un frangente meramente strumentale dell'operazione organizzativa, pertanto risulterebbe incoerente il travolgimento dell'attribuzione senza curarsi degli effetti che ne deriverebbero sull'alterazione della modificazione organizzativa realizzata con la scissione.
Osservazioni
La pronuncia in esame affronta la questione partendo dal dato letterale dell'art. 2504-quater c.c., applicabile – com'è noto – alla scissione, in virtù del richiamo posto dall'art. 2506-ter c.c. La norma è stata introdotta con il d.lgs. n. 22 del 1991, in attuazione della Terza Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 9 ottobre 1978, in materia di fusioni di s.p.a. (78/855/CEE) e della Sesta Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 17 dicembre 1982, in materia di scissioni di s.p.a. (82/891/CEE). L'art. 19 della Sesta Direttiva disciplina il regime di nullità della scissione, parlando – nel testo originario con un termine inglese – appunto di nullity, lemma già utilizzato dal legislatore comunitario della Prima Direttiva (68/151/CEE) per elencare i casi in cui può dichiararsi la nullità della società. La Corte di Cassazione (Cass., n. 1804/2000) non ha ritenuto il richiamo al concetto di nullità ostativo alla revocatoria dei conferimenti in società, proprio perché (a) la nullità della società non riguarderebbe i vizi della singola partecipazione e (b) la nullità varrebbe quale sinonimo di inefficacia derivante da un vizio genetico, così distinguendosi dall'inefficacia relativa dell'atto lesivo delle ragioni creditorie. Ciò posto, la Corte d'Appello di Roma afferma che l'ammissibilità della revocatoria, ex art. 2901 c.c., della scissione non possa fondarsi sulla terminologia del legislatore comunitario, nonostante che la ratio di tutela della certezza giuridica nelle relazioni tra le società, i soci e i terzi coinvolti nell'operazione vada considerata dall'interprete. Piuttosto, la valutazione sull'ammissibilità della predetta azione deve passare dall'accertamento delle conseguenze dell'inefficacia relativa che seguirebbero all'accoglimento della medesima (così da “misurare l'impatto di una declaratoria di inefficacia relativa”), valutando se siano compromesse le esigenze di certezza e i principi di irretrattabilità degli effetti organizzativi e di tutela del pubblico affidamento creato con l'iscrizione dell'atto di scissione presso il Registro delle imprese. La sentenza in esame, dopo aver ripercorso la natura giuridica della fusione e affermando come tale operazione comporti una vicenda modificativa dell'atto costitutivo della società (non riconducibile ad un trasferimento), critica negativamente la tendenza di quella parte della giurisprudenza (v. ad es. Trib. Pescara, 17 maggio 2017, in Soc., 2017, 1, 1082) che afferma l'ammissibilità della revocatoria della scissione, considerata come atto di depauperamento della garanzia patrimoniale dei creditori: non può infatti – da un lato – escludersi che la scissione si realizzi mediante l'assegnazione di elementi del passivo (sino alla c.d. scissione negativa, ove gli elementi del passivo superino quelli dell'attivo), né – dall'altro – individuare intenti fraudolenti in tutte le operazioni siffatte. La declaratoria di inefficacia della scissione determinerebbe la facoltà di esecuzione, da parte dei singoli creditori, su un dato cespite patrimoniale presente nel patrimonio della società, così riverberandosi sul patrimonio sociale delle società beneficiarie e nei rapporti tra le società beneficiarie e i loro creditori, sicché la revocatoria non potrà dirsi neutra (soltanto in quanto caratterizzata dall'inefficacia relativa) rispetto alle esigenze di certezza poste a fondamento della disciplina della scissione. Un altro profilo analizzato dalla sentenza che qui si commenta concerne l'esaustività della tutela apprestata dalle norme in tema di scissione ai creditori sociali. Sul punto si è ritenuto che la previsione della solidarietà passiva delle società coinvolte nell'operazione ex art. 2506-quater, comma 3, c.c. costituisca un “dato decisivo” per escludere l'ammissibilità della revocatoria, poiché quest'ultima è strumentale a rendere possibile l'azione esecutiva nei confronti di un soggetto terzo, privo di responsabilità nei confronti del creditore del proprio dante causa. Infine, la pronuncia contiene un riferimento alla disciplina introdotta recentemente in materia di insolvenza, ex d.lgs. n. 14/2019 (si tratta del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, destinato ad entrare in vigore il 15 agosto 2020), il cui art. 116 prevede che le operazioni straordinarie previste da un piano di concordato preventivo possano contestarsi soltanto con l'opposizione dei creditori alla omologazione del concordato, così confermandosi la tendenza alla accentuazione del rapporto di integrazione tra la disciplina concorsuale e quella societaria, coerentemente con i principi di ciascuna. Per le ragioni esposte, la Corte si è pronunciata accogliendo la tesi della inammissibilità della revocatoria dell'atto di scissione. |