Codice Civile art. 1604 - Vendita della cosa locata con patto di riscatto.InquadramentoIl patto di riscatto (o retrovendita) è una clausola che, lungi dall'integrare gli estremi di un negozio traslativo inverso alla vendita cui inerisce, rappresenta, piuttosto, una forma di scioglimento retroattivo di tale vendita, in virtù dell'esercizio di una facoltà riconosciuta dall'art. 1500 c.c. in favore del solo locatore originario/venditore. Chiarisce Cass. II, n. 1611/1989 che, in sostanza, si tratta di una vendita conclusa sotto condizione risolutiva potestativa (talvolta indicata anche come condizione mista o non meramente potestativa), a mezzo della quale il venditore si riserva il diritto di risolvere il contratto entro un tempo determinato, così automaticamente riacquistando la proprietà del bene contro restituzione del prezzo e rimborso delle spese; in senso contrario, invece, Cass. II, n. 6227/1991 ricostruisce l'istituto in termini di diritto di recesso. Quanto, poi, al titolare del diritto, secondo Cass. II, n. 812/1992 la clausola che accordi ad entrambi i contraenti il potere di far venir meno gli effetti del contratto non può essere ricondotta nell'ambito del patto di riscatto, contemplato dall'art. 1500 c.c. con riferimento soltanto al venditore, ma può integrare, sulla base dell'individuazione dell'effettiva volontà degli stipulanti, una condizione risolutiva potestativa (non rientrante nella previsione di nullità di cui all'art. 1355 c.c., inerente alla condizione meramente potestativa di tipo sospensivo), ovvero un patto di recesso exart. 1373 c.c., considerando che il primo comma di tale ultima norma, ove esclude il recesso dopo l'esecuzione del contratto, è suscettibile di deroga convenzionale. Più variegata è, invece, la posizione della dottrina: a) secondo una prima impostazione – condivisa, come innanzi illustrato – dalla giurisprudenza, si versa in presenza di un negozio subordinato ad una condizione risolutiva potestativa e, in particolare, una condizione potestativa semplice (così Pelosi, 277) ovvero ad una condizione risolutiva meramente potestativa (Rescigno, 784): tale tesi fonda sulla considerazione per cui l'evento-“riscatto” è futuro ed incerto ed il suo esercizio, che dipende dalla semplice volontà dell'originario venditore, pone nel nulla il negozio di vendita, con rientro del bene nel patrimonio dello stesso; b) una seconda opzione ermeneutica ricostruisce il riscatto in termini di atto meramente negoziale e, in particolare, quale opzione di rivendita della cosa al venditore (Gabrielli 1974, 325) ovvero una revoca unilaterale del rapporto di vendita o un diritto potestativo di recesso unilaterale (Gabrielli 1985, 94); c) una terza teoria (Pelosi, 351), infine, fa riferimento alla proprietà temporanea ovvero alla proprietà revocabile o risolubile; d) secondo un'ultima teoria, infine, si è in presenza di un negozio tipico sui generis in cui al compratore è attribuito il diritto potestativo di riappropriarsi della cosa (Capozzi, 145). Indipendentemente dalla soluzione cui si voglia aderire, discende da quanto precede che l'acquisto realizzato dal compratore di una vendita con patto di riscatto è – in ogni caso – incerto, poiché il contratto è risolutivamente condizionato all'esercizio del riscatto stesso: ciò spiega, dunque, il limite imposto dalla norma all'acquirente (che con l'acquisto subentra anche nella posizione del locatore, ex art. 1599 c.c.), il quale deve attendere il decorso del termine fissato per l'esercizio del riscatto per intimare la licenza e rientrare nella disponibilità del bene. Pertanto, l'eventuale rinuncia al diritto di riscatto, effettuata dal venditore prima della scadenza del termine, rendendo definitiva la posizione dell'acquirente, lo legittima all'esercizio della facoltà di licenziare il conduttore (così, in dottrina, Tabet 1972, 696). L'ambito di operatività della normaLa previsione in commento fa riferimento espresso alla vendita con patto di riscatto, mentre è discusso se essa possa trovare applicazione anche nelle altre ipotesi in cui il diritto dell'acquirente sia suscettibile di estinguersi con effetto retroattivo. Parte della dottrina (Provera, 457) nega tale possibilità, precisando anche (Tabet 1972, 695) come l'opzione legislativa dipende dalla struttura e autonomia particolare della vendita con patto di riscatto. Secondo una diversa impostazione (Mirabelli, 351), invece, la previsione limitativa della facoltà di intimare licenza è destinata a trovare applicazione in tutte le ipotesi di inopponibilità o opponibilità parziale della vendita. È orientata in senso contrario all'estensione del campo di applicazione della norma Cass. III, n. 4934/1978, la quale ne ha negato l'operatività nel caso di vendita senza patto di riscatto di un fondo rustico concesso in affitto a coltivatore diretto, e ciò anche se a costui spetti la facoltà di riscatto per non essergli stata comunicata dal proprietario la proposta di alienazione ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione, dato che detta facoltà di riscatto attribuita al coltivatore dall'art. 8, comma 5, della l. n. 590/1965, non ha nulla in comune con quella spettante al venditore nel caso di stipulazione del relativo patto ex art. 1500 c.c., basandosi su presupposti assolutamente diversi e tendendo a risultati del tutto opposti anche per quanto concerne la sorte del contratto di locazione. Va infine rilevato come la disposizione in commento debba essere coordinata con la previsione contenuta all'art. 7 l. n. 392/1978, non abrogata dalla l. n. 431/1998, a mente del quale è nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di alienazione della cosa locata. Il rapporto tra le due norme è stato interpretato nel senso che l'acquirente con patto di riscatto non può, invocando l'operatività della clausola convenzionale di risoluzione, intimare disdetta anticipata al conduttore, stante la nullità comminata dall'art. 7 cit. Cosentino-Vitucci, 324). Segue. Il bene concesso in leasing traslativo Dalle considerazioni svolte in giurisprudenza circa la generale applicabilità, alla fattispecie negoziale del leasing traslativo, delle regole dettate per il caso di vendita con riserva di proprietà (v., ex multis, Cass. I, n. 19287/2010; Cass. I, n. 9257/2010; Cass. I, n. 73/2010), può trarsi infine la conclusione per cui la disciplina di cui all'art. 1604 c.c. potrebbe trovare applicazione anche in tale ipotesi. BibliografiaAlpa, Mariconda, Codice civile commentato telematico, Milano, 2007; Azzaro, Subcontratto, in Dig. disc. priv., agg., I, Torino, 2000; Balena, Contributo allo studio delle azioni dirette, Bari, 1990; Ballerini, Riduzione del canone per vizi della cosa locata, ripartizione delle spese di registrazione e clausola di indicizzazione, in Nuova giur. civ. comm., 2009, 1122; Barbero, Sistema del diritto privato italiano, II, Torino, 1962; Benatti, Appunti in tema d'azione diretta, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 647; Bernardi, Coen, Del Grosso, Art. 4, in AA.VV. Commento alla legge 27 luglio 1978, n. 392, Padova, 1980; Bessone, Le clausole di esonero e di limitazioni della responsabilità. Controllo legislativo e orientamenti della giurisprudenza, in Riv. dir. comm., 1974, I, 340; Bivona, Affitto di fondi rustici, in Comm. 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