Lo sconfinamento dai parametri delle tabelle milanesi nella liquidazione del danno non patrimoniale da lesione alla salute

17 Febbraio 2020

Considerato che l'applicazione delle tabelle milanesi - per quanto riguarda la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla salute - integra il concetto di equità, i giudici di legittimità si interrogano sulla possibilità di sconfinare oltre i limiti tabellari, laddove si tratti di garantire la tutela di beni di rilievo costituzionale.
Massima

Qualora la lesione alla persona derivi da un fatto illecito violento, di natura dolosa, viene integrata una delle ipotesi particolari che giustificano, nella valutazione del danno morale, uno sconfinamento oltre i limiti previsti dalle tabelle milanesi.

Il caso

Nel corso di un diverbio scoppiato in campo durante una partita amatoriale di calcio, uno dei contendenti pone in atto un'aggressione fisica. Alla vittima, attaccata alle spalle, viene staccato a morsi il lobo dell'orecchio, provocando alla stessa un'invalidità che verrà valutata nella percentuale del 10%. Il ricorso in Cassazione del danneggiato si fonda sulla mancata considerazione - in sede di risarcimento - delle ansie e sofferenze psichiche patite a seguito di tale fatto: le quali non troverebbero riscontro all'interno della tabella milanese - relativa alla liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla salute - posto che la stessa ingloba il danno morale calcolato tenendo conto della media degli eventi che provocano quel certo tipo di lesione.

La questione

Considerato che l'applicazione delle tabelle milanesi - per quanto riguarda la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla salute - integra il concetto di equità, i giudici di legittimità si interrogano sulla possibilità di sconfinare oltre i limiti tabellari, laddove si tratti di garantire la tutela di beni di rilievo costituzionale.

Le soluzioni giuridiche

Nell'affrontare la questione, la Cassazione sviluppa il suo ragionamento partendo dalla considerazione che il danno alla persona - pur dovendosi commisurare in relazione a tipologie di pregiudizio ontologicamente differenti e ugualmente rilevanti, quali il danno biologico e il danno morale – va valutato in maniera unitaria e complessiva. Ai fini della relativa liquidazione, si riconosce che le tabelle milanesi risultano accreditate dalla giurisprudenza di legittimità come regole integratici del concetto di equità, atte pertanto a circoscrivere la discrezionalità dell'organo giudicante. La S.C. rammenta che, all'interno della tabella, il valore finale del punto di invalidità viene determinato tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella qualificata in termini di danno morale. In presenza di specifiche circostanze di fatto - che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari - il giudice può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste dalle stesse tabelle, purché dia conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una più consistente considerazione in termini monetari. I giudici di legittimità ribadiscono, in definitiva, che al giudice spetta far emergere circostanze di fatto peculiari, legate alla singolarità della situazione specifica, evitando di procedere a un'applicazione stereotipata delle tabelle.

La S.C. sottolinea, altresì, che i limiti tabellari (determinati dal valore del punto, incrementato della percentuale massima prevista per la personalizzazione) possono essere superati «quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto». Ne consegue, secondo la Cassazione, che «uno sconfinamento dalle tabelle milanesi potrebbe essere giustificato da una ragione superiore, rinvenibile nella necessità di soddisfare e reintegrare (…) beni di rilievo costituzionale di particolare rilevanza».

Nel caso di specie, la S.C. rileva che in sede di merito i giudici non hanno tenuto conto della peculiarità della fattispecie esaminata (puntando, erroneamente, alla ricerca di esiti negativi radicalmente stravolgenti), osservando che «la Corte di merito non ha considerato se il fatto illecito violento, di natura dolosa, da cui è derivata la lesione della persona, meriti una particolare e separata valutazione in termini di danno morale, e la fattispecie dunque integri le ipotesi particolari che giustificano, in ipotesi, anche uno sconfinamento dai parametri ordinari». A essere state trascurate risultano le circostanze e modalità con cui si è verificata la lesione volontaria, scaturita da una violenza inaudita e fonte di conseguenze cruente (compresa la ricerca affannosa del lobo staccato sul terreno di gioco); lesione da cui risulta, peraltro, essere derivata un'estenuante trafila di visite mediche e interventi chirurgici, nonché un'accertata incidenza negativa nella quotidianità della vittima. Si tratta di elementi che, secondo la S.C., sono tali da richiedere «una separata o comunque adeguata valutazione del danno morale derivatone».

Osservazione

La Cassazione torna a pronunciarsi sulla discussa questione della personalizzazione del danno non patrimoniale da lesione alla salute: problema, questo, balzato di recente al centro del dibattito alla luce delle conclusioni formulate con la celebre ordinanza “decalogo” del 2018 (Cass. civ., 27 marzo 2018, n. 7513) e di recente ribadite all'interno di una delle pronunce di San Martino in materia di responsabilità medica (Cass. civ., 11 novembre 2019, n. 28988). In quelle pronunce si afferma che l'incremento rispetto ai valori tabellari, in termini di personalizzazione, risulta ammissibile esclusivamente in quanto venga dimostrata in capo alla vittima la ricorrenza di conseguenze dinamico-relazionali anomale e del tutto peculiari, essendo quelle ordinarie già ricomprese nel calcolo del valore del punto. Le conseguenze dannose da ritenersi normali – in quanto destinate a manifestarsi in capo a qualunque persona con la medesima invalidità - non giustificano, quindi, alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento. Dal canto suo, l'ordinanza in commento si sofferma sulla componente morale del pregiudizio, e rileva la necessità di tener conto delle circostanze peculiari che contraddistinguono la fattispecie concreta, ipotizzando l'eventualità che tale personalizzazione possa anche spingersi oltre il limite massimo determinato in sede tabellare: sconfinamento possibile, secondo la S.C., in quanto il giudice si trovi davanti a un'ipotesi connotata da circostanze delle quali la tabella non può aver tenuto conto.

Per quanto riguarda la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla salute, va – in generale – rilevato che la stessa deve necessariamente transitare attraverso due fasi: la prima prevede l'applicazione dei valori tabellari, diretta a garantire una valutazione omogenea – attraverso l'identificazione di parametri uniformi - di casi astrattamente simili; la seconda, quella della personalizzazione, è finalizzata a prendere in considerazione le circostanze del caso concreto in cui la lesione si è verificata, e decidere come adeguare alle stessa la somma inizialmente individuata. Ciò posto, dovrà sempre considerarsi stereotipata – vale a dire meccanica e impersonale, e come tale non ammissibile – la liquidazione che si limiti ad applicare il valore tabellare del punto, senza che il giudice operi alcuna considerazione al riguardo. Va sottolineato che – visto che i valori tabellari, attualmente, risultano comprensivi delle conseguenze dinamico-relazionali e morali di carattere standard - la fase della personalizzazione potrebbe risolversi nel riconoscimento, da parte del giudice, che il caso concreto non presenta peculiarità tali da rendere necessario uno scostamento da quella somma.

Un adeguamento della liquidazione si renderà indispensabile ogni volta che l'impatto della lesione comporti una ripercussione negativa della quale il calcolo tabellare non abbia tenuto conto. A tale riguardo, si tratta di osservare che la costruzione della tabella non tiene in alcuna considerazione il tipo di evento posto all'origine dell'invalidità; il che significa che non appaiono comprese nel valore del punto quelle ripercussioni le quali scaturiscano dal carattere doloso del comportamento del danneggiante. Come giustamente rilevano i giudici di legittimità, diversa è la situazione in cui la lesione derivi da un incidente di gioco da quella in cui la stessa risulti provocata da una violenta aggressione. Si tratterà, dunque, di prendere fornire riscontro alle conseguenze provocate dal reato, sia sul piano morale che relazionale (come affermato da Cass. civ., 15 ottobre 2019, n. 25931, relativamente al danno non patrimoniale sofferto dai figli della vittima di un'estorsione di carattere mafioso): suscettibili, nel caso di specie, di riflettersi in uno stato di profonda angoscia della vittima, nonché in ripercussioni legate al cambiamento dello stile di vita

Resta da chiedersi quale sia la modalità attraverso la quale dar conto di tali specifiche compromissioni. Il percorso arieggiato dalla S.C. è quello mirante a convogliare le stesse in seno alla personalizzazione del calcolo del danno non patrimoniale da lesione alla salute (nella medesima prospettiva v. Trib. Padova 13 giugno 2013, il quale opera una personalizzazione massima del danno alla salute patito dalla vittima di un'aggressione, osservando come «tra gli elementi di cui il giudice può tener conto ai fini della determinazione del risarcimento vi sia quello della gravità dell'illecito penale (…) è abbastanza scontato, del resto, che dolore, sdegno, patemi d'animo siano correlati anche al tipo di colpevolezza da cui sono stati prodotti»). A tale riguardo, la S.C. ipotizza l'eventualità che possa essere perseguito un superamento dei limiti tabellari: sconfinamento che risulta prospettato non già in ragione dell'eccezionalità delle conseguenze connesse alla lesione alla salute (come invece riconosciuto da Cass. civ., 29 ottobre 2019, n. 27727), quanto del tipo di evento posto all'origine delle stesse (mentre in termini più ampi si pronuncia Cass. civ., 4 febbraio 2020, n. 2461, secondo cui – per il danno morale – non sarebbe giustificata in radice la postulazione di un tetto massimo alla personalizzazione del danno).

La strada alternativa è quella mirante a ragionare in termini di plurioffensività dell'illecito, con la prospettiva di riconoscere autonomo rilievo alle compromissioni non patrimoniali (non ricomprese nel calcolo del danno alla salute) discendenti dal fatto-reato. In effetti, si tratta di rilevare che – quand'anche dall'aggressione non fossero scaturite conseguenze di carattere fisico – la vittima della stessa avrebbe comunque subito delle ripercussioni negative di ordine emotivo (e, forse, anche di carattere relazionale) alle quali sarebbe stato necessario garantire riscontro risarcitorio; a tali compromissioni – ovviamente ben più rilevanti laddove la violenza determini un'invalidità permanente – si tratterebbe allora di garantire un riscontro risarcitorio separato rispetto al danno non patrimoniale da lesione alla salute.

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