Danni da infiltrazioni e responsabilità del condominio

20 Febbraio 2020

Il Tribunale di Salerno ha ritenuto il condominio responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei danni subìti dal singolo condomino nell'unità immobiliare in sua proprietà esclusiva derivanti da infiltrazioni promananti dal superiore tetto di copertura dell'edificio poiché giuridicamente tenuto, quale custode delle parti comuni, all'assolvimento dei relativi obblighi conservativi, e ciò anche qualora la loro manutenzione fosse stata demandata ad impresa appaltatrice nei cui confronti sarebbe, quindi, legittimato a spiegare domanda di manleva.
Massima

Il condominio, poiché giuridicamente tenuto, ai sensi dell'art. 1130 c.c., quale loro custode, alla relativa attività conservativa è responsabile, ex art. 2051 c.c., dei danni subìti dal singolo condomino nell'unità immobiliare in proprietà solitaria derivati da parte comune anche qualora la loro manutenzione fosse stata demandata a impresa appaltatrice verso la quale potrà, quindi, esercitare azione di garanzia.

Il caso

Un condomino ha promosso, nei confronti del condominio, azione risarcitoria per il ristoro dei danni verificatisi nell'unità immobiliare in sua proprietà esclusiva, posta all'ultimo piano dell'edificio, determinati da infiltrazioni derivanti dal soprastante tetto di copertura.

Costituitosi in giudizio, il condominio ha chiesto ed ottenuto autorizzazione alla chiamata in causa dell'impresa appaltatrice degli interventi di risanamento conservativo dello stabile nei cui confronti ha proposto istanza di garanzia.

Sulla scorta delle risultanze di espletata c.t.u., l'adito Tribunale ha accolto la domanda, ritenendo che il lamentato fatto dannoso dovesse essere causalmente ricondotto a carenza di adeguata attività conservativa della parte comune cui l'ente di gestione condominiale doveva ritenersi tenuto, quale suo custode, ai sensi dell'art. 1130 c.c., sì da radicarne conseguente responsabilità ex art. 2051 c.c. e ciò sebbene avesse affidato le relative opere manutentive all'impresa nei confronti della quale ha adesivamente riscontrato la richiesta di manleva.

La questione

La quaestio che si è posta all'attenzione del giudice campano si è incentrata sull'individuazione del soggetto che possa ritenersi responsabile del pregiudizio accusato dal proprietario della singola unità immobiliare compresa in un edificio organizzato in condominio e derivante da parti comuni che siano state comunque oggetto di interventi conservativi, all'uopo demandanti a impresa appaltatrice.

Al riguardo, potrebbero individuarsi due titoli concorrenti, fondanti alternative situazioni di responsabilità: da un lato quella da fatto illecito, ex art. 2051 c.c., ascrivibile all'ente di gestione condominiale e che ha riferimento al dovere di custodia delle parti comuni dell'edificio, predicabile in forza dell'art. 1130 c.c., la cui valenza oggettiva, con il solo limite esimente del caso fortuito, determina l'enucleazione del relativo obbligo risarcitorio in capo al custode della res da cui si origini il fatto produttivo di nocumento; dall'altro quella dell'impresa appaltatrice la cui non diligente esecuzione del contratto di appalto, avente ad oggetto la conservazione delle stesse, potrebbe apprezzarsi quale inadempimento negoziale che, se del caso, anche il singolo condomino, in virtù del principio della “rappresentanza reciproca” e della “legittimazione sostitutiva” - per il quale ciascun partecipe della comunione edilizia condominiale può agire a tutela dei diritti comuni nei confronti di terzi (Cass. civ., sez.II, 3 agosto 2010, n. 18028) - potrebbe far valere per conseguire l'auspicato ristoro.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice monocratico salernitano, in adesivo recepimento della domanda del condomino danneggiato e valorizzando la previsione dell'art. 2051 c.c., ha condannato il condominio, al risarcimento del danno lamentato e all'esecuzione delle opere necessarie per evitarne la reiterazione e, recependo la relativa istanza dell'ente di gestione convenuto, ha dichiarato tenuta la chiamata causa impresa appaltatrice, in ragione dell'obbligo di garanzia impropria fondato sul relativo contratto e conseguente al suo inadempimento, a tenere indenne l'appaltante da ogni esborso.

Osservazione

La decisione in esame si pone in sintonia con la esegesi in materia della Corte di Cassazione che, muovendo dalla titolarità dominicale delle parti e dei servizi comuni (ex art. 1117 c.c.), del conseguente dovere di loro giuridica e materiale custodia (ex art. 1130 c.c. esercitato, di regola, a mezzo dell'amministratore) perviene all'affermazione di responsabilità, in capo al condominio, per i danni subiti dai singoli condomini nelle unità immobiliari in proprietà individuale che siano eziologicamente da esse derivati.

Il giudice di legittimità ha, sul punto, precisato che, in forza dei richiamati principi normativi, tale obbligo risarcitorio sussiste anche qualora l'evento lesivo consegua a difetti costruttivi dell'edificio, escludendo che, in tali casi, la responsabilità del condominio possa alternativamente rapportarsi alla previsione dell'art. 1669 c.c. in posizione succedanea rispetto all'appaltatore ovvero che tale circostanza integri l'esimente del caso fortuito (Cass. civ., sez II, 12 luglio 2011, n. 15291).

In coerenza, non ne è stata, poi, ravvisata la configurabilità qualora il danno non avesse avuto alcuna riferibilità, in termini di derivazione causale, a parti comuni condominiali (in tal senso, v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 20 giugno 2019, n. 16625).

La pronuncia del Tribunale di Salerno accentua ulteriormente, quanto a contenuto, il dovere di custodia e la sua valenza oggettiva, ritenendo ininfluente e inidoneo a considerarlo adempiuto, in presenza del nocumento, il pregresso affidamento degli interventi conservativi ad impresa all'uopo incaricata.

Trattasi di affermazione condivisibile perché coerente con la portata precettiva della norma, come enucleabile alla luce sia della formulazione letterale che della pertinente consolidata esegesi.

Per espressa previsione di legge, verificatosi il fatto dannoso, la responsabilità del custode potrebbe essere elisa solo dal “caso fortuito” al quale possono essere ricondotte tutte quelle situazioni, estranee all'azione del “danneggiante” ed aventi autonoma ed indipendente efficacia causale in ordine alla sua produzione sì da far cessare, sotto tale profilo, relazione alcuna tra la cosa custodita e l'evento pregiudizievole (così Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2010, n. 5658).

L'esecuzione di attività manutentiva, all'uopo affidata ad impresa, si colloca nel contesto dei doveri inerenti alla custodia, qualificandone le modalità esplicative, sicchè l'inadempimento del soggetto incaricato, ai fini della costruzione della responsabilità ex art. 2051 c.c., si rapporterebbe comunque all'esercizio della custodia e non sarebbe ad essa alieno.

Ciò posto, deve ritenersi meritevole di attenzione la connessa problematica relativa alla ripartizione endocondominiale delle conseguenze dell'affermazione di responsabilità.

Si è ormai affermato il principio per il quale, in tali casi, sul presupposto della carenza di personalità ovvero anche di autonoma soggettività giuridica del condominio, trovi applicazione la previsione dell'art. 2055 c.c. -disciplinante l'ipotesi dell'imputabilità del fatto dannoso a più soggetti - e debba affermarsi l'esistenza dell'obbligo risarcitorio in capo a ciascun componente la collettività condominiale, titolare del dovere di custodia in conseguenza della relativa comproprietà (in tal senso, v. Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2015, n. 1674).

Trattasi, pertanto, di obbligazione passivamente plurisoggettiva che legittima, poi, l'eventuale condomino adempiente all'esercizio dell'azione di regresso nei confronti dei coobbligati.

Quanto, però, alle concrete modalità attuative di tale obbligo, apprezzato sia dal lato del creditore che dal punto di vista del relativo soggetto passivo, possono segnalarsi alcune criticità.

Sotto il primo aspetto, va rilevato che l'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., come novellato dall'art. 18, comma 1, l. 11 dicembre 2012, n. 220, prevede che il creditore debba rivolgere le proprie istanze di pagamento prioritariamente nei confronti dei condomini non in regola nel pagamento degli oneri condominiali e, in via successiva ed eventuale, nei confronti degli altri regolarmente adempienti, in tal modo strutturalmente e giuridicamente qualificando la posizione del singolo componente la collettività condominiale che non versi in situazione di morosità, sia pure nel contesto di una obbligazione di carattere solidale, come assistita da beneficium ordinis et escussionis .

L'ampiezza della previsione normativa e l'assenza di limitazione alcuna in relazione alla natura della pretesa fatta valere induce a ritenere che tale modalità operativa condizioni l'adempimento sia delle obbligazioni di fonte contrattuale che da fatto illecito, in esse comprese quelle aventi titolo legittimante nella previsione dell'art. 2051 c.c.

Con riferimento all'ulteriore dei profili evidenziati, va, invece, precisato che l'obbligo risarcitorio, sia pure limitatamente alla propria quota millesimale di partecipazione comproprietaria, interessa passivamente anche il condomino danneggiato.

La responsabilità del condominio, come detto, trova fondamento nel negligente esercizio della custodia della parte comune da cui il danno da riparare ha avuto origine e, poiché suo comproprietario, i connessi doveri conservativi fanno capo anche al danneggiato che, pertanto, proporzionalmente, deve risponderne.

Tali principi hanno avuto affermazione pretoria nella pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 21 novembre 2011, n. 24406),che ha affrontato la tematica relativa al concorso della condotta colposa della vittima della produzione del fatto lesivo ed ha individuato i presupposti in presenza dei quali tale compartecipazione può ritenersi ravvisabile e gli effetti che ne conseguono.

Differente ordine di considerazioni va operato, invece, per quel che riguarda le spese processuali al cui pagamento venisse condannato il condominio, evocato in giudizio dal condomino danneggiato: in tal caso si tratterebbe di obbligo avete titolo in un pronunciamento giudiziale reso all'esito di un procedimento in relazione al quale il condomino, suo promotore, assume una posizione di terzietà ed autonomia rispetto a quella antagonista della controparte processuale.

Va, da ultimo, precisato che la tematica esaminata è differente da quella, pure ricorrente nella prassi delle relazioni condominiali, che ha trovato un proprio principio risolutore nella sentenza delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 10 maggio 2016, n. 9449), che, per il caso in cui la superficie di copertura non sia in proprietà condominiale ma sia di titolarità dominicale o uso esclusivo individuale, la riparazione dei danni da essa derivati debba intervenire, di regola, applicando i criteri stabiliti dall'art. 1126 c.c.

Guida all'approfondimento

Morello, Se il terrazzo è privato, dei danni non risponde il condominio, in dirittoegiustizia.it, 2019

Pilot, Infiltrazioni dal lastrico solare, danni all'unità immobiliare sottostante e responsabilità del condominio, in ridare.it, 2019

Trapuzzano, Delimitazione della responsabilità del condominio per i danni cagionati da cose in custodia, in giustiziacivile.com, 2018

(FONTE: condominioelocazione.it)

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