Codice Civile art. 1590 - Restituzione della cosa locata.Restituzione della cosa locata. [I]. Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto. [II]. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione [1575 n. 1]. [III]. Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà. [IV]. Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate [1182]. InquadramentoL'art. 1575, n. 1) c.c., con previsione derogabile (Trib. Firenze, 10 novembre 2000; analogamente Cass. III, n. 6158/1998), impone al locatore di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione. Tale previsione va collegata a quella contenuta nell'art. 1590 c.c. che, al comma 1, prevede che la restituzione – quale obbligo simmetrico gravante sul conduttore – debba avvenire nello stato medesimo in cui il conduttore l'ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto e, al comma 2, c.c., pone una presunzione in virtù della quale, in mancanza di descrizione, si deve ritenere che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione. Il dovere di restituire il bene, pur non essendo espressamente previsto dall' art. 1587 c.c. tra le obbligazioni principali nascenti dal contratto di locazione a carico del conduttore, va, dunque, certamente annoverato tra queste ultime. Anche la dottrina più autorevole (Lazzaro, Di Marzio, 1081) ascrive tale obbligazione nell'orbita applicativa della sopramenzionata disposizione codicistica, connotandosi l'obbligo di restituzione della cosa locata gravante sulla parte conduttrice quale effetto essenziale del contratto di locazione, per essere quest'ultimo sempre stipulato per un tempo predeterminato a monte dalle parti. In sostanza, “le predette obbligazioni [di consegna e restituzione, cioè] non sono, in effetti, riferibili ad obblighi autonomi (ovvero l'uno sganciato dall'altro) ma si risolvono in un'unica complessiva obbligazione che trova fondamento nell'obbligo di far godere la cosa come previsto dall'art. 1571 c.c. (che contiene la nozione stessa del contratto di locazione), da cui discendono, secondo un meccanismo di concatenazione logica e sistematica, gli obblighi di consegna, di manutenzione funzionale all'uso pattuito e quello diretto ad evitare le turbative ad opera di terzi nel godimento della cosa locata”. A tal proposito, si è, perciò, affermato che “l'obbligazione globale (e fondamentalmente unitaria) incombente sul locatore riveste un contenuto essenzialmente positivo ed implica l'insorgenza a suo carico di obblighi che si sviluppano per tutta la durata del contratto e che svolgono, in sostanza, una funzione strumentale e rafforzativa rispetto a quello della consegna iniziale. Per contro, i suddetti obblighi contrattuali facenti capo al locatore cessano di trovare applicazione allorquando sia decorso il termine del rapporto, ossia nei casi in cui lo stesso venga dichiarato risolto, anche se il conduttore permanga illegittimamente nella disponibilità dell'immobile” (così Carrato, 2014, 818). In ipotesi di mutamento del conduttore, in conseguenza della avvenuta cessione del contratto di locazione, l'obbligazione si trasferisce in capo al cessionario, quale effetto della sostituzione di quest'ultimo nei diritti e negli obblighi del cedente (Cass. III, n. 12325/1997). Medesima è la soluzione in caso di fallimento del conduttore: proseguendo il contratto di locazione in capo alla curatela fallimentare, questa subentra nei diritti e negli obblighi contrattuali fino a quando, esercitato il recesso, rimane tenuta alla restituzione della cosa locata (Cass. I, n. 20041/2020). Diversamente, in caso di sublocazione nel silenzio dell'art. 1594 c.c. (al cui commento si rinvia) si è posta la questione circa la possibilità, per il locatore, di agire per il risarcimento del danno nei confronti del subconduttore, qualora lo stesso non adempia la sua obbligazione di rilasciare l'immobile alla scadenza del contratto ovvero in caso di ritardata consegna. Mentre parte della dottrina è favorevole a tale impostazione (Provera, 359), altro orientamento (Tabet, 1972, 588) nega tale possibilità, osservando come la restituzione del bene al locatore discenda dal contratto di locazione e non da quello di sublocazione, con la conseguenza che il locatore dovrà necessariamente agire contro il conduttore, al fine di precostituirsi un titolo esecutivo da far valere contro il subconduttore ai sensi del comma 3 dell'art. 1595 c.c. Presta adesione a tale ultima impostazione la giurisprudenza, per la quale si deve escludere non solo che il locatore abbia l'azione diretta nei confronti del subconduttore per la riconsegna del bene – essendo costui terzo rispetto al contratto principale – ma anche che il primo possa chiedere al secondo il risarcimento dei danni verificatisi nell'immobile nel corso della locazione, giacché la detenzione dell'immobile da parte del subconduttore non determina la sostituzione di costui al conduttore, il quale resta tenuto verso il locatore all'adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto principale, tra le quali rientra l'obbligo di riconsegna (Cass. III, n. 1824/1992; nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano, 25 maggio 2011). Nel caso, ancora, di contratto di locazione a favore di terzo, l'obbligo restitutorio a favore del locatore incombe esclusivamente in capo allo stipulante, in quanto titolare del rapporto contrattuale e delle relative azioni a tutela dell'esatto adempimento. Così la Cass. III, n. 25584/2008 ha precisato che, nel caso di contratto di locazione o di contratto di albergo a favore di un terzo, colui che ha stipulato il contratto è il soggetto obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa locata e alla corresponsione della somma dovuta come corrispettivo fino alla data della consegna, salvo il maggior danno, in caso di ritardo, a norma dell'art. 1591 c.c. (nella specie, relativa a contratto di albergo a favore di terzi stipulato dall'Amministrazione comunale con la società che gestiva un albergo, in favore di famiglie senza tetto, la Suprema Corte ha ritenuto che il Comune fosse tenuto al pagamento del corrispettivo maturato non soltanto sino alla disdetta, ma anche sino alla consegna effettiva del bene da parte dei terzi, salvo il maggior danno). In giurisprudenza, è stato chiarito che l'obbligo in commento a) sorge nel momento stesso in cui il conduttore accetta la consegna della cosa (Cass. III, n. 2008/1972), b) va adempiuto nel luogo dove la consegna originaria è avvenuta (Cass. III, n. 265/1977), c) configura un'ipotesi di responsabilità contrattuale (Cass. III, n. 1189/2007; Cass. III, n. 2458/1977), avente ad oggetto un facere atipico (consistente, per l'appunto, nella restituzione della res locata) anche se non di carattere sinallagmatico (Cass. III, n. 1189/2007, cit.), conseguendo alla natura propria della locazione, quale contratto a termine e che d) va eseguito nei confronti del locatore, indipendentemente dalla circostanza che ne sia o meno il proprietario (Cass. III, n. 539/1997). La restituzione può avvenire mediante la consegna delle chiavi dell'immobile (App. Genova, 20 novembre 2007) o con la incondizionata messa a disposizione del medesimo, anche senza la redazione di un apposito verbale (Cass. III, n. 5841/2004): ed infatti, ad integrare l'adempimento dell'obbligazione del conduttore di rilascio dell'immobile locato all'atto dell'estinzione del rapporto di locazione, non occorre che l'obbligazione sia eseguita nel rispetto di tutte le modalità descritte dall'art. 1590 c.c. (Cass. III, n. 580/2001). Laddove, infine, non restituisca la res locata nel termine stabilito nel contratto, il conduttore è tenuto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., a corrispondere al locatore il canone convenuto sino all'effettiva riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno eventualmente provato (quale, ad esempio, quello consistente nel non aver potuto concedere in locazione il bene ad un canone maggiore ovvero nel non averlo potuto utilizzare a proprio vantaggio). La natura della responsabilità del conduttoreSi è chiarito poc'anzi che la responsabilità del conduttore per la riconsegna della res locata, quale naturale negotii, ha natura contrattuale e prevede, a favore del locatore, a) l'obbligo del conduttore di restituire al locatore il bene oggetto della locazione nel medesimo stato in cui l'ha ricevuta e, dunque, senza che questa abbia subito danni eccedenti il normale deterioramento (v. l'art. 1590 c.c.), nonché, per il caso di ritardo nell'adempimento dell'obbligazione in commento, b) una soglia risarcitoria minima e predeterminata, consistente nell'ammontare del canone dovuto in costanza di rapporto, per la quale il creditore locatore è esonerato dalla prova del pregiudizio subito, c) salva la possibilità di provare la sussistenza di ulteriori pregiudizi, che potranno essere oggetto di autonoma voce di danno da risarcire ad opera del conduttore moroso (v. l'art. 1591 c.c.). Sebbene entrambe collegate alla fase terminale del rapporto negoziale ed entrambe fondate su una responsabilità del conduttore (v. infra), le due fattispecie disciplinate, rispettivamente, dagli artt. 1590 e 1591 c.c., sono, però, totalmente diverse e non confondibili tra loro: la prima ipotesi ricorre allorché – cessato il contratto di locazione – il conduttore restituisca od offra di restituire la cosa al locatore, non nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta; completamente diversa è, invece, la situazione disciplinata dall'art. 1591 c.c., atteso che ai fini dell'operatività della norma è indispensabile la mora del conduttore nella restituzione dell'immobile locato, una volta cessato il contratto e, cioè, la mancata restituzione od offerta di restituzione dell'immobile per la data contrattualmente prevista. Così la Cass. III, n. 13222/2010 spiega che qualora, in violazione dell'art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l'immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l'obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l'esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest'ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori (in senso conforme Cass. III, n. 6596/2019, nonché Cass. III, n. 6417/1998). Infatti, il locatore, in caso anormale usura dell'immobile, ha diritto al risarcimento del danno consistente sia nella somma di denaro occorrente per l'esecuzione delle riparazioni imposte dai danni all'immobile provocati dal conduttore, sia nel mancato reddito ritraibile dalla cosa nel periodo di tempo necessario per l'esecuzione dei lavori di riparazione La conclusione nel senso che la responsabilità del conduttore sia di natura contrattuale è consolidata in relazione all'art. 1590 c.c., osservandosi (Trifone, 495) come l'obbligazione di riconsegnare la cosa locata nello stato in cui si trovava al momento dell'originaria consegna derivi in via diretta ed immediata dal contratto (onde non può parlarsi di obbligazione autonoma e disgiunta dallo schema negoziale): in particolare, si è osservato che “la responsabilità del conduttore, prevista all'art. 1590 c.c. per il deterioramento della cosa locata, ripete la propria disciplina dall'art. 1588 c.c., che pone a carico del conduttore un' ipotesi di responsabilità da colpa presunta, la quale, per l'appunto, non opera solo ove il deterioramento sia giustificato da un uso della cosa in conformità del contratto, a norma del citato art. 1590 c.c., che circoscrive la sfera della liceità giuridica del godimento della cosa spettante al conduttore, identificandola nell'uso normale della stessa secondo la sua destinazione” (Carrato, 868). Una posizione altrettanto pacifica si ha, in dottrina (Grasselli, 266) ma non in giurisprudenza (v. infra), anche in relazione alla previsione contenuta nell'art. 1591 c.c., giacché – si dice – tale norma “si pone nel solco tracciato dall' art. 1224 c.c. in tema di risarcimento del danno nelle obbligazioni pecuniarie, e più in generale nell'alveo del principio del danno effettivo, secondo cui l'obbligazione risarcitoria deve adeguarsi al danno effettivamente subito dal creditore il quale non deve ricevere né più né meno di quanto sia necessario a rimuovere gli effetti negativi dell'inadempimento o dell'illecito, regola un'ipotesi di responsabilità contrattuale nella quale si prevede, nel caso di inadempimento da ritardo nella restituzione della cosa locata ad opera del conduttore, una soglia risarcitoria minima e predeterminata consistente nell'ammontare del canone dovuto in costanza di rapporto, per la quale il creditore locatore è esonerato dalla prova del pregiudizio subìto, salva la possibilità di provare la sussistenza di ulteriori pregiudizi che potranno essere oggetto di autonoma voce di danno da risarcire ad opera del conduttore moroso” (Rota, 9). Senonché, la giurisprudenza ha consolidato tale orientamento relativamente alla responsabilità del conduttore exart. 1591 c.c. solo più recentemente, dovendosi registrare, per il passato (Cass. III, n. 3956/1956), conclusioni affatto diverse: in particolare, la natura extracontrattuale della responsabilità in questione era affermata sostenendosi che la permanenza nell'immobile del conduttore o dell'affittuario, dopo la cessazione della locazione, realizzasse un'ipotesi di occupazione abusiva tale da determinate l'obbligo di risarcimento del danno in virtù del principio generale dell'art. 2043c.c. Sennonché risulta ormai pacifico l'opposto orientamento, che rinviene in quella in esame una ipotesi di responsabilità contrattuale: l'obbligazione di restituire la cosa locata – come detto – nasce alla scadenza della locazione, non ha carattere sinallagmatico, ma scaturisce dalla natura propria della locazione che è contratto a termine (Per un primo risalente precedente in tal senso, v. Cass. II, n. 2617/1963, per cui il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata non è un occupante abusivo: egli, in base all'art 1591 c.c. è tenuto a corrispondere regolarmente al locatore il corrispettivo convenuto sino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno; la responsabilità del conduttore in mora nella restituzione della cosa locata ha natura contrattuale e non extracontrattuale, sicché il conduttore, ancorché moroso, continua ad essere conduttore, a godere dei frutti della cosa e a farli propri, salvo il suo obbligo di corrispondere il corrispettivo della locazione, oltre il risarcimento del maggior danno eventualmente subìto dal locatore) Più recentemente, nel medesimo senso, Cass. III, n. 11189/2007, per la quale l'obbligazione di restituire la cosa locata secondo le condizioni stabilite dall'art. 1590, comma 1, c.c. pur avendo natura contrattuale, non ha carattere sinallagmatico, ma consegue alla natura propria della locazione (che si configura come contratto a termine), e nasce alla scadenza della locazione. Corrispondentemente, anche la responsabilità del conduttore per la ritardata consegna della cosa o per la trasformazione o il deterioramento di essa non dovuto alluso conforme agli accordi convenzionali assume natura contrattuale e si estende ai danni che sono casualmente collegati alla condotta del medesimo conduttore con esclusione di quelli riconducibili unicamente alla condotta del locatore. Da ciò consegue che è responsabile del danno consistente nella perdita di vantaggiose occasioni di vendita della cosa locata o nella risoluzione del contratto di vendita di essa il conduttore che, ritardando la riconsegna del bene o riconsegnandolo trasformato o deteriorato (oltre l'usura ordinaria), ponga in essere le condizioni della perdita di siffatte occasioni o per la determinazione dell'evento comportante lo scioglimento del contratto (anche solo preliminare) di vendita concluso dal locatore con terzi. Segue. Il contenuto dell'obbligazione restitutoria L'obbligazione di restituzione dell'immobile locato non si esaurisce in una generica messa a disposizione delle chiavi, ma richiede, per il suo esatto adempimento, un'attività consistente in una incondizionata restituzione del bene che comporti un'effettiva immissione dell'immobile nella sfera di concreta disponibilità del locatore il quale, a propria volta, deve cooperare con il conduttore per rendere possibile la consegna della cosa locata: in mancanza di tale cooperazione, il conduttore, per liberarsi dagli obblighi connessi alla mancata restituzione, deve procedere con un'offerta formale a norma degli artt. 1209 e 1216 c.c. La restituzione, peraltro, deve avere ad oggetto il medesimo bene locato. Ne consegue che, solitamente, all'atto della consegna le parti redigono un verbale di immissione nella detenzione del bene (c.d. verbale di consegna), ovvero includono nel contratto una specifica clausola, donde risulti la descrizione dello stato del bene: la dichiarazione del conduttore di riscontrare che la cosa si trova in buono stato manutentivo ovvero la specifica clausola inserita nel contratto esonerano il locatore da responsabilità per consegna in buono stato manutentivo, giacché contenendo il verbale o la clausola essenzialmente dichiarazioni di scienza provenienti dalle parti, tali dichiarazioni, per quanto riferiscono fatti sfavorevoli, posseggono efficacia di confessione, ai sensi dell'art. 2730 c.c. e, più precisamente, essendo resa al di fuori del giudizio, di confessione stragiudiziale che, siccome rivolta alla controparte, fa piena prova della verità dei fatti dichiarati contro colui che ha reso la dichiarazione, ex art. 2735 c.c. “Per quanto ha rilievo in questa sede, si può in definitiva concludere che, una volta che il conduttore, al momento della stipulazione del contratto, abbia consapevolmente ritenuto la cosa adatta all'uso, il locatore non è tenuto se non a consegnarla quale essa è: l'obbligo della consegna resta quindi circoscritto alla cosa come contrattata ed accettata, sicché la formula dell'art. 1575, n. 1) c.c., sta ad indicare lo stato di manutenzione che il conduttore ha reputato buono, ossia idoneo a consentire l'uso che egli intende realizzare” (così Di Marzio, Falabella, 802). Quanto alla natura giuridica di tale “descrizione”, essa viene ritenuta una dichiarazione confessoria reciproca dei contraenti, relativa alle condizioni della cosa locata al momento della consegna; in mancanza, soccorre la presunzione di buono stato di manutenzione contemplata dall'art. 1590, comma 2, c.c., avente tuttavia carattere relativo (o iuris tantum) (Mirabelli, 482). Al contrario, nessuna analoga presunzione di restituzione in buono stato di manutenzione trova applicazione a favore nel conduttore, con riferimento alla riconsegna, in mancanza della redazione di un apposito verbale: ove quest'ultimo non sia stato redatto, infetti, il locatore, ancorché abbia tralasciato di constatare in quel momento l'esistenza di eventuali danni cagionati dal conduttore, ha sempre diritto di richiederne giudizialmente il risarcimento. Conforme è la posizione della giurisprudenza, per la quale (Cass. III, n. 14305/2005) la disposizione del secondo comma dell'art. 1590 c.c. si applica a tutte le locazioni (nonché al rapporto d'affitto di cosa produttiva. V. Cass. III, n. 3166/1991), qualunque ne sia la durata ed impone al conduttore, per vincere la presunzione suddetta, l'onere di provare rigorosamente che le condizioni dell'immobile alla data di inizio della locazione erano dipendenti dall'incuria del locatore nella ordinaria e straordinaria manutenzione dell'immobile stesso. Al contrario, né l'art. 1590 c.c. né altra disposizione di legge stabiliscono una presunzione a favore del conduttore nel senso che se alla fine della locazione non si proceda ad accertare l'esistenza di danni alla cosa locata, questa si debba intendere restituita in buono stato locativo. Si è altresì affermato che in assenza di una descrizione analitica dell'immobile all'inizio della locazione, la generica definizione dell'immobile come in “ottimo stato” deve ritenersi una mera presunzione, superabile con la prova del conduttore di non avere ecceduto nell'uso normale dell'immobile (App. Genova, 12 agosto 2006). Il locatore anche se abbia tralasciato di constatare, all'atto della riconsegna della cosa locata, la esistenza di danni cagionati dal conduttore ha sempre diritto di chiederne giudizialmente il risarcimento fino a quando la relativa azione non sia estinta per prescrizione o per rinunzia, spettando al giudice di merito accertare (ed il suo convincimento e incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato) se il locatore abbia fornito la prova dell'esistenza dei danni lamentati (Cass. III, n. 1119/1972). Il conduttore deve restituire la res locata nel medesimo stato in cui ebbe a riceverla; dal combinato disposto degli artt. 1176, 1177, 1197 e 1218 c.c. si desume, inoltre, che il creditore-locatore non è tenuto ad accettare l'inesatto adempimento della prestazione offertagli dal conduttore (v. infra). Sicché il conduttore-debitore che offra di restituire un bene in una condizione difforme da quella iniziale non cessa di essere inadempiente e, fino a quando non abbia provveduto ai necessari interventi volti al ripristino del bene, resta altresì tenuto al pagamento del canone ai sensi dell'art. 1591 c.c. (Cass. III, n. 3210/1971). L'obbligazione di consegna della cosa in buono stato manutentivo, in quanto essenziale al tipo di contratto cui inerisce, non viene meno, inoltre, neppure nell'ipotesi in cui il conduttore non abbia aderito all'offerta di prender visione del bene prima della conclusione del contratto (Cass. III, n. 9089/2006). La restituzione può avvenire mediante la consegna delle chiavi dell'immobile (App. Genova, 20 novembre 2007) o con la incondizionata messa a disposizione del medesimo (Cass. III, n. 8616/2006), anche senza la redazione di un apposito verbale (Cass. III, n. 5841/2004): ed infatti, ad integrare l'adempimento dell'obbligazione del conduttore di rilascio dell'immobile locato all'atto dell'estinzione del rapporto di locazione, non occorre che l'obbligazione sia eseguita nel rispetto di tutte le modalità descritte dall'art. 1590 c.c. (Cass. III, n. 580/2001). Quanto al luogo dell'adempimento dell'obbligo di restituzione della cosa locata, lo stesso va identificato, per le locazioni aventi ad oggetto i beni mobili, in quello della consegna mentre, per le locazioni concernenti i beni immobili, in quello del luogo in cui si trova la cosa locata, ex art. 1182, comma 2, c.c., ovvero il domicilio dello stesso, laddove la restituzione avvenga mediante la consegna delle chiavi. Più variegata, al riguardo, è la posizione della dottrina, al cui interno si registrano orientamenti oscillanti tra chi (Trifone, 496) ritiene per che per i beni immobili la restituzione debba avvenire nel luogo in cui si trovano o tramite consegna delle chiavi al domicilio del locatore mentre, in caso di beni mobili, il luogo dell'adempimento è quello in cui è avvenuta la consegna, chi (Tabet, 1972, 473), al contrario, ritiene che, sorgendo l'obbligazione in commento al momento della conclusione del contratto, la stessa debba essere adempiuta nel luogo di conclusione del contratto medesimo e chi (Catelani, 286), infine, individua in ogni caso tale luogo nel domicilio del locatore. La disposizione in esame, sancendo l'obbligo del conduttore di restituire la cosa al locatore nello stato in cui l'ha ricevuta, fa presumere a carico del conduttore, in virtù di quanto disposto dall'art. 1177 c.c., il dovere di custodia della cosa stessa, il quale va adempiuto con la diligenza del buon padre di famiglia, ed è strumentale all'obbligo di restituzione. Si tratta, però, di un'obbligazione autonoma rispetto all'obbligo di conservazione di cui all'art. 1587 c.c., la cui violazione può dar luogo all'esecuzione in forma specifica ai sensi dell'art. 2931 c.c. ed al risarcimento del danno. Tale obbligo diviene attuale alla scadenza del contratto o nel momento dell'eventuale scioglimento anticipato (Mirabelli, 477). Segue. La cooperazione del locatore. Il locatore deve cooperare con il conduttore per rendere possibile la consegna della cosa locata: in mancanza, il conduttore, per liberarsi dagli obblighi connessi alla mancata restituzione, deve procedere con un'offerta formale a norma degli artt. 1209 e 1216 c.c. Il locatore può rifiutare la restituzione della cosa locata nel caso in cui quest'ultima sia stata riconsegnata seriamente danneggiata od in uno stato tale da palesarsi del tutto inservibile: in tal caso – si badi – si è in presenza di un rifiuto legittimo del locatore a ricevere la cosa concessa in godimento, costituendo la restituzione della cosa in stato di deterioramento un inadempimento imputabile alla parte conduttrice). Del medesimo avviso la dottrina, per la quale, qualora al termine del contratto il bene locato presenti deterioramenti, ovvero si accerti una consistente immutazione rispetto alle sue caratteristiche originarie, il locatore potrà legittimamente rifiutarsi di riprendere in consegna il bene rilasciato in condizioni deteriori (Provera, 309) o potrà ricevere in consegna la cosa e, successivamente, proporre azione contro il conduttore per il pessimo stato di manutenzione del bene, mentre incomberà sul conduttore l'onere di provare l'esclusione della sua responsabilità per danni (Provera, 312). Molteplici sono stati gli interventi della giurisprudenza, avuto riguardo alla tematica del rifiuto del locatore di riceve la restituzione dell'immobile locato. Cass. III, n. 12977/2013 ha in proposito chiarito che, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all'immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l'esecuzione delle opere di ripristino l'esborso di somme di notevole entità, in base all'economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell'art. 1220 c.c., rimane tenuto altresì al pagamento del canone exart. 1591 c.c., quand'anche abbia smesso di servirsi dell'immobile per l'uso convenuto; del pari Cass. III, n. 16685/2002 evidenzia che, nella ipotesi in cui la cosa locata, offerta in restituzione dal conduttore, si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all'inizio della locazione, ovvero, in mancanza di descrizione, non si trovi in buono stato locativo, per accertare se sia giustificato il rifiuto del locatore di ricevere la cosa occorre distinguere a seconda che a) la cosa locata sia deteriorata per non avere il conduttore adempiuto durante il corso della locazione all'obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione (artt. 1576 e 1609 c.c.) ovvero che b) la difformità del bene, rispetto allo stato esistente all'inizio della locazione, dipenda dall'avvenuta effettuazione di trasformazioni ed innovazioni da parte del conduttore. Nel primo caso, trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa e non implicano la esplicazione di una attività straordinaria e gravosa, l'esecuzione delle opere occorrenti rientra nel dovere di ordinaria diligenza, cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno, sicché illegittimo è il suo rifiuto di ricevere la restituzione salvo il suo diritto a richiedere i danni; nel secondo caso, invece, poiché la esecuzione delle opere di ripristino implica la esplicazione di una attività straordinaria e gravosa, il locatore può rifiutare l'offerta di restituzione della cosa locata in quello stato (in senso conforme, Cass. III, n. 6798/1993, Cass. III, n. 6856/1986, Cass. III, n. 5459/2006 e Cass. III, n. 12977/2013). Dello stesso tenore, la meno recente Cass. III, n. 958/1970, la quale ulteriormente precisa che il rifiuto del locatore di ricevere la restituzione della cosa locata quando essa presenti deterioramenti dovuti all'omessa esecuzione delle riparazioni di piccola manutenzione è illegittimo, ma il locatore medesimo ha diritto al risarcimento del danno, consistente nella somma di denaro occorrente per l'esecuzione delle riparazioni di piccola manutenzione omesse dal conduttore e nel mancato reddito retraibile della cosa nel periodo di tempo necessario per l'esecuzione dei lavori di riparazione e questa seconda serie di danni va determinata in relazione all'epoca in cui i lavori possono essere iniziati dal locatore usando l'ordinaria diligenza ed alla presumibile epoca del loro compimento. Nell'ipotesi di legittimo rifiuto da parte del locatore dell'offerta di restituzione della cosa locata per non conformità dello stato di essa a quello esistente all'inizio della locazione dipendente da trasformazioni od innovazioni apportate dal conduttore o dalla mancata esecuzione contrattualmente assunta dal conduttore medesimo, delle riparazioni eccedenti la piccola manutenzione, il locatore ha invece diritto, ai sensi dell'art. 1591 c.c. al corrispettivo convenuto per la locazione e al maggior danno fino al momento in cui venga restituita la cosa nello stato suddetto. Analogamente Cass. III, n. 7992/2009, per la quale è legittimo il rifiuto del locatore, ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c., di accettare la restituzione della cosa locata sino a quando il conduttore non l'abbia rimessa in pristino stato, rendendosi altrimenti inadempiente all'obbligazione di cui all'art. 1590, comma 1, c.c. Nel medesimo senso – per cui, cioè, ove al momento della riconsegna il bene non si trovi in “buono stato locativo”, il locatore legittimamente rifiuta di riceverlo in restituzione, sino a quando il conduttore non l'abbia rimesso in pristino stato, restando altresì tenuto al versamento del corrispettivo – v. anche Cass. III, n. 3786/1968, Cass. III, n. 3210/1971, Cass. III, n. 9207/1995, Cass. III, n. 7992/2009. È pur vero, però, che, ove il conduttore sia in oggettiva difficoltà nel provvedere alle opere di ripristino, non sussiste l'obbligo per il conduttore stesso di versare il canone di locazione “indefinitamente, sol che il locatore continui a rifiutare la restituzione” (così Cass. III, n. 12977/2013, cit.): qualora il locatore sia in grado di affrontare, senza difficoltà, le spese necessarie alla rimessione in pristino del bene, il suo rifiuto di accettarne la riconsegna non può essere considerato legittimo, con la “conseguente esclusione della mora debendi del conduttore”; d'altra parte, già per gli artt. 5 e 55 della l. n. 392/1978 le comprovate condizioni di difficoltà del conduttore rilevano anche in caso di morosità nel pagamento dei canoni o degli oneri accessori, ai fini della purgazione in sede giudiziale della mora e della concessione di un c.d. termine di grazia. Si evidenzia, in dottrina (Signorelli, 410) che la distinzione tracciata dai giudici di legittimità svolge l'importante funzione di spartiacque per sancire la legittimità o meno ex latere locatoris di rifiutarsi a ricevere il bene dato in locazione; “va comunque sottolineato che l'applicazione del suddetto principio non opera sempre in modo automatico ed astratto, ma necessita di essere raffrontata al caso concreto. Così, ad esempio, nell'ipotesi in cui il conduttore versi in oggettiva difficoltà economica, al punto di non essere in grado di intervenire sul bene per la rimessa in pristino, sarebbe paradossale ritenerlo obbligato al versamento dei canoni ai sensi dell'art. 1591 c.c. fino a quando il locatore continui a rifiutare la restituzione del bene. Anzi, se addirittura nel caso di specie si dovesse ravvisare la possibilità economica per il locatore di eseguire senza troppi sacrifici le spese necessarie alla riparazione dell'immobile, un suo rifiuto risulterebbe tanto irragionevole quanto contrario all'obbligo di correttezza e buona fede, pertanto illegittimo”. Il principio appena esposto deve essere, però, coordinato con il precetto di cui all' art. 1227, comma 2, c.c., in tema di divieto di aggravamento delle conseguenze dannose causate dall'inadempimento della controparte: in proposito, a mente dell'art. 1576 c.c., nel caso di locazione avente ad oggetto beni immobili, il locatore deve eseguire tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore; ove essa concerna cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore. Muovendo alla ricerca di un criterio discretivo tra manutenzione ordinaria, straordinaria e piccola, assumendo quali utili parametri di riferimento la norma di cui all'art. 1005 c.c. e le ulteriori disposizioni in materia di locazione, Cass. III, n. 27540/2013 ha tratto la conclusione per cui, la manutenzione ordinaria va qualificata come quella diretta ad eliminare guasti della cosa o che comunque abbia carattere di periodica ricorrenza e di prevedibilità, essendo connotata inoltre da una sostanziale modicità della spesa, mentre rientrano nell'ambito della manutenzione straordinaria quelle riparazioni non prevedibili e di costo non modico, eccezionali nell'ambito dell'ordinaria durata del rapporto locatizio ovvero anche quelle di una certa urgenza e di una certa entità necessarie al fine di conservare o di restituire alla cosa la sua integrità ed efficienza; quanto, invece, alle opere di c.d. piccola manutenzione, che l'art. 1576, comma 1, c.c. pone, in caso di locazione avente ad oggetto beni immobili, a carico del conduttore, queste ultime, come chiarito dal successivo art. 1609 c.c., sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall'uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito (le quali ultime, indipendentemente dalla loro entità, restano a carico del locatore), determinate, in mancanza di patto, dagli usi locali. Orbene, Cass. III, n. 6856/1998 ha, in proposito, chiarito che il principio desumibile dall'art. 1590 c.c. che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell'immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all'art. 1227, comma 2, c.c. secondo il quale in base alle regole dell'ordinaria diligenza il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un facere non corrispondente all'id quod plerumque accidit. Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all'immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell'obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione exart. 1576 c.c.; il locatore può invece rifiutare la riconsegna dell'immobile locato nel caso in cui il conduttore non abbia adempiuto all'obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l'ordinaria manutenzione o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poiché in tale caso la rimessione in pristino richiederebbe l'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa e, cioè, un facere al quale il locatore non è tenuto secondo l'id quod plerumque accidit. Segue. La mora debendi e l'offerta formale Riguardo alle modalità di riconsegna del bene, al fine di non incorrere anche nelle conseguenze di cui all'art. 1591 c.c. e sempre che non si versi in presenza di un legittimo rifiuto del locatore, il conduttore è tenuto a notificare al locatore un'offerta volta alla riconsegna della cosa locata: se, però, nel passato si riteneva che detta offerta dovesse rivestire i crismi dell'offerta formale, attualmente si ritiene che anche un'offerta non formale, purché seria, concreta e tempestiva, sia idonea ad evitare la mora del conduttore nell'obbligo di adempiere la prestazione restitutoria, pur non determinando essa – a contrario – la mora del creditore ex artt. 1216 e 1209, comma 2, c.c. Il conduttore – stando a Cass. III, n. 8672/2017 – non può essere considerato in mora, con conseguente cessazione dell'obbligo di corrispondere l'indennità di occupazione, se abbia fatto, ai sensi dell'art. 1220 c.c., un'offerta seria ed affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l'immobile locato, e il locatore abbia opposto a tale offerta un rifiuto ingiustificato sulla base del dovere di buona fede ex art. 1375 c.c., non comportandone l'accettazione alcun sacrificio di suoi diritti o legittimi interessi: tale offerta informale, per impedire la messa in mora del conduttore, deve però possedere i connotati della serietà e affidabilità. Analogamente Cass. III, n. 7639/2016, per la quale il conduttore non può essere considerato in mora nell'adempimento dell'obbligo di restituzione della cosa alla scadenza del contratto, con conseguente cessazione altresì dell'obbligo di corrispondere l'indennità di occupazione, se abbia fatto, ai sensi dell'art. 1220 c.c., una offerta seria e affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l'immobile locato, e il locatore abbia opposto a tale offerta un rifiuto ingiustificato sulla base del dovere di buona fede ex art. 1375 c.c., non comportandone l'accettazione alcun sacrificio di suoi diritti o legittimi interessi. Nello stesso senso, per la giurisprudenza di merito, App. Palermo 26 giugno 2019, per cui l'adozione da parte del conduttore di modalità di consegna dell'immobile, diversa dall'offerta reale formale – purché serie, concrete, tempestive e sempre che non ricorra legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore – seppure non sia sufficiente a costituire in mora il locatore, è idonea ad evitare la mora del conduttore dell'obbligo di adempiere la prestazione, mentre, per costituire in mora il creditore e liberarsi definitivamente dall'obbligo di pagare il canone, il conduttore deve necessariamente procedere all'offerta reale formale exart. 1216 c.c. (così anche Trib. Roma 27 settembre 2019); ovvero Trib. Avellino, 10 aprile 2017, per cui l'offerta non formale di restituzione dell'immobile, ai sensi dell'art. 1220 c.c., in assenza di un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore, è idonea a evitare la mora del conduttore circa l'esecuzione della sua prestazione, mentre Il locatore non può rifiutare la riconsegna dell'immobile locato, subordinandola all'accertamento in contraddittorio dei danni asseritamente causati nel corso del rapporto; del pari Trib. Bari, 22 giugno 2016, per cui mentre l'adozione della complessa procedura di cui agli artt. 1216 e 1209, comma 2, c.c., rappresenta l'unico mezzo per la costituzione in mora del creditore per provocarne i relativi effetti (art. 1207 c.c.), l'adozione da parte del conduttore di altre modalità – purché serie, concrete e tempestive – aventi valore di offerta reale non formale (art. 1220 c.c.), sempreché non sussista un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore, pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore, circa l'esecuzione della sua prestazione ed a produrre ogni altro effetto, connesso alla dichiarazione di volontà da lui espressa sostanzialmente. L'offerta non formale – per la sua natura di atto recettizio, preordinato ad escludere gli effetti della mora debendi – non solo deve presentare i requisiti della serietà, della tempestività e dell'esattezza dell'adempimento, ma deve essere portata a conoscenza del creditore, in modo da comportare l'effettiva introduzione dell'oggetto integrale della prestazione nella sfera di disponibilità dell'avente diritto. Sicché – precisa Cass. III, n. 971/1982 – il deposito da parte del conduttore dell'importo dei canoni di locazione su libretto bancario (o postale) non consegnato, né messo a disposizione del locatore, non integra un'offerta non formale, idonea ad escludere l'inadempimento del conduttore (negli stessi termini, in linea più generale, Cass. III, n. 13405/2001). Il principio è stato ribadito anche in relazione alle locazioni ad uso diverso, laddove l'esigibilità dell'obbligazione risarcitoria è condizionata alla previa corresponsione al conduttore, da parte del locatore, dell'indennità di avviamento. Il conduttore di un immobile adibito ad attività commerciale – si legge in Cass. III, n. 15876/2013 – alla scadenza del contratto, resta obbligato al pagamento dei canoni tutte le volte in cui permanga nella detenzione dell'immobile (quand'anche sia cessato l'esercizio dell'attività commerciale nell'immobile locato), a nulla rilevando che il locatore sia a sua volta inadempiente all'obbligo di pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento. Per sollevarsi da tale obbligo, il conduttore ha l'onere di costituire in mora il locatore offrendo contestualmente, anche in modo informale, la restituzione dell'immobile. La ritardata consegna dell'immobilePer completezza di trattazione, infine, occorre soffermarsi brevemente sulle conseguenze previste dall'art. 1591 c.c. per il caso di ritardo nell'adempimento dell'obbligazione di riconsegna: la norma prevede, in favore del locatore, a) una soglia risarcitoria minima e predeterminata, consistente nell'ammontare del canone dovuto in costanza di rapporto, per la quale il creditore locatore è esonerato dalla prova del pregiudizio subito, b) salva la possibilità di provare la sussistenza di ulteriori pregiudizi, che potranno essere oggetto di autonoma voce di danno da risarcire ad opera del conduttore moroso. Il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata è soggetto, in base all'art. 1591 c.c., ad un duplice obbligo: quello (che sussiste sempre) di dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, che ha natura di debito di valuta ed è sottoposto al principio nominalistico, concretandosi in un debito determinato, sin dal momento della sua nascita, in una espressione monetaria, e quello (eventuale) di risarcire il maggior danno patito dal locatore, che, invece, non essendo fin dall'origine un debito di natura pecuniaria, ma traducendosi in un concreto e specifico ammontare monetario solo al momento della pronuncia giudiziale di liquidazione, importa che deve tenersi conto della svalutazione monetaria verificatasi tra il mancato rilascio e la liquidazione del danno (Cass. III, n. 15146/2017). Peraltro, disciplinando l'art. 1591 c.c. un'obbligazione risarcitoria da inadempimento contrattuale, che, sostituendosi a quella contrattuale di pagamento del canone di locazione, costituisce un debito di valore, e consegue che – ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 633/1972 – sull'importo dovuto dall'occupante non più a titolo di canone, ma di risarcimento per la protratta occupazione, non è dovuta l'IVA (Cass. III, n. 22592/2013). Sebbene collegata anch'essa alla fase terminale del rapporto negoziale e fondata – come innanzi esposto – su una responsabilità contrattuale del conduttore, le fattispecie disciplinate dall'art. 1591 c.c. sono totalmente diverse e non confondibili con quelle contemplate dall'art. 1590 c.c.: mentre quest'ultima ipotesi ricorre allorché – cessato il contratto di locazione – il conduttore restituisca od offra di restituire la cosa al locatore, non nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta, diversamente, ai fini dell'operatività dell'art. 1591 c.c., è indispensabile la mora del conduttore nella restituzione dell'immobile locato, una volta cessato il contratto e, cioè, la mancata restituzione od offerta di restituzione dell'immobile per la data contrattualmente prevista. Residua, ovviamente uno spazio di interferenza tra le due disposizioni, allorché il conduttore offra la restituzione della cosa tempestivamente, ma il locatore – come visto in precedenza – legittimamente rifiuti la consegna, in conseguenza dello stato manutentivo del bene stesso. Sicché, qualora, in violazione dell'art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l'immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto al normale uso dello stesso, Cass. III, n. 6596/2019 chiarisce che incombe al conduttore l'obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l'esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest'ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori. Presupposto applicativo della norma è che il conduttore versi in mora debendi e, dunque, che divenuta esigibile l'obbligazione sullo stesso gravante, questi non vi abbia provveduto. Precisa in proposito Cass. III, n. 8675/2017 che l'obbligazione di restituzione dell'immobile locato, prevista dall'art. 1590 c.c., resta inadempiuta qualora il locatore non ne riacquisti la completa disponibilità, così da poterne fare uso secondo la sua destinazione, sicché la mora e gli effetti dell'art. 1591 c.c. si producono anche ove egli torni formalmente in possesso del bene, ma questo sia inutilizzabile perché ancora occupato da beni mobili del conduttore che non debbano consegnarsi al locatore, a nulla rilevando che il rilascio sia avvenuto coattivamente ex art. 608 c.p.c., atteso che la formale chiusura del processo esecutivo non determina l'automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione. L'obbligo del conduttore diviene attuale alla scadenza del contratto o nel momento dell'eventuale scioglimento anticipato: sennonché, rispetto a tale criterio generale devono registrarsi alcuni interventi correttivi, ascrivibili alla legislazione speciale in tema di locazioni di immobili urbani ad uso abitativo e diverso. Anzitutto, l'art. 56 della l. n. 392/1978 che in linea generale ha previsto che il giudice, nell'emettere il provvedimento che dispone il rilascio dell'immobile in sede di convalida di sfratto, debba fissare la data dell'esecuzione entro un termine massimo legalmente predeterminato sulla base di alcuni parametri specificati; sicché, nel periodo che va dalla data di cessazione del contratto di locazione al termine giudizialmente fissato per l'inizio dell'esecuzione il credito restitutorio vantato dal locatore è da ritenersi inesigibile. In secondo luogo, relativamente alle locazioni di immobili ad uso diverso dall'abitativo, l'art. 34 della medesima l. n. 392/1978, subordina l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile nei confronti del conduttore all'avvenuta corresponsione della indennità di avviamento commerciale ad opera del locatore, con la conseguenza che ne discende per cui il conduttore può rimanere nella detenzione della cosa locata anche in data successiva alla cessazione del contratto di locazione e, tanto, finché il locatore non abbia corrisposto la suddetta indennità o non ne abbia offerto la corresponsione mediante offerta formale. Infine, avuto riguardo alle locazioni ad uso abitativo, l'art. 6 della l. n. 431/1998 che, nel disciplinare il transito tra la vecchia normativa vincolistica della legge sull'equo canone e quella nuova, ha determinato la sospensione delle esecuzioni dei titoli di rilascio al fine di stimolare le parti contrattuali ad avvalersi della predetta sospensione per la stipulazione di nuovi contratti di locazione (commi 1 e 2); nel caso di mancanza della conclusione di nuovi contratti ha, quindi, previsto che i conduttori esposti alla procedura esecutiva di rilascio potessero rimanere nel godimento del bene locato per un ulteriore lasso di tempo fissato dal giudice secondo parametri predeterminati (commi 3, 4 e 5), salvo infine regolamentare le conseguenze derivanti dalla mora del conduttore nell'adempimento dell'obbligazione restitutoria di cui all'art. 1591 c.c. (comma 6). Tale ultimo comma, in particolare, ha stabilito che il conduttore in mora nel rilascio della cosa locata debba corrispondere al locatore, oltre ad una somma pari al corrispettivo contrattualmente dovuto, una maggiorazione del 20% di esso non soltanto durante i periodi di sospensione delle esecuzioni previste dal primo comma, oltre che da altre specifiche disposizioni normative espressamente indicate, ma anche sino all'effettivo rilascio dell'immobile locato, con ciò contemperando l'interesse del locatore che lucrava una maggiorazione di un quinto del canone pattuito senza dovere provare il maggior danno con l'interesse del conduttore il quale, se non poteva dimostrare che l'altro contraente non aveva patito alcun pregiudizio ai fini dell'esonero dal pagamento della predetta maggiorazione, era comunque esonerato da qualsivoglia ulteriore pretesa risarcitoria. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità appare abbastanza consolidata nel senso di fare decorrere la mora del conduttore dalla data della scadenza legale o convenzionale del contratto e, dunque, a seguito della vicenda estintiva del titolo autorizzante il godimento del bene (Cass. III, n. 26741/2006), chiarendo, altresì, che la costituzione in mora del conduttore – comunque necessaria, ai sensi dell'art. 1219 c.c., per gli obblighi risarcitori previsti dall'art. 1591 c.c. – si determina, tanto nel caso di risoluzione giudiziale del contratto (ex art. 1458 comma 1), quanto in quello di risoluzione di diritto (ex artt. 1456 e 1457 c.c.) dalla proposizione della domanda, e non dall'accoglimento della stessa, per il principio secondo il quale la durata del processo non può danneggiare l'attore (Cass. III, n. 27215/2014), non rilevando, dunque, la natura costitutiva o dichiarativa della pronuncia (Cass. III, n. 10115/1997; Cass. III, n. 16110/2009). Il conduttore, invece, come ampiamente esposto, non può essere considerato in mora nell'adempimento dell'obbligo di restituzione della cosa alla scadenza del contratto, con conseguente cessazione altresì dell'obbligo di corrispondere l'indennità di occupazione, se abbia fatto, ai sensi dell'art. 1220 c.c., un'offerta seria ed affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l'immobile locato, e il locatore abbia opposto a tale offerta un rifiuto ingiustificato sulla base del dovere di buona fede ex art. 1375, non comportandone l'accettazione alcun sacrificio di suoi diritti o legittimi interessi (Cass. III, n. 8672/2017, cit.; si rinvia supra). Segue. I danni da tardiva restituzione della cosa locata Il conduttore in mora è anzitutto tenuto, con decorrenza dalla data di cessazione del contratto, al pagamento del corrispettivo convenuto, fino alla riconsegna effettiva: si tratta di un parametro legale di riferimento, per la quantificazione del danno minimo da risarcire; a questo importo va poi aggiunto, in ogni caso, il risarcimento del maggior danno subito dal locatore. Se, però, il credito da corrispettivo convenuto fino alla riconsegna – costituendo una forma di risarcimento minima prevista dalla legge per la mancata disponibilità dell'immobile – prescinde dalla prova di un danno concreto al locatore (Cass. III, n. 6368/1995. In termini, più recentemente, Cass. VI/III, n. 10926/2018, per la quale anche se il rapporto viene risolto – sia contrattualmente, sia giudizialmente – l'obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e permane per tutto il tempo in cui rimanga nella detenzione del bene, fino al momento dell'effettiva riconsegna, che può avvenire mediante formale restituzione al locatore ovvero con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile), diversamente è da dirsi in relazione al maggior danno, che va provato (dimostrando, ad esempio, di non aver potuto locare a canone più elevato l'immobile o venderlo a condizioni vantaggiose o utilizzarlo direttamente (Cass. III, n. 20589/2007). Sicché, quanto al primo profilo risarcitorio, indipendentemente da qualsiasi prova fornita dal locatore, il conduttore in mora deve corrispondere, in favore del locatore, un importo pari al canone convenzionale o legale (Cass. III, n. 4401/1986), compresi eventuali aumenti o adeguamenti (Cass. III, n. 9464/1997; ma evidenzia la più recente Cass. III, n. 11675/2014 che, poiché la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore, sia in caso di locazione di immobili ad uso abitativo, sia in caso di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto, solo a seguito di tale richiesta il locatore può domandare il canone aggiornato sicché, ove non sia mai stato richiesto l'aggiornamento – o non sia stato convenuto tra le parti – lo stesso non rileva per la quantificazione dell'indennità ex art. 1591 c.c. per il ritardato rilascio dell'immobile) ed oneri accessori (Cass. III, n. 17201/2002). Più articolata, invece, è la posizione della giurisprudenza in ordine alla prova del maggior danno giacché, a fronte di un orientamento che richiede una prova rigorosa della sua sussistenza e del suo concreto ammontare (Cass. III, n. 4864/2000; Cass. III, n. 1645/2000) – dimostrando, ad esempio, l'esistenza di precise proposte di vendita o locazione ad un corrispettivo più elevato ovvero di altri concreti propositi di utilizzazione (così Cass. III, n. 2525/2006; Cass. III, n. 268/2005; Cass. III, n. 21581/2004. In termini anche Cass. III, n. 22352/2014, per la quale la prova deve essere fornita secondo le regole ordinarie e, quindi, allegando e documentando più vantaggiose proposte di locazione o concrete possibilità di vendita dell'immobile occupato o anche mediante presunzioni) e deve essere dimostrata l'esistenza del nesso di causalità tra il ritardo nella riconsegna e la perdita della proposta vantaggiosa) – se ne è sviluppato uno, diverso, per il quale il maggior danno sarebbe da ritenere pressoché in re ipsa e desumibile anche in virtù di presunzioni (quale, ad esempio, la notoria insufficienza di alloggi abitativi ad equo canone, v Cass. III, n. 10115/1997). Ritiene, al riguardo, Cass. III, n. 23704/2016, che il maggior danno ex art. 1591 c.c. deve essere provato in concreto dal locatore, anche mediante il ricorso a presunzioni, purché, però, sia dimostrato che il suddetto ritardo abbia concretamente pregiudicato la possibilità di locare a terzi il bene per un canone superiore all'ultimo pattuito con il conduttore inadempiente, non essendo sufficiente la prova del diverso e maggior valore locativo di mercato. Il diritto del locatore al risarcimento del danno da ritardata consegna non può essere inficiato, peraltro, dalla circostanza che il giudice – ai sensi dell'art. 56 della l. n. 392/1978 – abbia fissato un termine di consegna per la fase esecutiva successivo alla scadenza del rapporto (Cass. III, n. 5798/1998), né dalla legislazione contingente che incida sull'attuazione della sentenza di sfratto (Cass. III, n. 10032/1998) o che sospenda l'esecuzione degli sfratti (Cass. III, n. 4420/1977). 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