Codice Civile art. 1595 - Rapporti tra il locatore e il subconduttore.

Gian Andrea Chiesi

Rapporti tra il locatore e il subconduttore.

[I]. Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublocazione, di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, e per costringerlo ad adempiere tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione.

[II]. Il subconduttore non può opporgli pagamenti anticipati, salvo che siano stati fatti secondo gli usi locali.

[III]. Senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui [2909].

Inquadramento

L'art. 1595 c.c. completa la disciplina della sublocazione, introdotta dal precedente art. 1594 c.c., accordando al locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, un'azione diretta contro il subconduttore per esigere il corrispettivo della sublocazione da lui ancora dovuto al momento della domanda giudiziale e per costringerlo ad adempiere ogni altro obbligo derivante dal contratto di sublocazione; il subconduttore, peraltro, non può opporre al locatore pagamenti anticipati, tranne quelli conformi agli usi locali; ancora, senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullità o la risoluzione del contratto principale ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e così la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore spieghi la propria efficacia anche contro di lui: sicché il locatore può direttamente agire nei confronti del subconduttore per ottenere la restituzione della cosa, senza che questi possa opporgli eccezioni fondate sul rapporto derivato: se è vero che la risoluzione (o la nullità) del contratto principale di per sé non implica l'automatico venir meno di quello derivato, trattandosi di rapporti tra loro distinti, è pur vero che essa, privando il subconduttore della detenzione della cosa, e quindi di ogni possibilità di continuare a esercitarne il godimento, finisce indirettamente per determinare l'estinzione del contratto in parola.

Si tratta, dunque, di una norma che, in virtù della natura di subcontratto che va riconosciuta alla sublocazione, è volta a rafforzare la posizione del locatore, in ordine tanto alla tutela processuale, quanto a quella di carattere sostanziale di cui egli gode.

La ratio di tale disposizione è stata rinvenuta nella necessità di garantire al locatore un secondo soggetto debitore, cui non è legato da alcuno vincolo negoziale e, dunque, al di fuori dello schema della solidarietà (Tabet, 622).

Il nostro ordinamento, invero, non conosce una definizione legislativa della sublocazione, con la conseguenza che ne discende per cui il suo significato e valore vanno desunti direttamente dalla realtà di una prassi negoziale che affonda anch'essa le proprie radici in una antichissima tradizione storica: “si tratta di ipotesi particolare di subcontratto, in virtù del quale il conduttore si impegna a sua volta ad assicurare ad altri, in tutto o in parte, il godimento diretto della cosa locatagli, in cambio di un corrispettivo. Viene così attribuito al subconduttore, e cioè ad un soggetto che risulta del tutto estraneo al rapporto locatizio, un diritto il cui contenuto corrisponde perfettamente a quello del diritto attribuito al conduttore (a parte ovviamente il profilo quantitativo in ipotesi di sublocazione parziale), ferma restando la permanenza in capo a quest'ultimo della titolarità dei diritti ed obblighi tutti, nessuno escluso, derivanti dal contratto stipulato con il locatore” (Zannini).

In conseguenza di tale complessiva operazione negoziale, dunque, si costituisce un nuovo vincolo contrattuale, collegato al primo, in virtù del quale un soggetto terzo, senza sostituirsi ad alcuna delle parti nella titolarità del rapporto originario, acquista direttamente dal conduttore (che assume quindi il ruolo di sublocatore) la facoltà di godere, totalmente o anche solo in parte, del bene.

Segue. Il collegamento tra i contratti

Chiarisce, in proposito, la recente Cass. III, n. 6390/2018 che il contratto locatizio è per legge correlato al contratto di sublocazione, come si evince proprio dall'art. 1595 c.c.: in particolare, il comma 3 della predetta disposizione costruisce proprio un rapporto di dipendenza tra i due contratti, diretto non soltanto a tutelare il locatore, bensì anche il subconduttore nel contratto collegato a quello di locazione. Il collegamento tra i contratti, che risiede nella identità (totale o parziale) dell'oggetto, impone che il locatore non possa essere privato, quando vi ha diritto, della restituzione dell'oggetto attraverso la stipulazione da parte del conduttore di un contratto di sublocazione; peraltro, a sua volta il subconduttore deve in tal caso restare “senza pregiudizio” nel suo rapporto con il sublocatore. Ciò significa che il contratto di sublocazione è collegato al contratto di locazione ma non da esso “assorbito” e asservito, vale a dire avvinto al punto che le parti del rapporto “principale” possano essere stesse governare pure l'esecuzione, e – soprattutto – prima ancora il contenuto dell'accordo correlato, ovvero anche apportare un “pregiudizio” al subconduttore nel subcontratto che non si limiti a coincidere con quanto spetta nel contratto principale al locatore: aldilà di questa coincidenza, che incardina il collegamento, rimane invece integro per il resto il rapporto sublocatore-subconduttore come dalle parti di tale rapporto – e solo da esse – disciplinato nel regolamento negoziale. Nel medesimo senso Cass. III, n. 260/2006 (nonché Cass. III, n. 10742/2002), per cui la sublocazione costituisce un caso di collegamento negoziale finalizzato ad un unico regolamento di reciproci interessi tra due contratti, legislativamente fissato (e perciò tipico), e comportante dipendenza unilaterale del contratto derivato da quello fondamentale, nonché Cass. III, n. 4645/1995, per la quale in ipotesi di sublocazione si ha la nascita di un ulteriore rapporto, le cui sorti dipendono da quello principale che, comunque, permane (piuttosto, come chiarito, la sublocazione non può sopravvivere al contratto principale – o contratto base – di modo che non può configurarsi la cessione dei contratti di sublocazione una volta venuto meno il rapporto principale di locazione (v. Cass. III, n. 13657/2014). Analogamente Cass. III, n. 11324/1998 ha osservato che la sentenza pronunciata per qualsiasi ragione – nullità, risoluzione, scadenza della locazione, rinuncia del conduttore/sublocatore al contratto in corso – nei confronti del conduttore esplica nei confronti del subconduttore, ancorché rimasto estraneo al giudizio e quindi non menzionato nel titolo esecutivo, non solo gli effetti della cosa giudicata sostanziale, ma anche l'efficacia del titolo esecutivo per il rilascio, in applicazione del principio resoluto jure dantis resolvitur et ius accipientis – così anche Cass. III, n. 5053/1994). Sotto altro profilo, il collegamento tra i due contratti si manifesta nella considerazione per cui la sublocazione, quale contratto derivato, comporta, in capo al subconduttore, gli stessi diritti e doveri del conduttore (Cass. III, n. 10742/2002).

Il principio è chiaramente espresso anche da Cass. III, n. 8115/2020 (in senso conforme cfr. anche Cass. III, n. 11003/1993) la quale afferma che l’art. 1595, comma 3, c.c., che permette l'esplicazione degli effetti della risoluzione del contratto di locazione, anche nei confronti del subconduttore, opera indipendentemente dal fatto che la durata del contratto di sublocazione sia stata programmata dalle parti (o prorogata per legge) in modo da durare oltre la data di cessazione del contratto di locazione.

L'esplicato collegamento non priva, però, di autonomia i due contratti, nel senso che, se è vero che il contratto di sublocazione è avvinto da un collegamento di dipendenza unilaterale al contratto locatizio, che assume il ruolo di contratto fondamentale a fronte di quello, proprio del contratto di sublocazione, di contratto derivato, è altrettanto vero che il collegamento negoziale, che sia legislativamente istituito come nel caso in esame, ovvero che discenda direttamente dalla volontà delle parti coinvolte (e sia, cioè, atipico), non dà luogo ad un unico contratto, bensì ad una pluralità coordinata di contratti, che quindi, laddove non incide direttamente l'interesse economico-giuridico che li ha connessi, rimangono entità negoziali autonome.

Il che, detto in altri termini vuol significare che l'autonomia negoziale delle parti del contratto locatizio non si può estendere fino a disciplinare il regolamento negoziale del contratto derivato (Cass. III, n. 6390/2018, cit.): la legge non prevede, cioè, che locatore e sublocatore possano, con accordi stipulati esclusivamente tra di loro, modificare il contenuto di un contratto di sublocazione che ha per oggetto lo stesso immobile, essendo l'effetto del contratto locatizio sul subconduttore circoscritto dall'art. 1595 c.c., che in nessuno dei suoi commi conferisce al contratto principale un globale effetto di “governo” del contratto collegato, tale da attribuire alle parti del contratto principale un'autonomia negoziale relativa anche al contratto collegato, autonomia che venga così “sottratta” al subconduttore, l'unico dei tre soggetti che, non accordandosi nell'ambito del rapporto principale cui è estraneo, potrebbe infatti ricevere “pregiudizio” da un accordo locatore-sublocatore attinente al contenuto del contratto di sublocazione: e ciò pure nel caso in cui tale contenuto non possa definirsi novativo, perché comunque verrebbe lesa la sua autonomia negoziale. Quel che rileva a tal fine, dunque, non è il contenuto del regolamento negoziale, ma la titolarità dell'autonomia negoziale: titolarità che, al di fuori di quanto è riconducibile all'identificazione normativa dell'ambito del collegamento – concentrata nell'art. 1595 c.c. –, permane in capo alle parti di quello che è un vero e proprio contratto, pur se collegato ad un altro (v. anche Cass. III, n. 11240/2003; Cass. III, n. 8844/2001). Tale autonomia, peraltro, spiega effetti anche in altra direzione nel senso che, conservando la sublocazione la propria causa, tra i debiti del subconduttore verso il sublocatore e quelli di quest'ultimo verso il locatore concernenti il canone opera la compensazione legale (cd. propria) e non si fa luogo a semplice accertamento delle rispettive posizioni attive e passive (Cass. III, n. 260/2006).

L'azione diretta del locatore nei confronti del subconduttore

Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, ha, dunque, un'azione diretta contro il subconduttore per a) esigere il prezzo della sublocazione, di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, e b) costringerlo ad adempiere tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione. Il legislatore ha dunque previsto per la sublocazione – in considerazione della particolare natura del bene, che coinvolge interessi meritevoli di protezione, e che comporta la deroga al principio enunciato e, di conseguenza, il necessario contrappeso costituito dalle garanzie poste dall'art. 1595 c.c.una disciplina che, coinvolgendo il terzo, per quanto di ragione, nel rapporto obbligatorio principale, dispone una disciplina eccezionale rispetto all'autonomia del subcontratto rispetto al contratto base, derogando al principio di relatività degli effetti del contratto (v. l'art. 1372 c.c.).

Molto si è indugiato, in dottrina come in giurisprudenza, anzitutto circa la natura di tale azione.

In particolare, con l'accezione “azione diretta” si intende quell'azione “con la quale un creditore può agire direttamente contro un terzo con il quale non ha alcun rapporto giuridico, per vantare un credito verso un suo debitore che risulta essere a sua volta creditore del terzo” (Vecchi, 23). Escluso che possa discutersi, nella specie, di un'azione riconducibile alla surrogatoria ex art. 2900 c.c., difettando il presupposto dell'inerzia del debitore (Mirabelli, 585; Tabet, 588), secondo un primo orientamento (Provera, 354) dovrebbe semplicemente convenirsi che, in conseguenza della conclusione del contratto di sublocazione, il locatore – che pur non è parte del subcontratto – sarebbe titolare, a fronte dell'unicità del bene oggetto del godimento, di un duplice titolo di credito, l'uno spendibile nei confronti del conduttore, l'altro nei confronti del subconduttore, sia pure nei limiti dei corrispettivi da questi dovuti o delle obbligazioni dallo stesso inadempiute, compreso l'obbligo di riconsegna e di rifusione dei danni da ritardata riconsegna; alla stregua di una diversa impostazione (esposta da Balena, 148), invece, l'azione diretta in questione importerebbe unicamente un trasferimento del diritto di credito del primo debitore, finalizzato ad una più accentuata tutela del creditore principale e costituirebbe un rimedio di carattere esecutivo che presuppone un litisconsorzio necessario con il conduttore-sublocatore, quale debitore principale. Rappresenta un dato ormai pacifico, comunque, che l'azione in questione debba distinguersi dall'arricchimento senza causa, dal privilegio, dalla sostituzione del soggetto passivo dell'obbligazione, dalla solidarietà passiva (Lazzara, 143).

La discussione è vivace anche in giurisprudenza laddove, a fronte di un orientamento (riconducibile a Cass. III, n. 3576/1995) alla cui stregua l'azione ex art. 1595 c.c. andrebbe collocata nel genus azione surrogatoria, non facendo valere il locatore un diritto proprio, ma esercitando, nell'interesse proprio, diritti ed azioni di spettanza del conduttore (posto che l'art. 1595 c.c. non attribuisce al locatore un diritto sostanziale nei confronti del subconduttore, ma gli conferisce, piuttosto, solo il potere di agire per far valere il diritto spettante al sublocatore), ve n'è uno diametralmente opposto, che ha escluso tale configurabilità sulla base delle peculiarità dell'azione ex art. 1595 c.c., la quale presuppone l'esistenza di un credito del locatore nei confronti del conduttore/sublocatore per il pagamento del canone ed un contestuale credito del sublocatore verso il subconduttore (Cass. III, n. 1385/1964; Cass. III, n. 306/1951).

La questione si interseca, inevitabilmente, con la natura giuridica dei rapporti tra locatore-conduttore/sublocatore-subconduttore, giacché al locatore spettano, nella sostanza, due azioni dirette, l'una, ex lege, contro il subconduttore (il cui esperimento non pregiudica i diritti del locatore nei confronti del conduttore) e l'altra, di natura contrattuale, verso il conduttore.

Secondo una opinione diffusa (Provera, 357), si verserebbe in presenza di un accollo cumulativo necessario ope legis, pur senza potersi discorrere, tuttavia, di solidarietà passiva in senso tecnico in relazione al rapporto che lega sublocatore e subconduttore, da un lato, e locatore, dall'altro, stante la diversità di causa della responsabilità verso il comune creditore. Per una diversa impostazione (Benatti, 647 ss.), invece, proprio le caratteristiche strutturali dell'azione precludono di inquadrare i rapporti tra le parti nello schema dell'accollo. Osserva altra dottrina (Azzaro) che “il legislatore determina, mediante una disposizione eccezionale rispetto al principio della soggettività dei contratti, un rapporto diretto tra primo e terzo contraente, che è strumentale alla realizzazione del credito del primo verso il secondo contraente. Una tale configurazione dell'azione diretta ex art. 1595, comma 1, c.c., esclude che essa possa assurgere a principio generale in materia di subcontratto: l'obbligo del terzo contraente trova il proprio fondamento nella norma positiva, e non già in un supposto rapporto obbligatorio “derivato” dal contratto base; che, anzi, si deve ritenere la assoluta autonomia ed indipendenza della sublocazione rispetto al contratto base”.

Quanto poi, all'oggetto dell'azione diretta, nel silenzio della norma si è anzitutto posta la questione circa la possibilità, per il locatore, di agire per il risarcimento del danno nei confronti del subconduttore, qualora lo stesso non adempia la sua obbligazione di rilasciare l'immobile alla scadenza del contratto ovvero in caso di ritardata consegna.

Mentre parte della dottrina è favorevole a tale impostazione (Provera, 359), altro orientamento (Tabet 1972, 588) nega tale possibilità, osservando come la restituzione del bene al locatore discenda dal contratto di locazione e non da quello di sublocazione, con la conseguenza che il locatore dovrà necessariamente agire contro il conduttore, al fine di precostituirsi un titolo esecutivo da far valere contro il subconduttore ai sensi del comma 3 dell'art. 1595 c.c.

Presta adesione a tale ultima impostazione la giurisprudenza, per la quale si deve escludere non solo che il locatore abbia l'azione diretta nei confronti del subconduttore per la riconsegna del bene – essendo costui terzo rispetto al contratto principale – ma anche che il primo possa chiedere al secondo il risarcimento dei danni verificatisi nell'immobile nel corso della locazione, giacché la detenzione dell'immobile da parte del subconduttore non determina la sostituzione di costui al conduttore, il quale resta tenuto verso il locatore all'adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto principale, tra le quali rientra l'obbligo di riconsegna (Cass. III, n. 1824/1992; nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano, 25 maggio 2011).

Avuto riguardo, invece, al canone, mentre il locatore può richiederne il pagamento al subconduttore, quest'ultimo non può, per liberarsi dalla propria obbligazione nei confronti del sublocatore, spontaneamente corrispondere il canone al locatore principale.

Se, infatti, il pagamento del canone da parte di un soggetto, terzo rispetto al contratto di locazione, seppur subconduttore, non vale a fargli acquisire la veste di parte del rapporto principale (Cass. III, n. 12159/1992), va da sé che l'autonomia esistente tra la locazione principale e la sublocazione non consente che il subconduttore versi direttamente al locatore il proprio canone, essendo costui terzo rispetto al contratto di sublocazione. Nella giurisprudenza di merito, anzi, ancor più chiaramente Trib. Modena, 14 giugno 2013 precisa che il pagamento del canone a parte di un soggetto estraneo alla stipulazione del contratto di locazione, anche se ricollegabile alla sua posizione di subconduttore, assunta successivamente alla stipulazione stessa, non vale a fargli acquisire la veste di parte dell'originario rapporto di locazione vale a provocare, retroattivamente, la unificazione di questo vincolo con quello di sublocazione.

In dottrina, però, si è osservato, che il pagamento effettuato dal subconduttore direttamente nelle mani del locatore libererebbe il conduttore-sublocatore nei confronti del locatore medesimo, trattandosi di obbligazioni solidali aventi ad oggetto l'adempimento di un'identica prestazione (Provera, 358).

Il regime delle eccezioni opponibili dal subconduttore

Il subconduttore convenuto in giudizio dal locatore principale può opporre a quest'ultimo tutte le eccezioni relative al rapporto fra subconduttore e sublocatore, salvo che per quanto concerne i cd. “pagamenti anticipati”, espressione che va intesa nel senso di pagamenti per il godimento futuro del bene, oppure quelli effettuati prima della scadenza del termine (in sintesi, dunque, non esigibili).

La conclusione è pacifica in giurisprudenza (Cass. III, n. 3576/1955). Caso particolare – e meritevole di menzione – è, però, quello relativo all'eccezione di compensazione, cha ha formato oggetto di uno specifico dictum del giudice di legittimità: “[...] questa Corte – si legge in Cass. III, n. 260/2006 – ha più volte affermato che la compensazione presuppone che i debiti contrapposti derivino da rapporti autonomi, con la conseguenza che quando si è in presenza di un rapporto unico, il giudice deve procedere di ufficio all'accertamento delle rispettive posizioni attive e passive e, cioè, alla determinazione del saldo a favore o a carico dell'una o dell'altra parte (Cass. III, n. 3564/1999; Cass. III, n. 7337/2004); ha peraltro precisato che la compensazione può operare anche tra debiti scaturenti da un rapporto unico (argomentando dal disposto dell'art. 1246 c.c., secondo cui la compensazione si verifica qualunque sia il titolo delle obbligazioni senza alcuna limitazione in ordine alla pluralità di rapporti), salvo che si tratti di obbligazioni legate da un vincolo di corrispettività perché, se in tale ipotesi si ammettesse la compensazione, si verrebbe ad incidere direttamente sull'efficacia stessa del contratto, paralizzandone gli effetti (Cass. S.U., n. 775/1999; Cass. III, n. 9059/2002); ha chiarito che l'autonomia manca e la compensazione non opera quando, pur derivando i debiti contrapposti da una pluralità di rapporti, i medesimi siano legati da un vincolo di subordinazione o interdipendenza (Cass. III, n. 530/1970) ovvero, come nel caso della fideiussione, da un vincolo di accessorietà (Cass. III, n. 2943/1980). Aderendo ad un orientamento dottrinale, questa Corte ha ritenuto che la sublocazione costituisce un caso di collegamento contrattuale legislativamente fissato e quindi tipico (Cass. III, n. 8844/2001; Cass. III, n. 4645/1995); nella sublocazione e, più in generale, nel subcontratto il collegamento investe due contratti, di cui uno base e l'altro derivato, e comporta dipendenza unilaterale o bilaterale a seconda che il collegamento sia tipico o atipico. La dottrina non ha mancato di sottolineare la dubbia utilità della ricostruzione della subcontrattualità in termini di collegamento contrattuale. Occorre, peraltro, rilevare che nella sublocazione, come in qualsiasi ipotesi di collegamento contrattuale, ciascun contratto, anche se finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi, conserva la propria causa (Cass. III, n. 8844/2001, cit.), di tal che tra i debiti del subconduttore verso il sublocatore e del sublocatore verso il locatore concernenti il canone opera la compensazione legale e non si fa luogo a semplice accertamento delle rispettive posizioni attive e passive”.

Anche la dottrina (Mirabelli, 596) si pone sulla stessa linea interpretativa, annoverando tra le eccezioni opponibili al locatore la remissione e, per l'appunto, la compensazione. È escluso, invece che il subconduttore possa opporre al locatore eccezioni inerenti al rapporto principale, salvo che per la nullità radicale (Tabet 1972, 631).

I riflessi della patologia del contratto di locazione sulla sublocazione

Il comma 3 dell'art. 1595 c.c. detta due regole, espressive del principio generale resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis: a) la prima, in virtù della quale la nullità, la risoluzione o comunque il venir meno del contratto di locazione determina la caducazione anche del rapporto di sublocazione; b) la seconda, alla cui stregua la sentenza pronunciata, per qualsiasi ragione (nullità, risoluzione, scadenza della locazione, rinuncia del conduttore-sublocatore al contratto in corso) tra locatore e conduttore fa stato anche nei confronti del subconduttore.

Osserva, al riguardo, la recente Cass. III, n. 6390/2018 che il contratto locatizio è per legge correlato al contratto di sublocazione, come si evince proprio dall'art. 1595 c.c.: in particolare, il comma 3 della predetta disposizione costruisce proprio un rapporto di dipendenza tra i due contratti, diretto non soltanto a tutelare il locatore, bensì anche il subconduttore nel contratto collegato a quello di locazione. Il collegamento tra i contratti, che risiede nella identità (totale o parziale) dell'oggetto, impone che il locatore non possa essere privato, quando vi ha diritto, della restituzione dell'oggetto attraverso la stipulazione da parte del conduttore di un contratto di sublocazione; peraltro, a sua volta il subconduttore deve in tal caso restare “senza pregiudizio” nel suo rapporto con il sublocatore. Ciò significa che il contratto di sublocazione è collegato al contratto di locazione ma non da esso “assorbito” e asservito, vale a dire avvinto al punto che le parti del rapporto “principale” possano essere stesse governare pure l'esecuzione, e – soprattutto – prima ancora il contenuto dell'accordo correlato, ovvero anche apportare un “pregiudizio” al subconduttore nel subcontratto che non si limiti a coincidere con quanto spetta nel contratto principale al locatore: al di là di questa coincidenza, che incardina il collegamento, rimane invece integro per il resto il rapporto sublocatore-subconduttore come dalle parti di tale rapporto – e solo da esse – disciplinato nel regolamento negoziale. Nel medesimo senso Cass. III, n. 260/2006 (nonché Cass. III, n. 10742/2002), per cui la sublocazione costituisce un caso di collegamento negoziale finalizzato ad un unico regolamento di reciproci interessi tra due contratti, legislativamente fissato (e perciò tipico), e comportante dipendenza unilaterale del contratto derivato da quello fondamentale, nonché Cass. III, n. 4645/1995, per la quale in ipotesi di sublocazione si ha la nascita di un ulteriore rapporto, le cui sorti dipendono da quello principale che, comunque, permane (piuttosto, come chiarito, la sublocazione non può sopravvivere al contratto principale – o contratto base – di modo che non può configurarsi la cessione dei contratti di sublocazione una volta venuto meno il rapporto principale di locazione (v. Cass. III, n. 13657/2014). Analogamente Cass. III, n. 11324/1998 ha osservato che la sentenza pronunciata per qualsiasi ragione – nullità, risoluzione, scadenza della locazione, rinuncia del conduttore/sublocatore al contratto in corso – nei confronti del conduttore esplica nei confronti del subconduttore, ancorché rimasto estraneo al giudizio e, quindi, non menzionato nel titolo esecutivo, non solo gli effetti della cosa giudicata sostanziale, ma anche l'efficacia del titolo esecutivo per il rilascio, in applicazione del principio resoluto jure dantis resolvitur et ius accipientis (così anche Cass. III, n. 5053/1994).

La norma è complessivamente ispirata ad una maggiore tutela del diritto del locatore nei confronti del subconduttore: essa, pertanto, attribuisce solo al locatore il diritto sostanziale alla restituzione del bene da parte del subconduttore, ma non conferisce analoga facoltà al sublocatore, che non può, quindi, pretendere dal subconduttore la restituzione del bene a seguito della risoluzione del contratto di locazione. In tal caso, avendo l'obbligo della restituzione della cosa locata natura contrattuale, il conduttore-sublocatore può esimersi dalla conseguente responsabilità, che ha come presupposto il dolo o la colpa, provando che l'inadempimento o il ritardo nella riconsegna sono dovuti ad impossibilita della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, e di aver fatto il possibile per ottenere il rilascio della cosa con i mezzi consentitigli (Cass. III, n. 329/1978).

Muovendo dalla prima ipotesi, considerata la natura “subordinata” del contratto di sublocazione rispetto al contratto di locazione principale, la nullità o la risoluzione di quest'ultimo naturaliter spiegano la propria efficacia anche nei confronti del subconduttore. Il vero problema – non considerato espressamente dalla norma – è, però, quello concernente la sorte della sublocazione nel caso di scioglimento della locazione principale per atto negoziale del conduttore/sublocatore: ed infatti, poiché l'art. 1595, comma 3, c.c. contempla le sole ipotesi di nullità e risoluzione della locazione principale, o tale elencazione si ritiene tassativa ovvero essa ha carattere esemplificativo e, dunque, può estendersi fino a ricomprendere il caso supra considerato.

La risposta della giurisprudenza è, a ben vedere, in tale seconda direzione (Cass. III, n. 23302/2007; Cass. III, n. 11324/1998), conseguentemente chiarendosi che il diritto del subconduttore non può estrinsecarsi quando il sublocatore/conduttore abbia rinunciato al rapporto di locazione, anche se ciò avvenga nel corso del giudizio contro di lui instaurato dal locatore poiché, non essendo un diritto autonomo, esso può unicamente sorgere da una dichiarazione di decadenza dalla proroga del rapporto principale cui dovrebbe sostituirsi: alla dichiarazione di decadenza può essere equiparato, pertanto, un atto di conciliazione, giudiziale o stragiudiziale, in cui pero siano intervenuti tutti e tre i soggetti dei rapporti in contestazione perche,in tal caso, riconoscendosi dalle parti i rispettivi diritti, si rimane nell'ambito ed in aderenza alla disposizione tassativa della norma particolare della legge speciale (così Cass. III, n. 2953/1962).

Sottoproblema che parzialmente discende da quello appena affrontato è, poi, quello relativo alla possibilità che, a fronte dell'inefficacia della locazione principale e del successivo rilascio della cosa da parte del subconduttore, costui possa avanzare una pretesa risarcitoria in confronto del conduttore-sublocatore in qualsiasi ipotesi fra quelle poc'anzi ricordate, oppure soltanto in alcune di esse.

Si evidenzia, in dottrina (Buset, 113), che “al proposito gli interpreti discernono, compatti, fattispecie in relazione alle quali il risarcimento dovrebbe intendersi ammesso senza esitazione: è il caso, assunto come paradigmatico, della risoluzione (della locazione principale) per inadempimento del conduttore-sublocatore; e fattispecie in relazione alle quali il risarcimento dovrebbe intendersi per certo escluso: è il caso, assunto come paradigmatico, della risoluzione (della locazione principale) per impossibilità sopravvenuta. Esiste, però, anche una zona grigia di fattispecie rispetto alle quali la posizione della prevalente giurisprudenza diverge da quella della dottrina che tale questione ha affrontato funditus. Ci si riferisce alle ipotesi in cui la locazione principale si scioglie in dipendenza di un atto (negoziale) del conduttore-sublocatore, posto in essere nell'esercizio della di lui autonomia ovvero di un diritto potestativo (di fonte convenzionale o legale): in special modo, mutuo dissenso, disdetta, recesso. Secondo l'intendimento giurisprudenziale, in queste eventualità il conduttore-sublocatore si limiterebbe a perseguire in maniera legittima i propri interessi, mettendo a profitto una facoltà. Non essendo pertanto giammai riscontrabile, in particolare, una colpa del conduttore-sublocatore, cui imputare la mancata attuazione del rapporto di godimento, non potrebbero ritenersi integrati gli estremi di una responsabilità risarcitoria: la quale sarebbe a tutto concedere configurabile, in via residuale, soltanto in presenza di una condotta maliziosa (per dolo, concepito come intenzione di arrecare nocumento; per collusione col locatore principale, al fine di pregiudicare il subconduttore) del conduttore-sublocatore. Viceversa, in ossequio alla visione dottrinale, il subconduttore avrebbe bensì diritto al risarcimento, poiché il conduttore-sublocatore, provocando volontariamente l'estinzione della locazione principale, si porrebbe nella condizione di non poter più eseguire la sublocazione. Gli argomenti spesi a supporto di questa lettura fanno perno, da un lato, sul rilievo che, se così non fosse, si consentirebbe al conduttore-sublocatore di contravvenire al programma sublocatizio ed esentarsi da responsabilità, ottenendo in via indiretta (i.e. attraverso lo scioglimento della locazione principale) ciò che gli è precluso in via diretta (i.e. la liberazione arbitraria, priva di conseguenze sul versante risarcitorio, del vincolo che lo lega al subconduttore); da altro lato, sulla considerazione che, laddove il fondamento della responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) è sempre l'inadempimento del debitore (incidendo il dolo, in luogo della colpa, sul quantum risarcitorio: art. 1225 c.c.), nella specie comunque ricorrerebbe proprio il dolo (da intendersi, però, come consapevolezza dell'obbligazione e intenzione dell'inadempimento) del conduttore-sublocatore”.

Optano per la tesi della risarcibilità solo in presenza di dolo o colpa del conduttore Trib. Firenze, 18 luglio 2016 (concernente un'ipotesi di recesso ante tempus del conduttore-sublocatore dalla locazione principale), Cass. III, n. 2345/1960 (concernente un'ipotesi di rinunzia del conduttore alla proroga legale di un rapporto di locazione immobiliare assoggettato al regime vincolistico) e Cass. III, n. 2583/1957. Seguono la tesi opposta Cass. III, n. 2345/1960 e, nella giurisprudenza di merito, Trib. Udine, 14 settembre 2018, per cui, se il contratto di locazione principale viene meno, per qualsiasi motivo, ciò ha effetto ex lege anche verso il subconduttore, quantunque la sublocazione abbia una durata legale predeterminata; tuttavia, il sublocatore rimane inadempiente nei confronti del subconduttore e responsabile dei danni da questo patiti. Tale responsabilità, secondo le comuni regole, non è limitata ai casi di dolo o collusione, ed è artificioso ritenere che il sublocatore, quando rinuncia volontariamente al contratto principale, possa non essere ritenuto volontariamente inadempiente verso il subconduttore.

Per concludere, come già osservato in apertura a proposito del collegamento negoziale, non rileva, nei confronti del locatore, che la durata del contratto di locazione sia stata programmata dalle parti (o prorogata ex lege) in modo da durare oltre la data di cessazione del contratto di locazione (Cass. III, n. 8115/2020; Cass. III, n. 11003/1993 ).

Segue. Gli effetti sulla sublocazione della sentenza resa tra le parti dell'originario contratto di locazione

La seconda ipotesi contemplata dall'art. 1595, comma 3, c.c. è quella che concerne la spendibilità, nei confronti del subconduttore, della sentenza pronunciata per qualsiasi ragione (nullità, risoluzione, scadenza della locazione, rinuncia del conduttore-sublocatore al contratto in corso) tra locatore e conduttore: essa – dice la norma – fa stato anche nei confronti del subconduttore, esplicando efficacia sia di cosa giudicata sostanziale, che di titolo esecutivo per il rilascio (si rinvia, per l'esplicazione della ratio sottesa a tale previsione normativa, a quanto già esposto nell'incipt del paragrafo che precede).

Il principio ha trovato pacifica applicazione in giurisprudenza, laddove è stato chiarito (Cass. III, n. 23302/2007) che poiché la subconduzione comporta la nascita di un rapporto obbligatorio derivato la cui sorte dipende da quella del rapporto principale di conduzione, ai sensi del terzo comma dell'art. 1595 c.c., la sentenza pronunciata per qualsiasi ragione (nullità, risoluzione, scadenza della locazione, rinuncia del conduttore-sublocatore al contratto in corso) nei confronti del conduttore e il provvedimento di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione esplicano nei confronti del subconduttore, ancorché rimasto estraneo al giudizio e, quindi, non menzionato nel titolo esecutivo, non solo gli effetti della cosa giudicata in senso sostanziale, ma anche l'efficacia del titolo esecutivo per il rilascio (nel medesimo senso, tra le altre, Cass. III, n. 15083/2000; Cass. III, n. 5053/1994); tale efficacia, peraltro, va riconosciuta alla sentenza anche nel caso in cui la sublocazione sia inopponibile al locatore (Cass. III, n. 5053/1994, cit.) ovvero se il titolo in base al quale il terzo occupa l'immobile comunque presupponga quello del conduttore ovvero ancora, nell'ipotesi di trasferimento a titolo particolare della cosa locata, ai sensi dell'art. 1599 c.c., se il titolo, pur proveniente dal proprietario alienante originario locatore, non risulti opponibile all'acquirente perché privo di data certa anteriore all'alienazione della res locata (Cass. III, n. 9024/2005). Discende da quanto precede, ancora, che il locatore non può affermare la validità e la persistente efficacia del contratto con il conduttore e, nel contempo, chiedere il rilascio dell'immobile al subconduttore (Cass. III, n. 212/1998).

Consegue da quanto precede che, non potendo vantare diritti di sorta nei confronti del locatore principale ed avendo un semplice interesse alla continuazione del rapporto locatizio fondamentale, il conduttore può spiegare nella causa per finita locazione tra il proprietario ed il conduttore originario soltanto un intervento adesivo semplice o dipendente, non già autonomo litisconsortile e, di conseguenza, non è titolare del diritto di impugnare in via autonoma la sentenza sfavorevole alla parte adiuvata, ma può solo aderire all'impugnazione proposta da quest'ultima; analogamente, se il locatore abbia convenuto nel giudizio instaurato per sentir dichiarare la cessazione della locazione sia il conduttore sia il subconduttore, è inammissibile l'impugnazione del subconduttore contro la sentenza che abbia accolto la domanda del locatore non impugnata dal conduttore (così Cass. III, n. 11324/1998)

Il terzo detentore dell'immobile per il quale il locatore ha ottenuto, nei confronti del conduttore, una sentenza di condanna al rilascio, può opporsi o all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., se sostiene di detenere l'immobile in virtù di un titolo autonomo e perciò non pregiudicato da quella sentenza, o ai sensi dell'art. 404, comma 2, c.p.c.se invece sostiene che il suo titolo derivi da quello del conduttore e che la sentenza è frutto di collusione tra il locatore ed il conduttore in suo danno (Cass. III, n. 9964/2006). Il principio è stato ribadito da Cass. III, n. 12895/2012, per la quale il locatore può chiedere la risoluzione del contratto e la condanna al rilascio del bene nei confronti del conduttore anche nel caso in cui, al momento della proposizione della domanda, detto bene sia detenuto da un terzo, immessovi dal conduttore, perché la sentenza di condanna al rilascio ha effetto anche nei confronti del terzo, il cui titolo presuppone quello del conduttore. In questo caso, il terzo detentore dell'immobile, per il quale il locatore ha ottenuto, nei confronti del conduttore, una sentenza di condanna al rilascio, può opporsi all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., se sostiene di detenere l'immobile in virtù di un titolo autonomo; oppure può, ai sensi dell'art. 404, comma 2, c.p.c., proporre opposizione di terzo alla sentenza, se invece sostiene la derivazione del suo titolo da quello del conduttore, ed esser la sentenza frutto di collusione tra questi e il locatore in suo danno.

Osserva, infine, App. Trieste, 19 maggio 2018 che, nell'ipotesi disciplinata dall'art. 1595, comma 3, c.c., benché sia venuto meno il titolo in base al quale la disponibilità dell'immobile è stata conseguita dal subconduttore, permane tuttavia in capo a quest'ultimo l'obbligo di pagare al proprio sublocatore i canoni pattuiti - sia pure a titolo risarcitorio ex art. 1591 c.c. - e ciò sino a che perduri l'occupazione dell'immobile.

La conclusione è condivisa dall'opinione prevalente in dottrina (Mirabelli, 596) per la quale, in considerazione del complessivo assetto dei rapporti (processuali) tra le parti, il subconduttore può esperire l'opposizione di terzo revocatoriaexart. 404, comma 2, c.p.c.

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