Danni da attraversamento di un capriolo: responsabile la Provincia, se vi è stata negligenza in concreto

Antonio Scalera
23 Marzo 2020

La questione della quale è investita la Corte di legittimità attiene alla responsabilità della PA in caso di danni cagionati dalla fauna selvatica.
Massima

In caso di danno cagionato da animali selvatici, ai fini dell'affermazione della responsabilità gravante sulla P.A., occorre valutare se vi sia stata violazione di un precetto che imponeva di tenere una condotta di cautela e di salvaguardia dei fruitori della strada, certamente non correlata all'obbligo generale di protezione e gestione della fauna, ma alla situazione di rischio di attraversamento della fauna in concreto sussistente in quel territorio.

Il caso

C.R. convenne dinanzi al Tribunale la Provincia Autonoma di Trento per chiederne la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito il giorno 25 giugno 2010, alle ore 22:45, a causa dell'investimento di un capriolo che aveva invaso la strada statale, percorsa a bordo della propria moto, attraversandola da destra verso sinistra, a causa dell'impatto col quale, l'animale era stato tranciato i due pezzi, mentre egli era caduto dal veicolo finendo contro il guard rail, provocandosi gravi lesioni, con conseguente perdita di un arto inferiore.

Il giudice di secondo grado, confermando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda sull'assunto che, ai sensi dell'art. 2043 c.c., non fosse ascrivibile un concreto comportamento colposo all'ente pubblico (Provincia Autonoma di Trento), in relazione alla detenzione della pubblica via, ritenendo irrilevante l'assenza di segnaletica in quel tratto di strada, ovvero, più in generale, non ravvisabile la violazione di un obbligo specifico di predisporre misure atte a scongiurare il sinistro (come ad esempio, un guard rail senza interruzioni, appositi segnalatori acustici, ecc.), in mancanza di una situazione di concreto rischio di presenza, sul luogo dell'impatto, di un numero rilevante e incontrollato di animali selvatici.

Il ricorrente si duole che non sia stato adeguatamente valutato che l' apposizione di un cartello di pericolo, come anche l' apposizione di altri dissuassori, (i catadiottri antiselvaggina o segnalatori acustici), o di un guard rail continuo nel tratto di strada in questione, sarebbero tutte misure di prevenzione che, se adottate, avrebbero potuto contenere il rischio di impatto violento con animali ungulati per i veicoli circolanti, e ciò al fine di dissuadere il capriolo dall'attraversare la strada, essendosi dimostrato in passato come «presenza pericolosa» per chi percorreva quel tratto di strada, sito in una area destinata a un piano di ripopolamento della fauna selvatica montana.

La questione

La questione della quale è investita la Corte di legittimità attiene alla responsabilità della P.A. in caso di danni cagionati dalla fauna selvatica.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione offerta dalla Suprema Corte è nel senso che la responsabilità extracontrattuale per i danni provocati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli deve essere imputata all'ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc., cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, anche in attuazione della legge n. 157 del 1992, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che i poteri di gestione derivino dalla legge, sia che trovino la fonte in una delega o concessione di altro ente (Cass. civ., Sez. III, sent. 8 gennaio 2010 n. 80; Cass. civ., Sez. III, sent. 10 ottobre 2014 n. 21395; Cass. civ., Sez. III, ord. 31 luglio 2017 n. 18952).

In particolare, la delega per la gestione della fauna selvatica risulta concretamente attuata in favore delle singole Province.

Di conseguenza, i poteri di protezione e gestione della fauna selvatica attribuiti alle Province espongono queste ultime a una responsabilità per i danni cagionati dagli animali selvatici, atteso che l'esercizio di tali poteri è indirizzato sia alla tutela del complessivo equilibrio dell'ecosistema sia alla sicurezza dei soggetti potenzialmente esposti ai danni derivanti dagli imprevedibili comportamenti della fauna» (Cass. civ., Sez. VI-3, ord. 17 settembre 2019 n. 23151; Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2018n. 1579; Cass. civ., Sez. III, sent. 10 novembre 2015 n. 22886). La responsabilità della P.A. in materia, in realtà, non è equiparabile a quella inerente al controllo sugli animali di cui si abbia una custodia o detenzione.

La Corte di merito, nel considerare la responsabilità della P.A., si è opportunamente posta in questa diversa prospettiva, rilevando che il danno cagionato dalla fauna selvatica in circolazione non è risarcibile ex art. 2052 c.c., essendo lo stato di libertà della selvaggina incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia a carico della P.A.

Anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 157 del 1992, la responsabilità della PA correlata ai comportamenti degli animali selvatici nel territorio di competenza va valutata entro la cornice del danno aquiliano, ex art. 2043 c.c., con la conseguenza che, in base all'onere probatorio stabilito da tale ultima disposizione, spetta al danneggiato provare la condotta colposa dell'ente pubblico causalmente efficiente rispetto al danno provocato dall'animale (Cass. civ., Sez. I, sent. 24 aprile 2014 n. 9276; Cass. civ., Sez. III, ord. 27 febbraio 2019 n. 5722).

Ed invero, la giurisprudenza che si è pronunciata in tale materia, muovendosi nell'ambito della fattispecie legale di cui all'art. 2043 c.c.., a partire dal 2010 sino a tempi più recenti (da Cass. civ., n. 80/2010 a Cass. civ., n. 22886/2015, attraverso Cass. civ., n. 4202/2011, Cass. civ., n. 21395/2014, Cass. civ., n. 12808/2015; Cass. civ., Sez. III, sent.9 agosto 2016 n. 16642), ha, in più occasioni, riconnesso l'imputazione della responsabilità agli enti pubblici territoriali, compresa la Provincia, cui dalla legislazione fossero stati concretamente affidati, nell'ambito del quadro della legislazione nazionale (l. n. 157 del 1992), concreti poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata.

In tema di responsabilità extracontrattuale, anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 157 del 1992, essendo lo stato di libertà della selvaggina incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia a carico della PA, il danno cagionato dalla fauna selvatica in circolazione è risarcibile non tanto ex art. 2052 c.c., bensì in forza dell'art. 2043 c.c., con la conseguenza che, in base all'onere probatorio stabilito da tale ultima disposizione, spetta al danneggiato provare una condotta colposa dell'ente pubblico causalmente efficiente rispetto al danno (Cass. civ., Sez. III, ord. 27 febbraio 2019 n. 5722).

Conseguentemente, la pretesa di far discendere l'obbligo di predisporre dispositivi specifici, miranti ad avvisare del pericolo, ovvero a scoraggiare o a impedire l'attraversamento di animali selvatici a tutela degli utenti della strada, non potendo direttamente derivare dalla finalità di protezione delle specie animali e dall'attribuzione dei relativi poteri agli enti territoriali, non può che trovare fondamento in specifiche norme che impongono alla PA di adottare misure preventive a tutela di chi si trovi ad attraversare tali territori in una situazione di concreto pericolo.

Altrimenti, dalla finalità generale della legislazione si farebbero discendere obblighi specifici, ai fini della valutazione della condotta negligente rilevante ai sensi dell'art. 2043 c.c. che andrebbero ben oltre la generica prudenza e diligenza richiesta in relazione al caso concreto (cfr. Cass. civ., Sez. III, sent. 28 marzo 2006 n. 7080; Cass. civ., Sez. III, sent. 9 agosto 2016 n. 16642; Cass. civ., Sez. I, sent. 24 aprile 2014 n. 9276; Cass. civ., Sez. III, ord. 27 febbraio 2019 n. 5722).

Pertanto, ai fini dell'affermazione della responsabilità gravante sulla PA, occorre valutare se, nel caso specifico, vi sia stata violazione di un precetto cheimponeva alla PA di tenere una condotta di cautela e di salvaguardia dei fruitori della strada, certamente non correlata all'obbligo generale di protezione e gestione della fauna, ma alla situazione di rischio di attraversamento della fauna in concreto sussistente in quel territorio.

Sotto il profilo della condotta diligente che la PA è tenuta ad osservare rileva che, a tenore della norma di cui all'art. 84, comma 2, Reg. Codice della Strada, il segnale di pericolo deve essere installato quando esiste una reale situazione di pericolo sulla strada, non percepibile con tempestività da un conducente che osservi le normali regole di prudenza.

In tale contesto, ove la pubblica amministrazione deve orientare la propria condotta a fini general-preventivi e sulla base di un principio di precauzione, il pericolo deve essere considerato al fine di generare un obbligo della PA di attivarsi a comprimerlo, con valutazione ex ante, trattandosi di una norma che orienta l'attività della PA in relazione alla situazione di rischio prospettabile nell'area in questione. L'obbligo insorge, dunque, quando vi sia pericolo concreto da comprimere (cfr., Cass. civ., n. 16642/2016 cit.).

Nella fattispecie in considerazione, invece, in sede di applicazione delle norme riferite alla prevenzione dei rischi sulle pubbliche vie, adibite alla circolazione di veicoli su strada, i giudici di appello non hanno considerato che, anche tenuto conto del principio di precauzione che deve orientare la condotta della P.A. ai fini general-preventivi, il campo del sinistro dovesse essere considerato una zona di pericolo di attraversamento di animali selvatici, non essendo dirimente che gli incidenti in precedenza fossero occorsi a soli duecento metri di distanza, ma che comunque nell'area fossero presenti e avessero dimostrato tale attitudine. Infatti, essendo gli incidenti collegati all'attraversamento di animali selvatici, rilevava esclusivamente che quella zona, non più ampia di 1 kmq, era complessivamente frequentata da quel tipo di fauna, di per sé mobile sul territorio, avente già dimostrato, peraltro, l'attitudine a invadere la corsia stradale, come confermato dalle due segnalazioni del 2012, (p. 33 della sentenza), sì da costituire un pericolo per gli utenti della strada - (cfr. Cass. civ., n. 7080/2006- richiamata da Cass. civ., n. 1579/2018, sopra citata, che valorizza la circostanza che il luogo del sinistro fosse abitualmente frequentato da animali selvatici, ovvero fosse stato teatro di precedenti incidenti tali da allertare le autorità preposte).

Nel caso concreto, pertanto, assume particolare rilievo l'inosservanza, da parte della Provincia, dell'obbligo di predisporre una segnaletica stradale adeguata in un'area frequentata dalla fauna selvatica avente l'attitudine ad attraversarla, e dunque costituente un concreto pericolo per gli utenti della strada, da valutarsi ex art. 84, comma 2, Reg. Cod.Strada, secondo il generale principio di precauzione che deve guidare l'attività della pubblica amministrazione.

Osservazioni

L'ordinanza offre l'occasione per svolgere alcune riflessioni sulla responsabilità della P.A. in caso di danni causati dalla fauna selvatica.

Il problema della risarcibilità dei danni arrecati dalla fauna selvatica è sorto con l'entrata in vigore della legge quadro sulla caccia (l. 27 dicembre 1977, n. 968, il cui art. 1 ha previsto che "la fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale", disposizione, poi, innovata dall'art. 1 l. 11 febbraio 1992, n. 157, la quale sancisce che la fauna selvatica facente parte del patrimonio indisponibile dello Stato è tutelata non più solo nell'interesse della comunità nazionale, ma anche nell'interesse di quella internazionale).

Prima di allora, gli animali selvatici viventi in libertà erano considerati res nullius e, come tali, suscettibili di acquisto tramite occupazione.

Con l'entrata in vigore della legge quadro sulla caccia, la fauna selvatica è stata inclusa, secondo l'opinione prevalente, tra i beni contemplati dal secondo comma dell'art. 826 c.c. come beni patrimoniali indisponibili dello Stato, perdendo così la tradizionale qualificazione di res nullius.

L'intervento legislativo ha portato la dottrina prevalente a qualificare lo Stato come proprietario in senso tecnico della fauna selvatica e, conseguentemente, a sostenere l'applicabilità della responsabilità prevista dall'art. 2052 c.c. in capo alla PA per gli incidenti stradali causati da animali selvatici che attraversino la rete stradale.

Più di recente, tuttavia, l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla pronuncia in commento, ha stabilito che il danno causato dalla fauna selvatica non è risarcibile in base alle regole di cui all'art. 2052 c.c., bensì secondo le regole generali dell'art. 2043 c.c.

È stato, al riguardo, argomentato che se il fondamento della presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c. deve essere ricercato nella disponibilità dell'animale da parte del proprietario, in relazione alla fauna selvatica, proprio per il suo trovarsi in uno stato di completa libertà, non è ipotizzabile una potestà di governo.

La Pubblica Amministrazione non ha il potere-dovere di inibire il libero spostamento degli animali selvatici: essa non assume, dunque, la veste di proprietario in senso tecnico e, di conseguenza, non può essere assoggettata a responsabilità secondo i criteri previsti dall'art. 2052 c.c. (In questo senso Cass. civ., 15 marzo 1996, n. 2192; Cass. civ., 12 agosto 1991, n. 8788).

Dunque, il danno diverso da quello alle colture - per cui è prevista normativamente una forma di indennizzo in favore dei conduttori dei fondi rustici (art. 26, l. n. 157/1992) - cagionato a persone o a cose da animali selvatici resta risarcibile soltanto in base ai principi generali indicati dall'art. 2043 c.c.

Sul punto la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla presunta illegittimità costituzionale dell'art. 2052 c.c. nella parte in cui, secondo l'interpretazione promossa dalla giurisprudenza di legittimità, esclude la responsabilità dello Stato per i danni cagionati dalla fauna selvatica, facente parte, ai sensi della citata l. n. 968/1977, del patrimonio indisponibile dello Stato stesso.

La Corte ha negato che esista un'irragionevole disparità di trattamento tra il privato proprietario di un animale domestico o in cattività, che risponde dei danni da questo arrecati secondo il criterio di imputazione ex art. 2052 c.c. e la PA, nel cui patrimonio sono ricompresi gli animali selvatici. Poiché questi ultimi soddisfano il godimento della intera collettività, i danni prodotti dagli stessi costituiscono un evento naturale di cui la comunità intera deve farsi carico secondo il regime ordinario di imputazione della responsabilità civile ex art. 2043 c.c. (così Corte cost., (ord.) 4 gennaio 2001, n. 4).

Secondo l'impostazione oggi prevalente, la risarcibilità del danno cagionato da animali selvatici alla circolazione di veicoli deve quindi essere valutata in base al principio generale del neminem laedere sancito dall'art. 2043 c.c. che comporta una difficoltà probatoria per il danneggiato, legata alla necessità di dimostrare la colpa specifica della Pubblica Amministrazione nella causazione dell'evento dannoso (colpa che si ritiene sussistente quando, come nel caso in esame, non sia stata apposta adeguata segnaletica stradale idonea ad informare gli utenti del pericolo connesso alla presenza di animali selvatici).

Controversa resta, tuttavia, l'individuazione del legittimato passivo dell'azione risarcitoria.

Secondo un primo orientamento, il danno cagionato dalla fauna selvatica alla circolazione stradale vede come legittimato passivo dell'azione risarcitoria la Regione (in questo senso Cass. civ., 7 aprile 2008, n. 8953, Cass. civ., 24 settembre 2002, n. 13907).

Questa soluzione si fonda sostanzialmente su due ordini di ragioni.

L'accento viene posto dalla giurisprudenza sulla potestà legislativa attribuita alle Regioni dall'art. 1 l. n. 157/1992, con riguardo alla "gestione" della fauna selvatica, nonché sui poteri di pianificazione faunistico-venatoria loro conferiti dal successivo art. 10, ricavandone a suo carico l'onere di adottare le cautele idonee a prevenire danni a terzi.

Sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimonio indisponibile dello Stato, si osserva in giurisprudenza che la l. n. 157/1992 attribuisce alle Regioni a statuto ordinario l'emanazione di norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica (art. 1, comma 3) e affida alle medesime i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando, invece, alle province le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ad essi delegate ai sensi della l. n. 142/1990 (art. 14, comma 1).

Ne consegue che la Regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex

art. 2043 c.c.

dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose (Così Cass. civ., n. 8953/2008, cit.)

Alcune pronunce hanno espressamente affermato la sussistenza della responsabilità in capo alla Regione anche in caso di delega delle relative funzioni alle Province, rimanendo la stessa titolare dei predetti poteri normativi e pianificatori secondo i principi propri del diritto amministrativo. (Così, ad esempio, Cass. civ., 1 agosto 1991, n. 8470, in cui si afferma che «la facoltà di delega di alcuni di tali poteri […] non fa venir meno la titolarità degli stessi in capo alle regioni, posto che la delega deve essere esercitata nell'ambito delle direttive dell'ente delegante»).

Per contro, secondo un diverso orientamento, ispirato ad un criterio di "effettività", - al quale si richiama la sentenza in commento - è da ritenere che la responsabilità aquiliana per i danni a terzi debba essere imputata all'ente (sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, etc.), a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l'attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino" (così Cass. civ., 8 gennaio 2010, n. 80).

Il riparto di responsabilità deve, secondo questa lettura, non avvenire in astratto ma analizzando la legislazione positiva, anche regionale, al fine di valutare se e quali poteri la Regione abbia delegato alle province ed in quali limiti tale delega consenta di imputare l'intera responsabilità all'ente territoriale inferiore.

Guida all'approfondimento

COCCHI, Responsabilità per danno cagionato da animali: quali frontiere giurisprudenziali?, in Ri.da.re., 2018;

CORTELLARO, Danni causati dalla fauna selvatica, in Ri.da.re., 2014;

CRUCITTI, La Provincia è responsabile e legittimata passivamente rispetto alla domanda di risarcimento danni arrecati dalla fauna selvatica, in Ri.da.re., 2016;

MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998, 1061;

NICOLUCCI, Danno cagionato da fauna selvatica ai veicoli in circolazione: la responsabilità spetta all'Ente parco ma il danno è risarcibile ex art. 2043 c.c., in Ri.da.re., 2016;

SCALERA, Danno cagionato da animali, in Officina del Diritto, Milano, 2020;

VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1996, 665.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario