L'illegittima percezione o spesa di un finanziamento pubblico radica la giurisdizione contabile anche nei confronti dei soggetti di diritto privato

Ilvio Pannullo
11 Febbraio 2020

Le federazioni sportive, pur essendo associazioni private senza scopi di lucro, e coloro che con esse intrattengono un rapporto organico, sono sottoposti alla giurisdizione contabile quando è provata la distrazione di fondi pubblici dal fine cui erano stati originariamente destinati?
Massima

È sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti chiunque intrattenga un rapporto organico con un soggetto di diritto beneficiario di una erogazione pubblica -concorrendo così alla realizzazione del programma della P.A. e instaurandosi consequenzialmente con questa un rapporto di servizio- ove dai comportamenti tenuti sia derivata la distrazione dei fondi in questione dal fine pubblico cui erano destinati, radicandosi la giurisdizione contabile in ragione della provenienza dal bilancio pubblico dei fondi erogati e del dovere, facente capo a tutti i soggetti che tali fondi amministrano, di assicurarne l'utilizzo per i fini cui gli stessi sono destinati.

Il caso

Il Procuratore Regionale per il Lazio della Corte dei conti (di qui, “PR”) citava in giudizio innanzi la Sezione giurisdizionale regionale (di qui, “Sezione Lazio”) Tizio e Caio, rispettivamente Presidente e Segretario generale pro tempore della Federazione Italiana Sport Equestri (di qui, “FISE”), contestandogli il danno erariale cagionato all'Ente nel quadriennio olimpico 2009-2012 per mala gestio.

Caio si costituiva con memoria di stile, mentre Tizio proponeva ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, cui resistevano con distinti controricorsi il PR e il CONI, quest'ultimo parte del processo contabile avendo proposto intervento ad adiuvandum rispetto all'atto di iniziativa del PR.

La questione

Il punto è il seguente: le federazioni sportive, pur essendo associazioni private senza scopi di lucro, e coloro che con esse intrattengono un rapporto organico, sono sottoposti alla giurisdizione contabile quando è provata la distrazione di fondi pubblici dal fine cui erano stati originariamente destinati?

Le soluzioni giuridiche

Oggetto dell'ordinanza in commento è (la conferma del) l'individuazione del criterio mediante il quale verificare il radicamento della giurisdizione della Corte dei conti, ossia la materiale percezione di risorse finanziarie pubbliche e il loro utilizzo in conformità con la finalità originariamente sottesa al trasferimento.

La vicenda prende le mosse dalla citazione in giudizio innanzi al Giudice contabile del Presidente e del Segretario generale p.t. della FISE, costituita ex lege al pari di tutte le federazioni sportive nazionali nella forma dell'associazione privata senza scopi di lucro, per ivi sentirli rispondere del danno erariale diretto cagionato all'Ente per le spese illegittime da questi sostenute (i.e. transazione conclusa con terzi con irragionevole esborso a carico della FISE e spese non giustificate per servizio di noleggio autovetture, acquisto di carburante, ristoranti, viaggi e soggiorni).

Avverso l'atto introduttivo del giudizio di responsabilità, la difesa di Caio adisce le Sezioni Unite civili della Cassazione contestando la rilevanza e la sufficienza delle contestazioni del PR a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.

Ad avviso del Requirente, infatti, va affermata la giurisdizione contabile, da una parte, perché la FISE persegue scopi di interesse pubblico in quanto longa manus del CONI -ente pubblico che, non gestendo direttamente le singole discipline sportive, esercita sulle singole federazioni poteri di indirizzo, vigilanza, controllo e supplenza estremamente pregnanti, erogando peraltro alle stesse contributi pubblici destinati alla promozione dell'attività sportiva- dall'altra, perché, pur a fronte della natura privatistica della FISE, deve giudicarsi irrilevante che nei bilanci depositati i fondi pubblici provenienti dal CONI e vincolati alla mission pubblico-sportiva risultano separati da quelli privati e destinati alle altre attività statutarie, giacché le entrate, da qualsiasi fonte provenienti, formano invero una massa inscindibile di mezzi da destinare a tutte le spese iscritte in bilancio, in ragione del principio giuscontabilistico della unità del bilancio.

Il ricorrente, con unico articolato motivo, richiamando peraltro alcuni arresti -seppur datati- della stessa Sezione Lazio in materia, contesta la giurisdizione contabile, in primo luogo, perché in ragione della natura ex lege di associazione di diritto privato della FISE non sono rinvenibili i presupposti per configurare sia la federazione sia le somme oggetto di contestazione come pubblicistiche, donde l'impossibilità di configurare l'esistenza di un danno erariale in senso oggettivo, in secondo luogo, perché ritiene comunque esclusa un'interpretazione pubblicistica delle attività della FISE in ragione sia, nell'ambito del bilancio, della distinzione contabile tra risorse pubbliche e risorse private sia della sub-valenza quantitativa delle prime sulle seconde.

Il PR resiste con controricorso riaffermando l'inquadramento giuridico della fattispecie di danno contestata, ossia l'evidente illegittimità delle spese sostenute e conseguente distrazione dal fine pubblico cui erano vincolate le risorse trasferite alla FISE dal CONI.

Anche quest'ultimo resiste con autonomo controricorso, evidenziando il granitico orientamento della Suprema Corte a mente del quale, ormai dal 2013, il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto -che ben può essere un privato o un ente pubblico non economico- alla natura degli scopi perseguiti, sicché ove il privato distolga da questi ultimi il contributo ricevuto, si rende autore di uno sviamento dalle finalità di legge e cagiona un danno erariale. Insiste, inoltre, definendo come del tutto prive di pregio le considerazioni del ricorrente in ordine alla circostanza che le risorse di natura pubblica di cui beneficia la FISE non sarebbero né prevalenti né principali, non assumendo rilievo per il radicamento della giurisdizione il valore della contribuzione pubblica, ma esclusivamente che le somme erogate da un soggetto pubblico siano state distratte dalla destinazione per la quale erano state concesse.

La Corte regolatrice, con agile e stringata motivazione, richiama il proprio «orientamento consolidato» e afferma (ancora una volta) che in tema di danno erariale è configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un contributo statale ed i soggetti privati i quali, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall'Amministrazione, distogliendo così le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate, sicché il percettore del finanziamento risponde per danno erariale innanzi alla Corte dei conti qualora, disponendo della somma in modo diverso da quello programmato, frustri lo scopo perseguito dall'ente pubblico.

Osservazioni

L'ordinanza in commento è degna di nota per aver perentoriamente confermato il già consolidato orientamento della Corte regolatrice in ordine ai presupposti da verificare per il radicamento della giurisdizione contabile.

È ormai dunque da considerarsi inattuale e superato il diverso orientamento -ormai risalente al lontano 2012- a mente del quale laddove un soggetto di diritto privato dotato di personalità giuridica e autonomia patrimoniale perfetta subisca un pregiudizio patrimoniale riconducibile alle condotte dei propri amministratori, esula dall'ambito della giurisdizione contabile -e deve piuttosto valersi degli strumenti apprestati dal diritto privato- l'azione di responsabilità nei confronti dell'organo gestorio, al quale non si trasferisce il rapporto di servizio che lega l'ente alla pubblica amministrazione in ragione dello svolgimento di funzioni anche pubblicistiche.

L'indirizzo giurisprudenziale che con l'ordinanza in commento è ulteriormente confermato impone, infatti, che il soggetto destinatario di finanziamenti pubblici, a prescindere dalla sua natura pubblica o privata, risponda dell'eventuale loro utilizzo illegittimo o, comunque, indebito, dovendo lo stesso garantire, in virtù della costituzione di un vero e proprio rapporto di servizio con l'Erario, la destinazione dei fondi ricevuti per le finalità per le quali gli sono stati attribuiti.

Di più: qualora il soggetto fruitore dei fondi pubblici sia una società-persona giuridica, la responsabilità erariale attinge anche coloro che con la società abbiano intrattenuto un rapporto organico, ove dai comportamenti sia derivata la distrazione dei fondi in questione dal fine pubblico cui erano destinati e ciò in quanto, nello schema ormai definitivamente cristallizzato dal Giudice della giurisdizione, il parametro di riferimento della responsabilità erariale (e, quindi, della giurisdizione contabile) è rappresentato dalla provenienza dal bilancio pubblico dei fondi erogati e dal dovere facente capo a tutti i soggetti che tali fondi amministrano di assicurane l'utilizzo per i fini cui gli stessi sono destinati.

Limitare la giurisdizione contabile alle sole ipotesi in cui l'illecito sia eziologicamente connesso ad un rapporto di servizio tradizionale va, infatti, nel senso opposto a quanto la Corte di Cassazione afferma ormai da tempo in tema di inserimento funzionale quale presupposto sufficiente perché il danno erariale, cagionato da un soggetto anche completamente estraneo all'organizzazione in senso stretto della P.A., sia conosciuto dal Giudice contabile.

È stato precisato a tal proposito che il rapporto di servizio così interpretato non comporta soltanto l'esercizio di funzioni pubbliche, bensì postula che il soggetto (persona fisica o giuridica) sia inserito nell'apparato della P.A. per il conseguimento di un fine pubblico; non basta, quindi, l'esplicitazione di un'attività afferente agli scopi dell'amministrazione, ma occorre anche la partecipazione del rapporto allo svolgimento dei modi di azione propri di questa, estrinsecativo della potestà che ad essa compete, o, comunque, allo svolgimento di attività ad essa imputabili, così che ne derivi una posizione di appartenenza lato sensu del soggetto stesso l'amministrazione pubblica.

Si consolida così un orientamento che si apprezza per l'estensione della giurisdizione contabile a tutti quegli ambiti in cui si faccia un regolare e costante utilizzo di risorse pubbliche. Il rapporto di servizio, nel senso anzidetto, ricorre, infatti, anche quando il soggetto sia stato investito, in modo continuativo, di una certa attività, con il suo temporaneo inserimento nell'organizzazione amministrativa e con la conseguente creazione di particolari vincoli comportanti l'osservanza di obblighi, diretti, ancora una volta, ad assicurare il buon andamento dell'attività e la sua rispondenza alle esigenze pubbliche cui è preordinata.

In altri termini, come è stato autorevolmente ed efficacemente sottolineato da attenta Dottrina, per il radicamento della giurisdizione contabile non solo non rileva più il rapporto di servizio, ma «non rileva [neanche] che l'attività sia svolta in forme privatistiche, [rilevando solo] il fatto che essa sia svolta con l'utilizzo di risorse pubbliche ed a fini di pubblica utilità».

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