Codice Civile art. 1588 - Perdita e deterioramento della cosa locata.Perdita e deterioramento della cosa locata. [I]. Il conduttore risponde della perdita e del deterioramento [1592 2] della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio [1589], qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile [1218 ss., 1256 ss.]. [II]. È pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all'uso o al godimento della cosa [1592 2]. InquadramentoAI sensi dell'art. 1587 c.c., il conduttore – come noto – deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze e dare il corrispettivo nei termini convenuti. A queste obbligazioni “principali” si accompagna, poi, quella, espressa dal successivo art. 1590 c.c., di restituire la cosa locata nello stato medesimo in cui il conduttore l'ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto. Anche la dottrina più autorevole (Lazzaro, Di Marzio, 1081) ascrive tale obbligazione nell'orbita applicativa della sopramenzionata disposizione codicistica, connotandosi l'obbligo di restituzione della cosa locata gravante sulla parte conduttrice quale effetto essenziale del contratto di locazione, per essere quest'ultimo sempre stipulato per un tempo predeterminato a monte dalle parti. In sostanza, “le predette obbligazioni [di consegna e restituzione, cioè] non sono, in effetti, riferibili ad obblighi autonomi (ovvero l'uno sganciato dall'altro) ma si risolvono in un'unica complessiva obbligazione che trova fondamento nell'obbligo di far godere la cosa come previsto dall'art. 1571 c.c. (che contiene la nozione stessa del contratto di locazione), da cui discendono, secondo un meccanismo di concatenazione logica e sistematica, gli obblighi di consegna, di manutenzione funzionale all'uso pattuito e quello diretto ad evitare le turbative ad opera di terzi nel godimento della cosa locata”. A tal proposito, si è, perciò, affermato che “l'obbligazione globale (e fondamentalmente unitaria) incombente sul locatore riveste un contenuto essenzialmente positivo ed implica l'insorgenza a suo carico di obblighi che si sviluppano per tutta la durata del contratto e che svolgono, in sostanza, una funzione strumentale e rafforzativa rispetto a quello della consegna iniziale. Per contro, i suddetti obblighi contrattuali facenti capo al locatore cessano di trovare applicazione allorquando sia decorso il termine del rapporto, ossia nei casi in cui lo stesso venga dichiarato risolto, anche se il conduttore permanga illegittimamente nella disponibilità dell'immobile” (così Carrato, 2014, 818). In giurisprudenza, è stato chiarito che l'obbligo in commento a) sorge nel momento stesso in cui il conduttore accetta la consegna della cosa (Cass. III, n. 2008/1972), b) va adempiuto nel luogo dove la consegna originaria è avvenuta (Cass. III, n. 265/1977), c) configura un'ipotesi di responsabilità contrattuale (Cass. III, n. 1189/2007; Cass. III, n. 2458/1977), avente ad oggetto un facere atipico (consistente, per l'appunto, nella restituzione della res locata) anche se non di carattere sinallagmatico (Cass. III, n. 1189/2007, cit.), conseguendo alla natura propria della locazione, quale contratto a termine e che d) va eseguito nei confronti del locatore, indipendentemente dalla circostanza che ne sia o meno il proprietario (Cass. III, n. 539/1997). La norma si occupa, dunque, detta la disciplina da applicare nel caso in cui il conduttore, violando l'obbligo primario di cui all'art. 1587, n. 1) c.c. (avente ad oggetto, cioè, l'osservanza della diligenza del buon padre di famiglia nel servirsi della cosa locata), abbia cagionato sostanzialmente la distruzione o l'alterazione della res nei suoi elementi essenziali, per fatto colpevole imputabile a lui o a persona del cui comportamento egli debba rispondere. SI è in presenza, dunque, di una disciplina di dettaglio rispetto al più generale dovere di custodia e vigilanza del bene che grava sul conduttore in conseguenza dell'avvenuta consegna della cosa da parte del locatore. Ed infatti, il conduttore, ai sensi degli artt. 1588 e 1590 c.c., al termine della locazione ed all'atto della riconsegna dell'immobile, ha l'onere di dare piena prova liberatoria della non imputabilità nei suoi confronti di ogni singolo danno riscontrato al bene locato, che deve presumersi in buono stato all'inizio del rapporto, esclusi solo i danni da normale deterioramento o consumo in rapporto all'uso dedotto in contratto (Cass. III, n. 2619/2014). La dottrina, invece, è divisa tra chi (Trifone, 493, Mirabelli, 478) ritiene che l'obbligo di usare del bene locato senza apportare allo stesso danni o deterioramenti effettivamente costituisca un predicato del più generale dovere di diligenza fissato dall'art. 1587 c.c. (sì da costituire un'obbligazione di contenuto positivo) e chi (Tabet, 1972, 436) al contrario ritiene che si verserebbe in presenza di un obbligo strumentale rispetto all'obbligazione principale di restituzione fissata dal successivo art. 1590 c.c. La risoluzione del contratto per l'inadempimento in oggetto può essere chiesta in ogni momento e, quindi, non solo alla fine del rapporto (Cass. III, n. 1428/1971). La responsabilità del conduttore per fatto proprioIl primo comma dell'art. 1588 c.c. è estremamente chiaro nel precisare che a) il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione, b) anche se derivanti da incendio, c) qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile Analoga previsione era contenuta nel codice del 1865, sebbene si utilizzasse, ivi, l'espressione “danno incolpevole”: l'attuale disposizione – che invece fa riferimento al danno non imputabile – risulta invece in linea con l'art. 1218 c.c. Per una parte della dottrina (Vitali, 233), si verserebbe in presenza di una giusta causa di risoluzione fondata su una responsabilità presunta iuris tantum del conduttore. Anche in giurisprudenza (Cass. III, n. 2619/2014) si ritiene versarsi, nella specie, al cospetto di una vera e propria presunzione di colpa in capo al conduttore, tanto che, al termine della locazione e all'atto della riconsegna dell'immobile, incombe proprio sul conduttore l'onere di dare piena prova sulla non imputabilità di ogni singolo danno riscontrato sul bene; presunzione il cui superamento è ancor più complesso se ci considera che la stessa si accompagna ad una ulteriore presunzione, in virtù della quale il bene si presume come consegnato in buono stato all'inizio del rapporto, con l'unica esclusione dei danni causati dal suo normale utilizzo e dovuti all'ordinario deterioramento. Il conduttore, infatti, non può invocare, ai fini della riduzione del risarcimento dei danni, il normale deterioramento del bene (Cass. III, n. 9757/1990), che si identifica con la consumazione che normalmente consegue ad un uso diligente e normale della res, essendo estranee a tale concetto, per rientrare nella categoria dei danni risarcibili, le modificazioni dell'immobile locato derivanti da fatti eccedenti il normale consumo della struttura quali effrazioni, rotture e fori nella parte edile. Poiché l'art. 1218 c.c. pone espressamente a carico del debitore la prova che l'inadempimento sia stato determinato da una causa a lui non imputabile, la sola allegazione generica e non circostanziata della sua diligenza non può considerarsi adeguata per dimostrare assenza di colpa, atteso il fatto che la stessa richiede la dimostrazione o dello specifico impedimento che ha reso impossibile la prestazione, ovvero la prova che, qualunque sia stata la causa, questa non possa essere in alcun modo imputabile al debitore (Cass. III, n. 15490/2008). La violazione da parte del conduttore dell'obbligo di custodire la cosa locata, per impedirne la perdita o deterioramento, comporta responsabilità del medesimo ai sensi del combinato disposto degli artt. 1590 e 1177 c.c., e non dell'art. 2051 c.c., perché detta norma disciplina l'ipotesi di responsabilità per danni provocati a terzi dalla cosa in custodia e non per danni alla stessa cosa custodita (Cass. III, n. 15721/2015). Sul conduttore, dunque, in virtù della disponibilità materiale della cosa che acquista con il rapporto di locazione e dei conseguenti obblighi di custodia, incombe l'obbligo di vigilare e di mantenere il controllo della cosa locata. In caso di danni riportati dalla cosa locata, il conduttore è onerato di offrire la prova, contraria alla esposta presunzione iuris tantum di responsabilità, dimostrando in primo luogo di aver esercitato con la diligenza necessaria la prestazione accessoria di custodia del bene locato, dovuta a norma degli artt. 1588 e 1177 c.c. (il quale ultimo prevede che l'obbligo di consegnare una cosa prevede quello di custodirla fino alla consegna): in altri termini il conduttore può liberarsi dalla responsabilità solo ove riesca a dimostrare che la causa del danno va ben oltre quella che è la sua sfera di controllo. Concorde è la posizione della giurisprudenza (Cass. III, n. 2250/2007) alla cui stregua l'art. 1588 c.c., in base al quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell'incendio, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico; il principio è stato recentemente ribadito da Cass. III, n. 22823/2018, per la quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell'evento, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico. Nel medesimo senso Trib. Benevento 31 maggio 2019, il quale ha affermato che la disposizione di cui all'art. 1588 c.c., nella parte in cui sancisce che il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa del deterioramento, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, di talché in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico, occorrendo, al contrario, che la causa del sinistro sia nota e possa dirsi non addebitabile al conduttore medesimo (conforme Trib. Nola 9 marzo 2017). È a tal fine irrilevante, peraltro, che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile in sede penale, perché ciò non comporta di per sé l'identificazione della causa, occorrendo, piuttosto, ai fini dell'esonero da responsabilità, che la causa sia nota e possa dirsi non addebitabile al conduttore (Cass. III, n. 11972/2010; nella giurisprudenza di merito, Trib. Bari, 8 marzo 2012). Non rientra nella nozione di caso fortuito – che esonererebbe, quale causa di inimputabilità, il debitore dalla prestazione risarcitoria – il caso di incendio del bene locato, ipotesi ricompresa, anzi, tra quelle per le quali l'art. 1588 c.c. prevede espressamente la responsabilità del conduttore. All'incendio sono stati parificati, in via pretoria, anche lo scoppio della bombola a gas (App. Palermo, 10 marzo 1960) ed il furto (Cass. III, n. 555/1952). In realtà, si è altresì chiarito (così Cass. III, n. 3999/1995), che il solo caso o la forza maggiore, di per sé considerati, non sono sufficienti a liberare il conduttore se, all'interno del contesto locativo, canoni di diligenza avrebbero consigliato (se non addirittura imposto) di predisporre accorgimenti ulteriori, proprio al fine di contrastare o quanto meno ridurre l'evento dannoso che, seppur raro, non fosse del tutto imprevedibile (Cass. III, n. 3999/1995). Così, in caso di incendio, alla prova di aver adempiuto gli obblighi di custodia a suo carico, ai fini di dare la prova liberatoria dalla propria responsabilità, il conduttore deve fornire la prova che il fatto da cui è scaturito l'incendio sia dipeso da circostanza a sé non imputabile, nel senso che deve essere positivamente accertato che il fatto è addebitabile all'opera del terzo (nel qual caso, peraltro, esula dalla prova liberatoria richiesta al conduttore l'identificazione di tale soggetto; v. Cass. III, n. 16877/2016; Cass. III, n. 25221/2015; Cass. III, n. 15721/2015) o comunque ad una causa esterna al conduttore individuata in concreto. Il principio espresso dal comma 1 è stato però interpretato da Cass. III, n. 4362/1997 nel senso per cui non può ritenersi che colui che occupa un immobile sia comunque responsabile dell'incendio che in esso si sia verificato, in particolar modo quando entri in gioco la responsabilità del proprietario. Lo stesso dicasi anche per il caso di perdita o deterioramento dovuti a disastro naturale, non essendo sufficiente, al fine di escludere la responsabilità del conduttore, la prova dell'evento ed occorrendo, piuttosto, che il conduttore dimostri a) di aver adempiuto diligentemente il suo obbligo di custodia e b) che, ciononostante, non è stato possibile prevenire o impedire l'evento (Cass. III, n. 11005/2006). Quanto al danno risarcibile, in difetto di tale prova liberatoria, esso comprende sia il danno emergente derivante dalla perdita o dal deterioramento della cosa locata, sia il lucro cessante, da parametrare sulle circostanze del caso concreto ed in specie sulla scadenza contrattuale e sul tempo necessario per il ripristino della cosa nello status quo ante (Cass. III, n. 9199/2003). Segue. L'assicurazione per il caso di incendio (o di altri eventi) La responsabilità del conduttore per il caso di incendio non viene meno neppure se la cosa sia stata assicurata per tale evento, giacché l'assicurazione incide sulla sola posizione del locatore ma non su quella del conduttore, il quale non solo può esser richiesto del pagamento della differenza tra l'indennizzo riscosso dall'assicurazione ed il danno effettivo sofferto ma – a determinate condizioni – anche dell'intero danno sofferto dal locatore. Il riferimento è alla disciplina contenuta all'art. 1589 c.c. che, sostanzialmente riproduce, in ambito locatizio, la disciplina generale dettata, in materia di assicurazione per la responsabilità civile, dagli artt. 1097 e 1916 c.c., limitando, sì, il diritto del locatore nei confronti del conduttore alla sola azione per la differenza tra l'indennizzo corrisposto all'assicuratore ed il danno effettivo (impedendo così al conduttore di dover comunque indennizzare per intero il locatore, salva la possibilità di opporre all'assicuratore che agisse in surroga l'exceptio soluti), ma a condizione che il locatore medesimo sia stato già indennizzato dall'assicuratore e sempre salvo il diritto di surroga dell'assicurazione nei confronti del conduttore medesimo. La ratio della norma – la cui previsione ha posto fine all'annoso dibattito, sviluppatosi sotto la vigenza del codice civile del 1885, avente ad oggetto la responsabilità del conduttore nel caso in cui un incendio distrugga o deteriori il bene locato, previamente assicurato contro tale evento – va chiaramente rinvenuta nella volontà del legislatore di evitare che si produca, in capo al locatore, un ingiustificato arricchimento mercé il conseguimento di un risarcimento, dal conduttore, che duplichi l'indennizzo assicurativo, secondo il meccanismo operativo proprio della cd. compensatio lucri cum damno. Così, attenta dottrina (Tabet, 1982, 1025) ha osservato che la stipula di un contratto assicurativo non determina, certamente, il venir meno della responsabilità del conduttore, ma incide unicamente sulla legittimazione sostanziale del locatore, consentendogli di esigere da quello unicamente la differenza tra il danno e l'indennizzo. In particolare, in giurisprudenza si evidenzia che anche nell'ipotesi in cui il locatore abbia assicurato la cosa distrutta o deteriorata dall'incendio, il conduttore è pur sempre tenuto a pagare l'importo dell'intero danno poiché, a) oltre a rimborsare all'assicuratore, che agisca nei di lui confronti in surrogazione, quanto da costui versato, a titolo di indennizzo al locatore, b) dovrà a questi corrispondere la differenza tra l'indennizzo medesimo e il danno effettivo (Cass. III, n. 4405/1979). In sostanza, al di fuori dell'ipotesi di incendio dovuto a causa a lui non imputabile, il conduttore è comunque tenuto a rispondere dei danni subiti dalla cosa: a) nei soli confronti del locatore, se questa non è assicurata; b) nei confronti dell'assicuratore fino alla concorrenza dell'indennizzo e nei confronti del locatore per l'eventuale differenza, se la cosa è assicurata (Cass. III, n. 5776/1982); con conseguente sostanziale irrilevanza dell'esistenza o meno di un rapporto assicurativo stipulato dal locatore, giacché esso incide solo sull'identificazione dei soggetti verso cui il conduttore medesimo è obbligato e non sull'esistenza e sul contenuto della sua responsabilità che, salvo la prova liberatoria di cui al comma 1, dell'art. 1588 c.c., è pressoché totale. In tale ottica dunque, Trib. Udine 17 marzo 1988 ammette che la polizza assicurativa può esser stipulata anche dallo stesso conduttore, essendo ravvisabile in capo a costui un vero e proprio interesse, derivante dalla circostanza di avere il godimento delle cose assicurate e della responsabilità su di lui ricadente ai sensi del combinato disposto degli artt. 1588 e 1589 c.c. Affinché, però, operi la limitazione in esame, occorre – come detto – che il locatore sia stato effettivamente già indennizzato dall'assicuratore (Tabet, 1982, 1025); peraltro si è osservato che l'obbligazione risarcitoria del conduttore non viene meno neppure se – per fatto imputabile al locatore assicurato – la compagnia assicuratrice cessi di essere obbligata nei suoi confronti (Tabet, 1972, 569). A ciò aggiungasi che, al fine di limitare entro i suesposti limiti la propria responsabilità verso il locatore, il conduttore dovrà dimostrare, in base ai normali principi sull'onere della prova, di avere effettuato il pagamento all'assicuratore mentre, ove provveda all'intero risarcimento del locatore, resta liberato da ogni obbligo verso l'assicuratore (Cass. III, n. 4405/1979, cit.). Non incide sulla responsabilità del conduttore l'eventuale transazione conclusa tra il locatore e l'assicurazione. Chiarisce Cass. III, n. 10546/2002, infatti, che anche in caso di intervenuta transazione tra locatore ed assicuratore, ricade ugualmente sul conduttore l'onere risarcitorio per la parte eccedente l'indennizzo assicurativo: ed infatti, la transazione produce i suoi effetti estintivi della obbligazione solidale nei limiti della obbligazione stessa e nei confronti di tutti i debitori solidali che dichiarano di volerne profittare, ma non si estende a quella parte della obbligazione non solidale perché dovuta esclusivamente da uno dei debitori per un diverso titolo. Sicché, la responsabilità del conduttore ex art. 1589 c.c. per la perdita o il deterioramento della cosa locata derivante da incendio non resta in alcuna misura limitata nel caso in cui la cosa sia stata assicurata, in quanto l'assicurazione incide solo sulla posizione soggettiva del locatore indennizzato, nel senso che questi, una volta ricevuto il pagamento dell'indennizzo, può pretendere dal conduttore unicamente la differenza tra indennizzo corrisposto dall'assicuratore ed il danno effettivo sofferto (v. anche Cass. III, n. 3761/1979). Si ritiene, infine, che la disciplina dettata dall'art. 1589 c.c. sia suscettibile di applicazione analogica, relativamente ad altri eventi che determinino il perimento o il deterioramento del bene locato, rispetto i quali risulti contratta un'assicurazione per la responsabilità civile. Tale è la posizione della dottrina unanime (Guarino, 55; Tabet, 1972, 570). La responsabilità del conduttore per il fatto del terzoIl comma 2 dell'art. 1588 c.c. completa la disciplina della responsabilità del conduttore per il caso di perimento o deterioramento della cosa locata, chiarendo che lo stesso è altresì responsabile nei confronti del locatore nel caso in cui l'uno o l'altro evento siano cagionati da persone che egli ha ammesso, anche temporaneamente, all'uso o al godimento della cosa: rispetto al codice abrogato del 1865, che faceva riferimento – per tale tipo di responsabilità – solo ai familiari o ai subconduttori, l'attuale formulazione della norma ha carattere generale e fa riferimento, indistintamente, ai terzi (i familiari, i collaboratori, i dipendenti, i subconduttori, i fornitori) che usino o godano della cosa con il suo consenso, espresso o tacito che sia. Sicché, non possono essere ricompresi tra i terzi del cui operato il conduttore è rispondere coloro che sono ammessi nel godimento per obbligo del loro ufficio o che sono entrati nell'immobile di loro iniziativa, quali gli agenti di polizia, i fattorini delle poste, gli ispettori delle aziende erogatrici del gas, acqua, energia elettrica e così via (Vitali, 239). Al contrario, locatore ha diritto di chiedere al conduttore il risarcimento dei danni conseguenti ad un incendio verificatosi nell'immobile, non per caso fortuito (v. supra), anche nel caso in cui l'immobile sia stato sublocato, giacché la sublocazione non determina la sostituzione del subconduttore al conduttore-sublocatore, che resta pertanto tenuto all'adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto principale di locazione (Cass. III, n. 1824/1992). In dottrina, è stato discusso se si versi in presenza di un'ipotesi di responsabilità oggettiva ovvero di un'applicazione dell'art. 1228 c.c. (v., sull'argomento, Tabet, 1972, 562; Trifone, 493). È, invece, da escludersi che l'occupante dell'immobile cui il conduttore abbia concesso l'uso momentaneo o anche continuativo della cosa locata possa rispondere nei confronti del locatore, se la cosa subisce un incendio, ai sensi dell'art. 2051 c.c., posto che tale norma attiene esclusivamente ai danni causati dalla cosa ai terzi, e non già a quelli che il conduttore causa alla cosa stessa (Cass. III, n. 25779/2019). È, inoltre, oggetto di diatriba dottrinaria se, in relazione al comportamento dei terzi, il conduttore possa fornire la prova liberatoria della sua responsabilità. Invero, mentre parte della dottrina (Vitali, 239) ritiene che debbano valere le medesime cause di esonero dalla responsabilità previste per l'ipotesi contemplata dal comma 1, un altro orientamento (Tabet, 1972, 562) ritiene che il conduttore debba rispondere sempre del fatto del terzo, da lui ammesso – anche temporaneamente – all'uso o al godimento della cosa locata, senza possibilità di provare l'assenza di colpa. Favorevole alla possibilità di fornire tale prova è, invece, la giurisprudenza, per la quale (Cass. III, n. 5193/1998) il conduttore non può essere considerato responsabile quando il perimento o il deterioramento si configurano rispetto al terzo – tenuto ad osservare, durante il suo godimento, lo stesso grado di diligenza del conduttore – come non dipendenti da causa a lui imputabile. Ed infatti – osserva Cass. III, n. 23476/2018 – la posizione del terzo ammesso a qualunque titolo al godimento della cosa è equiparabile a quella del conduttore. La cessione del contratto di locazione exart. 36 della l. n. 392/1978 (rinvio)Pur rinviando al relativo commento per gli approfondimenti del caso, va in questa sede chiarito – per doverosa completezza di trattazione – che l'art. 1588 c.c. trova applicazione, nei confronti dell'originario conduttore e sia pure per ragioni ulteriori rispetto a quelle previste dalla stessa disposizione codicistica, anche nel caso di cessione del contratto di locazione ad uso diverso, operata ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392/1978. In simile evenienza, infatti, qualora il locatore non abbia liberato il cedente, tra quest'ultimo e il cessionario, divenuto successivo conduttore dell'immobile, viene ad instaurarsi un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzato dal beneficium ordinis, che – osserva Cass. III, n. 12986/2009 – consente, perciò, al locatore di agire nei confronti del cedente per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti al suddetto contratto (ivi comprese quelle riguardanti le pretese risarcitorie connesse alla perdita o al deterioramento del bene locato, di cui all'art. 1588 c.c.), solo dopo che si sia venuto a configurare l'inadempimento del nuovo conduttore, nei cui confronti è necessaria la preventiva richiesta di adempimento mediante la semplice modalità della messa in mora. 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