La mutevole efficacia probatoria della constatazione amichevole di incidente

Massimiliano Stronati
08 Gennaio 2020

Nell'azione di responsabilità che il conducente danneggiato promuova direttamente nei confronti dell'assicuratore dell'altro veicolo coinvolto nel sinistro, quale efficacia probatoria ricopre il modulo di constatazione amichevole sottoscritto dai guidatori?
Massima

La dichiarazione contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro, sottoscritta dai conducenti protagonisti del medesimo, è oggetto di libero apprezzamento da parte del giudice qualora il danneggiato proponga azione risarcitoria diretta nei confronti dell'assicuratore del danneggiante. In tale ipotesi, infatti, il proprietario del veicolo assicurato ricopre il ruolo di litisconsorte necessario, sicché la confessione resa circa la dinamica dell'incidente non ha l'efficacia di piena prova nemmeno nei suoi stessi confronti, ai sensi dell'art. 2733 comma 3 c.c.

Il caso

La vittima di un sinistro stradale agiva in giudizio direttamente nei confronti dell'impresa assicuratrice, al fine di ottenere il risarcimento dei danni provocati dall'assicurato, anch'egli convenuto.

Il tribunale, pur riconoscendo l'efficacia presuntiva della constatazione amichevole di sinistro firmata dai conducenti nei confronti dell'assicuratore, ai sensi dell'art. 143 cod. ass., riteneva che gli elementi indiziari forniti da quest'ultimo fossero sufficienti ad escluderne la responsabilità. Conseguentemente, veniva riconosciuta soltanto la corresponsabilità dei guidatori.

I giudici di secondo grado riformavano la sentenza, compiendo una rivalutazione delle risultanze del fatto storico e affermando l'inesistenza di una sufficiente prova in ordine alla stessa collisione tra veicoli.

I protagonisti dello scontro stradale hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando che, in assenza di puntuale appello incidentale da parte dell'assicuratore, la statuizione del primo giudice relativamente alla ricostruzione della fattispecie concreta dovesse considerarsi passata in giudicato. I ricorrenti hanno dedotto, inoltre, la violazione dell'art. 143 cod. ass., in quanto la Corte territoriale non avrebbe riconosciuto la peculiare valenza probatoria del modulo di constatazione amichevole debitamente compilato.

La questione

Nell'azione di responsabilità che il conducente danneggiato promuova direttamente nei confronti dell'assicuratore dell'altro veicolo coinvolto nel sinistro, quale efficacia probatoria ricopre il modulo di constatazione amichevole sottoscritto dai guidatori?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, in accoglimento delle impugnazioni avanzate dalle parti coinvolte nell'incidente, ha avuto modo di ribadire le conclusioni giurisprudenziali accolte nell'ultimo decennio sul tema della valenza probatoria del contenuto della constatazione amichevole di incidente (C.A.I.).

Nella decisione in commento, infatti, si è rilevato come la dichiarazione contenuta nel modulo di constatazione amichevole, compiutamente redatto e sottoscritto, sia idonea a fornire piena prova della dinamica del sinistro ivi descritta.

In particolare, cioè i giudici di legittimità hanno riconosciuto che tra le parti in causa tale prova documentale ha il valore della confessione stragiudiziale, ragione per la quale l'accertamento del fatto contenuto nella constatazione non è suscettibile di essere messo in discussione, se non da una prova avente efficacia equipollente.

Infatti, occorre osservare che, a mente dell'art. 143 cod. ass., soltanto nei confronti dell'impresa assicuratrice quanto affermato nel C.A.I., debitamente compilato dai conducenti, può essere oggetto di prova contraria con qualsiasi mezzo. Nei confronti di tale soggetto, infatti, la constatazione amichevole ha mero valore di presunzione iuris tantum.

La Corte, tuttavia, ha smentito che tale conclusione, di per sé corretta, possa trovare applicazione anche nella fattispecie processuale in esame.

Segnatamente, il valore presuntivo che tale mezzo probatorio dovrebbe ricoprire nei confronti dell'assicuratore ai fini di prova della dinamica del sinistro non è riscontrabile in quei giudizi, come nel caso di specie, nei quali il danneggiato faccia valere la propria pretesa risarcitoria direttamente nei confronti dell'assicuratore, ai sensi dell'odierno art. 144 cod. ass.

In tali ipotesi, infatti, la Corte di legittimità, ormai da tempo, in particolare dalla sentenza resa a Sezioni Unite 5 maggio 2006, n. 10311, ha riconosciuto che qualora la dichiarazione nel modulo di constatazione amichevole sia stata resa dal responsabile-assicurato, a quest'ultima non possa riconoscersi valore confessorio, nemmeno nei confronti di colui che l'abbia resa.

La Corte nell'anzidetta decisione compose il contrasto che si era inverato in merito all'ambigua operatività dell'art. 2733 comma 3 c.c., il quale esclude che in situazioni di litisconsorzio necessario la dichiarazione sfavorevole a chi la rilascia possa avere valore di confessione, così privando la stessa del valore di prova legale e rimettendone la valutazione del contenuto al libero apprezzamento del giudice.

In soldoni il dibattito interpretativo vedeva da un lato coloro che ritenevano che tale ipotesi di litisconsorzio necessario fra responsabile-assicurato e assicuratore avesse natura meramente processuale. Questi ultimi, quindi, sostenevano che la ricostruzione fattuale contenuta nel C.A.I. avesse valore confessorio solo nei confronti del confitente e non verso l'assicuratore.

In senso opposto, i fautori della natura anche sostanziale della necessaria pluralità di parti ritenevano che la mancata autonomia dei rapporti non potesse comportare contestualmente e in relazione ai medesimi fatti storici una condanna nei confronti del responsabile-assicurato e un rigetto rispetto all'assicuratore.

Le Sezioni Unite nel 2006 riconobbero che la dichiarazione contenuta nella constatazione amichevole non potesse avere un valore probatorio variabile rispetto alle parti convenute per la stessa pretesa. Infatti, l'accertamento in ordine alla responsabilità dell'assicurato venne ritenuto presupposto logico tanto del rapporto risarcitorio tra danneggiato e assicuratore, quanto di quello indennitario. Per tale ragione venne sancita l'imprescindibilità di una statuizione unitaria, che consequenzialmente condusse la giurisprudenza di legittimità ad affermare la natura anche sostanziale di tale fattispecie litisconsortile.

Sicché, in ipotesi equivalenti, come quella oggetto dell'ordinanza in commento, le dichiarazioni contenute nel C.A.I. non possono avere altra efficacia che non sia quella di prova liberamente valutabile dal giudice nei confronti di ogni soggetto convenuto, ai sensi dell'art. 2733 comma 3 c.c.

Osservazioni

I) Nella pronuncia in analisi la perfetta aderenza del caso di specie al principio affermato dalla suddetta sentenza delle Sezioni Unite non ha permesso ai giudici una più approfondita disamina della problematica afferente il valore probatorio della dichiarazione contenuta nel C.A.I.

Fattispecie concrete di diversa consistenza hanno tuttavia permesso un'elaborazione pretoria più estesa di tale tematica.

In primo luogo, la sentenza resa dal plenum della Corte di Cassazione nel 2006 prese in considerazione esclusivamente l'ipotesi della richiesta risarcitoria del danneggiato avanzata nei confronti dell'assicuratore e l'efficacia che in siffatti giudizi potesse riconoscersi alla dichiarazione resa dal proprietario del veicolo nella constatazione amichevole di incidente.

In tal senso, la Corte puntualizzò espressamente l'estraneità in tale decisione della valutazione del gradiente di veridicità da riconoscere alle dichiarazioni rilasciate nelle stesse modalità ma dal conducente non proprietario.

Rispetto a siffatta casistica la giurisprudenza di legittimità ha fornito negli anni successivi una soluzione distinta rispetto alla confessione resa dal proprietario e univoca nel contenuto.

Infatti, è stato costantemente rilevato come la necessaria partecipazione al giudizio dovesse riscontrarsi solo con riferimento al proprietario del veicolo, in quanto soggetto normalmente titolare del rapporto di assicurazione.

Diversamente, è stato osservato come l'intervento del conducente responsabile del sinistro abbia carattere meramente facoltativo.

La partecipazione di quest'ultimo, infatti, è subordinata alla chiamata da parte del danneggiato, il quale, oltre ad agire direttamente nei confronti dell'assicuratore, per ragioni di maggior tutela, possa preferire una statuizione di condanna anche del conducente, ai sensi dell'art. 2054 c.c. D'altro canto, può anche essere il proprietario del veicolo coinvolto nella collisione che, in forza del regime di solidarietà che contraddistingue l'obbligazione risarcitoria verso il danneggiato, abbia interesse a convenire in giudizio anche il conducente per estendere l'eventuale accertamento di responsabilità.

Qualora sia il conducente a rilasciare la dichiarazione, pertanto, non potrà trovare applicazione l'art. 2733 comma 3 c.c. e le affermazioni contenute nel modulo di constatazione amichevole avranno valore di confessione stragiudiziale, quindi, a norma dell'art. 2735 c.c., produrranno i medesimi effetti di una confessione giudiziale, ovvero l'esclusione della possibilità di offrire la prova contraria.

Tale conclusione, tuttavia, è stata ritenuta applicabile nei confronti del solo confitente.

Per quanto concerne, infatti, il valore probatorio delle affermazioni rese dal conducente nei confronti del proprietario del veicolo e dell'assicuratore le soluzioni divergono in base alla domanda avanzata dal danneggiato.

Qualora quest'ultimo abbia agito tanto nei confronti diretti dell'assicuratore, quanto verso il proprietario e il conducente, a mente dell'art. 2054 c.c., la ricostruzione contenuta nel modulo C.A.I. potrà essere soltanto oggetto di libero apprezzamento del giudicante. In questa ottica, infatti, il regime dei mezzi di prova andrà valutato in ossequio ai principi generali in materia di obbligazioni solidali, che limitano l'estendibilità agli altri condebitori, in specie il proprietario, di fatti aventi incidenza negativi nei loro confronti (cfr. Cass. civ., sez. III, 1 luglio 2002, n. 9548).

Rispetto alla posizione dell'assicuratore, d'altronde, già Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2007, n. 10304 in motivazione rilevava come «nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del veicolo […] le affermazioni confessorie rese dal conducente vanno liberamente apprezzate dal giudice di merito, come è avvenuto nella fattispecie, mentre esse fanno piena prova, a norma degli artt. 2733 - 2735 c.c. nei confronti del conducente confidente» (cfr. nello stesso senso anche Cass. civ., sez. VI, 19 febbraio 2014, n. 3875 e Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2014, n. 24487).

Diversamente è a dirsi, invece, nell'ipotesi in cui la pretesa risarcitoria abbia come legittimati passivi il conducente e il proprietario convenuti in solido, in forza della responsabilità speciale ex art. 2054 c.c., e l'assicuratore sia chiamato ad intervenire in garanzia.

In tale situazione nulla muta quanto alla valenza della dichiarazione resa dal conducente nei suoi stessi confronti e con riguardo alla posizione del proprietario, nei termini anzidetti. Tuttavia, potrà trovare effettiva applicazione l'art. 143 cod. ass., il quale pone in capo all'assicuratore l'onere di fornire la prova contraria delle rappresentazioni contenute nel modello C.A.I.

II) La necessità di individuare l'effettivo valore probatorio del C.A.I., peraltro, è del tutto eventuale. Infatti, il convincimento del giudice può anche prescindere dalla valutazione di tale documento qualora le dichiarazioni ivi contenute rappresentino una situazione di fatto oggettivamente incompatibile con le conseguenze del sinistro accertate in sede istruttoria.

Secondo una recente, ma costante giurisprudenza di legittimità, infatti, circostanze quali l'entità dei danni riportati dal mezzo coinvolto nel sinistro, la situazione dei luoghi ove sia avvenuto il medesimo e la mancanza di danni a carico del conducente del veicolo possono rivelarsi elementi sufficienti a superare la ricostruzione della dinamica dell'incidente come descritta nel C.A.I. (cfr. Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2013, n. 15881).

La Suprema Corte sostiene, quindi, che l'accertamento di tale “incompatibilità logica” in ordine alle vicende di fatto «si pone come una sorta di momento antecedente rispetto all'esistenza ed alla valutazione della dichiarazione confessoria resa dal conducente» (così nella parte motiva Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2013, n. 15881 e Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2019, n. 8451).

In tal senso, sembra potersi quindi rinvenire la prosecuzione di una chiara coordinata giurisprudenziale tesa al restringimento dell'effettivo ambito di operatività probatoria del modulo di constatazione amichevole, sulla scorta del malcostume e financo dell'illiceità che affliggono l'utilizzo di tale strumento.

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