Interessi compensativi, rivalutazione degli importi già percepiti dal danneggiato, individuazione dei criteri di calcolo applicati

18 Dicembre 2019

Quali implicazioni derivano dall'effetto sostitutivo della sentenza d'appello rispetto alla pronuncia di primo grado? Quali criteri devono essere rispettati dalla Corte e come devono essere enunciati laddove confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado?
Massima

Nella sentenza d'Appello che riformula le poste risarcitorie statuite nella pronuncia di primo grado, devono essere defalcati gli acconti già percepiti dal danneggiato e devono essere adeguatamente individuati ed esplicitati i criteri determinati o determinabili necessari per quantificare correttamente le somme dovute

Il caso

A seguito di sinistro stradale il Tribunale di Teramo dichiarava la colpa concorrente del conducente di uno dei due veicoli coinvolti e del terzo trasportato sull'altro veicolo per non aver allacciato le cinture di sicurezza. La Corte d'Appello di L'Aquila riformava parzialmente la pronuncia, escludendo qualunque concorso del terzo trasportato e dichiarando la responsabilità esclusiva del conducente del veicolo antagonista. Ricorre in Cassazione la Compagnia assicurativa di quest'ultimo lamentando la mancata detrazione e rivalutazione degli importi corrisposti a titolo di acconto e in esecuzione spontanea della sentenza di primo grado e la totale assenza di motivazione in ordine ai criteri utilizzati dalla Corte per la liquidazione della somma dovuta

La questione

Quali implicazioni derivano dall'effetto sostitutivo della sentenza d'appello rispetto alla pronuncia di primo grado? Quali criteri devono essere rispettati dalla Corte e come devono essere enunciati laddove confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado?

Le soluzioni giuridiche
Tutte le censure articolate nel Ricorso riguardano la quantificazione del danno e la Corte, partendo dalla terza doglianza, le ritiene tutte accoglibili, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d'Appello di L'Aquila in diversa composizione per il riesame della controversia.Preliminarmente la Corte si sofferma sulla funzione della sentenza d'appello rispetto alla pronuncia di primo grado. In particolare viene richiamato l'orientamento già affermato in base al quale: «l'effetto sostitutivo della sentenza d'appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta che, ove l'esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovrà intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado, mentre, se l'esecuzione sia già stata promossa in virtù del primo titolo esecutivo, la stessa proseguirà sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione» (Cass. civ. n. 9161/2013). Sulla scorta di tale principio e rilevato che la Corte di L'Aquila ha riformulato le poste risarcitorie ritenendole dovute per l'intero – avendo escluso la responsabilità concorrente del danneggiato – la Corte chiarisce che è compito del Giudice di appello determinare con esattezza la somma dovuta, defalcando gli importi già corrisposti per il medesimo titolo nelle more del giudizio. Ciò anche nel rispetto del principio del giusto processo di cui all'art. 111 Cost. ed all'art. 6 della CEDU, declinato anche in termini di economia processuale. Fatta tale premessa la Corte ribadisce il principio di diritto secondo il quale: «nelle obbligazioni risarcitorie, il creditore deve essere risarcito, mediante la corresponsione degli interessi compensativi, del danno che si presume essergli derivato dall'impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta e di impiegarla in maniera remunerativa, sicché la liquidazione del danno da ritardato adempimento, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) devalutando l'acconto ed il credito alla data dell'illecito; b) detraendo l'acconto dal credito; c) calcolando gli interessi compensativi mediante l'individuazione di un saggio scelto in via equitativa, da applicare prima sull'intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell'illecito al pagamento dell'acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva» come già già enunciato nelle pronunce Cass. civ. n. 25817/2017; Cass. civ. n. 6619/2018. I Giudici di legittimità rilevano come la Corte territoriale non si sia attenuta ai principi enunciati e di consolidata giurisprudenza, avendo omesso di devalutare gli acconti corrisposti in via stragiudiziale, con un conseguente scomputo erroneo in quanto riferito a poste non omogenee. Appare insufficiente la semplice enunciazione, nel dispositivo, della previa detrazione degli acconti già corrisposti, solo in relazione al danno biologico riquantificato, poiché priva di motivazione sui criteri da utilizzare al fine di rendere determinato o correttamente determinabile l'importo dovuto e comunque errata la pronuncia per non aver tenuto conto delle somme pagate all'esito della sentenza di primo grado. La Suprema Corte non trascura di esaminare il rilievo proposto dal contro ricorrente, che assume che la detrazione fosse stata già effettuata, previa rivalutazione, con la sentenza di primo grado che aveva liquidato il danno nella misura del 50%, defalcando gli acconti versati con un conteggio che non era stato oggetto di censura. La Cassazione ribadisce l'inconferenza di tale rilievo, atteso che la Corte territoriale ha riformulato interamente il conteggio, ricalcolando specificamente le poste risarcitorie dovute, con la conseguenza che avrebbe dovuto motivare sulla necessaria devalutazione degli acconti e sul diffalco delle somme pagate in esecuzione della pronuncia di primo grado e non limitarsi ad enunciare in modo generico la previa «detrazione degli acconti già corrisposti», senza individuare i criteri determinati e/o determinabili necessari per quantificare correttamente le somme dovute.
Osservazioni
Con la pronuncia in commento la Corte individua quale principale carenza della sentenza impugnata l'aver completamente omesso di indicare l'esatto conteggio delle somme dovute ed i criteri per quantificarlo, tenendo conto degli acconti versati nelle more. Il Ricorso viene accolto alla luce dei seguenti principi di diritto: 1. «Nelle obbligazioni risarcitorie, il creditore deve essere ristorato, mediante la corresponsione degli interessi compensativi, del danno che si presume essergli derivato dall'impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta e di impiegarla in maniera remunerativa, sicché la liquidazione del danno da ritardato adempimento, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) devalutando l'acconto ed il credito alla data dell'illecito; b) detraendo l'acconto dal credito; c) calcolando gli interessi compensativi mediante l'individuazione di un saggio scelto in via equitativa da applicare prima sull'intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell'illecito al pagamento dell'acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva»; 2. «Nell'ipotesi di riforma della sentenza impugnata riferita al quantum debeatur è compito del giudice d'appello determinare la somma dovuta, sulla base di criteri determinati o determinabili che tengano conto dei principi sopra indicati, provvedendo a defalcare tutti gli importi che già corrisposti per il medesimo titolo nelle more del giudizio, anche se con differente causale, al fine di giungere ad un decisum chiaro e definitivo sull'importo dovuto che - in ragione del principio del giusto processo di cui all'art. 111 Cost. ed art. 6 della CEDU, declinato anche in termini di economia processuale - consenta di evitare ulteriori fasi giurisdizionali». Sebbene si tratti di principi già espressi in altre pronunce (cfr. Cass. civ. n. 21764/2019; Cass. civ. n. 28627/2019; Cass. civ. n. 14362/2019) la sentenza in esame ha certamente il pregio di focalizzare in modo schematico alcuni aspetti di rilievo e precisamente:- quanto agli interessi compensativi: nelle obbligazioni risarcitorie, il creditore deve essere risarcito, attraverso la corresponsione degli interessi compensativi, del danno che si presume essergli derivato dall'impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta;- quanto alle regole da applicare: in caso di riforma della sentenza di primo grado sul quantum, occorre utilizzare un corretto metodo di calcolo, individuando ed esplicitando i criteri applicati, con particolare riguardo alla determinazione esatta e motivata delle somme ancora dovute con detrazione di tutti gli importi già corrisposti per il medesimo titolo, nelle more del giudizio, anche se con differente causale.
Guida all'approfondimento
L. BIARELLA, Risarcimento del danno da sinistro stradale: il calcolo degli interessi compensativi, in Ridare.itREDAZIONE SCIENTIFICA, La Suprema Corte sul corretto metodo di calcolo degli interessi compensativi in caso di risarcimento del danno da fatto illecito, in Ridare.itREDAZIONE SCIENTIFICA, Risarcimento ridotto in appello: come si determina la somma che il danneggiato deve restituire all'assicurazione? in Ridare.itREDAZIONE SCIENTIFICA, Danno da lucro cessante ai congiunti: criteri di liquidazione, modalità di calcolo e di detrazione degli acconti, in Ridare.it

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